mercoledì 28 ottobre 2020

The King, ovvero l'arte della manipolazione nella scrittura.

The "King", omen nomen
Il re è lui in quella che si chiama "letteratura di consumo". Fra i dieci autori più letti al mondo, senza mai uscire dalla classifica nell'ultimo ventennio. Il sovrano delle vendite, colui che suscita aperta simpatia nel lettore perché costui impara cosa aspettarsi dal "re". 
E il "re" non delude mai. 
King ha scritto un manuale di scrittura arcinoto, contenente una gragnola di consigli che a leggerli fanno sembrare tutto così semplice. 
Poi sai bene che scrivere è difficile e non ti basterebbero due vite per capire come funziona una scrittura vincente. Fra le tante citazioni del maestro, mi piace in modo particolare questa:
Uno dei miei compiti in quanto scrittore è quello di assalire le vostre emozioni e forse di aggredirvi – e per far questo uso tutti gli strumenti disponibili. 
Forse sarà per spaventarvi a morte, ma potrebbe anche essere per prendervi in modo più subdolo, per farvi sentire tristi. 
Riuscire a farvi sentire tristi è positivo. Riuscire a farvi ridere è positivo. Farvi urlare, ridere, piangere, non mi importa, ma coinvolgervi, farvi fare qualcosa di più che mettere il libro nello scaffale dicendo: "Ne ho finito un altro", senza nessuna reazione. Questa è una cosa che odio. Voglio che sappiate che io c'ero.

L'arte della manipolazione nella scrittura.

Che significa "esserci" per uno scrittore?
Esattamente quello che ha ben descritto: coinvolgere al punto da suscitare emozioni forti, lasciarsi manipolare da chi scrive. Impariamo che la parola ha un potere enorme, è lo strumento della manipolazione per eccellenza, a patto che si conosca al meglio il mezzo.
La parola "manipolazione" suscita di primo acchito una certa diffidenza, non ci piace.
Eppure è un'arte fra le più raffinate, se applicata al campo dell'invenzione. Lo spettatore si lascia manipolare dinanzi a un bello spettacolo teatrale così come dinanzi a un film. Il lettore è manipolabile, se la scrittura è all'altezza. 
Essere manipolati nell'invenzione non ha nulla a che vedere con l'accezione negativa del termine. Insomma, non ci troviamo in un caso di gaslighting, per dirne una. 


Nel momento in cui un tipo di linguaggio funziona, sia esso cinematografico, teatrale, narrativo, il fruitore dell'opera stabilisce un patto inconsapevole con l'autore e non mi riferisco semplicemente alla "sospensione dell'incredulità".
Quando quel linguaggio è particolarmente coinvolgente, avviene qualcosa di più, un abbandonarsi alla narrazione, un lasciarsi risucchiare nella narrazione. Scompare la nostra visione periferica, emerge una visione centrale, che ci porta direttamente in quel luogo, dinanzi alla finzione travestita da realtà verosimile. 
Nella scrittura, sta accadendomi qualcosa di simile mentre leggo "Follia" di Patrick McGrath, ma King ne è il maestro indiscusso. 
Prendiamo qualche citazione dal romanzo It.
  •  Il terrore che sarebbe durato per ventotto anni, ma forse di più, ebbe inizio, per quel che mi è dato di sapere e narrare, con una barchetta di carta di giornale che scendeva lungo un marciapiede in un rivolo gonfio di pioggia.

  • Ma insieme avevano scoperto un segreto allarmante del quale nemmeno It era stato consapevole: ogni credenza ha il suo rovescio. Se ci sono diecimila contadini medievali capaci di far esistere i vampiri con la forza della loro credulità, può essercene sempre uno, e probabilmente bambino, capace di immaginare il piolo con cui ucciderli. Ma un piolo non è che uno stupido pezzo di legno. La mente è invece la mazza con cui conficcarli nel cuore.
  • Per esempio, cosa mangia in realtà It? So che alcuni bambini sono stati parzialmente divorati; è certo in ogni caso che si sono riscontrati segni di morsicature. Ma forse siamo noi a spingere It a farlo. A noi tutti è stato insegnato fin dalla prima infanzia che quel che fa il mostro se ti acchiappa nel folto del bosco è appunto mangiarti. Ma in verità i mostri vivono di fede, no? Mi sento trascinato irresistibilmente verso questa conclusione. Il cibo può essere la vita, ma la fonte del potere è la fede, non il cibo. E chi più di un bambino è capace di un atto di fede assoluta? Ma c'è un problema: i bambini crescono. In chiesa il potere viene perpetuato e rinnovato con atti rituali periodici. Sembra che a Derry il potere venga perpetuato e rinnovato nella stessa maniera, cioè con atti spirituali periodici. È possibile che It trovi protezione nel semplice fatto che trasformandosi in adulti i bambini diventano incapaci di fede o comunque le loro intuizioni vengono impoverite da una sorte di artrite spirituale? Sì. Credo che qui sia il segreto.

Funziona, vero? Vediamo perché. 
  • Nell'incipit, la descrizione ha la stessa forza di una camera che punta il suo occhio sulla scena. Viene annunciato un lunghissimo periodo di terrore, assieme al suo inizio. Il racconto è in prima persona, e quando la si sa gestire, la narrazione è automaticamente coinvolgente, malgrado tutti i limiti di questa scelta.
  • La seconda citazione contiene un principio che King ci mostra come assoluto. È un principio rassicurante, parla della volontà, qualcosa che serve anche al lettore per mettersi al sicuro dalle proprie paure. Il principio è sostanziato in un'immagine forte, corale, e contiene la chiave per aprire quella sola porta che serve a uscire dall'incubo.
  • La terza citazione è complessa, perché contiene termini fondamentali per la comprensione della trama: cibo, fede, infanzia. Sono fra i punti cardine del romanzo, ma come li mette insieme King? Evoca qualcosa che appartiene a tutti noi, in un passato lontano. Quelle fiabe nere utilizzate per ottenere l'obbedienza, il mostro che divora i bambini, la perdita dell'innocenza nell'età adulta che coincide con una specie di immunità dal mostro. La scrittura è fluida, il colloquio è con il lettore, ma non illudiamoci, solo apparentemente sembra buttata lì, a caso. Dietro c'è studio, e conoscenza della psichiatria dell'infanzia, ritocco, cesello. Un lavoro da artigiano che ci consegna un prodotto in grado di "manipolarci" perché vi scorgiamo dettagli che ci sono propri, familiari. 
King apre una porta sull'inconscio, non ne è il padrone, solo che possiede un grimaldello con le punte giuste, un lasciapassare che stuzzica le corde delle nostre paure irrazionali.
It in particolare ci permette di tornare indietro, di curiosare in quel buio dove abbiamo immaginato il mostro. Volerci tornare equivale alla volontà di saper vincere su di esse. 

Sapere cosa si aspetta il lettore fa parte del talento narrativo. Lo scrittore consegna al lettore esattamente il prodotto che attende. 
Non è un caso che King menzioni una "cassetta degli attrezzi" indispensabile per la costruzione narrativa. Le regole sono chiare, semplici. Eccone alcune:

1. Leggi leggi leggi. 
Scrivere non può prescindere dal saccheggiare tutto quello che di buono è stato scritto da altri. Leggere è il primo grande esercizio per l'apprendimento e lo sviluppo di uno stile. 

2. Datti tre mesi.
Ma attenzione, non per scrivere un intero romanzo, solo per la sua bozza. 

3. Scava.
Questa mi piace molto. Lo scavo fa pensare all'andare a fondo, entrare nella storia osservandola in tutte le sue sfaccettature, farla emergere. 

4. Prendi una pausa.
Un po' quello che dice anche Murakami, qui in particolare quello che pensa sull'editing. 

5. Conserva il ritmo.
Il romanzo deve contenerne uno molto chiaro, quindi evitare le dispersioni, tagliare.

In rete troverete molti siti che elencano le tantissime regole di King sull'arte scrittoria, dunque mi fermo qui. 
Regole, disciplina, talento. Ingredienti indispensabili. 

Cosa pensate di questo elemento della "manipolazione" nei migliori romanzi?

21 commenti:

  1. Sono d'accordo con la visione di una scrittura che manipola il lettore, portandolo dove vuole e cercando di pilotare le sue emozioni. Si potrebbe anche chiamare illusionismo, perché chi scrive costringe l'attenzione del lettore a concentrarsi su determinati dettagli.
    Indubbiamente King dà molti buoni consigli, anche quello sui tre mesi per scrivere la prima bozza non mi ha mai convinto, o meglio diciamo che non fa al caso mio.

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    1. Anche a me ha fatto una certa impressione l'indicazione di quella tempistica. Potremmo dire che svela l'accuratezza dei grandissimi. Una scrittura frettolosa non paga, in fondo credo anch'io che un romanzo abbia bisogno di una lunga gestazione. Che poi sia addirittura lunghissima... i più scrupolosi lo sanno bene.

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  2. Secondo me questo è un argomento difficilissimo da affrontare. Tanto per incominciare proprio perché spunto per trattare della "manipolazione" è Stephen King, di cui ho letto pocchissimo, del quale riconosco le abilità, ma di cui la narrazione non mi ha mai particolarmente investita emotivamente.

    Secondo me nella narrativa diversi lettori possono sentirsi coinvolti diversamente da diverse tecniche narrative e strumenti linguistici. Pure riconoscendo le qualità e le abilità di uno scrittore, non è detto che tutti riescano a sentirsi 'manipolati' da questo.

    Le stesse tecniche non funzionano su tutti.

    Oltre a ciò, non è detto che tutti trovino soddisfacimento nella lettura solo se subiscono questa "manipolazione" e si sentono emotivamente investiti.

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    1. Sono totalmente d'accordo. È il motivo per cui mia sorella ha adorato quasi tutto di King, mentre io sono stata molto più selettiva. Dopo Stagioni diverse e Il miglio verde, ma molti anni fa, non tornai sulle sue orme. Oggi invece subisco la fascinazione di It, ma anche perché ho sentito un'intervista della Murgia in cui si citava il modo in cui King tratta le donne nei suoi romanzi. Ecco, questo sarebbe un argomento interessante da approfondire.

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  3. Vado controcorrente ma ho letto un solo romanzo di King (Dolores Claiborne) è non mi ha preso, quindi non ho più letto nulla di suo.
    Concordo comunque con il principio del coinvolgimento emotivo. La differenza fra scrittura in senso divulgativo e scrittura letteraria è proprio l'empatia emozionale che l'autore riesce a infondere.

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    1. "La differenza fra scrittura in senso divulgativo e scrittura letteraria è proprio l'empatia emozionale che l'autore riesce a infondere."

      Anche solo questo sarebbe spunto di un infinito dibattito.

      Ultimamente sembra proprio che le cose vadano come sostieni. Non credo che la scrittura letteraria sia sempre stata così però. Ho passato anni a leggere classici "letterari" dell'Ottocento e a emozionarmi. Immagino che nel secolo XIX la maggior parte degli scrittori europei si fece inevitabilmente influenzare dal movimento romantico, di qui una narrativa che spesso tocca i sentimenti anche del lettore.

      Spero, in ogni caso, che ci siano e ci saranno ancora tante opere letterarie infuse di lirismo e capaci di emozionarci.

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    2. La "manipolazione" in certo senso è assimilabile anche al tipo di coinvolgimento che può donarci un romanzo classico. E dici bene, Ludo, il romanzo ottocentesco calcava la mano proprio sull'aspetto sentimentale, emotivo, empatico. I personaggi dei romanzi classici sono indimenticabili. Le nostre mamme hanno adorato per gli stessi motivi i protagonisti di serie degli anni Sessanta come E le stelle stanno a guardare. Chi scrive storie particolarmente coinvolgenti sa di poter toccare determinate corde e di trascinare chi legge verso una visione "immersiva".
      Ecco il tipo di romanzo che mi piace. Scriverlo è davvero un'arte.

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  4. La manipolazione in romanzi e film credo che vada bene. La sua accezione è positiva. Non mi piace tanto quando le stesse tecniche romanzesche vengono utilizzate in pubblicità o perfino documentari. Ecco che lì trovo che la manipolazione sia negativa.

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    1. La manipolazione in pubblicità è argomento che mi piacerebbe approfondire. Ne sentivo parlare Galimberti durante una delle sue conferenze. Citava un noto pubblicitario che un paio di decenni fa smise di fare questo mestiere proprio perché cominciava a detestare la sua abilità da manipolatore.

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  5. Il re, sì, super citato, super letto, super analizzato per rubare il segreto del suo successo. Ma lo sai che io di King ho letto solo It? Però tutte le volte che qualcuno ha parlato del suo famoso manuale, mi sono soffermata sui suoi consigli e ho provato a farli miei (quando ancora avevo l'energia e la voglia di acquisire strumenti utili per la scrittura.) Bravura indubbia, un maestro e sono d'accordo sulla manipolazione dello spettatore come del lettore: il coinvolgimento dev'essere pieno e totale perché, anche se poi dimentico i particolari del libro letto o del film visto, so che di quel libro o di quel film conserverò per sempre ogni sensazione suscitata e me ne servirò volessi cimentarmi io nella magnifica arte di fare emozionare il pubblico.
    Stai leggendo Follia? Catturata letteralmente da questa folle storia.

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    1. Sì, sto leggendo "Follia" e ne sono rimasta entusiasta fin dalle prime pagine. Durante un paio d'ore di compito dei miei ragazzi di terza, me lo sono portato con me. Anch'io catturata, anzi catapultata in quel sanatorio della fine degli anni Cinquanta. Decisamente McGrath conosce anche lui l'arte della manipolazione.

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  6. Credo che la manipolazione, così intesa, sia un importante punto di arrivo, se non di partenza, per lo scrittore. Entrare nell'animo del lettore per suscitare in lui emozioni e riflessioni è qualcosa che dovrebbe succedere sempre, anche se poi sappiamo, da lettori, che non è così. L'immagine di quel libro riposto con la freddezza del "ne ho finito un altro" è così efficace da comunicare un senso di angoscia.

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    1. È vero, non tutti i grandi scrittori ci riescono. Mi veniva in mente Saramago e la differenza fra Cecità e Caino. Un abisso fra i due quanto a capacità di "manipolazione" del lettore. Due storie nettamente differenti, ma anche due scelte diverse nel registro, negli intenti. Il registro comico probabilmente non ha questa presa.

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  7. Una buona abilità nel "manipolare" il lettore credo sia necessaria per ogni scrittore che si rispetti, sopratutto per riuscire a far in modo che il lettore faccia propri quei elementi della trama senza considerarli una imposizione dall'alto. In fondo uno dei cardini della letteratura è far calare nei panni di un altro la nostra mente, ragionare come lui e comprenderne le motivazioni, altrimenti tutto quello che si ottiene è una lettura consumistica e a tratti "pornografica" se mi passi il termine.

    Poi logicamente non è detto che la tecnica di uno scrittore funzioni con tutti, per esempio io amo la follia le storie di Robert E. Howard e non molto quelle di King, ma ciò non vuol dire sminuire l'uno ed esaltare l'altro, si tratta di una questione di gusti personali.

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    1. Concordo, senza questa inclinazione a manipolare la scrittura a proprio uso e consumo, per restituirla come strumento di immersione al lettore, non si è veri scrittori. Ecco perché la scrittura è una delle competenze più difficili.

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  8. Assegno alla parola manipolazione un significato negativo, perciò faccio fatica a ravvisarne l'utilità nella scrittura, ma, ammetto, è un mio limite. Capisco invece cosa sostieni tu, perché l'esempio che hai fatto lo conosco bene. It è stato il romanzo più terrificante che abbia letto di King, anzi, il più terrificante di quelli letti in assoluto (e da ragazzina ne leggevo tanti). L'immagine della barchetta che scorre e scompare nel tombino (dove sappiamo che vive It, o comunque è uno dei suoi nascondigli preferiti) mi spaventa ancora oggi a distanza di tanto tempo. Manipolazione ovvero la capacità di prenderti per mano e portarti dove lo scrittore vuole come se ti piazzasse su una macchina per la movimentazione delle scene e ti facesse osservare tutto dal punto di vista che serve. King è un mago. Ho letto il suo manuale, il tuo modo di spiegarne i contenuti mi è piaciuto moltissimo. Io parto dalla 1 e mi rifaccio tutta la scala di suggerimenti :)
    PS: Seguo King su Twitter: anche come persona vale la pena di ascoltarlo, e non è poco. Abbracci

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    1. King ha credo via via compreso cosa si aspettasse il pubblico, e praticamente continua a confezionare da trent'anni e più in qua dei prodotti di consumo perfettamente architettati. Vanno a segno perché costruiti ad arte esattamente come un prodotto di consumo, quindi come scrittore ha capito tutto. :)

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  9. La "manipolazione" è senza dubbio necessaria, e spesso la si persegue in maniera istintiva. In fondo compito di una bella storia è soprattutto trasmettere delle emozioni, sfondare una sorta di barriera tra autore e lettore.
    Per quanto riguarda le sue famose regole, anche a me come Maria Teresa non ha mai convinto il limite dei tre mesi. Secondo me dipende molto dai generi e dai periodi che ci si trova a vivere. Ci sono delle difficoltà oggettive che possono impedire l'attività d un autore che non pratica la scrittura per vivere: salute, lavoro, famiglia. Al di là di quello, ci sono libri che richiedono tempi di scrittura biblici, e altri che quasi si scrivono da soli. Un buon esempio è il mio libro preferito, Il rosso e il nero, che Stendhal scrisse in modo velocissimo in pochi mesi e che è un capolavoro. Anche la giallista Fred Vargas procede, o procedeva, così: si rigira il romanzo nella sua mente per molto tempo, e poi nel periodo estivo lo scrive.

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    1. Da vari manuali di scrittura che mi è capitato di leggere, se sono scritti da eminenti e celebri narratori, emerge sempre, o quasi, che c'è tutta una "metodica" dietro ogni buon romanzo. L'apparenza ci dice che siano stati partoriti quasi per magia, senza decantazione, senza troppe revisioni, invece nella maggior parte dei casi hanno avuto lunga e sofferta gestazione. Penso che nessuno di questi pensatori abbia il segreto ultimo, ma ciascuno abbia invece capito come arrivare a scrivere bene. Metodologie che non possono essere universali, ma fanno pensare.

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  10. Non ho letto It, mi sono lasciata incuriosire dall'ultima versione cinematografica del 2017 e non mi ha detto granché. Dovrei recuperare la miniserie degli anni '90 magari, perché non sono convinta di leggere il romanzo. Di King ho letto prima il manuale On Writing (mi è caduto tra le mani da uno scatolone destinato alla spazzatura, prima edizione intonsa! un sassolino da dio!) e l'ho adorato, me l'ha fatto rivalutare come autore. Poi ho letto Stagioni diverse, non male come scrittura ma come trama non mi ha preso, e Dolores Claiborne, eccezionale per lo stile curato, adattato a pennello sulla protagonista, perfetto. Ora sto leggendo Notte buia, niente stelle ma arranco... sia perché il periodo è denso di scrittura (e quindi poca lettura) e sia perché l'horror solo per spaventare in realtà non mi spaventa. Mi inchiodano alla pagina di più certi thriller, per dire. Però lo stile di King, in quanto a scelta delle parole, è fintamente trascurato, non ce n'è una che sia mai sbagliata!

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    1. Come rispondevo sopra a Cristina, questo aspetto dell'apparente semplicità con cui i grandi narratori scrivono, mi colpisce. È un po' come quando vediamo un'ottima esecuzione, al punto che l'esecutore fa sembrare tutto così facile. Questa scrittura in realtà è frutto di lungo e sofferto studio, quindi ogni volta che ci imbattiamo in una scrittura che di fatto riesce a "manipolarci", dobbiamo essere certi di quella lunga gestazione dietro.

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