Stamattina voglio concedermi e sottoporvi una riflessione. Pensiamo a una parola semplice semplice, comunissima ma non banale: rispetto.
A parte la bella origine etimologica, che ci porta al latino respicio - ossia "guardare", pensare al suo significato apre infinite possibilità.
Questo elenco viene fuori da quello che ho capito io sul rispetto.
Questo elenco viene fuori da quello che ho capito io sul rispetto.
Rispettare non significa mai sacrificare una parte di sé per l'altro, quanto piuttosto "considerare l'altro nella sua totalità", nel suo pieno diritto in quanto persona con pregi e difetti.
Rispettare significa "prendere in considerazione" anche e forse soprattutto in momenti non facili. Se il rispetto dovesse dipendere esclusivamente dal nostro perfetto accordarci con l'altro, allora sarebbe di per sé cosa semplice. Invece, il rispetto ti "frega", perché per essere tale dovrebbe prescindere dall'andare d'accordo.
Rispettare significa "accettare" - potremmo anche dire "tollerare" se proprio ci viene difficile - chi la pensa in modo del tutto diverso. Oggi, nell'epoca del commento facile, del giudizio aprioristico, dello scortese slang virtuale, questa cosa è diventata difficile da praticare, e impossibile per coloro che in rete danno sfogo al proprio modo irrispettoso di rivolgersi all'altro. Ahimè, questa mancanza di rispetto non appartiene però solo ai social, ma al comune dialogare tout court.
Rispettare significa "esserci", essere per l'altro un riferimento costruttivo. In tal senso, si può dire che il rispetto diventa una vera e propria azione e reazione. Prendo me come esempio: tendo - o mi impongo quando diventa difficile per atteggiamenti ostili altrui - a rispettare tutti, a cogliere il lato buono di una situazione, a essere "resiliente" (adoro questa parola). Il rispetto per l'altro diventa quindi anche occasione per l'altro, una mano che viene tesa, un ponte da costruire.
Rispettare significa "dire la verità". Se si è in pace con se stessi, la verità diventerà un dono da elargire con saggezza. Scegliere la verità significa stabilire un patto con l'altro, di reciproca conoscenza. La verità a tutti i livelli è uno strumento potentissimo di educazione e di aiuto all'altro.
Rispettare significa "prendersi cura di sé", perché rispettare se stessi è il punto di partenza per essere rispettosi degli altri. Rispettare se stessi significa lavorare su di sé per capire come si è fatti, per capire i propri limiti, il proprio potenziale. Maggiore sarà la conoscenza di sé, più si riuscirà a essere rispettosi dell'altro.
Ecco, finora sono arrivata a queste conclusioni.
Non è stato semplice diventare più consapevoli. Ogni esperienza di vita, sia essa positiva o negativa, è un passo che si fa su un ideale sentiero costellato di variabili. Sta a noi coglierne il senso, farne tesoro, correggere il tiro.
Mai definirsi "completi", piuttosto coltivare il dubbio, pur lavorando sulla propria autostima e sulla conoscenza di sé.
Cosa pensate del rispetto? Avete ulteriori definizioni?
Lavorare sulle domande, sì. Le (presunte) risposte chiudono la porta, le domande la mantengono sempre aperta. Rispetto è una parola molto importante. Apprezzo la tua analisi.
RispondiEliminaInterrogarsi deve imperativo categorico. Dubitare pure.
EliminaCredo che interrogarsi e dubitare siano due ulteriori componenti del rispetto.
Grazie per aver apprezzato.
Il rispetto però deve esserci specie per se stessi, in primis.
RispondiEliminaPer gli altri ok tendere una mano, ma NON diventare pattumiere emozionali degli altri, non farsi usare per questo scopo (pur non voluto) da chi è soltanto una presenza più negativa che positiva. Insomma, il rispetto dev'essere paritario.
Sono, comunque, d'accordissimo con te :)
Moz-
Sì sì, è l'ultimo dei punti, il "prendersi cura di sé" che equivale a rispettare se stessi (mi sa che ti sei perso un pezzo del post ;-)
EliminaEcco, mi piace quella definizione di "pattumiera emozionale". È un errore in cui siamo caduti in tanti. Si impara anche da quello. Si impara da piccole e grandi crisi personali, dal cercare soluzioni. È il paradosso dei paradossi dell'esistenza: soffrire aiuta a capire.
La maggior parte delle persone però, ho questa impressione, non riescono a fare dei propri errori un'opportunità per capire. E restano "pattumiere emozionali". Tendono a ripetere ciclicamente lo stesso errore. Ed è autodistruzione. Se non si rispetta se stessi in primis, il rispetto verso l'altro si travestirà di utilitarismo, che non aiuta, anzi.
Rispetto secondo me significa fondamentalmente ciò che hai detto. Può variare nelle sue forme esecutive in base al destinatario: per certe persone egocentriche e prepotenti non riesco ad andare oltre alla semplice tolleranza, per altre il mio rispetto per loro può trasformarsi in stima e ammirazione.
RispondiEliminaSartre diceva che "l'altro" lo vediamo fondamentalmente come un ostacolo ai nostri obiettivi, il rispetto è essere consapevoli che questa percezione dell'altro come "ostacolo" è solo conseguenza dell'innato egoismo individualista che dobbiamo dominare e far abituare a convivere con "l'altro", tenendo sempre presente che rovesciando la prospettiva noi siamo "l'ostacolo" dell'altro.
Sono andata a rivedermi alcune teorie di Sartre, e in effetti di parla anche di "solipsismo". La difficoltà ontologica di percepire l'altro fuori da sé e di conseguenza rispettarlo.
EliminaL'esistenzialismo spiega molta parte dei grandi limiti dell'umano oggi.
È una bella riflessione, sopratutto in questi tempi dove tendiamo a vivere dentro la nostra bolla di conoscenze con interessi e pensieri simili ai nostri, evitando qualsiasi persona che possa mettere in crisi il nostro status quo.
RispondiEliminaMi è piaciuto sopratutto la parte del "prendersi cura di sé", con che spesso si prende sottogamba. Cosa che spesso io non so fare benissimo.
Comunque il sunto generale per me è essere comprensivi ed aperti con il prossimo ma senza farsi calpestare.
Si può imparare a "prendersi cura di sé". È qualcosa di irrinunciabile.
EliminaPrendersi cura di sé significa per me, oggi, ricordare se determinate persone siano state significative nel mio percorso di vita e di conseguenza selezionare coloro per le quali sento di "dover fare qualcosa". Da un certo punto di vista, si può dire che, pur ritenendo il rispetto qualcosa di importante, imparo anche a distribuire le mie energie senza disperderle.
Ecco, questo significa "prendersi cura di sé".
Rispettare è anche mantenere un impegno, un obbligo, la propria stessa parola (se non rientra nella stessa definizione di "dire la verità"). Una persona che ci chiede del tempo, a cui noi decidiamo di concederlo (derogando magari al "rispettare noi stessi" se stiamo dando del nostro tempo libero), non ci rispetta se pochi minuti prima fa saltare, senza valide motivazioni, l'impegno che aveva preso. Non sta rispettando né la sua parola, né il nostro tempo e, a seconda dei casi, nemmeno l'amicizia o la professionalità.
RispondiEliminaConcordo del tutto con te. Questo ci porta alla certezza che "prendersi cura di sé" è un aspetto che va in qualche modo "appreso". Lo si deve imparare lavorando di cesello attorno alle nostre relazioni significative. Non si rifarà mai lo stesso errore, se si impara.
EliminaBella la tua riflessione e bello il significato etimologico di rispetto. Uno sguardo libero e che si prende cura di se stessi e dell'altro.Non per dovere ma per volontà caparbia di costruire ponti.Grazie💙
RispondiEliminaCostruire ponti è l'esperienza più importante della nostra vita. Le relazioni umane sono interconnesse, pertanto ogni costruzione avrà conseguenze importanti e significative per altri. È il bello dell'esistenza umana. :)
EliminaIl rispetto per me è capire la libertà dell'altro, perché solo in questo modo noi godremo della stessa libertà. Un concetto semplice ma difficile da applicare a quanto pare, visto che di questi tempi non si costruiscono ponti ma soprattutto muri...
RispondiEliminaLa metafora del muro e del ponte oggi è più che mai attuale, purtroppo.
EliminaRispettare la libertà altrui, anche quando è difficilissimo perché siamo esseri umani che stabiliscono legami e di conseguenza anche un'idea distorta di "proprietà", è uno degli atti più difficili del rispetto.
È una riflessione molto bella e che condivido. Sposterei al primo punto il prendersi cura di sé, nel senso che se non si è in contatto con il proprio io profondo, se non ci si vuole bene, è davvero difficile aprirsi agli altri. I violenti, gli aggressivi, sono molto spesso persone profondamente infelici.
RispondiEliminaSì, in effetti dovrebbe stare al primo posto, è giusto.
EliminaIl rispetto è un concetto bellissimo, direi un ideale prezioso di cui tutti amiamo parlare, ma che poi, spesso, nei fatti, si riscontra poco. Rispettare per me è tenersi alla larga dai facili giudizi, dunque dai pregiudizi: li combatto sotto ogni forma e mi dispiace vedere che ciò che a me viene naturale, per altri è spesso un’impresa titanica. Delle tue riflessioni, tutte condivisibili, quella che mi piace di più è la prima: “considerare l’altro nella sua totalità”, non prendere solo i pregi e lasciare che i difetti siano terreno fertile per i pregiudizi di cui parlavo.
RispondiEliminaIl brutto di questa epoca è giudicare l'altro non tanto dai suoi difetti - giacché per conoscerne i difetti lo si dovrebbe conoscere a fondo, frequentarlo - ma da altri aspetti, verso i quali è ben più grave mancare di rispetto: l'omosessualità, l'essere extracomunitario. Due categorie che tanta gente immerge nell'odio più puro come se fossero scelte e non condizioni dell'essere umano. Poi pregiudizi nei riguardi delle donne che non hanno figli, delle donne single, delle donne di altra cultura, in generale. Categorie che oggi sono bersaglio di un disprezzo sociale molto pericoloso, che ci fa tornare indietro di secoli. Avremmo immaginato un quarantennio fa che sarebbe "finita" così? Come doveva essere questo nuovo millennio? Il tempo passa, il progresso avanza, eppure la Storia pare non avere insegnato nulla.
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