mercoledì 31 marzo 2021

Tess dei d'Urberville - Thomas Hardy (o di una tragica seduzione)

Incipit: Una sera, verso la fine di maggio, un uomo di mezza età veniva da Shaston e tornava a casa, nel villaggio di Marlott, nella contigua Valle di Blakemore o Blackmoor. Si reggeva su gambe malferme e l'andatura sbilenca lo faceva pendere alquanto verso la sinistra di un'ideale linea retta. Di tanto in tanto accennava rapido con il capo, quasi a confermare un'idea, sebbene non stesse pensando a niente in particolare. Un cestino per le uova gli penzolava vuoto dal braccio, la lanugine del cappello era arruffata e un pezzetto della falda, laddove appoggiava il pollice per toglierselo, era piuttosto consunto.

Se ne esce stravolti, posso esordire così in questa recensione di un romanzo che, per intensità e pregio, credo si possa annoverare nella migliore produzione vittoriana dell'ultimo Ottocento. 

La prima volta che "incontrai" Tess fu tanti anni fa, quando vidi il film tratto dal romanzo e diretto da Roman Polanski. Ne venne fuori un dramma commovente, era inevitabile, ma la mano fu calcata sull'aspetto della seduzione tragica di cui Tess è vittima, escludendo tutto ciò che nel romanzo crea sospensione, e per certi aspetti sollievo.
La storia è molto più complessa di quanto narrasse quel film, ma su un punto entrambe le produzioni possono incontrarsi: questo intreccio solleva una questione importante, vitale, al punto che non possiamo non comprendere nella nostra visione totale anche le feroci critiche di cui fu oggetto al tempo della sua pubblicazione

Un romanzo ritenuto "vile", "pieno di difetti e falsità", come riportato nella postfazione del traduttore, Mirko Esposito, dibattuto e a lungo ostacolato anche da diversi editori, divisivo, sia per la storia in sé, priva di lieto fine, sia per i molti richiami alla morale e alla religione. 
Insomma, un monumento (di quasi 500 pagine) eretto all'ineluttabile, tragico destino di una fanciulla.
Tess, priva di mezzi e di prospettive, figlia di un barrocciaio dedito all'alcool e di una donna incolta e superficiale, una di quelle donne che si spezzano la schiena allevando figli e coltivando la terra, nasce con il marchio di una bellezza eterea che sarà la sua rovina
La bellezza di Tess è il punto d'origine di un potere attrattivo che ammanta ogni suo gesto, il suo porgersi con dolcezza e bontà, essendo un'anima semplice, trascina attorno a sé ammirazione e simpatia. Nessuno può non volerle bene, nessuno può fare a meno di considerarla all'interno di un cerchio vitale in cui la fragranza di un'età acerba s'incontra con i più umili desideri. 

Il romanzo è diviso in "fasi", ciascuna delle quali rispondente a un particolare segmento del percorso della protagonista verso l'abisso della perdizione, fino alla morte. Le fasi ne annunciano il destino:
La fanciulla - Non più fanciulla - La rinascita - La conseguenza - La donna paga - Conversione - Compimento. 

Il destino nel nome, assieme al suo paradosso. 
Thomas Hardy (1840 - 1928)
Tess ha studiato, ma non ha particolari velleità, non scruta un orizzonte lontano, possiede un naturale senso del sacrificio di sé, di valori imprescindibili, un innato altruismo. Nel momento in cui Hardy comincia a tessere la trama della sua esistenza, simultaneamente il suo destino è legato a un nome
Durbeyfield, il nome che le ha trasmesso suo padre, discende da un'antica casata, quei d'Urberville caduti in disgrazia e dimenticati dalla Storia, di cui restano poche e cadenti vestigia. 
L'orgoglio dell'antico blasone sciorinato dal padre, che si illude di poter ritrovare il rispetto di tutti e una parte della ricchezza (grottescamente gli conferiranno il titolo di "sir"), la porta suo malgrado verso chi quel titolo ha usurpato, un finto d'Urberville: Alec Stoke, il seduttore
Alec Stoke-d'Urberville entra prepotentemente nel destino di Tess esercitando su di lei un potere che le deriva dal sesso e dalla posizione sociale. Per quanto la ragazza tenti di sottrarsi al suo artiglio, appellandosi al diritto di proteggere la virtù, viene braccata e letteralmente fagocitata dall'uomo che costituirà la sua rovina. 
C'è anche da dire che il seduttore è soggiogato da Tess, come si deduce dalla sesta "fase". Soggiogato al punto da colpevolizzarla, in quanto dotata di un potere attrattivo dinanzi al quale egli non può resistere. 

Il luminoso Angel Clare
Nella fase di rinascita, quella in cui Tess lavora come mungitrice presso un villaggio lontano dai luoghi di nascita (e di perdizione), la sua risalita corrisponde a una totale immersione in una natura benigna e accogliente. L'estate della speranza coincide con l'amore vero, scaturito da un incontro inevitabile.
Angel Clare, figlio di un pastore calvinista del quale non intende seguire le orme e assetato di conoscenza ed esperienza, resta avvinto prima dalla bellezza e poi dall'intelligenza di Tess.
Raramente mi sono trovata dinanzi a un personaggio maschile dal ritratto così luminoso. Angel possiede sani principi ed è incline all'applicare la ragione alle cose tutte. Sente tutto il fascino di una natura che esplode seguendo un proprio ritmo e vuole imparare a essere un buon fattore. 
Ha dialettica, è gentile, disponibile, rifugge dal proprio fascino schermendosi dal nugolo di ragazze che non hanno occhi che per lui. Lui posa lo sguardo su Tess e questo cambierà per sempre anche il suo destino. 
... e invece convergevano, incalzati da una legge implacabile, come due torrenti verso la stessa valle. 
C'è una scena che reputo perfetta. Quella in cui Clare si confessa a Tess. 
È perfetta perché lei è ritratta come se fosse in un dipinto di Millais: sta mungendo la vacca a lei assegnata, seduta su uno sgabellino, le mani protese verso le mammelle dell'animale si muovono ritmicamente, lei è appoggiata con la parte alta del corpo al fianco della bestia. Lo sguardo è perso verso il tramonto, nel pieno di un'estate che trionfa in sfumature iridescenti e nelle nubi odorose che si alzano dalla terra ogni mattina. La descrizione è intensa, la guardiamo con gli occhi del giovane Angel. In lei vede la reincarnazione di una qualche divinità ancestrale, il compimento di un destino. 
Hardy è un vero maestro nella descrizione di quella natura palpitante. 
I toni smorzati di grigio dell'alba non sono gli stessi toni del tramonto, per quanto il grado di sfumatura possa sembrare lo stesso. Al crepuscolo del mattino, la luce sembra attiva, la tenebra passiva; al crepuscolo della sera è la tenebra a essere attiva e crescente, mentre la luce è il suo torpido contrario. 
Quella natura ridente si contrappone all'inverno della sua discesa verso la tragedia, quando viene assunta come lavorante da un uomo che conosce il suo passato. 
Non dirò del passaggio da quella estate a questo inverno per non svelare troppo. 

Tess (Nastassja Kinski) nel film di Polanski del 1979

A Tess la felicità non è data, perché Tess dà vita a tutte le storie in cui la morale sedimentata non concede riscatto. Il marchio della bellezza, assieme al marchio del nome, sono lo stigma che la trascina sul fondo, un abisso nel quale giustizia non è possibile e il tempo si misura in occasioni mancate, lunghe attese, speranze che si infrangono sul duro scoglio dell'orgoglio, ma soprattutto del giudizio. 
Le ultime pagine in cui compare perfino un luogo sacro agli antichi uomini, Stonehenge, raccontano un tempo sospeso, l'ara su cui si infrangono tutte le promesse, la stessa Tess come trasfigurata e pronta ad abbracciare la propria fine. 

Da questo romanzo è stata tratta anche la miniserie del 2008, che ho guardato qua e là a sprazzi, direi ben realizzata. Eppure neanche la migliore delle trasposizioni riuscirebbe a restituire la sensazione che dà questo tragico romanzo "di formazione". 

Tess (Gemma Arterton) e Angel Clare (Eddie Redmayne)

Sento di consigliarlo a chiunque ami una buona narrazione ambientata in un'epoca di cui non sapremo mai abbastanza. 
Conoscete questa storia? Cosa pensate dei romanzi ottocenteschi? 

14 commenti:

  1. Da tempo giro intorno a questo romanzo, avrei proprio voglia di tornare alla letteratura vittoriana e questo testo è un possibile candidato.

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    1. Io ogni tanto ci torno - per prendere fiato dalla letteratura contemporanea, che comunque ti mette dinanzi a un tempo e un luogo troppo spesso sconvolgenti. Mi rendo conto di essermi soffermata solo su Austen, Brontë, Dickens, e di aver lasciato poco spazio ad autori meno "battuti", meno citati. Mi piace scoprire un tipo di narrazione che si discosta dalle forme in fondo classiche della prima metà dell'Ottocento, per andare invece verso stili indubbiamente più moderni. Hardy merita, credo che mi concederò altri suoi romanzi.

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  2. Pur avendo studiato letteratura inglese, in nessuna annualità di esame mi è mai stato assegnato come lettura e quindi devo ancora leggerlo (però anch'io vidi il film di Polanski).
    La letteratura ottocentesca è certamente molto diversa da quella contemporanea, esprime tempi diversi e dunque anche una visione morale diversa spesso, ma dipende anche dall'autore. Proprio in questi giorni sto leggendo "La scapigliatura" di Cletto Arrighi, anche lui autore ottocentesco ma agli antipodi rispetto al Manzoni. Come sempre, l'autore o il singolo romanzo possono fare una grande differenza per il lettore.

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    1. Forse però la letteratura ottocentesca non è del tutto lontana, quando scopriamo che in molte storie la posizione sociale e culturale della donna risentiva di una morale dell'epoca e se pensiamo alla nostra di epoca c'è sempre una morale a veicolare l'ideologia.
      Insomma, in fondo noi cerchiamo nei libri che leggiamo qualcosa che risponda al nostro presente, che crei un'empatia con la realtà, e io vedo in fondo questa rispondenza.

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    2. Per certi versi, molta della narrativa in prosa scapigliata ha un respiro decisamente più europeo — se non oltre, e penso ad alcuni racconti di Arrigo Boito — di tanta produzione letteraria ottocentesca. Penso che andrebbe esplorata maggiormente... Possa Cletto intrigarti abbastanza da spingerti a buttarti sull'avanguardia scapigliata.

      Sono tremenda... ogni volta che si accenna alla scapigliatura devo scrivere qualcosa.

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    3. Mi è capitato spesso di fare una riflessione su quanta parte della letteratura italiana sia tutt'ora trascurata, poco praticata. Io stessa, che ho fatto studi classici e università, non ho ancora mai letto Boito, per fare un esempio. Ludo, ci vuole la tua passione per ricordarci che certi autori devono essere letti, eccome.

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  3. Caspita, mio hai fatto fare un grande balzo indietro nel tempo. Ho visto il film quando ero un ragazzino negli anni '70, e mi ricordo che era un gran bel film, con una buona dose di mistero sino alla fine. Non conosco bene il romanzo, ma il periodo Vittoriano è ricco di autori interessanti. Lo definirei un periodo florido. Bel post che si legge bene e che passo sempre con piacere a leggerti.
    Un salutone

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    1. Anch'io ricordo quel film come un cosa vaghissima del passato. Lo rimandarono in tv in giugno nel 1990. Me lo ricordo perché ero in pieno esame di maturità e per distrarmi un po' ho visto questo film. :)

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  4. Ehhhhh, che bellezza tornare a questo romanzo, la lettura condivisa fatta con Sandra Faè, pubblicata tra il suo e mio blog, risale addirittura allo scorso settembre, mi sembra un secolo.
    Hardy mi aveva già preso con Via dalla pazza folla, complice un film che ha una colonna sonora portentosa (ce l'ho qui sul pc, ogni tanto l'ascolto). Ma il nome di Hardy, pensa un po', l'avevo trovato in Cinquanta sfumature di grigio, perché la protagonista si sta laureando in Letteratura inglese e Mister Grey, quale avvertimento, le regalerà una prima stampa originale. Chi diamine è sto Hardy?! Quando potrò, il prossimo sarà Il sindaco di Casterbridge. :)

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    1. Mi ricordo quella lettura condivisa, cui ahimè non arrivai in tempo.
      Così come ricordo il tuo post molto particolareggiato. Non c'è niente da fare, Hardy conquista. Ho pensato di continuare a percorrere la sua produzione. Mi hanno consigliato Via dalla pazza folla (che tu hai apprezzato molto) e Nel bosco. :)

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  5. Letto moltissimi anni fa. Ne conservo un meraviglioso ricordo. Rimembro persino che un collega di università mi anticipò il finale... intendiamoci: sapevo cosa sarebbe successo, ma non sapevo dove.

    Tess dei d'Urberville è un capolavoro, ma il mio preferito rimane Nel bosco, che sarà meno potente, ma per me ha un finale geniale e molto realistico.

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    1. In tanti mi stanno parlando di Nel bosco. Beh, dopo le tue parole non resta che essere certi di aggiungerlo alla lunga lista. :)

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  6. Avevo letto "Tess", "Giuda l'oscuro" e "Via dalla pazza folla", senza dubbio il mio preferito. Il romanzo che hai recensito è un capolavoro, non ricordavo però le polemiche che accompagnarono l'uscita del romanzo. Io penso che qualsiasi opera di rottura comporti questo sommovimento nella critica e nel pubblico. E come sai adoro i romanzi ottocenteschi! :)

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    1. Quella postfazione mi ha stupito, anche perché Hardy, diciamolo, non è fra i grandissimi del romanzo vittoriano, o meglio lo è, ma non è annoverato dalla critica nella grande letteratura inglese. Ancora non ne comprendo il motivo, io stessa lo sto scoprendo in veneranda età. :-)
      Bene, pur se non annoverato fra i grandissimi, suscitò questa reazione esacerbata. È evidente che fosse assai noto durante la sua epoca, e da tanti bollato come un autore che spingeva troppo su alcune problematiche sociali. La cronaca parlava di innumerevoli casi come quello narrato in questo romanzo. Donne sedotte e abbandonate al loro destino che potevano macchiarsi di delitti, oppure sceglievano la strada della prostituzione, precipitando in un abisso cui la società borghese guardava con disprezzo. Hardy non fa che restituire dignità a uno di questi possibili casi umani, questo romanzo è come una lente di ingrandimento, scende nella problematica vera e propria e riscatta queste vittime.

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