mercoledì 30 marzo 2022

Boomers, X, Y, Z: generazioni a confronto.

dal film Giovani, carini e disoccupati (1994) - Generazione X (cui appartengo)

Qualche giorno fa, in sala prof, io e una collega affrontavamo il discorso sulla differenza fra generazioni, un argomento che ha cominciato a interessarmi da tempo, anzi ad affascinarmi proprio. 
Ci confrontavamo da un decennio di distanza circa, quindi i miei 50 anni suonati messi a confronto coi suoi 40 e mettevamo in campo gusti e preferenze, comportamenti e scelte. Dalle sue mani poi ho ricevuto un report tratto da uno degli innumerevoli corsi della "formazione permanente per insegnanti" in cui è immersa (o da cui è sommersa, meglio). Mettetevi comodi. 

Partiamo dal presupposto che a ogni generazione quella successiva pare in automatico: più libertina, sciatta, presuntuosa, scostumata, viziata, superficiale. 
Sembrerebbe una cosa attuale, ma lo stesso Socrate, vissuto fra 469 e il 399 a. C. si esprimeva in termini non proprio lusinghieri verso i giovani: 
La nostra gioventù ama il lusso, è maleducata, se ne infischia dell'autorità e non ha nessun rispetto per gli anziani. I ragazzi di oggi sono tiranni. Non si alzano in piedi quando un anziano entra in un ambiente, rispondono male ai loro genitori. 
Ora dovremo tutti ammettere di aver fatto pensieri molto simili ai suoi. Il sentirsi non proprio in sintonia con chi è nato almeno un quindicennio più avanti è cosa del tutto normale, perché ogni nuova generazione nasce e si forma all'interno di una determinata epoca, nel suo evolversi - o involvere.
Pensiamo solo ai cambiamenti della lingua, dell'estetica, dei valori.
Noi adolescenti degli anni Ottanta, epoca di paninari,"chiodo", spalline e pettinature laccate facevamo inorridire già gli adolescenti dei Settanta, tutti pantalone a zampa e liberi sessualmente, imbevuti delle libertà conquistate dai sessantottini. 
Me li ricordo quelli di una decina d'anni più grandi di noi, c'erano quelli che apparivano più posati e "saggi", meno plateali e più uniti in amicizia. Non nego che mi affascinavano non poco. 

Nei Novanta avevamo vent'anni e in anni di recessione trovammo una nostra estetica. Cominciavano a comparire i primi pc nelle case (il mio primo pc risale al '95), si passava dalle cassette ai cd. 
Gli adolescenti dei Novanta mi ricordo di non averli percepiti molto diversi da noi, era ancora una generazione vicina, nata nei primi anni Ottanta. Per esempio, non percepivo diversi i miei cugini nati alla fine degli anni Settanta, stavamo sempre insieme, ascoltavamo la stessa musica e vedevamo gli stessi film e serie tv. Anzi, proprio questa generazione di una decina d'anni dopo vedeva in noi un modello, prima di affrancarsi trovando una propria strada.
Sul finire degli anni Novanta, appena sposata e giunta a Roma, senza ancora lavoro né amici facevo la casalinga e guardavo in tv Dowson's Creek, generazione della fine degli anni Settanta. Per quanto fossero più giovani e patinati, non percepivo differenza con quella generazione, sentivo quel linguaggio, il racconto, l'estetica, ancora parte del mio mondo adolescenziale. Erano una generazione ancora molto simile a quelli di Beverly Hills 90210, che pure era la mia epoca. 
 
Il primo "scricchiolio" fra la mia generazione e una successiva è arrivato nel nuovo millennio. Ma facciamo adesso il punto con una grafica che chiarisce i tipi di generazioni dell'ultimo secolo.



Dal secondo dopoguerra a oggi l'incremento delle nascite, favorito dal boom economico, ha accelerato lo scambio fra una generazione e l'altra. Stando a questa tabella, io sarei appartenente alla Generazione X, una masnada di giovinastri così descritti in uno studio britannico:
Dormono insieme prima del matrimonio, non credono in Dio, disprezzano la regina e non rispettano i genitori. 
Essendo fuori dalla generazione "boomers", la nostra è una sorta di "zona d'ombra", siamo nati in un periodo di primo calo delle nascite, siamo non rilevanti statisticamente e senza veri ideali. 
Una riflessione è necessaria: i "boomers" in effetti, i nati dopo la guerra e fino a metà dei fastosi anni Sessanta, sono stati quelli che hanno ridisegnato gli assetti di politica ed economia, mentre noi non siamo riusciti a raccogliere il testimone. 
Per dirne una, nella nostra generazione i cali delle nascite sono diventati un fenomeno enorme. E poi altri aspetti innegabili: in certa percentuale coloro che attualmente hanno fra i 46 e i 56 anni vivono ancora coi genitori, o sono separati, oppure sono genitori discutibili, molti sono "viziati" ed eterni giovanotti e ragazzine. Se lo scenario è migliore, ci troviamo dinanzi a individui fragili, depressi, irrisolti, ancorati al passato e poco orientati sul futuro. Non lo si può negare. 
In rete trovo che la Generazione X ha messo in atto la "tattica del rinvio". Usa rinviare una decisione importante, fatica ad assumersi responsabilità: laurea, matrimonio, figli. 
E spesso, come ho scritto, perfino lasciare la casa di mamma e papà. Questo perché la generazione precedente non ha incoraggiato l'autonomia dei propri figli, fenomeno dell'area mediterranea. 

E veniamo ai ben noti... millennials. Si distinguono in Generazione Y (fra i quali coloro che percepisco non diversi dalla mia generazione, fra i 45 e i 40 anni circa, "Xennials") e Generazione Z.
Prima un confronto fra le due ultime generazioni:

Inclusione:
- per i millennials la lotta per l'inclusione è una valore importante
- per la Generazione Z un unico gruppo, già intrinsecamente diverso per sua natura, ha minore bisogno di inclusione

Identità di genere e orientamento sessuale
la Generazione Z conquista l'ultima frontiera di libertà: sono ormai entrati nel linguaggio corrente termini come transgendergender fluidbisessualeasessualenon binario

Rapporto genitori - figli:
- i millennials sono cresciuti sotto l'ala protettiva dei genitori (ansiosi) e faticano ad allontanarsi
- l'ansia genitoriale non è venuta meno con i Generazione Z, ma costoro cercano di smarcarsi dal genitore, tendono a fare più "branco", si autoescludono nel sociale virtuale

Emerge insomma già una sostanziale differenza fra le due generazioni. 
Questa bella infografica sui millennials di prima generazione ce li mostra già abbastanza diversi da coloro che li hanno preceduti, ma il "salto" fra Y e Z è notevole.
La Generazione Y si presenta così:


Andiamo adesso alla Generazione Z. 
Guardando in particolare alla fascia d'età fra gli 11 e i 25 anni, trattasi di una generazione di "iperconnessi e social network addicted". 
Li definiamo anche "nativi digitali", sono la prima vera generazione digitale e globale, vive idealmente nella "infosfera" e fa fatica a distinguere l'online dall'offline. Bene, molti studi hanno definito i contorni della realtà da essi vissuta e percepita, qui sintetizzata in diversi punti: 
  • iperconnessi
  • concentrati sul presente
  • socialmente molto tolleranti e aperti alle novità
  • multitasking e portatori di linguaggi specifici
  • viaggiatori in un mondo più "piccolo"
  • aperti alla contaminazione culturale
  • curiosi e "sperimentatori"
Il 97% ha almeno un profilo personale su uno o più social network. 
Si mostrano irremovibili su alcune certezze: 
- se vuoi mettere su famiglia è indispensabile che i genitori diano un aiuto economico
- risparmiare è un gran sacrificio e per me è difficilissimo
- pessimisti: non riuscirò ad avere uno stipendio come quello dei miei genitori
- ottimisti: voglio fare molti soldi, diventare ricco

Un problema di enorme portata per questi virgulti iperconnessi ed esposti è la pressione sociale.
La sovraesposizione li porta in automatico alla certezza di dover apparire per emergere, di dover dimostrare una costante "unicità", pur all'interno di un sistema "massificato". 
L'identità viene costruita all'interno del Sé sociale: gli altri si faranno un'idea di me in base a quello che posto. Uno studio ha rivelato che il 59% delle femmine fra gli 11 e i 21 anni ritiene che, per questo, i social siano fonte di altissimo stress
Su maschi e femmine si registra tendenza a forme depressive, disturbi d'ansia, stati dissociativi e self-harming (autolesionismo). 
La sovraesposizione degli influencer viene percepita come normale, preferibile, una scelta di successo. 

Generazione Z e apprendimento.
Partiamo dal presupposto che rispetto a noi, nativi analogici che ci siamo formati sulla carta, sul peso dei libri, sullo spostamento nello spazio per reperire dati, ecc. questi giovani invece si sono plasmati su smartphone, tablet e pc (a volte con l'oscena abitudine inflitta anche a bambini di pochi mesi con dispositivi in mano). Il gap fra Generazione X e Generazione Z è enorme, ma anche questa generazione con i Millennials che l'hanno preceduta. 
Nella mia esperienza di insegnante iniziata nel lontano 2002, esattamente 20 anni fa, posso dire di aver assistito una certa sostanziale differenza fra i primi alunni, millennials della Generazione Y e la Generazione Z. Con amarezza, dico che è una differenza al ribasso. 
La percentuale di "eccellenze" per ogni classe si è assottigliata fino a diventare irrisoria, si è ampliata la forbice del "limbo" e quella degli alunni con forti difficoltà di apprendimento. Se fino a una decina di anni fa avevo terze classi che arrivavano agli esami con ottimi percorsi di approfondimento, esperienze di lettura anche importanti, dibattiti su tematiche di spessore, oggi il raggio d'azione di un professore è ridotto al lumicino. Recupero e consolidamento sono diventati il nostro pane quotidiano, le poche eccellenze si appiattiscono nell'attesa che la gran parte della classe si metta al passo, ecc. 
Ecco gli alunni di ultimissima generazione: 
  • preferiscono informazioni a piccoli pezzi 
  • imparano essenzialmente con la pratica
  • apprendono in particolare tramite riferimenti iconografici (immagini, emoji, ecc.)
  • fanno molta fatica a elaborare un'argomentazione orale
  • leggere, quindi stare fermi e soffermarsi, è per loro una fatica improba
  • hanno una soglia di attenzione molto bassa
  • malgrado siano digitalizzati faticano a reperire notizie utili e di qualità
  • agiscono meglio solo dietro "ricompensa"
La scuola non può stare dietro a questa generazione senza svecchiarsi. 
Le tecnologie digitali sono ormai ampiamente utilizzate (se pensiamo agli ultimi due anni, in maniera massiccia), l'approccio alle discipline abbandona sempre più la classica lezione frontale, per preferire percorsi diversificati e su più livelli, personalizzati anche, anzi "cuciti" sull'alunno. 
I contenuti subiscono una frammentazione più ampia e una significativa semplificazione. 
Mai come in questi anni il mestiere di docente sta subendo una sua metamorfosi e adeguarsi, mutare percorso anche in fieri è quello che è necessario fare. Penso che allo stato attuale una programmazione a inizio anno possa essere solo puramente indicativa. 

Cosa possa esserci dopo la Generazione Z, nessuno può dirlo. C'è chi suppone un inasprimento delle caratteristiche già presenti, ma il problema vero è come saranno i giovani del futuro. 
Intanto, questi giovani presto adulti si troveranno ad affrontare l'invecchiamento della popolazione, dovranno gestire problematiche ambientali già piuttosto gravi, economie globali al momento pienamente gestite da generazioni molto lontane dalla loro. 
Questi giovani che spesso rappresentano un non-problema per i governi, che sono trascurati e vilipesi, quale futuro potranno costruire per sé e per il mondo? Chissà. 

Grazie per la vostra attenzione. Mi piacerebbe conoscere il vostro parere sulla Generazione Z, una vostra personale osservazione sul confronto fra generazioni. 

26 commenti:

  1. Ammetto che questo genere di studi mi lascia un po' perplessa. Certo, questi adolescenti qua, quelli del covid, hanno delle specificità tutte loro che penso (temo) si porteranno dietro. Sono ansiosi all'ennesima potenza. Sono meno in conflitto con le famiglie, forse perché la pandemia ha costretto a vivere gomito a gomito, capiscono un po' di più i problemi dei "grandi", li hanno assorbiti pure troppo. Oggi abbiamo fatto orientamento. A me un tredicenne che dice "sono di diventare commercialista come mia mamma" un po' mi fa tristezza. Non sognano di viaggiare, hanno tendenzialmente paura dei cambiamento e la tecnologia è qualcosa in cui cercano consolazione e appoggio. La usano meglio dei loro coetanei di un cinque o sei anni fa, sono più consapevoli dei rischi e hanno imparato che google non è la bocca della verità. Dal punto di vista dell'apprendimento hanno delle grandi lacune da DaD, voragini proprio, ma sono il primo gruppo da non so quando che legge, c'è un gran via via dalla biblioteca della scuola, si passano titoli e consigli. Leggono Kafka, ma non studiano storia. Tutto sommato, considerato il mondo che stiamo lasciando loro, tanto peggio dei loro predecessori non possono cavarsela.

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    1. Sono studi che permettono una macrovisione, un insieme di fenomeni in cui in percentuale si registra una tendenza. Poi, se guardiamo ai nostri personali orizzonti, sarebbe facile confutarli, ma non me la sentirei. I miei 10 alunni che in un totale di 2 classi leggono rappresentano una percentuale troppo irrisoria per lasciarmi dire "ma no, non è poi così grave". Io registro una curva verso il basso significativa, purtroppo mi ritrovo in tanti passaggi di questo tipo di analisi sociale, che non inventa nulla, purtroppo. E lascio fuori i ragazzi degli ultimi due anni, non voglio neppure considerare il forte gap della pandemia.

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  2. Luz, mi accorgo con sorpresa di essere compresa nella stessa generazione di mio marito ed essere classificata come boomer. avevo sempre definito i nati negli anni 50 come Figli della ricostruzione e mio marito, del '48, come Prodotto postbellico. in verità essere messa insieme ai postbellici e ai boomers degli anni 60 non mi fa molto piacere. siamo noi i vecchi, ormai. ho scampato per poco alunni dell'ultima fascia Z e comunque i miei ultimi 15 anni di insegnamento li ho fatti in un liceo, e di questo ringrazio i casi della vita che mi hanno allontanato dalla scuola media, dove ho lavorato nei primi 20 anni, e evitato scuole con indirizzi di studio meno auto selettivi: mi è bastata una limitata esperienza nell'indirizzo socio-psico-pedagogico prima che fosse proclamato Liceo Umanistico (con quale criterio? non l'ho mai capito e nessuno è riuscito mai a spiegarmelo). Ho una nipote nata nel 2001 e dunque perfetta Z a tutti gli effetti, ormai brillante universitaria che studia Scienze politiche, dopo un accidentato percorso scolastico tra liceo scientifico e liceo linguistico, per niente incline all'indulgenza nei confronti dei suoi coetanei e non so se posso esserne contenta o mi devo preoccupare. in ogni caso mi rasserena pensare che quando del mondo dovranno occuparsene loro, noi primi boomers, come vuole la tua grafica, saremo andati, definitivamente o di testa, e non ci accorgeremo di nulla

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    1. Anch'io ho dovuto "ridisegnare" la mia personale mappa stando a questi grafici. Mi hanno permesso di chiarire molti aspetti oscuri della percezione di differenza fra generazioni. Sì, tu ti sei evitata la Generazione Z, ricordo che diversi anni fa andasti in pensione, i tuoi alunni erano quelli della metà del mio percorso professionale, anno più anno meno, quelli con cui, vista l'esigua percentuale del "limbo", si intavolavano percorsi più dinamici e approfonditi.
      Stamattina ho interrogato in letteratura, programma ridotto per le verifiche orali, sia mai che tu possa loro chiedere "chissà che". Facevo domande semplici semplici, del tipo:
      "D'Annunzio è stato un tipo molto particolare, ricordi?, fece anche gesti plateali. Ti ricordi l'episodio dell'aeroplano?"
      "..."
      "Dai, non puoi ricordare, volò su una città con l'intenzione di fare una specie di manifestazione".
      "..."
      "La città era Vienna".
      "Ah sì, Vienna".
      "E che cosa gettò sulla città di Vienna dall'aeroplano?".
      "Sigarette e caramelle".
      E non era una battuta. Ti risparmio il resto. Il punto è che dinanzi a questi fenomeni, che sono preoccupanti perché sempre più diffusi rispetto al passato, quelli che fanno bene, o le rarissime eccellenze, non riescono a controbilanciare con il loro fare. Non basta più.
      Che meraviglia questa tua nipote, anch'io ne ho uno promettentissimo (17enne).

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  3. Questa tua ricca riflessione comparativa mi interessa perché hai un punto di osservazione molto diverso dal mio. Non ho figli e la mia professione mi porta molto lontano dalla possibilità di incontrare giovani della generazione Z su cui chiedi un'opinione. Quello che posso dire è che cambiano le condizioni e gli strumenti a disposizione, ma non i processi interni di crescita personale. Quello che mi spaventa di più e che ho descritto anch'io in un post pubblicato 4 anni fa sulla mia generazione, quella X, e che sono andata a rileggere (grazie, l'avevo dimenticato!) è la solitudine e l'individualismo. La differenza sostanzialmente è questa. C'è un bisogno di socialità che la scuola non è in grado di accogliere, perché non evolve, come tu stessa affermi e che non è profondamente soddisfatto dai social, pericolosi surrogati. Ma anche qui, come successe in altre epoche, c'è una forma di resistenza. La vedo nei giovanissimi impegnati nelle associazioni e nei FFF. Per me non è poca cosa. Un abbraccio

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    1. Nemmeno per me. Nel buio di questa notte qualche lumino c'è, e oggi me lo tengo stretto perché è talmente raro da essere molto molto prezioso. Il pericolo è l'appiattimento di coloro che resistono, che hanno buone basi, che non si lasciano incantare dai social (rarissimi, ma almeno esistono ancora quelli che non ne fanno un uso massiccio), che riescono a formulare nella mente un'idea di progetto su di sé. Ecco, nella mia attuale terza, su 19 alunni coloro che hanno un "progetto" non raggiungono nemmeno un quarto della classe. La scuola pecca quando non riesce ad aiutarli a concretizzare uno scenario possibile. Farlo oggi è davvero molto difficile con la scarsezza di mezzi che abbiamo.

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  4. Mah, credo che alla fine siano solo studi sociologici ai quali l'uomo medio da un significato maggiore di qual che è realmente. A livello sociologico si studiano le tendenze e le abitudini dei giovani, che ovviamente cono assai influenzate da fenomeni che magari non esistevano per quelle preesistenti (penso ai social network e a internet: se li avessimo avuti anche noi cinquantenni di oggi, il nostro comportamento adolescenziale sarebbe stato lo stesso, o anche noi ci saremmo "rincoglioniti" dietro a un cellulare?)
    Il fatto di vedere ogni nuova generazione come "peggiore" della precedente è un tipico stereotipo "da vecchi". Mi veniva da ridere quando sentivo una mia coetanea con poca memoria lamentarsi della maleducazione di giovani di oggi sostenendo che "noi non eravamo così"... in realtà io ricordo ragazzini che conoscevo molto ignoranti, cafoni, rumorosi, sempre a urlare parolacce e bestemmie, esattamente come quelli che fanno inorridire oggi.
    Anzi, ti dirò di più: almeno oggi certi fenomeni, soprattutto il bullismo, vengono considerati un problema e c'è più attenzione, quando eravamo giovani noi era "goliardia" e veniva puntualmente sminuito, anche se c'erano ragazzi e ragazze che ne restavano segnati mentalmente e a volte anche fisicamente.
    Quindi, direi di lasciare ai sociologi il lavoro da sociologo, e non dare troppo retta a chi fa morale spicciola con frasi fatte, retorica che si ripete a ogni decennio e banalità varie.
    Pensassero semmai a cambiare l'educazione civica a scuola, a creare il servizio civile obbligatorio e a convincere il genitore medio italiano che se il figlio viene bocciato non è un disonore o una cattiveria ma il segnale che magari non ha studiato granché. Perché poi, l'unico dato certo che resta invariato negli ultimi cinquant'anni, per generazioni X, Y, Z e poi non so che verrà dopo, è che abbiamo un livello di diseducazione civica spaventoso, per il quale non incolpo solo la scuola ma anche e soprattutto le famiglie, che spesso difendono i figli anche quando sono chiaramente in torto e gli insegnano a "fare i furbi" e a "pensare per se". Ecco, la vera generazione rivoluzionaria sarebbe quella cui venisse insegnato quanto sia importante per il benessere comune che tutti facciano il proprio dovere e rispettino il proprio prossimo.
    Poi, certo, accendi la televisione e vedi quello che dicono e fanno i politici (coloro che dovrebbero dare il buon esempio) e ti rendi conto che è un obiettivo impossibile...

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    1. Non ho scritto che noi eravamo migliori, tantomeno perfetti, anzi. Me li ricordo pure io i cafoni e maleducati nella mia Generazione X. Ricordo i giovinastri fuori luogo nel Classico che frequentai, figli di papà e per questo spinti a riscaldare i banchi da famiglie compiacenti solo per dire che avevano fatto il Classico, mentre a stento strappavano un 6. Diversi di questi, pensa, si sono laureati in Giurisprudenza a Roma. E ho detto tutto. La nostra generazione non era migliore da un punto di vista civico, mi ricordo pure io le facili battute, altro che politicamente corretto. Ci scivolava tutto addosso e non vivevamo affatto male. Però ti dico una cosa: in classe nessuno si permetteva di rispondere in malo modo ai professori del liceo - neanche a quelli delle medie - c'era un senso, vaghissimo ma c'era, di rispetto dell'adulto, del docente. Prova a infilarti adesso in una classe di liceo per vedere che carnaio che c'è. E tu stesso lo dici. Le generazione cambiano e in peggio da quando le precedenti sono state un pessimo esempio genitoriale (e la nostra generazione ha fallito in tal senso) e la comunicazione si è infilata nelle pastoie del virtuale. Purtroppo sono realtà che abbiamo dinanzi agli occhi. Concordo in pieno sull'educazione e il valore che dovrebbe conservare sempre.

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  5. Un articolo complesso e ben articolato, si vede che ci hai lavorato su tanto.
    Io apparterrei, dunque, alla generazione X, sebbene i miei figli non si stanchino di prendermi in giro dicendomi, qualsiasi cosa faccia, che sono proprio una boomer! Devo essere sincera: a me, tutte queste classificazioni lasciano indifferente: capisco che ci siano studi sociologici dietro, ma dare un nome per forza a tutto, pure alle generazioni che si susseguono nel tempo, mi pare inutile. Identificarle, invece, in base al modo in cui vivono o reagiscono alle vicende della vita o ai cambiamenti, è giusto e interessante. La vedo tutta la differenza fra me e mio marito da una parte e i nostri figli ventenni dall’altra, noi reduci dai beati, famosi, anni ‘80/90, loro nati e cresciuti in un mondo estremamente tecnologico. Giusto l’altro giorno si discuteva, durante il pranzo, sull’utilità di internet, una scoperta senz’altro rivoluzionaria: noi genitori nostalgici del telefono a gettoni (per dirne una) e loro convinti di vivere nel miglior periodo storico di tutti i tempi (escludendo gli eventi degli ultimi due anni, che lentamente stanno logorando il loro ottimismo). Forse, l’unica cosa su cui sono contenta io, da madre, è di saperli ormai fuori dalla scuola: hanno vissuto un liceo fra alti e bassi e tutto quello che rilevi tu, da insegnante, corrisponde all’esperienza vissuta da loro, in veste di studenti. Se posso osare di più, e concludo, aggiungo che questa generazione di giovani mi piace poco: senza valori, senza prospettive, senza sogni, attaccati alle cose futili, con progetti che prevedono il tutto e subito, non sanno né vogliono costruire, è la generazione dell’apparire, del non sei nessuno se non accumuli like sui social... Hanno ragione i miei figli a dire che sono proprio una boomer! 😁

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    1. Le classificazioni sono sempre scomode, questo è innegabile. E sono per loro stessa natura imperfette. Io stessa non mi rivedo che in minima parte nei difetti della Generazione X e se penso a te e Luca come genitori, altro che famiglia fallita e senza pilastri su cui appoggiare un progetto di vita. Ci sono, per fortuna, eccezioni virtuosissime, e i tuoi ragazzi, nonostante ciò, si sono dovuti confrontare e continuano a farlo con un mondo in cui l'altro è come tu lo descrivi, senza valori, prospettive, sogni. La cosa è gravissima. La fragilità giovanile si è appesantita enormemente, navigare in questi mari è per loro molto difficile. Dovrebbero esserci adulti che fanno loro da timoniere, ma dove sono?
      Di' a Enrico ed Edoardo che non sei una boomer, tié. XD

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  6. Bellissimo post, sai quanto ci tengo a questo argomento.
    Che, come te, testo con mano quotidianamente... essendo io stesso un esponente generazionale (Y, Xennial), appassionandomi della cosa e avendo a che fare ogni giorno con ragazzi diversi.
    Vero, ogni generazione dice che la successiva è peggio.
    Ed è purtroppo in parte vero. Si gioca continuamente al ribasso (non solo a scuola, dove le eccellenze si sono appiattite e i problemi di apprendimento sono aumentati), si è sempre meno saldi su determinati principi... insomma, pare che il mondo stia sempre per sgretolarsi.
    Però, se non è successo già negli anni '80, allora magari non succederà mai...^^

    Moz-

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    1. Ma ciao, Moz! Che la generazione successiva sia percepita come peggiore, è del tutto relativo. Nell'elenco delle prerogative tipiche dei giovani Z ci sono aspetti che nemmeno ci sognavamo, questo è un aspetto del tutto positivo. Pensa solo a come siano capaci di affacciarsi sul sociale, appartiene al loro tipo di sensibilità. Ma anche la velocità dell'intuizione, ecc.
      In questo insieme di valori però si muovono delle fragilità evidenti. Oggi i giovani sono ipersensibili, preferiscono chiudersi a riccio, il fenomeno dell'autolesionismo ai nostri tempi era davvero raro, oggi non lo è più, per dirne una. Dire che siano peggiori è riduttivo, noi siamo stati percepiti peggiori da chi ci ha preceduto, rientra nel gioco generale. Importante però è che si guardi ai fatti, che non sono affatto incoraggianti.
      Rispetto agli anni 80 devono affrontare problemi globali molto più difficili. :(

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    2. Esatto, infatti.
      Ogni generazione è peggio, per la precedente.
      L'ultima ha più problemi globali e maggiori sensibilità, ma di contro c'è come hai detto tutto una maggiore povertà educativa e anche una tendenza al ribasso in tutti i settori, anche quelli affettivi.
      Ma questo è colpa dei genitori.

      Moz-

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  7. Secondo questo studio sociologico io apparterrei alla generazione y, essendo nata alla fine degli anni '80. Noi siamo una generazione a cavallo tra il mondo predigitale e quello digitale e rispetto alla generazione Z c'è un divario enorme nonostante condividiamo gli stessi mezzi d'informazione e gli stessi dispositivi. A me sembra che la generazione Z usi i dispositivi digitali quasi come un prolungamento del corpo e del cervello. Sono insoddisfatti perchè vivono in un mondo che in realtà non esiste, gratificati da un misero "mi piace" che non rappresenta davvero nulla. I loro cervelli sono bombardati da migliaia di informazioni, passano in un secondo da un argomento all'altro, senza assorbire un bel niente. Quel che è vero è che non hanno sogni e si accontentano di tutto, questo è anche colpa delle vecchie generazioni. Hanno una vita molto semplice ma che allo stesso tempo hanno tanta ansia, perchè ormai hanno tutto sotto controllo. Vedono se leggi i messaggi su whatsaap e se non li leggi allora sarà successo qualcosa, vedono il percorso del pacco che hanno prenotato su internet e vanno in ansia perchè si preoccupano di come l'arrivo del pacco debba coincidere con i loro impegni. Insomma noi siamo cresciuti senza agi, ma eravamo meno ansiosi forse perchè avevamo il tempo e lo spazio per sognare e immaginare.

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    1. Quanto hai ragione su questa cosa (purtroppo ormai ci siamo capitati, abituandoci, un po' tutti... o per lo meno io): non c'è più il senso di attesa, e se qualcosa richiede tempo, si pensa subito male. C'è ansia, ansia di vivere e urgenza di far succedere cose anche vuote.

      Moz-

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    2. Sull'ansia da attesa, mi sa che la nostra generazione non sia da meno, Caterina. :)
      È come tu dici, sono bombardati da migliaia di informazioni ogni momento, l'essere iperconnessi non è sempre indice di vantaggio. Il problema è anche l'essere diventati strumento dei sistemi globalizzati, quindi pedine da muovere a piacimenti dei grandi detentori del potere finanziario. Ancora una volta, dei giovani non importa niente a nessuno. E questi giovani non incassano al momento il colpo con la tenacia che abbiamo avuto noi, sono molto più sensibili.

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    3. Ma perché sono molto più sensibili?
      O meglio, noi davvero non lo eravamo?
      Non è che invece si tratta di fragilità?

      Moz-

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    4. Fragilità e ipersensibilità dalla mia esperienza spesso tendono a sovrapporsi. La sensibilità intesa come sentimento "nobile" è cosa diversa da ipersensibilità. Oggi, torno ai miei alunni, devi stare molto più attento a usare le parole giuste. Fino a una decina di anni fa i rapporti docente-alunno erano più fluidi, si percepiva una certa serenità reciproca. Oggi, e mi capita almeno con un paio di casi all'anno, anche con quelle "eccellenze" di cui sopra, fino a quando fanno bene e tu profondi gratificazioni, tutto ok. Quando sbagliano e tu, ovviamente senza aggredire ma fermamente, dici loro "no, stavolta hai sbagliato", ti garantisco che si crea un'incrinatura. Mi domando ogni volta se da bambini abbiano mai ricevuto un no, oppure un rimprovero. Sono idiosincratici al rimprovero, al no, al "non si fa così". Ma in modo cronico.
      Questo è il mio personale punto di vista dettato dall'esperienza diretta da insegnante, certo non è la Bibbia, ma da più punti sento dire le stesse cose.

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    5. Ti ringrazio per questa precisazione, è un tema a me molto caro, come sai.
      Penso anche io che ci sia qualcosa alla base: bisognerebbe trovare educatori che siano in grado di dire dei NO che non incrinano, e che riportino tutto alla fluidità degli anni precedenti...

      Moz-

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  8. L’impressione che ho è che i ragazzi della generazione zeta siano disincantati e sostanzialmente scettici sulla possibilità di uscire dalla propria solitudine.Molti hanno timore di uscire allo scoperto per evitare la sofferenza del giudizio esercicitato da coloro che ritengono più integrati e allineati al sentire e al modo di comportarsi dominante. Hanno una sensibilità che si sviluppa in ombra. Sono considerazioni che lasciano il tempo che trovano ma ho voluto comunque mettertene a parte🙂

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    1. L'aspetto del giudizio è un nervo scoperto per tanti giovani. Proprio perché vivono come critica negativa o giudizio non richiesto qualunque cosa facciano. Sottoporsi al giudizio altrui, che rientra nelle dinamiche della socialità, è una specie di "competenza" che fanno molta fatica ad assimilare. Noi pure eravamo sensibili ma loro hanno cronicizzato il fenomeno e oggi le dinamiche di dialogo coi giovani si sono fatte molto difficili per questo motivo. Grazie per aver lasciato la tua, Giacinta. :)

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  9. Visto che sono nata nel 1964 sarei una boomer, però mi sento più vicina alla generazione X, facciamo che sono una boomerX? A parte questo, credo che i ragazzi della generazione Z abbiano grandi potenzialità, ma spesso non sanno sfruttarle perché hanno trovato tutto pronto sotto molti aspetti (tecnologici) ma hanno avuto dei genitori-parenti troppo protettivi e questo li ha resi meno propensi a “districarsi” dai problemi. È l’impressione che ho osservando figli di amici o giovani colleghi. Nel complesso penso che nonostante tutta l’evoluzione tecnologica sotto certi aspetti il mondo sia decisamente peggiorato...

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    1. È un po' come per i segni zodiacali, sei una cuspide. :)
      Sì, gli atteggiamenti che registri sono ricorrenti e purtroppo stanno portando verso una perdita di autonomia. Dal mio punto di osservazione una percentuale minima di ragazzi sono pienamente autonomi nello studio, nelle scelte, nell'opinione. Genitori ansiosi e controllori (fermo restando che i giovani oggi sono da osservare e in certo seguire più di un tempo) lasciano poco spazio di sviluppo di questa autonomia.

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  10. Visto che sono nata nel 1964 sarei una boomer, però mi sento più vicina alla generazione X, facciamo che sono una boomerX? A parte questo, credo che i ragazzi della generazione Z abbiano grandi potenzialità, ma spesso non sanno sfruttarle perché hanno trovato tutto pronto sotto molti aspetti (tecnologici) ma hanno avuto dei genitori-parenti troppo protettivi e questo li ha resi meno propensi a “districarsi” dai problemi. È l’impressione che ho osservando figli di amici o giovani colleghi. Nel complesso penso che nonostante tutta l’evoluzione tecnologica sotto certi aspetti il mondo sia decisamente peggiorato...

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  11. Devo preoccuparmi se alla soglia dei 50 (non manca tanto ormai, sono a cavallo tra generazione X e Y) continuo a essere come i giovani di Socrate?!! :D

    ...un minuto di sospiri per Pacey di Dawson's creek...

    Cosa penso di questa generazione Z? Penso che tutto cambia perché poi nulla cambia davvero. Diffido di questi report perché come tutte le statistiche si fa un campionamento e si proiettano i risultati di pochi su tutta la popolazione. E non sempre funziona.
    Qualsiasi frase io possa dire adesso dei giovani, è la stessa identica medesima che è stato detto di me/della mia classe all'epoca. Studiano poco e frammentato? Ce n'erano anche ai miei tempi, anche senza i social. Sono carichi di ansia? Eccomi, ho subito pressioni pazzesche, anche senza i social, che mi hanno rovinato l'adolescenza. Vivono ancora con mamma e papà? Anche noi siamo usciti tardi di casa, perché purtroppo non ce lo potevamo permettere prima. Preferiscono il tutto subito, senza fare fatica? Li capisco eccome, e siamo in tanti tra i miei amici, perché abbiamo visto che o sacrifici dei nostri genitori non gli hanno portato né serenità né felicità.
    La scuola deve correre dietro al cambiamento? Degli strumenti, ma non degli animi. Ricordo le parole del mio ex capo, chiacchierando proprio sulla differenza delle risorse umane, un paio di ragazzi davvero in gamba in mezzo a una ventina che proprio no, mancavano di competenze, capacità e voglia. "Non è la scuola, non è l'università. È la famiglia, i valori con cui sono cresciuti, l'esempio che hanno ricevuto." Se mi guardo intorno, tra i figli di amici, vedo soprattutto il riflesso dei loro genitori. Nel bene o nel male.

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    1. Anch'io ho sotto tanti aspetti la sensazione che le parole e le osservazioni siano quelle di sempre - come ho scritto nel post - ma poi ti scontri con una realtà innegabile: le nuovissime generazioni sono diverse da quelle precedenti, non assomigliano a nessuna altra generazione anzi. Fatta eccezione per quella percentuale che lascia ben sperare - una buona percentuale - il resto presenta disagi e fragilità prima affrontate in modo del tutto diverso. Sta anche scadendo la qualità del nostro fare e questo non è un buon segno.

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