martedì 21 dicembre 2021

La famiglia Karnowski - I. J. Singer

Incipit: I Karnowski della Grande Polonia erano noti per il loro carattere testardo e provocatore, ma allo stesso tempo stimati per la vasta erudizione e l'intelligenza penetrante. 
La genialità era inscritta nelle alte fronti da studioso e negli occhi profondi e inquieti, neri come il carbone. Ostinazione e sfida si leggevano sui nasi forti e sproporzionati che spiccavano beffardi e arroganti nei loro volti scarni: poche confidenze! È per via di questa testardaggine che nessuno in famiglia era diventato rabbino, anche se non sarebbe stato difficile, e tutti avevano intrapreso la via del commercio. Per lo più trattavano legname, e conducevano zattere di tronchi sulla Vistola, spesso fino a Danzica.  

Questo è uno di quei casi in cui ti aspetti una cosa e trovi quella e anche ben altro. Le mie aspettative consistevano in una lettura briosa e ironica - con gli autori ebrei è sempre così - e nel trascorrere almeno un paio di settimane a leggere di queste tre generazioni di maschi Karnowski, invece ho trovato una storia anche spiazzante e l'ho finito in una manciata di pomeriggi. 
Accade quando non puoi allontanarti troppo dalle pagine, lo sappiamo, e la storia dei Karnowski afferra il lettore e lo lascia, spossato e forse anche un po' deluso, alla fine. 
Scritto nel 1943, al di là dell'intreccio di fantasia questo tomo ha il pregio di svelare una realtà sconosciuta ai più, il che lo rende interessante a prescindere.
Mi spiego.
Quanto sappiamo degli ebrei che finirono nelle maglie delle politiche razziali prima e falcidiati nei campi di sterminio poi? Vi dirò la mia. Se penso ai sei milioni di ebrei uccisi e ai tanti che riuscirono a fuggire, me li immagino come ce li hanno mostrati i tanti film: media e alta borghesia, professioni di rilievo, perfettamente integrati nella società tedesca prima e poi rigettati da questa. 
Ecco, in realtà quella media e alta borghesia è solo una parte della vasta compagine di europei di etnia ebraica presenti nell'Europa del XIX secolo fra Polonia e Germania. 
Questo romanzo per esempio svela l'aperta antipatia fra gli ebrei di Polonia e quelli di Germania, svela il diverso livello culturale di entrambe le parti, oltre al fatto che in pieno Ottocento si era diffusa una specie di diatriba fra i puristi delle accademie talmudiche - le yeshivah - e nuove forme di pensiero più vicine al mondo moderno. 

Tre generazioni molto diverse fra loro
Il motivo per cui David Karnowski - il primo dei tre - decida di lasciare il provincialismo della sua terra d'origine, la Polonia, e preferisca trasferirsi con la moglie a Berlino è il dislivello evidente fra le due realtà. David è un uomo erudito e alla ricerca di un ambiente in cui i suoi studi possano essere in linea con la sua apertura. È però anche un uomo superbo, e per questo disprezza platealmente tutto quello che significa provincialismo polacco, l'accento, il dialetto, i modi e gli usi. 
David vuole evolvere, progredire, abbraccia la nuova patria, la Germania, con slancio, e si tiene ben lontano dai quartieri abitati da ebrei polacchi. 
Il re di questi quartieri è Solomon Burak, un personaggio che ho amato molto, incarna il perfetto ebreo con lo spiccato senso degli affari. Anche quando la Storia arriva a volerlo schiacciare nella sua morsa, Solomon escogita lo stratagemma giusto per sopravvivere. È un uomo oltretutto solare, generoso, con la casa sempre aperta e affollata, un porto di mare per tutti coloro che hanno bisogno di una sistemazione. 
Solomon non è elegante e raffinato e questo alimenta l'evidente disprezzo di David, che detesta il suo trafficare, le sue battute facili, la sua solarità. 
Insomma, già questa generazione ci rivela le idiosincrasie nella società ebraica, le piccole e grandi rivalità, l'arroganza di chi si ritiene un tantino più in alto. 
La seconda generazione, quella di Georg figlio di David, incontra il Novecento e tutte le sue contraddizioni. La vita di Georg si divide fra un'infanzia e adolescenza spensierati, frutto di un'epoca in cui ancora il disprezzo antisemita resta molto marginale, la scoperta del suo talento di medico che lavora anche al fronte negli ospedali di campo tedeschi - la sua patria è pienamente la Germania - e poi una vita matura in cui tutto si sgretola miseramente. 

È la generazione di suo figlio Yegor che paga a caro prezzo l'esplodere dell'odio antisemita. 
Ho trovato la storia di Yegor davvero scioccante, una discesa negli inferi senza remissione. Ma non aspettatevi l'innocente ebreo colpito dalle leggi razziali, qui c'è ben altro e in questo Singer è davvero molto acuto nell'intrecciare una trama complessa, i fili di una personalità oscura e ai limiti. 
Yegor non solo è l'ebreo perseguitato ma è una cuspide fra due culture che in quella tragica epoca si scontrano violentemente. Ha i tratti di suo padre ebreo, che disprezza con ogni fibra del suo essere, e quelli di sua madre Teresa, "ariana", di "razza pura". 
Nella società nazista degli anni in cui Hitler - mai nominato nel romanzo ma presente in ogni pagina della seconda e terza soffertissima parte - passa al pugno duro contro la società ebrea, Yegor è concepito come un ibrido rivoltante, un oggetto di discussione accademica, un essere che "dietro la maschera" cela la sua vera natura.

Singer spinge la scrittura oltre i limiti, a volte entrando in un apparente inverosimile, ma siamo consapevoli che le vicende narrate invece siano perfettamente plausibili, sappiamo fin dove si spinse l'odio. Il mondo dei Karnowski perde tutta la sua saldezza e diventa come un castello di sabbia che soccombe sotto il ruggito di un'onda terribile e inevitabile. 
Singer, rifugiatosi negli Usa come i suoi personaggi, muore nel 1944 e non saprà mai cosa sia accaduto agli ebrei deportati. Non sa di Auschwitz e delle decine di altri campi di sterminio, come è evidente in tante pagine del romanzo. 
Anche quando l'unica soluzione possibile è la fuga, quella salvezza non può donare a Yegor una sua redenzione dal disprezzo che cova dentro di sé. 
Lascio ogni altra considerazione a chi vorrà leggerlo. 
Scoprite la storia di David, Georg e Yegor, ma anche quella di tanti altri personaggi che non si dimenticano: il dottor Landau e sua figlia, la dolce Lea, lo straordinario reb Efraim (depositario di antica saggezza), tutto quel brulicante mondo yiddish che su di tanti esercita grande fascinazione.

Ogni volta che uno scrittore ebreo scrive dell'odio e della persecuzione ai danni della propria gente, immagino che nutra in sé una certa dose di rancore
. Perché in effetti questa persecuzione, questo genocidio, non assomiglia davvero a nessun altro. 
Se è doveroso riferirci ai tanti eccidi della Storia, non trascurare anche altro da quella terribile Shoah, è altrettanto inevitabile considerare questa come la pagina più terribile e inspiegabile di tutte. 
Il fatto che l'ebreo, pur perseguitato anche in altre epoche storiche e cacciato o ucciso, sia diventato a un certo momento il capro espiatorio perfetto, colui che ha gettato la Germania nella crisi di una grande sconfitta, e su di lui si sia riversato l'odio più profondo, che si sia pensato alla sua eliminazione come alla panacea da tutti i mali, è davvero incredibilmente un fatto unico nella Storia. 
Il dovere della Memoria diventa sacrosanto, della memoria di questa tragedia a paradigma di tutte le tragedie del mondo. 

Ho inserito in questo post alcune caricature antisemite trovate in rete, diffuse sui principali giornali dell'epoca in Germania e Italia al tempo delle leggi razziali. Le trovo inquietanti, un segnale molto deciso della campagna di disgregazione della reputazione della società ebraica. 

Siamo del tutto certi che questo odio estremo sia scomparso dalla Storia? 
Esisterà mai un'epoca in cui il razzismo sarà relegato a epoche lontane? 

1 commento:

  1. Ho questo libro in attesa sugli scaffali da almeno due anni, perché, pur essendone incuriosita, temevo di andare incontro ad un mattone. Ora mi viene voglia di dargli un'occasione.

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