Per la strada riuscì a evitare l'incontro con la sua padrona di casa. La stanzetta del giovane era situata proprio sotto il tetto di un alto casamento a cinque piani e assomigliava piuttosto a un armadio che a un'abitazione. La padrona di casa, che gli dava in fitto quel bugigattolo, includendo nel prezzo desinare e servizio, dimorava una tesa di scala più in basso, in un quartierino separato [...]
La letteratura russa annovera due scrittori, Dostoevskij e Tolstoj, in grado di tracciare in modo profondo il passo della grande narrazione d'autore del XIX secolo. Poi anche Turgenev, Esenin, Gogol. Insomma scrittori i cui libri riescono a creare la sensazione di un gorgo, una spirale nella quale il lettore si immerge fino a una profondità mai neppure immaginata.
È il caso di questo eroe e allo stesso tempo antieroe protagonista di Delitto e castigo, quel giovane Raskòlnikov che il titolo rivela essere un assassino e poi un deportato. Una collega prof mi ha detto "un titolo che è il più grande spoiler della storia della letteratura". Non credo, in fondo.
Quel titolo sta annunciandoci che dinanzi a un efferato delitto il castigo è l'epilogo inevitabile. Il delitto, invece, il suo movente, è un groviglio di concause, l'effetto domino di una vita totalmente immersa nel suo tempo, nella più grande infelicità.
Delitto e castigo non è solo il romanzo che narra un evento e il suo sviluppo, ma anche l'affresco di un'epoca, il grande spettacolo di una società sconfitta, grigia nei toni, mutevole negli atti, incerta, aggressiva e dolente.