Incipit: "Un'istitutrice privata non ha un'esistenza", scrisse Charlotte Brontë a sua sorella Emily nell'estate del 1839. La sua datrice di lavoro, la signora Sidgwick, la teneva tutte le sere, prima che si ritirasse nella sua camera da letto, al piano della servitù, a cucire da sola nella stanza adibita alle lezioni. Quando gentiluomini e gentildonne posavano accidentalmente lo sguardo su un'istitutrice, "pareva che fissassero il vuoto", disse la più giovane delle sue sorelle, Anne, che era stata licenziata lo stesso anno dagli Ingham di Blake Hall. Questo vuoto apparente fu lo spazio che le tre ragazze ricavarono per se stesse; lì, protetto dall'oscurità, il carattere crescente di Charlotte Brontë prese forma.
La monumentale biografia curata da Lyndall Gordon che racconta la vita di una delle mie autrici predilette è qualcosa dalla quale si esce con una consapevolezza nuova riguardo al mondo antico e lontano delle sorelle Brontë.
È uno degli errori più comuni di tutti gli appassionati di quel mirabile repertorio letterario inglese del XIX secolo: si leggono i romanzi, i tanti autori (fra cui Brontë, Austin, Dickens, Thackeray, James, Hardy, Trollope, Gaskell, ecc.) emergono come in una luce rarefatta, tendenzialmente romantica.
Mi è già capitato di fare una riflessione sullo svelamento delle condizioni sociali difficili dell'epoca, qui, nascoste dietro i racconti di Jane Austen, percepiti come una giostra di balli, capricci e schermaglie amorose, e invece ritratto di una fatica del vivere tipica delle donne.
Questa biografia accurata e appassionante chiarisce in via definitiva tutto il disagio e la lotta di una donna intelligente, colta, a tratti geniale, nata e vissuta nella brughiera dello Yorkshire.
Se solo conoscessi i miei pensieri, i sogni che mi assorbono, la vivida immaginazione che mi divora e mi fa sentire la società attuale maledettamente insipida, mi compiangeresti o, addirittura, mi disprezzeresti. (Lettere, Charlotte a Ellen Nussey, 10 maggio 1836)
Il percorso di costruzione di Gordon attinge a piene mani all'insieme di notizie giunte fino a noi attraverso un numero stupefacente di lettere, il grande epistolario che Charlotte tenne con le sue amiche più intime, con alcuni eminenti scrittori dell'epoca, con gli editori. Molto utile anche la nota biografia curata da Elisabeth Gaskell, nota scrittrice dell'epoca, che fu amica ed estimatrice di Charlotte Brontë.
Il primo volumetto di racconti, scritto da una Charlotte bambina |
Mentre le vite delle altre due celebri sorelle, Emily ed Anne, restano su uno sfondo di riservatezza, ma semplicemente perché non furono aperte e socievoli come la sorella maggiore, di Charlotte possiamo seguire ogni passo, ogni mutamento, ogni evento minore o di grande importanza.
Entrare in questo racconto significa anche avere un quadro di tanti usi e abitudini dell'epoca, di ciò che era conveniente o sconveniente, di come il comportamento di una donna fosse sottoposto a una lunga serie di codici e divieti, ma soprattutto si coglie la fatica di emergere per una donna intelligente.
Riguardo alla Charlotte scrittrice di talento e di successo, la biografia svela che il mondo narrato nei grandi suoi libri non è che la trasposizione in materia romanzesca di una vita vissuta. Vediamo come.
Devo dunque trascorrere la miglior parte della mia vita in questa penosa schiavitù, costretta a reprimere la rabbia che suscitano in me la pigrizia, la passività e la scioccaggine iperbolica, ben superiore di quella dell'asino, di queste teste senza cervello e assumere controvoglia un'aria di bontà, di pazienza e di premura? (Nota trovata su un frammento di carta, datata agli anni in cui lavorò come insegnante... come darle torto?)
Una vita che diventa materia d'arte.
Charlotte Brontë (1816 -1855) nell'unica fotografia che la ritrae |
La famiglia Brontë è dapprima numerosa. Charlotte è la terza di sei figli, ma anche la sola destinata a sopravvivere assieme al padre, il curato irlandese Patrick Brontë. La madre e le prime due figlie, Maria ed Elisabeth, muoiono fra 1821 e il 1825.
Ciò che uccide le due sorelle maggiori è uno dei problemi più gravi dell'Inghilterra di inizio secolo: le pessime condizioni in cui vivono le allieve dei collegi femminili, nei quali scarseggiano cibo e igiene, porta molte ad ammalarsi di tifo, una malattia spesso fatale.
Maria in particolare viene ricordata da Charlotte come una bambina illuminata da una fede intensa, predisposta al sacrificio di sé, paziente e buona.
La sua morte segna profondamente Charlotte, che ne rievoca la figura e le movenze nello straordinario personaggio di Helen Burns in Jane Eyre.
Non solo, la scuola in cui perdono la salute le prime due sorelle e poi le altre due minori, è descritta perfettamente nel collegio femminile in cui la protagonista vive parte dell'infanzia e dell'adolescenza.
Charlotte scrive tre romanzi diventati celebri: Jane Eyre, Shirley, Villette.
Il primo le regala fin da subito una grandissima notorietà, sebbene venga pubblicato sotto lo pseudonimo di Currer Bell. Charlotte, Emily (Ellis Bell) e Anne (Acton Bell) anzi pubblicano i loro romanzi maggiori nello stesso anno, il 1847, l'anno fatale dei tre "scrittori/scrittrici", di cui non si riesce a individuare il genere. Jane Eyre, Cime tempestose e Agnes Grey vengono anzi per un periodo attribuiti allo stesso autore, ragion per cui le tre sorelle si recheranno a Londra per chiarire la cosa con l'editore, George Smith (uomo destinato a diventare importante nel percorso di vita di Charlotte).
Se Jane Eyre è il primo grande romanzo di Charlotte, scopriamo che esso è come l'approdo da un lungo viaggio fatto di percorsi immaginativi fervidi, condivisi col fratello Branwell in particolare e in parte con le sorelle minori. Con il fratello, l'unico maschio, Charlotte ha una certa affinità "scrittoria", inventa una sorta di saga, Angria, nella quale brulicano personaggi e vicende avventurose, e dalla quale Charlotte si allontanerà negli anni maturi, per andare verso il grande romanzo realista.
Anne, Emily e Charlotte ritratte da Branwell |
Di lì a poco, anche Anne morirà della stessa consunzione, mentre Charlotte resterà sola ad accudire suo padre, in una casa in cui l'antico fervore chiassoso dei piccoli Brontë cede il passo a un silenzio terribile, scandito da una pendola e dai passi notturni di Charlotte, incline a un ricordo struggente di tutti coloro che sono passati "a miglior vita".
Charlotte, però, non si limiterà a una vita da reclusa, ma alternerà lunghi periodi di solitudine a viaggi e nuove conoscenze, rispondendo a un'attitudine tutta propria.
L'amore nella vita di Charlotte Brontë.
Non avrei immaginato che Charlotte avesse rifiutato molte proposte di matrimonio, eppure fu così.
Tendiamo a pensare a queste grandi autrici come a donne dedite a vite solitarie, poco attraenti, invece Charlotte fu molto desiderata, ma anche altrettanto respinta.
Si innamorò di due uomini, il professore belga Constantin Heger, che fu per lei un mentore, e George Smith, editore della Smith, Elder.
Heger rappresenta il grande passo avanti di Charlotte nella scrittura, la sua vera consapevolezza di scrittrice, poiché la spinse a perfezionarne l'arte fino allo stremo. Si tratta degli anni trascorsi presso lo studentato di Bruxelles, dove per un periodo visse assieme a Emily. Charlotte fu attratta dall'uomo colto e raffinato conoscitore del linguaggio, col quale strinse un'amicizia profonda e instaurò uno scambio epistolare prolifico.
Da studentessa, divenne insegnante della sua scuola, fino a quando i suoi sentimenti per lui, uomo sposato e fedele, non la costrinsero a un addio definitivo e a un ritorno in patria.
Charlotte descrisse la sua esperienza nel romanzo Il professore, che fu pubblicato postumo.
George Smith fu l'amico e l'editore dei suoi romanzi, l'uomo dal quale fu attratta per l'acume e la brillante ironia, altro ideale di uomo per lei irraggiungibile. Di diversi anni maggiore e non dotata di una posizione adeguata per un giovane editore in carriera, Charlotte visse felicemente gli anni in cui frequentò la famiglia Smith a Londra, fino a quando George si allontanò per sposare una giovane e attraente ragazza approvata da sua madre.
L'esperienza vissuta con Heger e Smith viene trasposta in materia di romanzo anche in Villette, nel quale i due ritratti maschili corrispondono ad altrettanti personaggi con i quali la protagonista, Lucy Snowe, si confronta e dai quali prende le distanze. Il romanzo, che appartiene all'eta più matura dell'autrice, è anche il racconto della percezione del matrimonio per una giovane insegnante d'epoca vittoriana.
Arthur Bell Nicholls (1819 - 1906) |
Charlotte fu una moglie devota e paziente, si sentì legata a lui da sincero affetto, ma avvertì anche il tentativo di esercitare su di lei una certa supremazia, come era uso dell'epoca e lo aveva confidato alle sue amiche più intime.
L'unione con Arthur durò pochi mesi. Charlotte morì improvvisamente, incinta, per una letale infezione del tratto digestivo, che aveva ucciso poco prima la sua governante.
Nicholls fu l'erede di tutto il patrimonio letterario e privato di Charlotte. Si oppose strenuamente alla pubblicazione della biografia scritta da Elisabeth Gaskell, alla quale rifiutò più volte la consegna di molte delle lettere di sua moglie. Difese caparbiamente l'immagine di Charlotte, che era già pubblica in vita e divenne leggenda in morte.
Charlotte Brontë è uno dei più alti esempi donna colta in un'epoca in cui essere donne e per giunta istruite e di carattere rappresentava una difficoltà insormontabile. Una lotta assidua e sfiancante.
Dopo aver sospirato dinanzi a intrecci appassionanti come quelli narrati in Jane Eyre, che resta il capolavoro di questa straordinaria scrittrice, ricordiamo pure che molte donne sottrassero il romanzo alle proprie figlie, ritenendolo sconveniente e scandaloso (fino almeno al 1880 fu vietato in diversi ambienti) e che Charlotte fu definita "poco signorile", evitata e bollata come una donna da non frequentare.
L'erotismo represso in Charlotte e divenuto materia d'arte nel suo romanzo maggiore, fu ritenuto pornografia per diversi anni dopo la pubblicazione e il grande successo di vendite del libro.
Questo dà la misura esatta del peso esercitato sul diritto alla libertà di ogni donna dotata di cervello in un'epoca che ci pare così affascinante e che invece celava gravi retroscena.
Se Charlotte avvertì la propria epoca come una lunga serie di battaglie per l'autodeterminazione, è altrettanto degno di nota che uno scrittore come Thackeray espresse stima e riconoscenza verso questa donna così ineffabile, per altro, non del tutto ricambiata.
Charlotte fu invitata a una cena da Thackeray il 12 giugno 1850, dove ebbe modo di guardare da vicino uno degli autori più mitizzati e celebrati dell'epoca, e ne rimase assai delusa.
Dickens invece si rifiutò di leggere il tanto osannato Jane Eyre e non mostrò interesse alcuno nell'incontrare di persona l'ormai famosa Charlotte Brontë. Due eminenti scrittori della letteratura inglese vittoriana e due atteggiamenti differenti nel percepire la grandezza di questa autrice.
Il Brontë Parsonage Museum ad Haworth |
Oggi, ad Haworth nello Yorkshire, la casa/canonica nella quale i Brontë trascorsero gran parte della loro vita è diventata un museo che custodisce alcuni tesori importanti.
Ogni anno è meta di un pellegrinaggio di appassionati che arriva fino a 2000 visite al giorno nei mesi estivi. Il secondo luogo più visitato in Inghilterra dopo la città natale di Shakespeare. Arrivarci è difficile, disagevole. È un autentico pellegrinaggio fatto di cambi di treno, lunghe attese sulle banchine, autobus e taxi.
Lo immagino come un lungo cammino alla fine del quale giungi in luoghi che parlano di una storia antica e travolgente, del genio di una donna, della sua battaglia per la vita, di ispirazione e immaginazione. Insomma, un viaggio che voglio fare.
Per ogni altra curiosità navigate nel sito: https://www.bronte.org.uk/
Avete letto i romanzi di Charlotte Brontë? Potete annoverarvi fra gli estimatori di questa epopea?
E' una scrittrice che ha fatto storia in un mondo difficile per le donne come quello in cui ha vissuto, ma è riuscita a segnare la sua epoca in modo profondo. Nell'epoca Vittoriana, con tutto quello che ha significato un'epoca anche molto moralista, ha fatto risaltare innanzitutto la libertà di pensiero delle donne e le sue sorelle non erano da meno.
RispondiEliminaBel post e bello anche il link che hai segnalato.
Un salutone
Straordinarie Brontë. Su tutte, Charlotte mi è sempre parsa la più matura, la più sensibile con il merito di essere più aderente al mondo, rispetto ad Emily e ad Anne. Grazie per avere apprezzato. :)
EliminaIn tutta sincerità, ho trovato Cime tempestose, quando non più di dieci anni fa l'ho letto( una lettura non adolescenziale, dunque ), molto datato e i personaggi abbastanza privi di sfumature, mentre Jane Eyre ha una sua freschezza, quindi preferisco decisamente a Emily, Charlotte. E' facile entrare nel modo di sentire di un personaggio come Jane forse perché è un'osservatrice acuta e esercita un certo dominio sulle situazioni, pur nell'apparente mitezza e riservatezza.
RispondiEliminaNon mi stupisce, perché fece lo stesso effetto a me, che lo lessi invece durante gli anni adolescenziali. O meglio, Cime tempestose mi piacque abbastanza, ma quando "incontrai" Jane Eyre, fu tutta un'altra musica...
EliminaJane Eyre è il ritratto della stessa Charlotte. Così come tanto di Charlotte c'è ne Il professore. Come se avesse creato delle "autobiografie menzognere", come si definiscono oggi certi libri.
Di Charlotte ho letto soltanto "Jane Eyre", ma la protagonista è sempre stata la mia eroina per la forza di carattere che oppone rispetto alle angherie subite nell'infanzia e per la ricerca della propria indipendenza anche nei confronti dell'uomo che ama. Ho avuto occasione di rileggere alcuni passaggi proprio durante la lavorazione della letteratura inglese, e la prosa è squisita, i ritratti psicologici molto profondi, le ambientazioni perfette. Personalmente amo molto anche il genere gotico, e il mistero che si annida sempre nelle dimore e nei castelli inglesi! Mi piace molto anche "Cime tempestose", anche se a tratti lo trovo spigoloso nella prosa e nella trama. Però è senza ombra di dubbio un capolavoro.
RispondiEliminaIncredibile un simile fiorire di scrittrici nella stessa famiglia. Mi chiedo sempre quanti talenti sprecati siano vissuti nell'Inghilterra vittoriana in particolare, e nell'Europa in generale...
La prosa di Charlotte è il suo punto di forza. Credo che sia anzi qualcosa che neppure Emily, pur tanto osannata, è riuscita lontanamente a eguagliare. Concordo sull'aspetto "gotico", caro a tutte le sorelle, in Jane Eyre però adoperato con un occhio attento verso il realismo. Mentre Cime tempestose diventa una sorta di poema epico immaginifico, Jane Eyre conserva il suo realismo anche in quelle parti più "romanzate" della trama.
EliminaDici bene, talenti puri e sotto molto aspetti sprecati, e chissà quanti di questi sono rimasti sepolti fra sconosciuti di cui non sapremo mai nulla.
A quel museo ci arriverei anche a piedi, se è per quello!!
RispondiEliminaSpecie ora, significherebbe tornare alla serenità, a viaggiare senza affanni.
Ho letto "Jane Eyre", ho visto le varie trasposizioni cinematografiche ma la mia preferita resta quella di Zeffirelli del 1996 (anche se Michael Fassbender è un miglior Signor Rochester). Ho letto anche "Cime tempestose" ma non mi ha lasciato lo stesso piacere dell'altro romanzo. Non mi pare di aver letto altro delle sorelle Bronte, che ricordi. Ho visto qualche pezzo di documentario una volta sulla loro vita, ma più dal punto di vista della scrittura, non della vita privata. Non sapevo ad esempio che Charlotte fosse morta incinta (anche gravidanza e parto non erano una passeggiata, essere incinte non era del tutto una gioia, significava rischiare la vita). Comunque, anche a leggere Hardy c'è gran poco di romantico per la donna di quell'epoca. Passi per il lieto fine, più razionale che romantico, di Via dalla pazza folla, ma quella di Tess dei d'Urberville è tragedia pura, la vita di una giovane donna rovinata per una colpa subìta, usata e abusata da una società meschina e ipocrita.
Mi stupisce che milioni di lettrici (in particolare il pubblico femminile, quindi) non colgano quello che hai descritto bene. In poche si soffermano su quello che vado descrivendo nei post dedicati a queste storie e autrici senza tempo. In quella epoca la donna stava malissimo, diamine. Ed è vero, ci piacciono questi intrecci, ci restano impressi certi protagonisti, ma queste scrittrici dietro le trame raccontano un dramma tutto femminile. Una posizione difficile, discutibile, vite al limite. Fin a quando si considera lo stato sociale della servitù, va bene, ma se pensiamo ai doveri delle donne di un certo ceto borghese, capiamo che allora gli obblighi e la mancanza di diritti investivano tutte.
EliminaHo letto Tess dei d'Urberville qualche settimana fa, il post è pronto. :)
Leggendo questo tuo splendido post mi sento in colpa per non aver ancora letto nulla delle Bronte. Dovrò recuperare. Peraltro non conoscevo le loro peripezie, oltre alla vita da donne trasparenti il dramma famigliare mi era ignoto e mi ha riportato indietro di secoli quando le condizioni materiali delle donne in particolare erano così drammatiche da provocarne la morte. Siamo sempre lì, chine in un angolo buio, costrette a fingere pazienza e interesse, vittime sociali? Eppure Emily ci insegna che può giungere il riscatto. E parte da ciò che abbiamo dentro. Da tutto il valore che abbiamo dentro. La scrittura è solo uno dei tanti modi per tirarlo fuori.
RispondiEliminaUn abbraccio
Charlotte ce lo insegna. Emily fu una donna molto schiva, legatissima a suo fratello, morì poco dopo di lui. Emily soffrì tantissimo quando lei e Charlotte andarono in Belgio a studiare. Mentre Charlotte voleva vedere il mondo, Emily se ne stava volentieri chiusa nella loro casa immersa nella brughiera.
EliminaDevi leggere assolutamente almeno Jane Eyre! :)
Di Charlotte Brontë ho letto Jane Eyre, che mi piacque assai. Sono d'accordo con te sul fatto che si trattò di un tentativo da parte sua di affermare le proprie aspirazioni come donna e scrittrice, sicuramente molto avanti per l'epoca (e credo che molto del suo fascino dipenda da questo elemento).
RispondiEliminaHelen Burns è stato uno dei personaggi che meno sono riuscito a sopportare.
Non sapevo di questa storia su Dickens ma non mi stupisce.
In qualche documentario avevo sentito che secondo molti critici la donna rinchiusa in soffitta (per non fare anticipazioni sul romanzo di Jane Eyre) rappresenterebbe la visione razzista delle Bronte (e dell’Inghilterra in generale) sulle persone di colore e in particolare dei meticci.
Non mi stupisce una loro visione "razzista", del tutto consueta all'epoca. O meglio, vivendo nel ristretto mondo di una canonica, uscendone raramente, avendo un ristretto giro di conoscenze, pur leggendo molti libri (e all'epoca non si parlava di diritti umani e si ignoravano i tanti problemi di molti popoli vessati), erano tutti naturalmente portati verso un certo "distacco", una distanza da chi avvertivano come "diverso". Non traspare però un vero e proprio disprezzo, quanto una diffidenza.
EliminaSono totalmente d'accordo con il tuo discorso.
EliminaSì, Jane Eyre è il capolavoro letto a tredici anni insieme a “orgoglio e Pregiudizio” della Austen. Poi, molto dopo ho letto “Cime tempestose” di Emily, che, devo dire, mi piacque di più e ho riletto recentemente (mi sa che voglio rileggere anche Jane Eyre). Quanto erano belle le storie delle sorelle Bronte e ciò che le rende ancora più affascinanti sono proprio questi preziosi contributi tratti dalla vita vera: a me piace scoprire i retroscena, ciò che è stato d’ispirazione per un autrice/tore, quali persone reali sono divenute personaggi nella finzione letteraria. Il fascino aumenta se penso che davvero, a quell’epoca, riuscire a scrivere e pubblicare un libro era un sogno formulato per due volte, tant’è che dovettero, tutte tre le sorelle, usare degli pseudonimi al maschile per riuscire a superare almeno uno degli ostacoli, il più importante. E che vite sofferte!
RispondiEliminaPerò, vedi che str*** Dickens!
Questa è una lettura che voglio segnarmi.
Se hai letto Jane Eyre a 13 anni non hai potuto apprezzarlo come potresti fare adesso, cara Marina. Ti apparirà completamente diverso e per il capolavoro che è.
EliminaVite sofferte, una lotta per l'autodeterminazione, la prova che il talento e l'intelligenza, se al femminile, non trovavano spazio all'epoca se non in rarissime eccezioni. Ma adesso è del tutto ribaltato il problema? Parrebbe di no...
Jane Eyre avevo visto il film a liceo.
RispondiEliminaHo letto tempo fa alcuni racconti autobiografici di Roald Dahl. Inutile dire che anche negli anni '20 i collegi inglesi non erano cambiati di molto dai tempi della Bronte, a parte le migliori condizioni igieniche. La parola nonnismo era praticamente scritta a caratteri cubitali, e gli allievi più giovani erano costretti a pratiche vessatorie e abusi fisici continui da parte dei più anziani.
I collegi femminili d'epoca vittoriana erano caratterizzati in particolare per la mancanza di cure, di cibo adeguato e di abitudini sane. Queste bambine, poiché non appartenenti all'alta borghesia o meglio alla nobiltà, non potevano accedere a scuole di livello. L'educazione dei bambini poi, a prescindere, non era tenuta in gran conto e i metodi vessatori e punitivi del personale interno erano a dir poco da denuncia. Si resta basiti a pensare che fosse tutto così grave e trascurato.
EliminaQuando sospiriamo su un periodo storico, è quasi certo che lo stiamo idealizzando a sproposito. La figura di Charlotte è affascinante nella sua intensità. Non posso immaginare quale frustrazione potesse essere per lei vivere nella società del suo tempo.
RispondiEliminaSì, proprio questo deve avere provato: frustrazione.
EliminaQuesto è un mondo totalmente travisato, è un mondo in cui per le donne c'era un destino già scritto e definito.
Non avevo idea che Charlotte avesse amato anche George Smith.
RispondiEliminaLungi da me addolcire l'esistenza delle sorelle Brontë, ma, considerato il padre di origine irlandese e la sua posizione nello Yorkshire, Charlotte, Anne e Emily furono relativamente fortunate ad avere la possibilità di muoversi al di fuori della canonica, persino di andare all'estero.
Certamente furono ben più fortunate delle prime due figlie, che invece vissero forse un periodo più rigido in famiglia. C'è da dire che dopo la morte della moglie, Patrick Brontë si lasciò guidare dal buonsenso di Charlotte, e anzi desiderò fino alla fine che non prendesse marito. Approvò la scelta di farle andare all'estero, questo fu significativo...
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