sabato 21 febbraio 2015

Tutto il bello della calligrafia

E' bello ricevere in dono un piccolo set per scrivere come si faceva in epoche lontane. Un set completo perfino di ceralacca per suggellare una missiva. Una boccetta d'inchiostro, diverse punte da applicare alla penna, tampone e carta sopraffina. 
La calligrafia è un'arte pressoché dimenticata, una di quelle belle cose che richiede tempo e dedizione, pazienza e passione, di conseguenza destinata in questo nostro tempo a ritagliarsi una timida nicchia da irriducibili (...sentirsi dire che vedendo il set in bella mostra in una vetrina qualcuno ha pensato esattamente a te, meglio ancora se si tratta di un bambino particolarmente sensibile).
Non v'è stata civiltà del mondo antico che non abbia fatto di questa pratica un proprio fiore all'occhiello, dai greci agli egizi, dagli arabi alle splendide prove di calligrafia dell'estremo Oriente. A pieno titolo nel patrimonio umano e culturale mondiale.

mercoledì 18 febbraio 2015

Virginia Woolf sul palcoscenico

Si può scoprire una donna come Virginia Woolf anche in età matura, regalandoti il gusto di un lento svelamento. Perchè Virginia si svela lentamente come una grandissima donna: intelligente, estremamente sensibile e profonda, un mix che splendidamente si concentra in tutto ciò che ha vissuto e scritto. Interpretarla in una pièce teatrale può sembrare azzardato, e difatti un'operazione simile richiede coraggio e fiducia nelle proprie possibilità. Per poterla portare in scena, lo studio è stato complesso. Mi sono anzitutto regalata l'interessante biografia di Nadia Fusini, la massima conoscitrice della Woolf in Italia. Che mirabile viaggio ho compiuto. Ho visto le sue fotografie, letto diversi suoi scritti, le ho guardato gli occhi degli anni felici. Virginia non è la donna cupa e triste che tanti hanno descritto. E' (perchè resterà sempre) una donna straordinariamente vivace e appassionata e amante della vita - quale immensa contraddizione in quella morte cercata e ottenuta! Mi sono commossa dinanzi alle foto delle sue feste in casa, a quella gioventù gaudente che ha alimentato con la sua ospitale cordialità e l'intento di creare cattedrali di pensiero.

venerdì 13 febbraio 2015

La leggerezza

Sfuggire al peso di una gravità che rende la vita soffocante, spigolosa, priva di fantasia. Un'impresa non da poco se allo stesso tempo si cerca di non essere superficiali, di entrare dentro le cose e percorrerle fino in fondo, di concretizzarle seriamente quando si tratta di un prodotto della creazione artistica o di un momento della nostra vita professionale. Eppure perchè privarci di supporre che leggerezza e rigore possano essere abbracciati entrambi, costantemente, e piuttosto non arrivare alla certezza che proprio questo connubio dà un'opportunità in più al vivere, rende ricca e originale la creazione e significativa ogni relazione umana? 
Calvino nelle sue Lezioni americane dedica un gustoso capitolo alla leggerezza, desunto da una conferenza che credo incantò l'uditorio. Intendendo spiegare tanti suoi registri narrativi, fa scivolare il suo sguardo attraverso grandi opere d'ogni epoca, leggendovi proprio la leggerezza che vuole teorizzare.

mercoledì 11 febbraio 2015

Fare teatro

Definirsi un'attrice non è facile. Probabilmente è una parola troppo complessa e importante perchè ci si possa permettere questa velleità. Mi definisco tale quando interpreto in modo soddisfacente un personaggio, quando penso di avere raggiunto un certo livello di credibilità. Praticare l'arte drammatica a volte può essere perfino una profanazione, pur consapevoli di esserlo a un buon livello non professionale, giacchè quando non si arriva da una formazione accademica possiamo fare agire solo un istinto, uno slancio innato, una capacità. Non si può fare del buon teatro rispondendo a un'esigenza di puro divertimento, poichè il palcoscenico richiede studio e sacrificio. Mi piace pensare di lasciare il puro divertimento alle troppo numerose compagnie teatrali che fanno pura amatorialità, divertendosi e divertendo probabilmente un parterre non particolarmente raffinato in fatto di gusti. Ma tant'è. Il teatro è forse anche arte puramente popolare, fatta dal popolo per il popolo, a tutti i livelli possibili.

domenica 8 febbraio 2015

La mia Londra - Simonetta Agnello Hornby

Incipit: Non saprei esprimere il mio amore per Londra meglio di Samuel Johnson, il più famoso intellettuale inglese del Settecento, che vi arrivò da una cittadina delle Midlands, Lichfield, alla stessa età in cui io vi andai a vivere - ventisette anni - e vi rimase fino alla morte. 

E' bello arrivare ad uno scrittore attraverso uno dei suoi libri meno noti. La Agnello Hornby è diventata celebre per romanzi come "La mennulara" e "La zia marchesa", che non ho ancora letto e ai quali arriverò, proprio sulla scia dell'unico finora letto. 
Mi sono imbattuta spesso nei libri di questa scrittrice le innumerevoli volte in cui sono capitata in librerie, ma non è mai scattato in me il desiderio di leggerla, fino a quando ne conobbi l'intelligenza e la sensibilità in una trasmissione televisiva.
Un programma tv singolarissimo, con la nostra che lascia entrare le telecamere in una delle tenute di famiglia, in Sicilia, e lei assieme alla sorella racconta antiche ricette di mamma e nonne, mentre oggettivamente le realizza. Mi colpiva in quelle piccole trasmissioni il senso di familiarità che traspariva nelle parole, le cose, i modi, oltre al fascino che emanavano gli oggetti maneggiati in quella grande cucina, tutti rigorosamente d'epoca, originali. Piatti realizzati secondo antiche usanze e con strumenti dell'epoca di quelle usanze. Lo trovo magnifico. L'ho pensata come una signora a modo, rigorosa e salda, uno di quei tipi che suscitano stima. Da lì ad acquistare questo suo testo il passo è stato breve.

sabato 7 febbraio 2015

L'arte di leggere libri

Fa parte dei miei buoni propositi per il nuovo anno, sto cercando di tenervi fede in modo preciso e senza "scappatine". Anche perchè fa bene, e tanto. Si tratta del fermo proposito di leggere almeno due libri al mese. Ci sarà chi resta basito dinanzi a questa affermazione... "ma come, solo due? e sarebbe anche un nuovo proposito?". Certo. Solo due. Semplicemente due libri ogni mese. Non sono pochi, anche se può sembrarlo. 
Leggere è un atto compulsivo, una necessità, ma leggere significa anche gustare, rileggere, calarsi pienamente nello stile dell'autore senza indulgere alla fretta, alla lettura veloce e di conseguenza superficiale. Non sono mai stata una lettrice vorace, salvo in qualche occasione di ghiotte letture che mi hanno coinvolta totalmente - e anche in quelle occasioni sono tornata a ri-leggere, perchè troppo vorace ero stata. Non ho mai capito i lettori bulimici, proprio perchè non potrei mai esserlo.

Luz

C'è da chiarire subito che Luz è il diminutivo del mio nome e quella piccola "z" vi campeggia da qualche tempo. Insomma, mi sono ribattezzata allegramente con questo piccolo abbreviativo dal bel suono, giocando con i suoi numerosi significati. Non che voglia impersonare tutti i significati del termine, ma ciascuno di essi porta a una definizione che mi piace perchè è beneaugurante. Cos'è il nome se non una specie di "abito" che ci definisce? 
Fin da piccola ho cercato un mezzo per esprimere un mondo interiore a strati, complesso e ricco, pertanto ho amato disegnare, ad esempio. Il disegno è diventato poi una serie di fumetti che raccontavano i tormenti dell'adolescenza, fino ad arrivare a diventare breve racconto e poi romanzo.

venerdì 6 febbraio 2015

Il luogo del teatro

Spesso mi sono trovata a cercare una definizione personale, originale, di "teatro". E allora mi sono venuti in mente tanti lemmi da associare a questa arte e una frase a effetto che potesse definirla e suscitare in chi legge almeno una vaga idea di cosa possa essere fare teatro.
E invece non voglio stupire nessuno e, volando basso, dico che il teatro è magia, se a questa parola può associarsi tutto ciò che è incanto e fascino. Non è un caso dunque che l'arte teatrale venga praticata da millenni, se la maschera, e con essa la simulazione, il travestimento, affascina l'uomo da sempre.

L'ora di lezione - Massimo Recalcati

Termino di leggere il libro di Recalcati con una certezza in più: la scuola non è e non sarà mai più il luogo in cui vige l'autorevolezza riconosciuta come tale di chi si siede in cattedra, l'insegnante di oggi è sempre più disorientato in questo difficile mestiere e questo fenomeno è irreversibile.
Nel saggio l'autore si pone una domanda ben precisa. Dove si colloca il limite oggi per un insegnante, come si può spiegare la crisi della scuola
Questo luogo che si fa da sempre specchio dei tempi, nel quale il "maestro" esercita un ruolo non più autorevole e gli allievi sono come impermeabili agli stimoli, è oggi Scuola-Telemaco, e attraversa la terza fase dopo aver attraversato quelle della Scuola-Edipo e della Scuola-Narciso. 
Dapprima scuola dell'obbedienza, nella quale i discenti cercano di smarcarsi da questo incombente padrone che è l'autorità (del padre biologico e del professore), poi Scuola-Narciso, fatta da quei ragazzi cresciuti e completamente assorbiti dal Sé nella ricerca di una autoreferenzialità che li riscatti da anni di obbedienza, per arrivare alla Scuola-Telemaco, dove i figli di quei padri apparentemente "liberi ed emancipati" non sono che ragazzi soli, privati della figura autorevole del padre, che spesso si pone sul loro stesso piano. 
Ottima guida pertanto per comprendere fenomeni sociali e dare un perchè a tanti aspetti di questa scuola vessata di oggi. Al di là questa teorizzazione riguardo al progressivo cambiamento della scuola e del suo inevitabile accordarsi all'epoca in cui si realizza, c'è un altro interessante aspetto argomentato in questo libro. Testimoniato in questa e molte altre citazioni:

Il giovane favoloso

Un film sulla vita di Giacomo Leopardi sembrerebbe istintivamente impensabile. Come si fa a raccontare un genio, un animo complesso, dolente e infinitamente infelice, la sua epoca così singolare?
Raccontare sulla pellicola la storia del più strordinario genio della nostra Letteratura pare non fosse idea nuova. Fu ventilata questa possibilità molti anni fa, una decina credo, con Sergio Rubini nel ruolo del protagonista. Produzione che poi non fu mai realizzata. La sfida viene raccolta da Mario Martone, in una produzione che porta la sua firma nello stile e nel rigore del racconto.

Questo è un film che emoziona, uno di quelli che alla fine ci lascia attoniti e incapaci di lasciare la sala del cinema, mentre quella colonna sonora dal ritmo moderno descrive l'ultimo canto di Giacomo, il testamento poetico che declama dinanzi al cielo notturno di Napoli, e lui ancora una volta come sgomento dinanzi al creato, percepito fin dalla sua cosmogonia, come se la sua mente si dilatasse un'ultima volta dinanzi a spazi siderali che egli percepisce fin dalla sua adolescenza.

Frida Kahlo

Non saprei dire con precisione quando seppi dell'esistenza di Frida Kahlo. Ricordo di aver sfogliato una rivista una ventina di anni fa e di aver visto la fotografia in bianco e nero di una donna sdraiata in un letto, con una tavolozza in una mano e un pennello nell'altra. Ricordo anche che mi colpì il suo volto, gli occhi che guardano distrattamente l'obiettivo, le grandi sopracciglia. Solo molti anni più tardi Frida fu completamente riscoperta quale icona possente di primo Novecento.
Nella storia personale di Frida l'artista e la donna gareggiano per attirare l'attenzione. Tuttora non saprei quale delle due prevalga nel mio pensiero. Da un lato l'artista surrealista con le sue opere di impressionante forza, dall'altra la donna della quale senti il dolore, la forza, l'imperioso gettarsi in una vita amata e odiata. La bellezza di questo straordinario personaggio sta nel fatto che entrambe le anime sono alla fin fine una sola, un'amalgama fluido ed esplosivo che ha scavato un solco profondo nella storia dell'arte del secolo scorso.

mercoledì 4 febbraio 2015

Jane Eyre - Charlotte Bronte

Incipit: Impossibile fare una passeggiata quel giorno. La mattina avevamo vagabondato per un'ora nel boschetto spoglio, ma dopo pranzo (la signora Reed, quando non aveva ospiti, pranzava presto) il freddo vento invernale aveva ammassato nuvole così cupe, e cadeva una pioggia così intensa, che di uscire non era neppure il caso di parlare. 

Lessi “Jane Eyre” in un inverno di una ventina di anni fa, fra un esame universitario e l'altro. Adorai fin dalle prime pagine il personaggio di Jane. Rileggere “Jane Eyre” dopo 20 anni è come una scoperta piuttosto che una ri-scoperta. Le parole, la trama, la struttura di questo romanzo appaiono decisamente più affascinanti e "profondi" adesso. Me lo gusto lentamente, torno anche indietro a rileggere, mi isolo in questa Inghilterra vittoriana, seguendo i passi di una Jane nella quale mi piace identificarmi.
Romanzo di formazione che rientra in un filone tutto singolare, quello di una storia che si dipana su più anni, e che racconta la crescita, le esperienze di una giovane donna che cerca e trova un suo posto nel mondo. La forza di Jane è sovrumana, si resta come fulminati dalla sua abnegazione, dal coraggio, dalla lealtà a oltranza, dalla magnanimità.
Altro grande personaggio è Rochester. Un peccatore, un uomo dedito alla prostituzione, padre disattento, amante delle libagioni con amici altrettanto libertini, sposato e che rinnega per ovvie ragioni quel matrimonio. Nonostante tutto ciò, conserva una certa signorilità, per questo Jane accetta di lavorare per lui. Il riscatto di Rochester sta tutto nell'incontro con Jane, e mi piace perché è lì che viene fuori l'animo nobile di quest'uomo, l'anima sua più vera: il suo credere ad una nuova possibilità. Il suo cambiare dinanzi al vero amore, o semplicemente all’essere per la prima volta amati.