martedì 14 dicembre 2021

Vita - Melania G. Mazzucco

Incipit: Questo luogo non è più un luogo, questo paesaggio non è più un paesaggio. Non c'è più un filo d'erba, non una spiga, un arbusto, una siepe di fichi d'India. Il capitano cerca con lo sguardo i limoni e gli aranci di cui parlava Vita - ma non vede neanche un albero. Tutto è bruciato. Incespica di continuo nelle buche delle granate, lo avviluppano cespugli di filo spinato. Ecco, qui dovrebbe esserci il pozzo - ma i pozzi sono avvelenati da quando ci hanno gettato dentro i cadaveri dei fucilieri scozzesi, caduti durante il primo assalto alla collina. 

Non so perché accade di scoprire un buon romanzo a ben 18 anni dalla sua pubblicazione, ma tant'è. Vincitore del Premio Strega, il racconto di Vita e Diamante ha fatto incetta di premi fra Spagna, Canada e Stati Uniti, dove è stato segnalato nel 2005 fra i migliori dieci romanzi dell'anno, l'unico non in lingua inglese. 
Insomma, un successo planetario, ancora oggi in buona posizione nelle classifiche, assieme ad altri romanzi di questa straordinaria autrice. 

Fra tutte le opere contemporaneee che vado scoprendo in questi anni, Vita a mio parere è annoverabile nella migliore letteratura. Dinanzi a questa irrinunciabile epopea dell'emigrazione italiana negli Stati Uniti, sembra di trovarsi dinanzi al migliore Moravia, alla migliore Morante, a una prova degnissima di entrare nella narrativa della formazione scolastica. 
Credo non adatta alle medie, piuttosto alle superiori, ma davvero ideale in un percorso di formazione.

Melania Mazzucco, scrittrice prolifica e raffinatissima, dopo le prime pubblicazioni decide di raccontare la storia del nonno emigrante e "inventa" un personaggio, Diamante, un ragazzino che arriva a Ellis Island ad appena 11 anni, nel 1903. 
Scrivo "inventa" non perché Diamante sia un personaggio di fantasia, ma perché questo nonno raccontato nella sua infanzia e poi fino alla prima giovinezza è come un piccolo straordinario eroe, con gli occhi d'un celeste trasparente e i suoi panni addosso, mandato in America perché faccia fortuna, mentre la famiglia d'origine vive fame e stenti e riceve i soldi da questa terra lontana. 
Le peripezie di Diamante in tutto il romanzo sono rocambolesche, a volte grottesche, mentre il ragazzino impara la durissima legge della sopravvivenza, fra parenti e loschi figuri degni della migliore narrativa di tipo picaresco. 
Diamante arriva in America stringendo la mano di una bambina di 9 anni, Vita, che il destino gli affida perché troppo piccola, fin da una traversata difficile e pericolosa. Le due mani che si stringono suggellano un patto silenzioso, un legame indissolubile.

Bambini visitati a Ellis Island

"Questi italiani erano indicibilmente primitivi". 
Non entrerò troppo nella trama, piuttosto procederò per immagini, quelle che restano nella memoria. 
La piccola cucina di Prince Street, un vano del modesto appartamento nel quartiere italiano, è il nucleo di tutta la prima parte. C'è qualcosa di romantico e di struggente in questa cucina unta e bisunta dove si riuniscono tutti. 
La condizione in cui vivono gli italiani emigrati nel primo Novecento è durissima. Gli spazi sono descritti con gli occhi di una inviata della Società di Carità, preposta a sorvegliare la frequenza scolastica dei bambini. 
Questi italiani erano indicibilmente primitivi. E sudici come animali. Il pianerottolo era ingombro di rifiuti neri di mosche. Salendo quelle scale abominevoli, in cui rischiava a ogni gradino di rompersi l'osso del collo, aveva avuto l'impressione di essere osservata da un cane. Ma si era accorta con terrore che quel botolo scuro aveva una lunga coda a spago, e benché fosse più grosso di un cane, era un ratto. [...] 
L'ispettrice gettò un'occhiata nel tugurio. Panni stesi ovunque. Tre galline afflitte da una grave forma di alopecia razzolavano sul pavimento, un merlo afono saltellava in una gabbietta di ferro appesa sull'acquaio, un gatto scorticato passeggiava sulle stoviglie sporche, mucchi di stoffa, aghi, filo, forbici, colla, e nei locali mal aerati, mal riscaldati, un livello di umidità prossimo alla saturazione. 
Impariamo, visto che i libri di Storia dedicano poco o nulla alla condizione degli italiani della diaspora tra fine Ottocento e primo Novecento, che questi emigranti giunti in un'America che li aveva attratti con mille moine era una terra inospitale e difficile. 
Dall'arrivo a Ellis Island - dove una visita sommaria poteva decretare il rimpatrio anche per un foruncolo - fino al trasferimento nei quartieri italiani, e poi la sopravvivenza in quegli spazi, la vita dell'emigrante era pericolosa, greve di insidie. 
A meno di non essere accolti da parenti che "avevano aperto la strada" e si erano sistemati degnamente, iniziare una vita in America costituiva un'impresa. 

La celebre foto di una famiglia di emigranti italiani
(1905)
I ragazzi molto piccoli, senza un adulto accanto, vivevano di stenti. Mancanza di cibo, di igiene, di cure erano all'ordine del giorno. Il piccolo Cichitto, personaggio collaterale, ma anche iconico, vive anche peggio di Diamante, che almeno può tornare in una casa. Cichitto è un piccirillo nullatenente, un destino segnato, il simbolo di tutte le infanzie rubate e consegnate alla miseria più nera.
Questi ragazzini perduti fanno i mestieri più disparati, dal lucidascarpesciuscià - al venditore di giornali, fino al raccoglitore di stoffe da cumuli dell'immondizia, da cui possono ricavarsi abiti buoni per essere venduti. 
I piccoli emigranti non hanno neppure scarpe, arrivano a sfondarle prima di indossarne un paio decente, magari rubato o ceduto in cambio di favori. 
E poi, la Mano Nera. La delinquenza organizzata dilaga nel quartiere italiano. C'è tutta una moltitudine di delinquenti e tagliagole che diventano aguzzini dei loro connazionali. Sopravvivere può voler dire piegarsi alle logiche di questa mafia originaria, entrarvi garantisce un guadagno decente e anche protezione. 

Il ragazzo dell'acqua. 
Un altro scenario narrato nel romanzo è quello dell'ovest, quando Diamante viene assunto come "ragazzo dell'acqua" in una società che gestisce il personale per la grande azienda ferroviaria che all'epoca amplia la rete. Il suo compito è portare l'acqua agli operai, nulla di più. Sembra troppo semplice, poi si rivelerà un'odissea di stenti e una lotta per la sopravvivenza.
Non è difficile trovare fotografie che testimoniano lo stato pietoso in cui erano tenuti questi operai. 
Stipati in vagoni dismessi, dormivano su pagliericci pieni di pulci e zecche, il cibo passato dalla compagnia era insufficiente, così erano costretti a pagare con il loro denaro altro cibo, scadente, da sottocompagnie abusive, gestite dagli stessi emigranti. 
La disperazione a volte arrivava a livelli insopportabili, come riportano le cronache dell'epoca, in molti si procuravano ferite gravi e amputazioni nell'illusione che la compagnia fornisse un risarcimento. 
Nella maggior parte dei casi il tentativo andava male, così molti capofamiglia restavano uccisi da cure inadeguate o in incidenti mai realmente chiariti. Per non parlare di tutti i casi in cui l'incidente era vero e invalidante in modo grave. In apparenza, il governo americano forniva sostegno e difesa dei diritti, le leggi non mancavano, era la loro esecuzione a essere discutibile. 
La straziante esperienza di Agosto Guerra è esemplare. Chi leggerà il romanzo saprà.
Dalla pagina relativa al caso Agosto Guerra risulta che nell'ottobre del 1909 il soggetto era in mezzo alle grandi pianure - nel North Dakota. Quel blocchetto di fogli tenuti insieme da uno spillo arrugginito - 378 vite in 30 righe, dattiloscritto dal segretario Ferrari su una macchina Remington - è una sorta di Spoon River, una straziante sequenza di nomi, croci e tombe - un florilegio di vite stroncate e senza valore. 
Per Diamante l'esperienza all'ovest sarà decisiva, lo renderà uomo e sempre più disilluso, ma non aggiungo altro. Tutto il suo agire è orientato verso un sogno di autodeterminazione, qualcosa che deve essere appartenuto ai tantissimi che fecero un'esperienza simile. 

Un'ultima riflessione riguarda il valore della famiglia dentro questa storia e dentro mille altre. 
La famiglia è nel romanzo un nucleo forte, lo snodo di eventi positivi, ma di gran lunga anche negativi. La famiglia non è sempre una risorsa, dentro il suo microuniverso accettarne le regole non è sempre facile, a volte è perfino umiliante. La famiglia è una ramificazione del quartiere italiano, non un rifugio ma un luogo in cui sopravvivere non è diverso da fuori. 
Mazzucco bravissima nel delineare anche questo aspetto, uno stile limpido, solido, una scrittura tenace, che davvero consiglio a tutti. 

Avete letto un romanzo di Melania Mazzucco? Avete nel vostro parentado un emigrante che si è fatto strada in America o altrove?

16 commenti:

  1. sì, letto. e poi suggerito diffuso prestato donato. preso nel 2006, reduce da "Un giorno perfetto" che mi aveva incantato e fatto scoprire la Mazzucco. dovevo leggere ancora cose sue, necessariamente. e scelsi Vita, bellobellobello, e La camera di Baltus, deludente. e poi ho continuato con Lei così amata, che è quello che mi è piaciuto di più e La lunga attesa dell'angelo, che non ho trovato quel capolavoro che molti dicono. Mi piace della Mazzucco il fatto che scrive benissimo, pur in atmosfere e registri diversi. ora mi attende L'Architettrice. per il 2022 con lei sono a posto

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    1. Io voglio assolutamente leggere L'architettrice e Lei così amata. Assieme a Vita in effetti sembrerebbero le sue cose migliori. Anche a me piace il suo stile. Non è la solita scrittrice italiana, insomma. Stimo lei e Romana Petri.

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  2. Non ho letto niente della Mazzucco, salvo critiche lusinghiere sui giornali o sui mass media e quelle poche volte che l'ho vista in TV mi ha fatto una buona impressione.

    Ma l'argomento è sempre stato molto interessante e così ti scrivo alcune ricerche che avevo fatto.

    Il fratello minore di mia madre qualche anno dopo la fine della seconda guerra mondiale emigrò in Canada con la sua fidanzata, divenuta poi sua moglie e mia Zia. Hanno vissuto a Montreal e hanno avuto quattro figli (tutti e 4 maschi). Negli anni '70 quando tornarono in Italia mi dissero che all'inizio li trattavano un pochettino meglio che in America ma pur sempre visti come "strani" o "particolari" ma è durato poco. Mio Zio entrò subito a lavorare con la compagnia nazionale di volo Air Canada lavorandoci tutta la vita ed era contento della scelta che aveva fatto di emigrare.

    Avevo fatto ricerche al riguardo. Ad esempio con le leggi razziali degli anni '30 quasi 15 milioni di persone lasciarono l'Europa in quegli anni. C'era chi scappava dalla Spagna e dal Franchismo, chi scappava dalla Francia e dalla Repubblica filo nazista di Vichy, chi scappava dalla Germania nazista (6 milioni di persone), chi scappava dall'Italia fascista (almeno 2 milioni) e chi scappava dalla Russia Comunista (più di 4 milioni di persone).

    Di quei 15 milioni di fuggitivi fra 7 e 8 milioni emigrarono in America, 2 milioni in Canada e quasi 5 milioni in sud America in maggior parte fra Argentina, Brasile, Uruguay Paraguay e in minor parte in Cile e Perù.

    Dopo la fine della seconda guerra mondiale di quei 15 milioni solo 7 persone tornarono in Europa...7 su 15 milioni. Gli altri rimasero nei paesi all'estero: non si fidavano più dell'Europa anche se le democrazie ormai avevano rimesso piede ovunque.

    Da genovese aggiungo che, storicamente, i Liguri hanno iniziato a emigrare fra fine settecento e inizio ottocento in Argentina perché erano molto bravi nella lavorazione dell'argento (Argentina viene da quello, e di argento da quelle parti ne hanno avuto tanto). Molti lasciarono Genova, Chiavari (erano commercialisti o banchieri ma anche operai) e la Spezia. Nella riviera di ponente un'intera valle lasciò la Liguria dall'800 in poi. In Uruguay i Liguri hanno avuto persino un Presidente della nazione fra il 1985 e il 1990 e dal 1995 al 2000 (sembra si sia comportato bene) e si chiamava Julio Maria Sanguinetti proveniente da una famiglia emigrata da Chiavari.

    Guarda te quanti argomenti fa nascere questo libro...
    Un salutone e alla prossima

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    1. Ecco, fa nascere molti argomenti, segno che il suo nucleo è importante. Dai tuoi dati mi viene da pensare, o da confermare, che molto poco sappiamo dell'emigrazione italiana nel mondo. E allo stesso tempo non riusciamo ad avere una considerazione concreta del fenomeno, troppo presi dal nostro "orizzonte". Ci sfugge che l'emigrazione italiana fu un fenomeno massivo. In particolare dall'ultimo ventennio del XIX secolo fino al primo ventennio del successivo, lo spostamento di migliaia di italiani nel mondo fu un "problema" sociale di rilievo.
      Il trattamento riservato agli italiani rientra in questa problematica, ma in definitiva gli italiani nel mondo sono riusciti a crearsi delle posizioni anche invidiabili, segno che la spinta verso il lavoro e il risparmio fosse il leit motiv del loro progetto di vita.
      Grazie, come sempre prezioso nelle tue risposte.

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  3. Letto tanti anni fa e mai dimenticato. Uno spaccato bellissimo e drammatico dell’emigrazione italiana. Un monito per noi oggi

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    1. Non mi meraviglia che tu non l'abbia mai dimenticato. A me restano delle immagini molto vivide.

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  4. Bellissimo, lo so. Non vedo l'ora di leggerlo. A maggior ragione, dopo avere già letto "L'Architettrice" ed avere partecipato all'incontro con la scrittrice a PLPL.
    Però qui - e con la faccia rossa per l'imbarazzo - ammetto di non avere mai capito che il titolo si riferisse a un nome. Ho sempre immaginato che Vita fosse la vita sinonimo di esistenza. Disastroso! Ahahaha!

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    1. Io vorrei leggere L'architettrice e Lei così amata. Sì, anche a me piace il suo modo di "affabulare" in presenza. Melania Mazzucco è una di quelle autrici (ma ci sono anche molti autori con questa capacità) che hanno il dono innato della persuasione e fanno sembrare tutto così semplice, mentre la materia che trattano è invece difficile.

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    2. P. S. Guarda che io dal titolo credevo la stessa cosa! ahahahahahah

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  5. Non ho letto nulla di questa autrice, ma non mi stupisco che tu abbia scoperto questo bel romanzo molto dopo la sua pubblicazione. Capita di continuo anche a me, d'altra parte la produzione letteraria è praticamente infinita e anche i nostri gusti cambiano, lasciandoci ammaliare di volta in volta da storie e atmosfere del tutto nuove.
    Il tema dell'immigrazione italiana e del passato è ad esempio molto presente nella mie letture e nella mia scrittura nell'ultimo periodo, dunque la tuta recensione ha attirato la mia attenzione. Per quel poco che ho letto nel post, la sua scrittura mi piace molto. Di quelle scritture che ti fanno quasi dire: "che scrivo a fare?"

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    1. Come rispondevo a Marina, si tratta proprio di capacità di affabulare, ma senza sovrastrutture né complessità, invece scegliendo un canale di linguaggio fluido, che oltretutto riesce a mettere in atto anche quando viene intervistata o tiene una delle sue lezioni sull'arte (materia in cui è molto competente).
      Se hai tempo e voglia, cercala su You Tube. :)

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  6. Non ho letto nulla di questa autrice, ma potrei accettare il tuo suggerimento ancora una volta. Sappi che ho letto di recente L’Arminuta e La variante di Lüderbug grazie alle recensioni del tuo blog, mi sono piaciuti entrambi. Gli italiani che arrivavano in America vivevano una bella odissea, mio nonno e suo fratello fecero quel viaggio e mia madre me lo raccontava sempre, ma conosco poco di quella storia tranne quello che mi raccontò mia madre, so solo che mio nonno torno in Italia e non volle tornare in America, mentre suo fratello rimase lì. Ho dei parenti che vivono a Boston, le mie prozie vennero in Italia quando avevo 11 anni e le conobbi…

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    1. Quindi un ampio parentado che ha fatto questa esperienza. Non mi stupisce che tuo nonno abbia preferito tornare, perché molti non si integrarono mai con la nuova situazione. Anche nel romanzo si fa menzione di tanti che tornarono indietro (incluso lo stesso Diamante, ti faccio un piccolo spoiler, ma vale la pena scoprire perché e come lo si capirà).
      Sono strafelice che alcune mie recensioni ti abbiano spinta a leggere quei libri e soprattutto che ti siano piaciuti. :)

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  7. Non conosco ma sembra molto interessante soprattutto per il tema che non viene mai approfondito abbastanza in ambito scolastico!

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    1. È vero, non se ne parla mai abbastanza e soprattutto non vi si dedicano progetti ad hoc. Eppure è un fenomeno molto ampio e importante.

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  8. Non ho letto nulla di questa autrice, che io ricordi. Ma il tema dell'immigrazione italiana l'ho sentito da qualche racconto dei nonni, anche se non ne ho gran memoria, ero piccina. Dicevano che un cugino del nonno era andato in america, ma non se ne era più saputo nulla. Uno dei miei tanti desideri per il futuro è ricostruire l'albero genealogico.

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