Oggi mi sono lasciata il tempo per una riflessione. Dopo il lavoro e il pranzo, mi sono sdraiata sul letto e ho cercato di fare ordine nei pensieri. Ci sono giornate come questa, arrivano senza farsi annunciare. Basta un niente, in giornate come questa, per sentirti un peso dentro.
Il peso grava sui punti dove, secondo le migliori filosofie orientali, si concentra la nostra forza, quello che ci rende vitali, che coagula le nostre energie in qualcosa da utilizzare e rilanciare.
Il peso oggi me lo sento nella testa, e difatti si è scatenata la cefalea, e in petto, nel punto dove pensi che si concentri il respiro, debole e perciò bisognoso di una spinta, come se inspirare dovesse per una volta diventare una cosa pensata e non un riflesso involontario.
Oggi è uno di quei giorni diventati senza un perché una specie di contenitore, un bilancio non voluto, uno stop a tutto e tutti per fare il punto. Oggi so, ormai per certo, che questi due anni sono stati e restano brutti. Oggi ho bisogno di dirmi, senza farmi sconti, che vivere in questo momento è difficile.
Si sta formando un disegno sempre più chiaro e definito. C'è un prima e un dopo. Il prima ora appare lontanissimo, una vita "altra" che non c'è più. Visualizzo il dopo come un tunnel trasparente, c'è luce ma poca aria, le immagini di fuori non sono nitide.
In quel prima c'erano una scuola con mille difetti ma ancora vivibile, un teatro pieno di esperienze e di energie, una madre ancora in salute, estati da trascorrere insieme ai miei cari. In questo dopo non c'è niente di tutto questo, solo una vita diversa, con l'aggravio di una guerra in Europa, una pandemia non ancora finita, un amico e collega che sta morendo, ragazzi che si sono smarriti e sono svaniti nel loro eterno presente senza sguardi fissi su un dove.
Ho perso alcuni sguardi importanti, perché in fondo la vita quando è piacevole e serena è fatta di sguardi che si posano, non trovate? Nella mia riflessione ho pensato a questi sguardi persi.
Non posso dire di non possederne di altri. Sono sguardi trovati e importanti. È inevitabile, però, guardarsi indietro e pensare a dove eravamo rimasti, e perché ci sia bisogno di riallacciare i fili di quello che si è perduto per costruire una trama nuova.
Il punto è che quei fili sono recisi, quindi se sta formandosi una trama nuova, questa porta i segni vistosi di un'interruzione, di una crepa, una mancanza. Ma davvero sta formandosi una trama, o piuttosto non sono ferma, troppo ancorata su quei fili recisi?
Cosa ci diciamo quando ci cerchiamo dentro le forze per non lasciarci abbattere troppo? Guardare alla bellezza, trovare energie e stimoli nuovi, attraversare il territorio melmoso per uscirne vincenti.
E dove sarebbe il punto, preciso, in cui quella melma smette di cingerci le caviglie? E come possiamo essere così presuntuosi da fingere che questa mancanza non sia più forte di noi?
Sono arrivata ad alcune certezze importanti:
- è fondamentale accettare il fatto che la "falla" esiste, che ormai fa parte della vita,
- è necessario sapersi in una specie di "rete" interconnessa, fatta di relazioni sane,
- è preferibile non mollare mai il costruirsi autostima e fiducia in se stessi.
Insomma, nel cercare di sfangarla, nel provare a superare questo pessimo periodo, nel coltivare l'idea che, pur nella più grande incertezza, la vita comunque sia meravigliosa e valga la pena di prendersene cura, vorrei... ritrovare "lei".
L'ho vista in queste pagine virtuali, sfogliando alcuni vecchi post, scritti fino a tutto il 2019.
Lei è la Luz degli anni passati della quale mi piacevano l'entusiasmo e il "vulcanico procedere".
Mai come adesso comprendo il valore di questo blog e il perché sia stato aperto nel lontano 2015. Forse, perché mi piace vedere nelle cose un silenzioso congiungersi, per ricordarmi come si era e come si dovrebbe diventare. Potrei citare tanti post di quella Luz, ne prendo tre a esempio.
Uno riguarda una riflessione su di sé, uno il valore dei ragazzi speciali, uno tutta la forza del teatro.
Tre post che sono la rappresentazione di quel passato e di quella Luz.
Forse è solo utopia ritrovare "lei", ma mi piace pensarla in quel passato così fremente di esperienze, momenti belli e brutti, desiderio di esprimersi, capacità di essere brillante e propositiva.
Ritrovare quella Luz o inventarne una nuova sarà impresa epica, ma ho il dovere di tentare.
Grazie a chi avrà letto queste riflessioni.
Concordo con le "certezze importanti" alle quali sei arrivata, Luz.
RispondiEliminaLa falla esiste, non possiamo illuderci che non ci sia e proprio per questo non potremo più tornare ad essere quelli di prima. Tuttavia, se anche non troverai pari pari la Luz di un tempo, ne scoprirai una ancora migliore.
Saprai certo che cosa è il kintsugi, quella tecnica di restauro dei ceramisti giapponesi per la quale in un vaso le linee di rottura non vengono nascoste ma evidenziate con l'oro. Ne consegue che l' oggetto restaurato mostrerà le proprie ferite, ma sarà diventato più prezioso. Ecco, così potremmo essere anche noi.
Poi certo, fissare lo sguardo alla bellezza e non mollare sono cose irrinunciabili.
Grazie e un abbraccio!
Quella Luz c’è sempre, magari con qualche “cicatrice” in più, ma non è andata via. Lei è presente, solo che tace o parla poco. A volte sono solo periodi. Stiamo attraversando periodi così brutti che ci sembra di essere diventate altre persone, siamo diventati più pessimisti, più tristi e più preoccupati, è vero gli eventi della vita ci cambiano, ma il nostro vero io non può cambiare, c’è una parte che rimane intatta, solo che a volte fuori la realtà è così buia che oscura il nostro mondo interiore. Non dobbiamo smettere di cercare in noi, di ritrovarci così come eravamo.
RispondiEliminaMi ritrovo in molte delle tue riflessioni. È vero: questi due anni ci hanno segnato tantissimo e il mondo (e non solo noi) non è più quello di prima. Certe volte cerco di ricordarmi il “prima” e non lo ritrovo più. Hai ragione a dire che il blog in questo è prezioso, perché ci ricorda come eravamo. Ma dobbiamo guardare oltre: siamo diverse, però siamo sempre noi: il deserto fiorirà.
RispondiEliminaNon saprei cosa dirti perché io ormai non ho neppure un "prima", sono arrivato al punto in cui avrei preferito non essere mai nato.
RispondiEliminaLo stento quel peso nella testa e nel petto, lo hai descritto molto bene, chiunque abbia vissuto con intensità e consapevolezza questo periodo immagino lo abbia sentito, da qualche parte. E' un caso che io oggi esca con un post sul focusing, uno strumento per "ascoltare" il corpo che ho scoperto di recente e che questa tua riflessione prepotentemente mi ha fatto tornare in mente. Quel collegamento di cui parli, quella rete, è anche questo: leggersi a distanza e scoprire qualcosa di sé nelle parole degli altri.
RispondiEliminaDici di voler ritrovare la te stessa di qualche anno fa, del prima, e citi il rispetto, i ragazzi, i tuoi, il teatro, come i tre cardini di quella donna meravigliosa che tutti noi conosciamo. Allora ti domando: che cosa deve accadere perché tu possa ritrovarla? Un abbraccio cara Luz
Cara Luz, non ho consolazioni da darti se non un grandissimo abbraccio virtuale.
RispondiEliminaSembra, è vero, che la luce si affievolisca ogni giorno che passa... io stessa in alcuni momenti sento un gran peso sul cuore, e di notte talvolta mi sveglio con una sensazione di catastrofe imminente, di orrore. La domanda è la stessa: perché la prova della pandemia (non finita) e ora una guerra a pochi passi che minaccia di dilagare e travolgerci? Ci si sente piccoli, depressi, impotenti.
Penso però che tale luce non si spegnerà qualunque cosa accada. Proprio lunedì ho letto l'articolo della rubrica di lunedì "Ultimo banco" di Alessandro D'Avenia, uno scrittore e insegnante che senz'altro conoscerai. D'Avenia parla dello scrittore ucraino Vasilij Grossman, e il suo capolavoro «Vita e destino», che contiene delle lettere scritte alla madre nel 1961. Pur nella terribile sorte della madre, e nella mancanza di una tomba su cui piangere, Grossman riconosce la potenza invincibile del suo amore materno. Più che mai è necessario trovare in noi, e nei nostri cari, una luce invincibile, una forma di amore simile a questo, che mai potranno morire.
Detto questo, siamo tutti esseri umani, e pensarci senza fragilità e ferite significa mentire a se stessi.
Questa è una bellissima pagina di te, che ho amato molto leggere. Pensavo che anche questa Luana così malinconica e riflessiva è una Luana che mi piace: lo so che vederti sorridente e piena di progetti ti illumina di più, la Luana esplosiva di alcuni vecchi post, di quelli che citi, ma anche di altri, metteva buon umore, ma rimani una garanzia di qualità anche in questi accessi più intimisti. Solo mi dispiace immaginare quanto ci sia dietro questo tuo sfogo sincero: la scrittura aiuta, lo diciamo sempre e spero che questo post, dettato da uno stato d’animo condiviso per varie ragioni da molti, sia stato utile a ridarti la spinta giusta per continuare ad andare avanti, dritta, sicura e spedita come un treno che sa dove e quando fermarsi.
RispondiEliminaTi auguro davvero che il tuo vulcanico procedere torni, magari con sembianze un po' diverse perché la pandemia ci ha cambiati nel profondo, e ora questa guerra mette di nuovo il tappo sulla frizzantezza che in parte stavamo tentando di recuperare. Quello che posso dire dalla mia esperienza, per quello che vale ovviamente, di persona molto malinconica di cui gli altri spesso percepiscono solo l'energia, è di prenderti cura della tua stanchezza morale, chiedere aiuto, manifestare e permettersi di stare male sono passi importanti nella riconquista di una fiducia di sè, soprattutto ora.
RispondiEliminaCapisco bene il senso del tuo post che condivido in pieno. Per quanto mi riguarda ho avuto un cammino che definirei lento e progressivo. Intendo dire che dalle elezioni italiane del 2018 in poi ho visto un lento e graduale peggioramento della situazione in vari settori della vita in Italia ma anche in altre nazioni, e parlo quindi in generale.
RispondiEliminaLa pandemia ha messo KO il mondo. Un virus invisibile, e visibile solo al microscopio, ha dato la prima grande botta a tutta una serie di idee e progetti che avevo e che sono naufragati, come l'idea di tornare a lavorare all'estero. Ma la forza della resilienza, che ho ancora oggi, mi ha aiutato ad affrontare la pandemia nel miglior modo possibile. Alla fine, parlo a livello interiore, non ne ho sofferto più di tanto. Forse perché tempo fa, nei tre anni e mezzo di viaggi che avevo fatto per il mare prima di lavorare nella cultura, ho imparato a gestire la solitudine. Ad esempio in quel periodo passavo 12 o 15 giorni di navigazione sempre in mezzo al mare, ed ho fatto almeno una dozzina di traversate in Oceano Atlantico da Gibilterra all'America e dal Sud America al Nord Europa. Impari a gestire il silenzio, la solitudine della sera quando ero da solo nella mia cabina e tanto altro.
La recente guerra ha dato una mazzata a tutta una serie di pensieri e stati d'animo, soprattutto perché arriva dopo la pandemia (e speriamo bene che finisca una volta per tutte). Ma non perdo la speranza, quella non muore mai.
In sintesi, anch'io ho un "prima" e un "dopo" e non so come evolverà la situazione ma vado avanti e continuo a non perdere l'idea e la forza della speranza. Anni fa avevo letto il "Parsifal" di Wolfram von Eschenbach perché lavoravo a Bayreuth dove fanno il festival wagneriano. Ad un certo punto Parsifal perde tutto: i compagni di avventura sono tutti morti anche in malo modo, la pestilenza ha invaso la terra, la fame e la morte sono ovunque. Eppure Parsifal ad un certo punto dice a se stesso: "Non posso perdere anche la speranza. E' l'unica cosa che mi rimane". Perdere la speranza è come perdere se stessi e questo non lo voglio.
La mia assenza dal blog non durerà ancora molto, ma vedremo. E mi avvicino a cosa sarà il mio futuro più vicino nel modo migliore.
Un salutone ed è sempre bello passare dal tuo blog.
Scusa, è il "Parzival" di W. von Eschenbach
EliminaCapisco molto bene le tue riflessioni, vorrei poter dire la mia ma alla fine concordo con davverto tutto quello che hai scritto.
RispondiEliminaCiao, alla prossima!
Innanzi tutto un abbraccio, forte.
RispondiEliminaQuesti sono giorni difficile dopo due anni difficili. È tanto, tanto facile perdere se stessi e forse la persona che eravamo prima non la ritroveremo più. Io guardo con nostalgia la mia vita di prima. Le mie relazioni sociali hanno retto molto bene il 2020, ma il 2021 è stato l'anno dello sfilacciamento, della solitudine che si insinua, delle distanze che si creano senza volontà, sono per fatica (anche mia). Ora siamo stanchi. Abbiamo eretto barricate intorno a quello che reputiamo imprescindibile della nostra vita, ma è difficile. E ora arriva anche la guerra. Arrivano i profughi (è da giorni che "domani" mi arriveranno in classe, per ora sono arrivati alle elementari), con il loro carico di disperazione, ansia e necessità. Ho paura del futuro, per mia figlia più che per me e questa paura davvero non mi appartiene.
Cara Luz, si cresce, si soffre e si cambia. Capisco il momento che stai vivendo perché l’ho vissuto anch’io, c’è un prima e un dopo in ogni vita, anzi ci sono diversi “prima” e “dopo”, a me è capitato con la morte di mia madre e poi con la separazione, poi con la morte di mio padre, con la più grande delusione sul lavoro, ma posso dirti che c’è sempre una rinascita con un motivo di nuova gioia e disposizione per la vita. La vecchia Luz non c’è più perché quello vecchia Luz non conosceva determinate sofferenze, ma questo non vuol dire che la nuova Luz non possa ritrovare l’entusiasmo e la gioia di vivere di quella vecchia Luz. Io ti posso solo citare la mia esperienza personale, i miei dolori più grandi mi hanno cambiata ma mi hanno resa più forte, l’entusiasmo per le cose belle c’è ancora, forse si é appannato per un po’ di tempo, ma poi torna sempre è la forza della vita. Un abbraccio
RispondiEliminaCare/i tutte/i, vi ringrazio molto per le vostre parole, tutte importanti e preziose. Ne farò tesoro. C'era bisogno di fermarsi un attimo e riflettere, cercare di definire il disagio. Sono stati giorni di riflessione e certo la vostra presenza mi è stata di grande aiuto. Raccogliere i pensieri per elaborare una soluzione, capire perché ci si senta in un determinato modo e fortificarsi perché può accadere, perché il periodo resta quello che è e dobbiamo viverci dentro e non perdere di vista il valore potenzialmente esportabile. Questa era la riflessione da fare. Quella Luz fa parte del passato, questa nuova può solo cercare di assomigliarle, ma forte dell'esperienza del "dopo", che paradossalmente, nel dolore, fortifica.
RispondiEliminaAbbraccio tutti...
Prima di tutto, vorrei farti arrivare un abbraccio carico carico di tanto affetto.
RispondiEliminaLa vita è una sequenza di esperienze, belle, brutte, talvolta destabilizzanti.
Negli ultimi anni ho incassato dei colpi decisamente duri e non è stato facile superare certi momenti, elaborare malattie e lutti dolorosissimi. Però ho tenuto botta e ne sono fiera.
Non ho ovviamente ricette da proporre. L'unica cosa che ci tengo a dirti è ciò che mi ha sempre aiutato a guardare oltre e cioè che la nostra presenza qui è paragonabile a quella di un veliero. Quando il mare è tranquillo non ci si sofferma più di tanto su certi aspetti, però durante la tempesta ci si accorge che si deve necessariamente attingere alla forza della nostra guida interiore. Che è sempre lì, non scappa. Ma va richiamata, con tanta energia.
Quindi, cara Luz, la tua è lì e aspetta che tu la evochi e in fondo, lo stai già facendo. Ed è questo che conta!
Cara Clementina, ricordo questo tuo brutto momento, qualcosa che purtroppo non è fra i dolori "reversibili". Riallacciare i contatti mi rende molto contenta. Grazie per le tue parole, anche le tue per me preziosissime.
EliminaLa felicità è fatta di attimi, in mezzo al dolore e alla fatica.
RispondiEliminaNon te l'aspetteresti una frase così, da me, ma quel che sono è somma di quel che ho già affrontato. Il mio prima e dopo è stato tempo fa, ci ho messo anni ad uscirne, speravo non ci fosse niente di peggio e invece ho un altro prima e dopo, cronologicamente dentro la pandemia, ma non è la pandemia (e forse per quello ho sentito meno la pandemia, avevo rogne più grosse). Quindi concordo con Giulia, sono tanti i prima e dopo. Quel che resta è la malinconia, la malattia della vecchiaia, a cui cerco però di non dare ascolto, buttandomi nelle cose nuove. Avventure, romanzi, amicizie, studio. Andare avanti. Un respiro profondo, chiudere il dolore nello zainetto (il mio è bello pesante, per questo mi servono i muscoli), e via, verso altre scoperte. Forse tornerà la Luz di prima, ma sono più convinta che la Luz del poi sarà ancora più brillante. Perché avrà fatto tesoro di quest'oggi faticoso.
Aggiungo, se non l'avessi vista, un nuovo balletto di quella signora novantenne a Italia's Got Talent, con tanto di duetto con Elio.
https://youtu.be/GtqoQ8mZze4
Beh Luz, io guardo lei e penso che tu sei l'unica che può arrivare alla sua età con quello spirito lì. :)
Ho potuto capire qualcosa del tuo passato sofferto nei post che vi hai dedicato, sento che è stato davvero difficile. Anche in te sento che, il solito paradosso, la forza arriva in proporzione a quanto si soffre. Sono sempre più convinta che fra le varie categorizzazioni ne esista una che riguarda il carico di dolore, mai uguale per tutti. Può andare bene, in questa vita, come anche malissimo. Stamattina sono stata al funerale di un amico e collega che dire straordinario è dire poco. Non è arrivato neppure a 62 anni, e per tutta la vita ha dispensato del bene. Ecco, hanno parlato dei suoi ultimi giorni, di quanto pensasse, di quanto cambiasse idea continuamente perché era combattuto fra accettazione e rifiuto. Aggiungo alle mie perdite anche questa, ma da questa traggo un insegnamento eterno, perché lui è stato un grande esempio di vita.
EliminaGrazie per quel link. :)