Incipit: Quando vengono i guai serrate le file, si suol dire, e i bianchi lo facevano. Ma noi non eravamo tra le loro file. Le signore giamaicane non avevano mai visto di buon occhio mia madre "perché lei bella come la bellezza", diceva Christophine.
Era la seconda moglie di mio padre, veramente troppo giovane per lui, pensavano, e martinicana per giunta. Quando le domandai perché veniva a trovarci così poca gente lei mi rispose che la strada da Spanish Town alla tenuta di Coulibri dove stavamo noi era molto brutta e i lavori di riparazione erano ormai una cosa del passato.
Credo di avere già espresso la mia predilezione per quei romanzi che nascono da una costola di una celebre storia già scritta.
Anzi, metto qui il link a un romanzo che, esattamente come questo, sviluppa un nuovo filone narrativo. Leggevo due anni fa La bambinaia francese, una visione nuova e diversa di un personaggio sfocato e appena abbozzato. Ebbene, il romanzo che vado a commentare oggi, pubblicato nel 1966, nasce da quello stesso straordinario Jane Eyre di Charlotte Brontë.
Desideravo leggerlo da un po', ho approfittato a suo tempo degli sconti Adelphi per acquistarlo ed eccolo là.