mercoledì 21 ottobre 2020

Sono stata una bambina sandwich.

Post semiserio sull'eterno secondo. 😊
Tempo fa incontravo una definizione che mi calza a pennello e che mi fa pensare a una di quelle condizioni che si portano su di sé per sempre. 
Io sono stata una bambina sandwich, sono una "figlia di mezzo", la seconda di tre. 
Essere "bambini sandwich" significa accorgersi fin dalla più tenera età di non essere né il primo nato né l'ultimo, quindi vedersi negata tutta una serie di privilegi che spontaneamente appartengono al primo e all'ultimo. 
Il primo nato è colui - o colei - che si definisce "il figlio dell'amore". Una definizione che echeggiava scherzosamente fra le pareti di casa, riferita a mio fratello, nato per primo e per giunta maschio. 

Al sud, un primogenito maschio è il massimo della soddisfazione, in particolare in certe generazioni post guerra, ma sono portata a pensare che questa condizione sia perfetta a qualsiasi latitudine. 
Mio fratello, venuto al mondo con tre anni di vantaggio rispetto a me, ieri come oggi, è una sorta di "eroe infallibile". Destino volle che fossimo molto diversi, nel carattere e nella rispettiva weltanschauung, ragion per cui nell'infanzia ce le demmo di santa ragione e nell'età matura continuiamo a farlo, parlando da due posizioni e visioni talmente differenti da far scaturire una certa rassegnazione.

Mia sorella nacque due anni dopo di me e venne al mondo di una bellezza mai vista prima, come ebbe a dire l'ostetrica di turno, e fu per sempre "la più piccola". Gli anni 1968, 1971, 1973, segnarono tre nascite dopotutto abbastanza ravvicinate, ma... lei fu cristallizzata in una eterna infanzia - destino volle che possedesse - come tuttora - un volto da bambina. 
Io, la nata in mezzo, non ebbi etichetta alcuna, fui sempre un ibrido senza vera identità, fino a quando me ne creai una tutta da sola, quando mi innamorai delle parole. Imparai precocemente a leggere, fluentemente già attorno ai cinque anni, e scoprii i mondi narrati nei libri. 

Principi e principesse... che noia. 
La mia eroina divenne Alice smarrita nel Paese delle meraviglie, ma adorai anche Tom Sawyer e
Huckleberry Finn, fino a quando, a 11 anni, mi imbattei in David Copperfield e ne fui stregata perdutamente. A pensarci, non mi piacquero mai le storie di principesse in stile Walt Disney. 
Avevo bisogno di modelli di emancipazione, ma non se ne trovavano. 
Lo stucchevole mondo di Biancaneve, della Bella Addormentata, di Cenerentola, non mi coinvolgeva più di tanto. Per essere precisi, adoravo l'atmosfera gotica della strega col suo vero volto, così come i rovi ritorti attorno al palazzo della Bella dormiente e il tempo che rincorre e poi rompe l'incantesimo di Cenerentola. 
Poi nei Novanta arrivarono le eroine vere, quelle che non avevano bisogno di principi o che erano salvatrici di principi, così, sebbene avessi compiuto i vent'anni e fossi nel pieno degli anni universitari, diventai fan di Pocahontas, Bella e Mulan. 
Essere stata bambina sandwich per poi passare all'identità di adolescente sandwich, richiedeva un costante sforzo di costruzione, culminato nell'usare la fantasia per creare io stessa nuovi mondi. 
Il disegno e il fumetto diventarono il mio pane, come ho raccontato qui, fino alla scoperta della scrittura. 

Il "luogo" dei bambini sandwich.
Non so se tutti i bambini sandwich abbiano vissuto o vivano secondo alcune costanti molto precise e tutte somiglianti. Consultando diversi siti, ho potuto constatare che si tratta di bambini che hanno bisogno di comprensione, di attenzione, di condivisione e che spesso i genitori tendono a commettere l'errore di "darli per scontati". 
Per esperienza, posso dire che ogni bambino sandwich si cerca un "luogo" tutto per sé, mentre al contempo si relaziona con la propria realtà familiare. Dinanzi all'infallibilità del maggiore e al perpetrato senso di protezione verso il minore, noi bambini sandwich abbiamo imparato a rinunciare.
Esemplare il ricordo di un gioco di perline, uno di quei giochi degli anni Ottanta, che dovetti cedere alla mia sorellina urlante perché le era piaciuto più di quello ricevuto, e tutte le occasioni in cui, obtorto collo, cedetti e rinunciai, "perché lei è più piccola". 
Imparare la rinuncia è un compromesso cui vai incontro solo se ami visceralmente la tua sorella minore. 
Quello della rinuncia diventa un luogo da reinventare per reazione e a me è capitato di coltivare tante passioni anche per questa ragione. L'immaginazione salvifica è in grado di avere un grande potere consolatorio, si sa. 
Uno dei paradossi della vita è il dono che può farti una condizione di piccola emarginazione. 


E voi, siete stati bambini sandwich? E se non lo siete, avete mai pensato alla condizione del fratello o della sorella "di mezzo"?

26 commenti:

  1. Originale come definizione, inoltre rende bene l'idea.
    Io no, io sono "il più piccolo", e da questo punto di vista ho sempre beneficiato degli aspetti positivi che tu elencavi nel post (entro certi limiti: prima di me c'è una sorella, quindi i giochi suoi non è che potessero interessarmi più di tanto, pertanto raramente ci sono state dispute del genere. Al massimo su chi doveva leggere per primo "Topolino" ;-)
    Posso aggiungere che esistono anche degli aspetti negativi sull'essere "l'ultimo arrivato". Tipo: per i famigliari resterai sempre "il più piccolo" da ogni punto di vista, ergo: riguardo una questione che interessa tutti dice una cosa mia sorella, io la penso diversamente ed esprimo la mia opinione, ma vabbé, il sono il più piccolo, la più vecchia e saggia è lei quindi si fa come dice lei. Oppure sentirsi costantemente confrontato "Ah, alla maturità hai preso 55? Tua sorella aveva preso 60..." (penso di aver fatto l'università proprio per avere una cosa tutta mia, senza confronti con lei che ha preferito fermarsi dopo il diploma ;-)
    Insomma, anche essere l'ultimo nato implica qualche cruccio :-D

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    1. In sostanza, tua sorella è la bambina sandwich, ho capito bene? Se è come dici, il fatto che avesse voce in capitolo, che fosse un modello da seguire secondo i tuoi genitori, che insomma venisse fuori sempre come esempio, credimi, è un'eccezione. Una di quelle che confermano la regola, però. :)
      Tu sei considerato "il più piccolo" esattamente come mia sorella minore, solo che nel nostro caso verso mia sorella c'è un certo senso di protezione, la sua parola vale per mia madre e anche per mio padre era così. Lei è un architetto, quindi si è creata anche una buona prospettiva di credibilità e professionalità.

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  2. Anch'io sono nato in mezzo fra due sorelle, una maggiore (responsabilizzata dai miei genitori in quanto prima) e una più giovane (che ha avuto un rapporto "più attaccato" con i miei). Ma devo dire che non ho avuto particolari situazioni emotive. Certo, mio padre aveva pensato ad una serie di professioni per me che io non amavo. Ho fatto la mia strada con una certa fatica staccandomi presto dalla famiglia perché ho studiato in Ist. Tecnico Nautico San Giorgio a Genova per diventare capitano di una nave mercantile e a 18 anni ero già a lavorare su una nave (come mia sorella maggiore ha lasciato presto la famiglia sempre a 18 anni). Insomma, non vedevo l'ora di staccarmi dalla famiglia come molti della mia generazione (sono nato nel 1960) e come molti di loro il conflitto con la figura paterna quando ero adolescente era al centro di tutto.
    Un salutone e alla prossima

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    1. La tua esperienza ribadisce un aspetto importante: il bambino sandwich maschio fra due femmine è difficile che "soffrirà" una qualche condizione. Ho potuto constatare che se la maggiore è femmina, comunemente si tende a ritenerla saggia, ma non infallibile. La minore, sia essa maschio o femmina, è sempre "la più piccola" e come tu dici tende a essere più attaccata alla famiglia. Nel mezzo, tu hai vissuto da maschio le aspettative, poi in fondo coronate, di tuo padre. Insomma, anche il tuo caso è molto interessante. Sia chiaro, in questo discorso non si può generalizzare, siamo essere umani e in quanto tali ogni realtà presenta situazioni e percorsi differenti. Nel post io ho scritto a proposito di una tendenza. Una saluto a te. :)

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    2. Direi bene in gran parte di quel che hai detto, salvo che NON ho fatto il mestiere che voleva mio padre, lui mi voleva avvocato o commercialista o altro del genere. Non ho coronato le sue aspettative. Ho dovuto, come dire, fare uno strappo e staccarmi a forza dalla famiglia. Non vedevo l'ora di essere indipendente e vivere da solo come molti coetanei della mia generazione. E per questo motivo c'è stato un periodo (soprattutto fra i 13 ed i 20 anni) in cui io e mio padre eravamo in disaccordo, incomunicabilità totale. Poi le cose sono cambiate, lui è invecchiato ed è diventato più dialogante. Forse non ho spiegato bene nel commento di prima...

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    3. Sì sì, avevo inteso che ci fosse stato un distacco, ma ho immaginato che, malgrado non avessi realizzato le sue aspettative, in fondo fosse stato soddisfatto della tua carriera. È un po' quello che fece mio padre, al quale sarebbe piaciuto vedere me e mia sorella fin da subito alle prese col mondo del lavoro a 19 anni, invece avevamo scelto liceo e università, e lui manifestò la sua soddisfazione solo molto tempo dopo, quando come scrivi tu, in vecchiaia divenne più aperto e in grado di capire le cose senza lasciarsi offuscare dall'orgoglio.

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  3. Io sono primogenita, ma in quanto a sentirmi figlia dell'amore proprio no. Forse erano troppo giovani, inesperti e impauriti. Ho dovuto lottare con i denti per avere il minimo, e alla nascita di mia sorella (annunciata con un traumatico "ti accorceremo le gonnelline, perché dovrai dividerle con lei", che mi spedì dritta dal pediatra per problemi di salute), mi è toccato di rinunciare a troppo, salvo poi vedere che lei raccoglieva i frutti delle mie lotte senza alcuno sforzo. Nessun primogenito su piedistallo qui dunque. Ma riconosco che questo mi ha fatto bene, perché io sono cresciuta indipendente, fisicamente e mentalmente, al contrario suo. Non potendo contare sull'appoggio della famiglia, ho imparato a contare su me stessa, a cercare le mie opinioni e non le loro, a lottare per far valere la mia voce e non subire la loro, a rialzarmi da sola dopo ogni caduta. E soprattutto ad amare le storie, che per certi versi mi hanno insegnato molto più di loro (che leggevano poco o niente) e mi hanno aiutato nei momenti e nelle decisioni difficili.

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    1. Due figlie, e la tua condizione di primogenita che deve rinunciare è tipica di moltissime realtà. Mi fa una certa impressione la citazione della frase sulle gonnelline, per altro. Il modo in cui i tuoi abbiano dato per scontato che tu capissi, a prescindere, mi ricorda molte sensazioni da me provate come figlia "di mezzo". Concordo in pieno su quanto queste piccole ma molto sentite "emarginazioni" abbiano potuto fortificarti, potrei scrivere le stesse cose.

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  4. Ho provato a commentarti ieri sera, e non mi ha preso i commenti.
    Speriamo oggi funzioni. Dicevo: Luz in the Middle. Come Malcolm.
    Per fortuna non posso sapere cosa si prova, essendo io un primogenito (e primo nipote) maschio, e del Sud, anche se lontano dalla concezione del dopoguerra... aha!
    Dovrei chiedere a mio fratello, di sette anni più piccolo di me e di due anni più grande di mia sorella.
    Però posso dirti che mia mamma mi dice sempre "fammi primo e fammi scemo" quando mi comporto da idiota XD
    Dunque certi privilegi in qualche caso decadono...

    Moz-

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    1. Ah ah ah Moz, insomma sei esattamente nella stessa posizione di mio fratello. Maschio e primogenito e nato al sud. Mi piace questo tuo commento perché offre un altro punto di vista molto interessante, nel quale puoi ammettere che c'è, mannaggia, una differenza. C'è eccome. A meno che quella meravigliosa e simpatica espressione di tua madre apra nuovi scenari che mi piacciono altrettanto, in quella battuta c'è anche un riferimento alla primogenitura. Fantastico. :)

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  5. Che bel post, Luz, molto intimo. Non avevo mai sentito questa definizione né mi ero mai posta il tema, essendo io primogenita e come tale ho dovuto aprire la strada, come si fa in montagna, perché altri possano passare, quasi indenni. Conflittuale la mia adolescenza, piuttosto ribelle. La condizione di figlia del nord non mi ha protetto dagli stereotipi. Forse un giorno racconterò meglio come una bambina ribelle li ha combattuti... anche attraverso la scuola, grande spazio di emancipazione. Triste oggi vederla così marginale. Pagheremo lo scotto

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    1. Gli stereotipi appartengono a qualsiasi latitudine, senza se e senza ma.
      Io, nata e vissuta fino ai 26 anni al sud, ho ritenuto per tanto tempo che tanti limiti fossero tipici di quel meridione pieno di contraddizioni. Poi la vita ti insegna che non è così. Mi piacerebbe leggere un tuo post su quella bambina ribelle.

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  6. Credo che ogni situazione familiare abbia le proprie peculiarità, io per esempio sono l'ultima figlia, la più piccola, nel vero senso della parola perché le mie sorelle erano più grandi di me di diversi anni. Come "piccola di casa" mi sono spesso sentita soffocare dalle attenzioni di mia madre, mio padre e delle mie ben due sorelle più grandi. Mi amavano ma mi hanno fatto spesso sentire nata per un caso fortuito, oppure perché speravano nel figlio maschio (che al sud è sempre troppo quotato). Paradossalmente come un "maschio" ho fatto delle scelte di grande autonomia, ho studiato fino alla laurea, mantenendomi da sola fin dai tempi universitari, ho sempre lavorato e sono diventata per la mia famiglia un punto di riferimento (ogni problema di sorelle e nipoti diventa anche mio). Una volta una mia amica con cui mi lamentavo della situazione mi disse "è perché tu sei la più grande" pensando che fossi io la primogenita, è rimasta stupita quando le ho detto che invece ero la più piccola. Sono sempre stata autonoma (forse per dimostrare che non avevo nulla da invidiare a un uomo) e anche un po' ribelle, vado spesso controcorrente e mi faccio sempre una mia idea personale di ogni cosa, al di là delle opinioni più diffuse.

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    1. Anche mia sorella, sotto molti aspetti, ha vissuto, e un po' sofferto, il fatto di essere nata non secondo programma ma come caso fortuito. Questo è stato uno degli aspetti della sua vita, ma è prevalsa anche una certa libertà di movimento. Ecco, mi fai venire in mente che a me la libertà non fu concessa - per altro un aspetto questo tipicamente meridionale - in particolare nei tanti anni in cui io e mio marito eravamo "fidanzatini". Lei invece poté godere di ampia libertà in questo, anche con due soli anni di differenza. Mi colpisce la tua condizione di "punto di riferimento", questa è una cosa che ti rende davvero onore, Giulia.
      Di questi commenti al post mi piace che stiano venendo fuori aspetti inediti delle nostre vite e personalità. Grazie per esserti aperta in questo tuo intervento.

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  7. Non sono mai stata bambina sandwich perché sono prima di due e non ho mai pensato alla condizione dei fratelli di mezzo.

    Tutto sommato, mio fratello e io siamo sempre stati trattati ugualmente. Almeno fino ai miei 16 anni. Io, poi, ho incominciato a vivere all'estero o lontana da casa per motivi di studio o lavoro, quindi i nostri genitori, inevitabilmente, risposero a diverse esigenze a seconda delle diverse esistenze che conducevamo. Nè io nè mio fratello, però, sentiamo che uno dei due sia stato penalizzato o avvantaggiato.

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    1. Quando si è in due figli, la prospettiva di una linearità nei rapporti familiari è concreta. Ammiro chi ha avuto lo spirito di iniziativa di sperimentare la vita lontano da casa da giovanissima. Chapeau, Ludo.

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  8. Ahahah, quando ho letto "bambina sandwich" ho subito pensato: Luana era una da prendere a mozziconi! No, perché io lo ero! :D
    Comunque, questo articolo mi è piaciuto tanto, ti ho immaginato "mediana", tra un figlio maschio primogenito "intoccabile" e una sorellina da accudire. Io sono la primogenita di due figli e il secondo è un maschio, il che vuol dire che, essendoci una differenza di tre anni fra me e mio fratello, siamo stati a lungo due figli unici. Ci siamo ritrovati si può dire verso i trent'anni, con una maturità ormai sullo stesso piano. Ci ha "penalizzati" il fatto di essere femmina/maschio e di essere nata io, per prima, perché si sa che le femmine hanno uno sviluppo diverso dai maschi e io ho sempre visto mio fratello come il bamboccino che non meritava considerazione (non che lui la reclamasse o ne abbia avuto mai bisogno.) Non rimpiango di non avere avuto una sorella, anche se adesso sono contenta dei miei due figli maschi perché comunque stanno crescendo con una complicità che a me è mancata.

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    1. Ah ah ah ... io avevo quei buchini nei gomiti e nelle ginocchia, e mi hanno raccontato di parecchi mozzichi. :D
      La tua situazione è comune a tantissimi: il primo nato è femmina, segue solo un fratello. Tendenzialmente si vive quello che hai descritto tu, in particolare se la prima nata è volitiva, intelligente, studiosa. Anche io e mio fratello abbiamo una differenza di tre anni, che se si sentiva da piccoli, poi è andata assottigliandosi. Come ho scritto nel post, non c'è stato mai feeling fra me e lui, siamo troppo diversi. Lui da ragazzino era dispettosissimo, mi tormentava non poco, ma io sapevo difendermi. Erano le classiche dinamiche di fratello pestifero e sorella che cerca di essere lasciata in pace. Però mi ricordo anche bei momenti, per esempio quando lo guardavo fare i compiti, io che ancora non andavo a scuola ma avevo fame di imparare. È proprio mettendomi seduta accanto a lui e scarabocchiando su quadernini che ho imparato a scrivere, copiando da lui, insomma. Poi alle superiori, lo ammetto, gli scrivevo i temi, e lui se ne compiaceva a scuola - l'ha sempre odiata, non era fatto per starsene fermo a studiare, ha da sempre il talento dei motori e oggi lavora in un buon settore della Difesa. Siamo andati d'accordo pochissimo, ma quando avviene, è bello ritrovarsi.
      I tuoi figli sembrano dei gemelli talmente sono in sintonia. Due bravi stupendi ragazzi pieni di interessi e bravura. Meraviglie.

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  9. Io in realtà sono stato sì il primogenito maschio in una famiglia meridionale, però attenzione lo sono stato di una famiglia con otto figli tra maschi e femmine...e ti posos dire che non è stata una passeggiata nemmeno per me in quanto primogenito. Con me i miei si sono esercitati e devo dire che gli errori e le esperienza fatte con me hanno aiutato i miei consanguinei. per fare degli esempi semplici: io ero obbligato a tornare ad una certa ora il sabato? Gli ultimi anni dopo potevano anche fare l'alba. Tanto i miei ormai si fidavano. Io venivo punito per un brutto voto a scuola? Gli ultimi -poverini- si rifaranno col secondo quadrimestre, e così via....non ti dico coi primi amori... le differenze di comportamento...insomma non dico che è stato una vitaccia perchè mentirei, sono stato fortunato a crescere in una famiglia piena d'amore e non farei il cambio con nessuno, solo che dato che eravamo in tanti sono stato quasi obbligato dagli eventi a maturare anzitempo perdendo forse qualche passaggio dell'adolescenza.

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    1. Nick, anche tu meridionale come alcuni di noi... che bello saperlo.
      La tua situazione è nettamente diversa da altre e posso solo immaginare cosa significhi essere il primo di ben otto figli. Ricordi quella serie televisiva, La famiglia Bradford? Vi immagino così, in una realtà in cui il bello sta anche nelle differenti età. Capisco il tuo sdegno nell'assistere a trattamenti del tutto diversi verso i più piccoli, perché io lo vissi con mia sorella, malgrado avessimo solo due anni di differenza. Lei ebbe una libertà fra amici e viaggi che io potei solo sognare. Anche a 26 anni, un mese prima di sposarmi, pensa, mia madre volle che facessi il viaggio con una cugina per venire a Roma a sistemare la casa che avevamo preso in affitto. Medioevo proprio. Mentre mia sorella viaggiava fino al Veneto, dove si era trasferito il suo ragazzo di allora. Non so come abbia potuto accettare queste imposizioni, a distanza di vent'anni me lo domando.
      Tornando alla tua enorme famiglia di origine, adoro questa figliolanza che gremisce una casa. Bellissimo.

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  10. Sono figlia unica, quindi la mia situazione è molto diversa. Il viaggio che mi hai fatto fare nella tua situazione è ancora più interessante per questo. E poi è vero, dalle difficoltà nascono spesso doni preziosi, che non si apprezzano subito, ma soltanto dopo, guardando indietro.

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    1. Non so cosa significhi essere figli unici, anche se mi sono immaginata di esserlo. Chissà come sarebbe stato...

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    2. Carissima Lu. Devo confessarti che è stato un po' complicato scrivere questo commento, ma eccomi... seconda di tre femmine. Il posto peggiore per me. Poca differenza con mia sorella grande nata nel '72, io nel' 73 e mia sorella piccola nel '76. Mia sorella maggiore non solo era la primogenita ma anche la prima nipotina. Un esempio per tutti da sempre. Piccola biondina messa su un piedistallo e ad oggi sempre sul suo trono. Poi sono arrivata io, delusione totale per i miei genitori che volevano un maschietto. E, difatti, sono cresciuta "garçon manqué". La più piccola, beh, come diciamo in francese, la "chouchou", la cocca, guai a chi la toccava. Non sai quante ne ho prese per colpa sua, perché, insomma, una colpevole ci doveva essere e non poteva essere lei, era sempre pronta a correre dai genitori con il suo "Non sono stata io" e gli occhi tenerissimi del Gatto con gli Stivali di Shrek. Tenevo per questo un basso profilo però, guarda caso, finivo sempre nei guai (o una delle due mi ci spingeva). Per il semplice motivo che era l'unico modo che avevo perché i miei genitori si interessassero di me. Una follia. Essendo già da piccolina una bambina estremamente sensibile non mi sono mai sentita a mio agio, non riuscivo a entrare nello stampo preconfezionato. Non erano anni in cui la psicologia del bambino era una cosa fondamentale (ne importante, in realtà). Non ricordo di aver mai provato gelosia, solo una grande sofferenza.
      Per fortuna c'era la scuola e andavo alla grande, però, niente, era solo "normale" essere bravissima.
      Diciamo che ci sono poi voluti anni (decenni) per costruirmi un'identità propria, facendo diventare la mia condizione di "bambina sandwich" un semplice dettaglio.
      Ricordo di una riflessione di una mia zia a proposito dei miei genitori (avevo sui 15 anni). Mi disse : "Tu crescerai i tuoi figli nel modo in cui sei stata cresciuta." Mi aveva rabbrividita. Per lei era ovvio che avrebbe avuto solo conseguenze negative. E invece... di un (profondo) trauma sto crescendo due meraviglie in un modo totalmente diverso. Nel rispetto, con regole, ma con amore e cercando di non fare differenza tra loro due. Non sono una mamma perfetta però l'aspetto psicologico della loro personalità è per me essenziale. L'altra cosa fondamentale è che sanno di poter contare uno sull'altro. Anche se ogni tanto litigano, tra di loro c'è amore e solidarietà. Così, quando mi arrabbio con Elisa, Fabio è il primo a difenderla !! Ed Eli è il miglior avvocato del fratellino... come, ho osato sgridare il piccolo Fabio !! Già, povero piccolo Fabio...

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    3. Cara Chrystel, che sorpresa saperti "bambina sandwich". Comunque mi fa piacere avere questo aspetto in comune con te. Immagino che la dinamica fra tre sorelle sia ulteriormente diversa. Dal tuo commento traspare la consapevolezza di ricordi non proprio belli, me ne dispiace. Tu hai vissuto una delle esperienze più significative dell'essere figlia "di mezzo", il confronto con la maggiore e la minore ne è testimonianza, così come l'atteggiamento degli adulti attorno a voi.
      Da quell'infanzia è venuta fuori una donna che reputo straordinaria, perché sei una donna di valori grandi, ottima educatrice dei tuoi figli, moglie e madre dedita alla famiglia, ma che sa ritagliarsi anche uno spazio proprio. Una delle cose belle che ti contraddistinguono è il tuo amore per la natura. La passione della fotografia "naturale" e "naturalistica". E sai essere anche un'ottima amica, oltre a rispettare gli insegnanti e in generale tutti coloro che ti circondano. Essere "figli di mezzo" a volte fa soffrire, ma dalla sofferenza si impara molto. :)

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  11. Recupero tutti insieme gli ultimi tre post. Questo articolo sui "bambini sandwich" è stato particolarmente toccante, sebbene non possa condividere alcuna esperienza personale. Come Grazia, infatti sono figlia unica!

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    1. Immagino uno stato di grazia, tutto pensato per quell'unica creatura, poi mi dico che è meglio avere avuto perlomeno una sorella con cui relazionarmi a fondo. :)

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