martedì 1 marzo 2022

Il caffè di Luz e Marina: i sette vizi capitali... l'invidia

Sono giorni difficili, ho pensato a lungo se continuare a scrivere di queste amenità o dedicare il mio tempo a riflessioni diverse e più in linea con quanto sta accadendo in Ukraina. Poi mi sono detta che questo blog deve essere anche quel luogo dove raccoglierci per continuare a costruire bellezza, confronto, riflessione, stare bene in compagnia. Ci sarà tempo per approfondimenti e riflessioni riguardo alla guerra. Sto pensando tanto a questa cosa e maturando delle mie riflessioni. Arriveranno. Intanto, sediamoci un po' a parlare, state con noi nel nostro Caffè. 

LUZ   Cara Marina, eccoci giunti al nostro consueto caffè. Oggi parliamo di un altro vizio capitale che credo susciterà ampia discussione: l'invidia! Ma cosa porti con te? Ho l'acquolina in bocca! Prima che tu risponda, ecco la definizione generica che trovo in rete: l'invidia è la tristezza per il bene altrui percepito come male proprio. 

MARINA: Ben ritrovata! Siamo arrivati all’invidia: ecco un vizio che trovo veramente insopportabile. Non che gli altri vizi siano più tollerabili, ma ho idea che l’invidia sia più pervasiva, nel senso che è più facile riscontrarla nel genere umano. C’è chi vive male il successo altrui o una fortuna capitata ad altri o semplicemente la vita che non può avere, gli esempi pratici si sprecano. Ho letto da qualche parte che  l’invidioso è un superbo frustrato e per me è vero: il desiderio di primeggiare, convinto di averne tutti i titoli, il troppo amore verso se stesso, anche la convinzione di meritare qualcosa più degli altri, lo porta a volere il male di quanti gli impediscono di esercitare questa autoriconosciuta supremazia. In ogni caso imbattersi in chi apparentemente vuole il tuo bene, ti sorride, ti dà pacche sulle spalle per poi pugnalarti alla prima occasione utile, svelando la propria invidia, è una delle esperienze più brutte che si possano vivere. Sei d’accordo? Quante persone invidiose hai conosciuto nella tua vita?
Intanto gustiamoci questa pignolata: siamo in pieno Carnevale. Approfittiamo.

LUZ    Me la gusto assieme a te molto volentieri! :) Ecco cosa penso dell'invidia. Intanto parto dalla stessa constatazione dei vizi già discussi: esistono gradi differenti di invidia, secondo me, e anche "tonalità" differenti. Intanto quella estrema, che tu descrivi, sconfina nella cattiveria pura. Deriverebbe da uno smodato amore di sé, quindi dallo sforzo costante di vedersi un gradino più su e mai più giù rispetto agli altri. È una cosa brutta. Ma brutta davvero. Devo attingere alla mia esperienza personale, anche se rivangare certe cose è anche molto difficile. Il grado più alto dell'invidia. C'era una persona che mi era molto cara, che apparteneva alla mia sfera affettiva ed emozionale più intima, dalla quale per lungo tempo ho ricevuto affetto sincero. Quando la mia vita cominciò a dare risultati importanti, quando cominciai a raccogliere frutti preziosi di tanti sacrifici, iniziai a lavorare, poi comprai l'appartamento, ebbene, questa persona cominciò a fare battutine spiacevoli. Per ogni risultato raggiunto, metteva se stesso dinanzi facendo un paragone, con una solfa ripetitiva "eh, tu puoi farlo, io no...". Non scendo in particolari, non posso, ma la sensazione fu che volesse demolire un qualcosa, danneggiare (e ce ne furono anche segni visibili), mi volesse vedere come ero prima, bisognosa come prima. L'idea del progresso, del cambiamento importante, era per questa persona intollerabile. Mettere insieme queste parole per me è difficile. Allontanarmi fu per me una perdita, in senso squisitamente affettivo, ma era anche necessario. 
Penso quindi di essere stata vittima di un'invidia cieca, che purtroppo con queste poche righe non riesco a rendere, sembra una cosa assurda ma è così. Ecco, iniziamo da questo: tu pensi di esserne stata vittima? 

MARINA  Mi dispiace molto per quello che hai vissuto, dev’essere stata davvero una bruttissima esperienza, soprattutto quando l’amicizia si rivela un inganno. Mi sono fermata qualche minuto a pensare alla tua domanda e sono giunta alla conclusione che se non mi è rimbalzato subito il ricordo di eventi uguali o simili al tuo vuol dire che no, non ho sperimentato la forma più infima di invidia nei miei confronti. Sicuramente sono stata vittima di forme blande di invidia, perché sono d’accordo con te quando dici che è un vizio che può avere sfumature diverse e, forse, quelle che ho subito sono state più forme di gelosia, spesso assimilata all’invidia ma molto diversa da essa. Il geloso si comporta con il timore di dovere perdere ciò che ha, l’invidioso mal sopporta che qualcuno abbia qualcosa che non gli appartiene: l’invidia è più subdola e pericolosa. Piuttosto, sul piano personale, chiediamoci se noi abbiamo mai invidiato qualcuno. È difficile dichiararsi invidiosi, però, a onor del vero, sono certa di non esserlo: chiamo la mia “invidia in senso buono”, per dire che sì, “invidio” chi ha raggiunto un obiettivo che io, invece, non ho saputo o potuto realizzare, ma accetto lo spirito di competizione e so congratularmi per i risultati altrui con sincera serenità, dico “beato/a lui/lei”, ma con ammirazione. Se tu fossi invidiosa lo ammetteresti? Alla luce di quello che ti è accaduto, oggi saresti in grado di riconoscere una persona invidiosa?

LUZ    Se fossi invidiosa, lo ammetterei. Penso anch'io di avere provato questo sentimento.
Per esempio è successo da piccola, intorno agli 11/12 anni. Nutrivo una certa invidia per una ragazzina mia coetanea che pareva essere uscita da un libro di favole. Hai presente quando tu ti senti una ragazzina come tante, comunissima, pure un po' sfigata perché non puoi permetterti le cose che ha qualcuno che invece è "figlio di papà"? Ecco, tana per me. Io vengo da una famiglia dignitosa ma modesta, mio padre era un carabiniere, mia madre casalinga, un solo stipendio e tre figli tutti vicini per età. Le esigenze c'erano, sebbene non paragonabili a quelle di oggi, ma mio padre non poteva darci tutto e noi eravamo abituati a non chiedere. Capitò che venne a stare vicino al mio palazzo una ragazzina - che poi diventò pure mia compagna di scuola alle medie - benestante, tipicamente benestante per farti capire, con tutti quei cliché tipici: vestiti, vacanze sulla neve, corsi di tennis e di pianoforte. Se l'ho invidiata... Ma le volevo anche bene e negli anni della scuola media fummo inseparabili. Non era una ragazzina dotata di spiccata sensibilità ma era ironica, mi faceva ridere, e negli anni dell'innocenza non si accorse che appartenevamo a due mondi diversi. Poi si cresce, tutto cambia. Non ho mai nutrito per lei sentimenti di disprezzo. Avrei voluto, come lei, studiare il pianoforte per dirne una, e lei se ne lamentava perché la cosa la annoiava assai. Era più un desiderio di sua madre e a me pareva che al mondo non ci fosse giustizia. Poi dopo il liceo mi è capitato di invidiare tutti quelli che si poterono permettere di andare all'università "fuori", come si diceva all'epoca. Mi sarebbe piaciuto Perugia, ma davvero non ce la si poteva fare. Mia sorella minore poi ottenne di studiare a Reggio Calabria (a 200 km con casa in affitto ecc.), ma erano altri tempi, si stava meglio. 
Gli anni della mia invidia corrispondono agli anni della mia prima giovinezza, ma sono fiera del fatto di non essermene lasciata divorare. Era "invidia in senso buono" come la tua. Che ne pensi dell'invidia in campo letterario? Perché ho l'impressione che ne esista in questo ambiente, fra scrittori (incluso anche il mondo dei piccoli scrittori e selfpublisher se ti viene in mente qualcosa). 

MARINA  È proprio in ambiti come l’arte, la letteratura, il cinema, lo spettacolo, che si scatenano frotte di invidiosi. Ricordo, qualche anno fa, seguivo un podcast dove si raccontava proprio dell’invidia di certi scrittori nei confronti di altri, quella reciproca tra Faulkner ed Hemingway, il disprezzo nei confronti di quest’ultimo da parte di Nabokov, anche Joice riteneva senza talento il grande Proust...Credo sia normale: dove ci sono di mezzo competizione e successo, è facile  provare sentimenti meschini che mirano a distruggere la fama altrui. La cosa che trovo più triste è sicuramente l’invidia che si scatena fra “piccoli”, fra scrittori esordienti o, peggio, fra aspiranti e quelli che si autopubblicano. Una guerra fra poveri! Lì, sono stata vittima di una certa passione invidiosa (chiamiamola così) da parte di qualcuno: un tempo, quando esistevano i blog che io adoravo frequentare (Da dove sto scrivendo e Scrivere per caso), ci divertivamo a partecipare ad alcuni giochi letterari che servivano anche ad allenare la nostra scrittura. Puntualmente, se venivo apprezzata, una certa persona (che, nel tempo, ho perso di vista) sminuiva il mio lavoro con critiche poco utili e anche in privato mi scriveva dicendomi sempre che ero sì brava, ma... e  in quel ma c’era un velato disprezzo verso la mia (presunta) capacità narratoria e il fatto che me ne facessi un vanto (cosa assolutamente non vera). Ho provato in tutti i modi a dimostrare la mia umiltà, ma niente, ormai quella persona si era convinta che io fossi “sbagliata”. Non mi ha mai fatto del male, in senso stretto, lo scontro è sempre stato sul piano verbale e a me è solo dispiaciuto che lei avesse maturato questa opinione, però è stato faticoso gestire la sua invidia (e la gelosia, c’era anche quella). Immagino a più alti livelli, quanto debba essere stressante!
Ma secondo te, invidiosi si nasce o si diventa?

LUZ   Avevo letto di questa invidia fra grandi scrittori (oltretutto è nota quella nel mondo dello spettacolo a tutti i livelli), non sapevo di quella disavventura fra blogger. Non possiamo insomma dirci al di fuori di certe dinamiche. Invidiosi secondo me si diventa. Perché se è vero che altre pulsioni, come l'ingordigia, la superbia, la stessa lussuria, è facile pensarle innate, l'invidia in certo senso è sempre legata all'esperienza del mondo, al sociale. Ho trovato in rete una riflessione molto interessante a riguardo e che chiarisce i contorni di un sentimento devastante. L'invidia non si limita a essere il desiderio di possedere quello che ha l'altro, ma rappresenta il desiderio di distruzione dell'altro. L'invidia del fratello maggiore che guarda il minore succhiare dal seno materno, suscita in lui un sentimento di odio e distruzione nei riguardi del più piccolo. È straordinario e allo stesso tempo impressionante. Grandi autori come Shakespeare hanno raccontato l'invidia, se pensiamo a Iago, quello che lo porta a calunniare l'innocente Desdemona (con conseguente femminicidio, oltretutto) è proprio una devastante invidia nei riguardi di Otello. L'invidia tende al male, è un peccato che ci espone sul sociale, è un tarlo irresistibile, spesso un sentimento dettato dalla certezza che l'altro non solo abbia di più ma sia migliore. Da qui la maldicenza, che ne è spesso una conseguenza naturale e che può essere devastante per chi ne è vittima. Nella Bibbia c'è il grande esempio di Caino e Abele, me ne parli? 


MARINA
 Nella Sacra Scrittura c’è un altro esempio eclatante, ma forse meno conosciuto: l’invidia di Saul nei confronti di Davide. In entrambi i rapporti (tra fratelli, in Caino e Abele e tra il re degli israeliti e chi ne minacciava la supremazia, nel confronto Saul/Davide), l’invidia nasce dal non essere in grado di riconoscere o accettare la grandezza dell’altro fino a volerne il male: la Bibbia racconta che Dio, di fronte alle offerte presentate da Abele, pastore e Caino, agricoltore, abbia gradito quelle del primo e non quelle del secondo. La forte irritazione di Caino lo porta a volere la morte del fratello. Lui, poi scappa, si pente e ritiene di avere commesso un peccato troppo grande per ottenere il perdono. Ma Dio interviene dicendo che se qualcuno lo avesse ucciso, avrebbe subito la vendetta sette volte (ti dice niente il Movimento “Nessuno tocchi Caino”?)
Un romanzo a tema
Saul, invece, fu il primo re degli israeliti, scelto da Dio e consacrato da Samuele, il quale, nel tempo del suo regno, tradisce le aspettative del Signore, tanto da indurre Questi a scegliere un altro re per il suo popolo. Lo spirito del Signore si posa su Davide, il figlio più piccolo di Iesse, che dà esempio di essere un grande guerriero, saggio e fedele a Dio. Riesce in tutte le imprese, oscurando la figura di Saul, cosicché questi lo perseguita a lungo, con l’unico obiettivo di ucciderlo perché non diventi re al posto suo (Davide è il padre della discendenza che giungerà poi a Gesù Cristo.) Ma vogliamo aggiungere, come ciliegina sulla torta, l’esempio per antonomasia dell’invidia nella Bibbia, rappresentata da Lucifero, l’angelo cacciato dal Paradiso che mal sopporta chiunque sia in comunione con Dio?
Ecco, forse un invidia così piena ed estrema la si vive nei testi, grazie a grandi autori che ne hanno fatto oggetto delle proprie opere (come dici tu) o a sceneggiature rimaste memorabili  per chi, come me e te, ha vissuto i tempi di Candy Candy o della Casa della prateria: ma te le ricordi Iriza o Nellie...? tremende!
Nella realtà di tutti i giorni sono esperienze che ciascuno subisce nel privato o espia in segreto: come dicevo, è difficile mettersi a nudo e svelare questo proprio lato meschino.
Qualcuno sarebbe in grado di farlo? Chissà fra i nostri lettori...

LUZ  Allora passiamo a loro la parola. Intanto, per chi si fosse perso i nostri percorsi precedenti, trovate qui i vizi già discussi.

37 commenti:

  1. Per come la vedo io, l'invidia va osservata da due punti di vista. La considero la classica medaglia che ha necessariamente un dritto e un rovescio.
    Quando non si ha una certa cosa, trovo che sia quasi fisiologico invidiare chi quella cosa ce l'ha. Ovviamente mi riferisco a cose essenziali. Una persona benestante che invidia un ricco mi fa cadere le braccia per terra, un povero che invidia un benestante riesco a capirlo.
    Ma soprattutto conta il modo in cui la si vive. Uno che passa tutto il tempo a parlare male di una persona "colpevole" di avere una cosa che lui non ha, è da temere e compatire allo stesso tempo. Uno che questa invidia se la tiene dentro, consapevole che purtroppo a volte il mondo è così, c'è chi ha tanto e chi quasi nulla, uno che invidia senza però tendere trappole o spargere cattiverie, credo che si possa perdonare.

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    1. E io ne ho conosciuto persone "ammalate" nel pensiero di guardare all'altro e invidiarlo per quello che ha. Persone che adesso, a distanza di anni, mi appaiono orribili. Non riuscire a farsi una ragione di quello che possiede l'altro è una cosa orribile. Vivere quell'invidia "sana" invece, quella che non avvelena ma che quasi ti porta ad ammirare l'altro, ecco, è un'altra cosa completamente ed è umano e comprensibile.

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    2. Sono d’accordo. Penso che l’invidia sia un sentimento umano, tutto sommato; è l’animo malvagio che lo trasforma in qualcosa di meschino.

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  2. Penso che l'invidia nasca da un complesso di inferiorità ben radicato, e nella certezza che l'altra persona sia anche baciata dalla fortuna in molteplici campi (materiale, sociale, professionale ecc.), e in maniera secondo noi del tutto ingiusta. L'invidioso ha anche una visione distorta della realtà, nel senso che indossa sempre un paio di occhiali (diciamo rosa) con cui osserva le vite degli altri. Quindi gli altri appariranno sempre più belli, più ricchi, più dotati, più realizzati ecc. Ora, questo naturalmente non è possibile, perché anche le persone più soddisfatte della propria esistenza avranno dei punti in cui si sentiranno, a loro volta, inferiori (a meno che non soffrano di delirio di onnipotenza, beninteso!).
    L'invidia in campo artistico e culturale è un classico.
    Io ammetto di essere stata punta dall'invidia alcune volte. Nei miei ricordi d'infanzia ricordo una mia compagna di scuola che possedeva tantissime Barbie, all'epoca era un giocattolo piuttosto costoso, e io ne avevo poche rispetto a lei. Oltretutto era di un ceto piuttosto alto, e andava spesso a fare la settimana bianca. Di recente ho provato questo sentimento poco onorevole, ma sollecitato dalle vanterie altrui sui propri risultati. Poi ho ridimensionato tale sentire perché, gratta gratta, ho scoperto che non era tutto oro quello che riluceva.
    Non so se sono molto invidiata, cerco di farmi uno scudo di serenità nei confronti degli invidiosi perché si tratta di un sentimento effettivamente pervasivo e intossicante.

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    1. Mi piace il passaggio della percezione distorta della realtà da parte dell'invidioso. In effetti forse il classico invidioso tende anche a ingigantire le prerogative altrui, covando allo stesso tempo un sentimento di inferiorità.
      L'invidia si affaccia in noi come senso umano del vivere e condividere spazi ed esperienze con gli altri. Il brutto è quando è intossicante e pervasivo, come tu dici, Cristina.

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    2. Tutti abbiamo avuto esperienze di invidia nel senso che dici tu. Da me raccontavo di quanto invidiassi alle mie amiche la “bellezza” che credevo di non possedere per avere lo stesso loro successo con i ragazzi. Oggi rido su questi ricordi, ma facendo un parallelo, adesso posso invidiare all’esordiente di essere riuscito a conquistare la fiducia e la stima di una casa editrice (quanto l’ho desiderato!), eppure cosa è certa: in tutti i casi, non nutro sentimenti negativi né agirei mai con malizia. Come dice Luana, provo solo ammirazione, applaudo alla bravura altrui e continuo a occuparmi con serenità del mio giardino.

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  3. Mi trovo molto in sintonia con la visione di Cristina, l’invidioso ha una visione distorta della realtà, nel senso che osservando gli altri vede soltanto “le cose positive che l’altro possiede senza capire quello che c’è dietro”, nel senso che spesso chi possiede qualcosa se lo è guadagnato e anche “sudato” probabilmente sacrificando qualche altra cosa della sua vita. Non sempre é così ma accade per la maggior parte delle volte, poi ci sono quelli ricchi per nascita (che magari sono infelici lo stesso) o quelli che hanno qualità innate ma non per questo esenti da sacrifici.
    L’invidioso in senso “cattivo” è colui che pensa che le cose belle degli altri siano facili e cadano dal cielo come regali, per esempio una volta una mia amica di università mi disse “beata te che prendi sempre 30” come se fosse una cosa automatica, io studiavo come una pazza, mentre lei passava il tempo a cazzeggiare, ovvio che non riuscisse a fare esami, tuttavia lei era piena di soldi e poteva permettersi di restare indietro, io no.
    Da piccola invidiavo le bambine che potevano permettersi delle belle bambole o altri giocattoli, ma tutto sommato non avrei mai cambiato la mia adorata famiglia con una diversa anche se più ricca. Invece oggi invidio quelli che possono vivere senza lavorare, perché il lavoro mi sta mangiando la vita, ecco questa è l’unica invidia vera che provo...

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    1. Eh, a proposito di lavoro, mi viene in mente una discussione con una mia collega ai tempi delle scuole primarie dei miei figli: lei sosteneva che io, un giorno, avendo scelto di abbandonare la professione per occuparmi proprio dei miei figli, avrei invidiato chi continuava a esercitarla. Ridevo, pensavo a quanto fosse facile il pregiudizio; poi, nei fatti, le ho dimostrato che la mia è stata una scelta vincente, che nonostante la rinuncia sono una donna felice ed è lei adesso, a invidiare questa mia serenità.
      Comunque è vero, non puoi invidiare chi si è guadagnato ciò che ha ottenuto: l’esempio dei tuoi ottimi voti presi con il sacrificio della studio è perfetto.

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    2. Due elementi sono stati inseriti come importantissimi, dunque. Non solo l'invidioso tende a ingigantire l'invidiato, ma pensa pure che quello che ha gli sia caduto dal cielo. Ahi, quanto potrei dirne su questa. Come ho spiegato nel post, provengo da una famiglia dignitosa ma modesta, ma negli anni, dopo i primi anni molto difficili, seguii l'esempio di mio padre, che comunque era riuscito a trasformare in oro tutto quello che toccava. Il prezzo era altissimo, perché partire da una base e costruire sopra un futuro significativo significava una pioggia di rinunce e sacrifici. Io bene o male ho seguito il suo esempio, quello che ho costruito me lo sono sudato letteralmente. Magari sarò stata tacciata anche di spilorceria, ma non me ne importa un fico secco. Penso di avere vissuto anche negli anni dei sacrifici più duri una vita dignitosa (oltretutto ai tempi io e mio marito facemmo la nostra luna di miele in America, poi stetti mesi con una piccola tv su una sedia ma almeno avevo realizzato un mio sogno). Mi piacque moltissimo costruire mattoncino su mattoncino quello che oggi noi due abbiamo. Siamo stati una squadra, abbiamo viaggiato tanto (non vediamo l'ora di ricominciare) ma senza strafare sprecando, abbiamo fatto una vita sociale, ma senza scialacquare. Abbiamo saputo rinunciare a tanto. Chi oggi vede quello che possediamo e pensa "eh, stanno bene, beati loro", non può minimamente immaginare quello che ci sia dietro. E non ci stiamo certo fermando. Perché progetti da realizzare ce ne sono ancora tanti. Poi aggiungo questo. Mi è capitato, molti anni fa, di sentire un'amica dire "beata te che stai andando a prenderti lo stipendio alla posta" (ero supplente e c'era un metodo di pagamento anche sotto questa forma). Ma io almeno avevo fatto qualche anno prima la mia "valigia di cartone" e me ne ero partita dal sud, mentre questa qui non si era mossa dal paesino dei suoi. Ecco le cose che infastidiscono. Guarda e impara, stupida! Scusate, mi accaloro su questi argomenti ahahahahah

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    3. È vero Luz, fare la propria “valigia di cartone” costa un grande sacrificio, quelli che ti “invidiano” lo stipendio non pensano al sacrificio che c’è dietro, pensano che ti arrivi dal cielo non facendo un tubo.
      Per Marina: scegliere di lasciare il lavoro per crescere e seguire i figli è una scelta importante e vincente (perché nessuno potrà restituirti l’infanzia dei figli se non l’avrai vissuta con loro) ed è una scelta felice se desiderata e consapevole, come hai fatto tu; certo bisogna poterselo permettere, c’è chi non può perché in famiglia c’è proprio bisogno di un secondo stipendio per mandare avanti la carretta, in quel caso lavorare è una necessità sofferta che non permette scelta.

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  4. Io se vedo Berlusconi dico, chissa i problemi che ha per mantenersi tutto questo.
    Se vedo dei fiori sempre freschi in un'altra tomba vicino ai miei cari ........ bello hanno più tempo.
    se nel mio blog vi è un solo commento, e negli altri vi sono molti commenti ............ i loro blog sono interessanti.
    Non sono invidioso di niente e nessuno. Essendo cosciente di quel che sono.

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    1. Bravo, è lo spirito giusto. Anche perché l’invidia ha un costo in termini di salute ed essere in pace con se stessi ha un valore a mio avviso inestimabile.

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    2. Ciao, Giovanni. È proprio così. Mi capitano le stesse tue osservazioni. Ieri ho sbirciato un po' la prima puntata della serie "Giorgina", su Netflix, moglie di Cristiano Ronaldo. Questa ragazza racconta i due aspetti della sua vita, dicendo chiaramente che ha conosciuto la povertà vera e la ricchezza smisurata. Traspare una semplicità innata, una serie di circostanze e coincidenze la portano dinanzi al calciatore più celebre, ricchissimo, lei fa la commessa in un negozio, abita in un quartiere periferico desolato. Improvvisamente si ritrova a frequentare un campione che va a prenderla in Lamborghini sotto casa o davanti al negozio. Sembra una favola, eppure è la realtà. Poi il racconto tocca anche un argomento diverso, che immaginano in pochi: non è facile gestire la ricchezza, la popolarità. Nel momento in cui hai tutto, devi stare molto attento a tenerti stretto i valori in cui sei cresciuto, devi sforzarti di trasmettere onestà e rispetto nei tuoi figli. Insomma, almeno fin dove sono arrivata, il racconto va anche verso questa cosa che è molto diversa da quello che immaginiamo riguardi i ricchi. Diventi una specie di icona, i tuoi profili social sono seguitissimi, mai un passo falso, una vita continuamente esposta, patinata, lucente. Nello sguardo però s'intravede una malinconia, e questo sia quella traccia di non completa felicità che è tipica anche di questi miliardari. Una ricchezza costruita sul talento, quindi è tutto dire, per due che hanno vissuto anche la povertà, penso che questi ragazzi ce la potranno fare a restare saldi nei loro principi migliori.

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    3. Mi hai fatto venire in mente “The crown” (a proposito di serie su Netflix): mamma mia, che meraviglia la vita nei castelli! Servita, riverita, circondata da bellezze ovunque. Che vita fortunata, quella di regine e principesse! E invece, quanta sofferenza, quante rinunce, quante etichette da assecondare, quante responsabilità e quanti fallimenti! Ti faccio ridere: la mia “invidia” verso certi stili di vita si è sempre sposata con una certa dose di umiltà, tanto che quando sognavo in grande da piccola, dicevo sempre alla mia amica che avrei voluto fare la maggiordoma, da grande, nella casa dei ricchi! 🤦🏻‍♀️😂😂

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    4. Sì, in "The crown" (serie stupefacente, una delle migliori dell'ultimo ventennio) traspare non solo l'infelicità ma anche quella mancanza di libertà, il pedissequo seguire etichette, mantenere una certa immagine. Non deve essere facile, no.

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  5. L'invidia è una brutta bestia che ti si attacca addosso e non ti molla più.

    Per il resto condivido il commento qui sopra perché anch'io non sono invidioso e trovo che le parole usate da Giovanni siano essenziali per esprimere anche il mio punto di vista: non sono invidioso di niente e di nessuno perché sono cosciente di quel che sono. Non avrei trovato parole migliori

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    1. Infatti, la consapevolezza salva sempre. Anche questo è un valore da tutelare sempre.

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    2. Caro Accadebis, vale quello che ho risposto qui sopra. :)

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  6. L'invidia è una sorta di competizione per il palco, se ci sono io non puoi esserci tu e viceversa. Come nella teoria transazionale, io sono ok e tu no o viceversa, da qui l'invidia ovvero il desiderio di essere totalmente qualcosa senza doverla dividere con altri. Così siamo invidiose della bellezza delle nostre compagne di classe perché vorremmo essere le uniche a essere ammirate e così via. Triste ma diffusissima, ammetto di averla provata. Tra tutti i vizi mi risulta il più difficile da tenere a bada. L'ho conosciuta da bambina forse per questo mi è così familiare. Nel palazzo dove vivevo abitavano altre tre famiglie con figlie della mia stessa età, tutte più benestanti di noi. L'invidia era la loro però, per la mia fierezza, i miei risultati scolastici, persino nei confronti di piccole cose che mi venivano regalate, ben più modeste delle loro, eppure così... Invidiate. Forse ciò che più fu invidiato da queste mie "amichette" e da parte delle loro famiglie era la piena accettazione della nostra condizione povera, l'assenza di invidia per il denaro e le possibilità altrui e una forza, allegria e ricchezza che si trasformava in bei voti a scuola. Quando mi sono presa la rivincita? Quando alla soglia della maturità bussarono alla mia porta per chiedere un aiuto. La loro costosissima scuola privata non le aveva preparate abbastanza... L'invidia in fondo si auto soluziona. Al momento giusto si scioglie come neve al sole... Non credete?

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    1. Una sorta di karma, sì! Io dico che finché tutto si ferma a desideri piccoli e a stati d’animo innocui, l’invidia è un sentimento impossibile da evitare (sia proprio sia altrui), invece rimanere vittima della cattiveria dev’essere veramente brutto: non potrei mai invidiare qualcuno fino a volere il suo male e non vorrei mai cadere sotto le maledizioni di un invidioso nei miei confronti. Si diventa anche un po’ superstiziosi, a volte!

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    2. Io non ho mai sentito quel tipo di competizione, Elena, per esempio sulla bellezza. La mia amichetta uscita da un libro di fiabe era davvero molto bella, pure questo possedeva, occhi azzurri e splendidi capelli biondo miele lisci, io mi ritenevo a confronto uno sgorbio. Un po' anche per quella "sindrome dell'impostore" di cui io e Marina abbiamo discusso l'anno scorso. L'invidia che ho provato è stata bonaria proprio perché mi sono sempre ritenuta al di sotto degli altri. Ogni tanto io e mio marito ce lo diciamo. "Ci siamo sempre buttati troppo giù", un classico.

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  7. Tra tutti i vizi capitali l'invidia è quella che capisco meno. Intendiamoci, come credo più o meno tutti, mi capita di desiderare le cose o i successi degli altri, ma di base non mi manca niente a livello materiale o affettivo e i successi, beh, se non li ho raggiunti sarà ben un limite mio. Pertanto non la riconosco neppure e, quando ben la riconosco, non la so trattare. Mi è capitato, in un paio di casi molto dolorosi, di avere per caso nella mia vita qualcosa che delle persone a me vicine desideravano ardentemente, ma che, almeno in quel momento, non potevano avere. Lo chiamerei dolore e difficoltà di autoaccettazione, piuttosto che invidia. In ogni caso ho capito che è brutto anche sentirsi in colpa perché almeno qualcosa nella propria vita è andata bene.

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    1. Vero, anche l’aspetto del sentirsi in colpa è da prendere in considerazione: mi è capitato, in passato, sempre per cose di poco conto, di viverlo e di non riuscire a distaccarmi dal pensiero di essere stata davvero più fortunata, nella vita, rispetto ad altri. Col tempo, ho superato questo malessere capendo di non essere io il problema. Con la mia insicurezza, poi, figurati se potevo permettermi di invidiare qualcuno per avere conseguito risultati da me non raggiunti! Piuttosto, continuo a dirmi che se non arrivano i successi è perché non sono in grado di guadagnarmeli.

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    2. Toccate un argomento con cui ho avuto una certa familiarità: il senso di colpa. Mi è capitato di sentirmi nell'imbarazzo di annunciare di aver firmato il contratto a tempo indeterminato alle orecchie di qualcuno. Avrei potuto dirlo sprizzando gioia da tutti i pori, come di fatto sentivo, ma sapevo che ci sarebbe stato chi non ne avrebbe gioito. Mi sembra strano scrivere queste cose, ma ahimè fanno parte di quel passato sofferto. Avevo una conoscente, tanti anni fa, conosciuta a Ciampino, che mi disse "adesso potrai avere il culo al caldo". Certo intendeva che non avrei tribolato più in quelle supplenze che mi costringevano a fare di scuola in scuola e adattarmi di volta in volta a situazioni anche difficili (una supplenza non è un ruolo, ci sono luoghi in cui capita di essere considerati l'ultima ruota del carro), ma mi parve un'espressione priva di quella gioia dell'amica, ecco. La sua situazione era difficilissima, e io mi sentii un po' in colpa per essermi finalmente guadagnata quella firma e la svolta che aspettavo da anni. Sì, l'invidia è un sentimento terribile, questo caffè sta rivangando molti momenti sofferti.

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  8. Brutta bestia l'invidia, davvero. E penso di conoscerla da entrambe le parti.
    Intanto anch'io ho provato invidia per le compagna di classe, a ogni livello scolastico. Alle elementari invidiano una compagna estroversa, osannata da tutti, con la casa della Barbie e una cameretta tutta sua. Alle medie invidiavo il fisico già sviluppato delle altre, le loro amicizie e uscite di gruppo, io costretta a casa, senza mezzi per spostarmi. Alle superiori peggio che peggio, invidiavo le paghette altrui, i vestiti firmati, le conquiste, le rose anonime che arrivavano in classe a San Valentino. Con l'università da pendolare un po' invidiavo gli studenti con alloggio, ma poi erano pochi ad avere dei risultati buoni. Soprattutto invidiavo le famiglie altrui, e a ripensarci è in famiglia che si sviluppava l'invidia (per un lavoro migliore, per l'auto più grossa, per le vacanze, per la casa, i gioielli, i capitali).
    Ho iniziato a vederla diversamente quando sono uscita da quel guscio e, per la prima volta, qualcuno ha iniziato a invidiare me. Mi sono ritrovata nella tua stessa situazione Luz, due care amiche che hanno cominciato a sminuire i miei risultati con le frecciatine. Dopo quella prima volta, pensavo di aver imparato a scegliere meglio le amicizie, invece mi è capitato di nuovo. E continua ancora, l'ultima questa estate. Persone frustrate, insoddisfatte della propria vita, che vedono nel mio sorriso, nel mio entusiasmo, nella mia energia il loro nemico. Vogliono vedere solo la punta dell'iceberg e dimenticano la base di sacrifici, dedizione, costanza, fatica pura che c'è sotto. Ci lavoro duro tutti i giorni. E il bello è che le loro sono situazioni si potrebbero migliorare, se accettassero un cambiamento.
    L'unica invidia che provo io si accompagna anche alla rabbia di una situazione che invece non si può cambiare, in alcun modo, perché tocca la salute. E per quanto lavori sull'accettazione, l'invidia resta latente.

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    1. Non tocchiamo il tasto salute: a pensarci, non sai quante volte mi ritrovo a invidiare chi non ha i problemi che ho io, che non saranno gravi o invalidanti (ringraziando sempre il Cielo), ma hanno fortemente condizionato la mia vita.
      Il tasto amicizie, invece, sì, quello tocchiamolo. Alla larga dalle persone invidiose: non sono amicizie vere e nessun rimpianto nel rinunciare a certi legami, se sono portatori di delusioni e amarezze. Il difficile è riconoscere fin dall’inizio la tipologia per poterla evitare fin da subito come la peste, ma magari l’esperienza affina i sensi...

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    2. A me fa impressione il solo pensare che ci sia invidia fra consanguinei. Non posso non citare quella stessa persona del post, fu una persona, in seno alla famiglia (in senso più largo) che cominciò con quelle frecciatine. So per certo che non leggerebbe ma queste parole, e poco importa, perché non lo vedo né sento da molti anni. Era una persona che tacciava di invidia gli altri e in realtà covava in sé un'invidia cieca. Un pusillanime, un frustrato. E mi fermo qui. Perché ripensare fa male al cuore, gli ho voluto molto bene. Ma tutto è esperienza e l'esperienza forma, rende maturi e aiuta a costruire una bella corazza con cui non farti colpire mai più da tanta cattiveria.

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  9. L'invidia fa più male a chi la prova che a chi la subisce...

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    1. Sì, l’invidioso non deve avere una bella vita!

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    2. Sicuramente l'invidioso soffre, ma posso assicurarti che l'invidiato, se gli vuole bene, soffre anche più di lui.

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  10. Se l'invidia comporta la tristezza per il bene altrui, allora credo di non conoscerla. Che sollievo! Non è una caratteristica di cui si vada proprio fieri... Conosco invece, e soltanto grazie alla scrittura, l'invidia nel vedere che qualcuno ha qualcosa da me intensamente desiderato, senza connotazioni negative nei suoi confronti. Non porto esempi, tanto sono fin troppo ovvi!

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    1. Questo è un tipo d’invidia che conosco bene, credo che siano in tanti a condividerla, se non nel campo della scrittura, in ambiti analoghi, dove non sempre i desideri vengono premiati in proporzione alla dedizione e ai sacrifici posti in essere.

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    2. A me non capita di invidiare che scrive bene, perché mi ritengo una persona molto al di sotto di coloro che hanno vero talento, non posso che contemplarle in celestiale ammirazione. :)

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    3. Gli autori che meritano celestiale ammirazione sono una manciata; le storie che meritano di essere lette, invece, sono una miriade. Per questo c'è anche spazio per l'invidia. ;)

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  11. Io divido l'invidia in due ben diverse cateogie. da un lato c'è il sentimento che spinge a migliorarsi e a cercare di ottenere qualcoisa di meglio. E' insomma, la voglia di crescere e conquistare qualcosa che ancor anon si ha. Poi c'è la vera invidia, rivolta a chi sta meglio, che è assolutamente malsana, completamente distruttiva.

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    1. Sì, è senz'altro così, Nick. Mi hai fatto venire in mente una regista che stimo molto (ma non è l'unica, ci sono donne che riescono a fare cose veramente splendide in palcoscenico). Io mi pongo in uno stato di ammirazione, cerco di coglierne l'esempio, ripercorro le loro orme per capire come fare ad avvicinarmi almeno solo un po' ai loro livelli.

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    2. Che dire, Nick, sono assolutamente d’accordo.

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