Incipit: Era una di quelle persone destinate ad assomigliare, sempre di più con l'andare del tempo, al proprio nome. Fenomeno inspiegabile, ma non così raro. Rocco Carbone suona, in effetti, come una perizia geologica. E molti lati del suo carattere per niente facile suggerivano un'ostinazione, una rigidità da regno minerale. A patto di ricordare, con i vecchi alchimisti, che non esiste in natura nulla di più psichico delle pietre e dei metalli. Rafforzavano di sicuro questa impressione la fisionomia spigolosa, i lineamenti marcati. Folta e compatta, la massa inamovibile dei capelli si sarebbe detta modellata e dipinta sulla testa come quella delle marionette.
Ha vinto il Premio Strega 2021 questo libro di appena 121 pagine e non è un romanzo. Probabilmente se non ci fosse stata l'opportunità di incontrarne l'autore il 22 luglio scorso in quel bel festival della letteratura che è Velletri Libris, neppure lo avrei letto. O meglio, mi sarei ripromessa di acquistarlo e leggerlo, ma poi, chissà.
Anzitutto proprio a questo è necessario dedicare un pensiero. Ci sono libri che leggiamo perché viene a crearsi l'occasione, un suggerimento, un incontro con l'autore (sei interessata a incontrarlo se conosci il come e il cosa del suo scrivere), insomma qualcosa attorno a cui casualmente nasce un interesse.
Non è stato dunque il premio a spingermi verso questo piccolo capolavoro, anzi. E allora, mi domando, quanti libri ci perdiamo perché l'occasione non si concretizza?
Se non avessi letto questo libro, mi sarei persa qualcosa di importante. È necessario stare attenti, drizzare meglio le antenne verso il mondo editoriale contemporaneo, in generale verso quegli autori che non conosciamo ancora, per poi scoprirli perfettamente nelle nostre corde.