Incipit: Quando si svegliava in mezzo ai boschi nel buio e nel freddo della notte, allungava una mano per toccare il bambino che gli dormiva accanto. Notti più buie del buio e giorni uno più grigio di quello appena passato. Come l'inizio di un freddo glaucoma che offuscava il mondo. La sua mano si alzava e si abbassava a ogni prezioso respiro. Si tolse di dosso il telo di plastica, si tirò su avvolto nei vestiti e nelle coperte puzzolenti e guardò verso est in cerca di luce ma non ce n'era.
Ho realizzato il desiderio di leggere questo romanzo - vincitore del Premio Pulitzer nel 2007 - adocchiato da molto tempo, e l'ho concluso in lacrime. Su come un autore possa portare il lettore al pianto si potrebbero spendere molte parole.
Per me è un mistero fatto di intreccio, linguaggio, intenti.
Questa storia straziante è narrata con una sottile lucidità, sobriamente, ciò fa di McCarthy senza dubbio uno dei migliori autori oggi.
La strada è anzitutto un percorso, la lotta strenua per la sopravvivenza, i piedi che si spingono l'uno dinanzi all'altro, la pelle scorticata in scarpe disintegrate, spesso sostituite da buste di plastica legate a pezzi di cartone. È un percorso mai regolare, è lo spazio in cui la civiltà ha lasciato il posto a immani rovine, all'abbandono, all'apocalisse di un orizzonte in cui non ci sono colori né mai sembra sorgere il sorgere.
Gli animali non ci sono più, sono morti o fuggiti chissà dove, molti sono stati divorati.
La luce è grigia, molle, sfatta, malata, le cose hanno perso i loro colori, perfino i corpi sono tutti uguali, esseri laceri che vagano guardinghi, in cerca di cibo, in cerca di vestiti. In cerca di un riparo.
Sono tutti in movimento, fermarsi significa morire, di fame o uccisi, oppure di freddo.
Per le strade i pellegrini sprofondavano, cadevano e morivano e la terra avvolta nel suo lugubre velo continuava ad arrancare intorno al sole, ignota e smarrita come qualsiasi altro pianeta sconosciuto nella remota oscurità circostante.
La terra e tutto quello che contiene non ha nome. Neppure i due protagonisti di questo viaggio attraverso l'inferno di un mondo in disfacimento. Lui è l'uomo, suo figlio è il bambino.
L'apocalisse dell'uomo e del bambino non ha ragioni precise. Semplicemente un mattino il mondo ha smesso di "funzionare", qualcosa lo ha devastato irreversibilmente. Un ordigno distruttivo? Un improvviso cambiamento climatico? Non è dato saperlo.
Si sa che i terremoti sono continui, che gli alberi avvizziti e senza vita stramazzano al suolo da soli. Gli incendi brillano sull'orizzonte, le case sono abbandonate, tutte portano i segni di un saccheggio. Il denaro non ha più valore, le chiavi non servono. Fame e freddo sono ciò contro cui la lotta quotidiana è senza fine. E poi ci sono loro, esseri che di umano non hanno più nulla perché sono disposti a uccidere e mangiare i propri simili. Il cammino quindi è anche una fuga.
Uscì fuori nella luce livida, rimase lì in piedi e per un attimo vide l'assoluta verità del mondo. Il moto gelido e spietato della terra morta senza testamento. L'oscurità implacabile. I cani del sole nella loro corsa cieca. Il vuoto nero e schiacciante dell'universo. E da qualche parte due animali braccati che tremavano come volpacchiotti nella tana. Un tempo e un mondo presi in prestito e occhi presi in prestito con cui piangerli.
L'uomo è un padre e suo figlio è un bambino che non ha memoria alcuna di come il mondo dovesse essere prima dell'apocalisse. Lui è nato a pochi giorni dall'inizio della fine. Il crescendo di disperazione ha portato sua madre ad abbandonarli e andare a morire da qualche parte.
Cormac McCarthy |
Il padre trova nel figlio la ragione della lotta, è per eccellenza IL padre che protegge, nutre e riscalda. Le sue mansioni sono primarie, primitive, e da questo obiettivo l'uomo trae nutrimento.
Il bambino guarda a questo mondo devastato provandone orrore e paura, ma conserva gelosamente in sé il senso di una solidarietà che il padre ha perso da tempo. Ha la purezza dell'innocenza e la forza di guardare all'altro, a tutti gli uomini in cui si imbattono che non vogliono fare del male a nessuno, come a esseri umani bisognosi con cui condividere il poco.
Di contro, altri uomini invece hanno creato allevamenti umani, chiusi in botole e pronti a offrire carne per nutrirli in una fame implacabile, che genera male e violenza.
Il viaggio è la speranza, la costa, il mare ingrigito da coltri di cenere è l'immenso dinanzi al quale padre e figlio immaginano un'altra costa e altri due come loro, spinti dalla stessa sete di vita.
Lo sconforto dell'uomo, che porta su di sé una stanchezza fisica immensa e una malattia che incalza inesorabilmente, si placa talvolta dinanzi a una visione di suo figlio come un semidio, o l'ultimo degli dei, l'anima pura della speranza, la vita che si fa strada malgrado su tutto gravi un senso di morte.
Suo figlio è però anche fragile e bisognoso di protezione, non può proteggerlo dalla cruda realtà e dallo spettacolo d'orrore che sovente si para dinanzi, ma può strapparlo a un destino terribile, almeno finché lui avrà vita.
L'uomo si voltò a guardarlo. Era completamente assorto. Gli sembrò un orfanello triste e solitario che annuncia l'arrivo di uno spettacolo itinerante in una contea o in un villaggio, senza sapere che dietro di lui gli attori sono stati portati via dai lupi.
La strada è una missione, dona un senso a due vite senza una meta precisa, rispondendo a un bisogno di sopravvivenza ma anche alla necessità di darsi un obiettivo, fregiandosi di una specie di "titolo" che serve a dare sostegno e senso alla missione: loro due sono i buoni, portano il fuoco.
Un'immagine dal film del 2009, tratto dal romanzo |
Qualcosa fa pensare per buona parte del romanzo: sembra non succedere nulla, sembra ci sia qualcosa di ripetitivo. Ma lì sta il genio dell'autore. Le giornate dell'uomo e del bambino si ripetono secondo un ritmo ciclico, un cinque tempi scandito a pause regolari. Cammino/sosta/ricognizione/incontro/riposo.
Il lettore entra in quella scansione e di volta in volta lo scenario è simile al precedente o un evento si frappone per un breve segmento. Poi si ricomincia.
È come il battito irregolare dell'uomo che si sta spegnendo, come il tempo che scorre eppure sembra immutato e immutabile. In altre parole, un racconto perfetto.
Il film tratto dal più celebre romanzo di McCarthy ne è una trasposizione abbastanza fedele. Viggo Mortensen nel ruolo del padre ha lo sguardo giusto e l'espressione attonita e struggente dell'uomo/padre che deve consegnare alla speranza una creatura innocente, una parte di se stesso.
Merita, ma non ha la bellezza del libro, come del resto accade sempre.
Qui la parte iniziale:
Mi fermo qui, consigliandovi di non perdere questa esperienza di lettura.
Conoscevate questa storia? Cosa pensate dei romanzi "distopici"?
Che romanzo. Mi ha fatto piacere leggerlo in inglese per apprezzare meglio lo stile. Non c'è film che possa renderne la potenza, ma mi sembra che Viggo Mortensen sia azzeccato nel ruolo del padre. Anch'io l'ho terminato con il fazzoletto in mano...
RispondiEliminaVorrei anch'io poterlo leggere in lingua originale, per quanto credo che la traduzione sia ottimamente riuscita.
EliminaUno dei più grandi scrittori viventi.
RispondiEliminaConcordo. Sto terminando la Trilogia della frontiera, in cui lo conferma pienamente.
EliminaIl romanzo supera tutto, lo scrittore è di quelli che lasciano sempre una traccia, ma direi che anche il film è a suo modo un capolavoro. Viggo Mortensen ha già più volte dimostrato di essere un grande attore però anche gli altri attori del film sono bravi.
RispondiEliminaUn bel post come spesso leggo quando passo di qui
Un salutone
Ho rivisto il film dopo aver finito il libro e vi ho trovato il gusto amaro di restarne vagamente delusi. Senz'altro una buona trasposizione, in particolare per il cast e la fotografia, ma ancora una volta sei certo il cinema non possa restituire appieno una narrazione, semmai reinterpretarla.
EliminaGrazie come sempre per l'apprezzamento. :)
Dunque, parlando in generale a me la distopia piace molto, come apprezzo molto il post-apocalittico e direi che "La Strada" rientra benissimo in entrambi i generi. Li apprezzo perchè mostrano "cosa succederebbe se..."
RispondiEliminaPer quanto riguarda al romanzo in sè stesso rappresenta un vero e proprio pugno nello stomaco, qualcosa che non ho dimenticato facilmente. Le pagine sui cannibali in particolare sono di una tristezza unica.
Una flebile speranza rimane però e proviene dal bambino che non a caso il padre vede sempre più come una figura angelicata.
Ciao.
Un punto cui mi fai pensare. Non c'è una vera risoluzione finale. C'è solo il racconto della speranza, e questa "deificazione" dell'innocenza infantile. Al di là della trama, aver saputo inserire questi aspetti è davvero da grandi scrittori.
EliminaNon l’ho letto, ma ne sento parlare tanto e mai con una critica negativa. È strano che lo dica, ma ho letto qualche distopico e non mi è dispiaciuto. Quindi, tra i classici che ho intenzione di recuperare, inserirò anche questo: sei stata molto convincente, come sempre. 😉
RispondiEliminaCara Marina, il punto è che i distopici spesso sono un genere prescelto da chi non sa realmente narrare queste atmosfere. Qui c'è, indubbiamente, una distopia, ma neppure te ne accorgi. Nessun dettaglio diventa banale, già sentito, già percorso. McCarthy ha un talento a più livelli perché riesce a immergerti in una realtà (sto terminando la Trilogia della frontiera e lì succede la stessa cosa) senza però sposare una che sia una di quelle scelte e cliché appartenuti ad altri. Ti porta in una dimensione senza realmente seguire un filo narrativo convenzionale, piuttosto lavoro a campiture, pennellate, con una scrittura in cui scardina i canoni strutturali convenzionali. Insomma, un po' come il Cecità di Saramago, ma lì tutto questo è estremizzato.
EliminaNon ho letto questo romanzo distopico ma la tua recensione appassionata mi convince a farlo. Bellissima la metafora del glaucoma per definire il buio e la cecità, nella forza mi ha molto ricordato Saramago, che adoro. Devo ammettere che ho una grande passione per i film distopici ma questo mi era completamente sfuggito. Il breve trailer che hai condiviso mi mette angoscia, il tema del cannibalismo è drammatico ma anche l'idea degli allevamenti umani mi sconvolge, Forse perché è più che plausibile. Insomma, non so se mi metterei a leggerlo adesso, ma magari più in là, quando questa pandemia sarà finita e con essa tutto il dolore, lo leggerò. I vostri commenti sembrano proprio suggerirlo...
RispondiEliminaHai ragione a non volerlo leggere se non lo senti al momento nelle tue corde. Perché sono libri che sconvolgono, senza ombra di dubbio. Il fatto che riesca a suscitare la compassione, fino alle lacrime, dice tutto.
EliminaNe ho sentito parlare moltissimo anch'io ma non l'ho ancora letto.
RispondiEliminaGrazie Luz per questa tua recensione interessante e attenta!!!
Grazie a te per averla apprezzata!
EliminaDavvero lieta di aver letto questo post. Come è come non è, in pochi si soffermano davvero della trama e dell'ambientzione de La strada quando ne scrivono o ne parlano e mi ero fatta un'idea diversa.
RispondiEliminaDeve essere stata una lettura di grandissimo impatto. Non so quando e se arriverà il momento di leggere questo libro, ma grazie per avermelo fatto conoscere un po' di più.
Grazie a te per avere apprezzato questa recensione, con cui ho cercato di rendere le atmosfere di questa storia.
EliminaQuesto in particolare non l'ho letto, ma di romanzi e racconti distopici ne ho letto diversi. Uno che gli si può avvicinare è certamente L'ombra dello scorpione di Stephen King, e poi Deus Irae di P.K. Dick.
RispondiEliminaQuesto sottogenere della fantascienza catastrofica andava più di moda negli anni '50-'60 in piena guerra fredda e minaccia di conflitto atomico. E' stata anche una scelta particolare il riprenderlo.
C'è stato negli anni Novanta in particolare un revival del genere in particolare in ambito cinematografico, man mano che ci si avvicinava al nuovo millennio. Il genere distopico e catastrofico trovò un suo periodo fervidissimo.
EliminaNon ho letto questo libro, ma mi attira anche se forse leggerlo adesso mi angoscerebbe un po’. Del resto sto già leggendo 1984 di Orwell e non so se avrò voglia dopo di leggere un altro romanzo distopico.
RispondiEliminaCome scrivevo in un mio post intitolato La nostra realtà è fantascienza credo che i romanzi distopici anticipino la realtà magari non del tutto (e lo spero) ma spesso sì...
Qui oltre alla distopia c'è il dramma di un uomo-padre che cerca di donare vita al figlio. Insomma un tema che a mio parere va oltre il genere in sé.
EliminaNon conoscevo questo romanzo, anche se Cormac McCarthy l'ho sentito spesso nominare da chi legge fantascienza, distopie, ucronie. Dalla tua presentazione direi che è uno di quelli che "leggo al contrario": prima guardo il film (con Viggo Mortensen poi, e chi resiste?!) e se non finisco nascosta dietro al divano, allora posso affrontare il romanzo! XD
RispondiEliminaPerché più la trama catastrofica è vicina e possibile ai nostri giorni, anche quando non ti spiegano le ragioni meccanico-fisiche, e meno sono disposta a lasciarmi traviare dalla storia. Poi ho comunque guardato Interstellar tre volte, nonostante il catastrofismo iniziale e la musica ansiogena per tutto il film. Qui c'è pure il cannibalismo... Mi fanno meno paura gli orchi della Terra di Mezzo, guarda!
Tu non puoi perderti questa storia, e sì, sarebbe anche un'ottima idea partire dal film (quel Mortensen, sempre perfetto in ogni ruolo). :)
Eliminaè uno degli autori più chiaroveggenti in circolazione: pochi come lui hanno compreso il tempo che ci aspetta; la sua particolarità è che non offre soluzioni, lascia che emergano alla coscienza di ciascuno (emblematico Sunset limited).
RispondiEliminap.s. ho letto recentemente un autentico capolavoro, anche se di altro genere, "Viaggio nella vertigine" di Evgenija Ginzburg (edizione Dalai). Uno dei più belli mai letti.
Ho cercato di parlarne qui: https://lucesepolta.blogspot.com/2020/12/viaggio-nella-vertigine.html
Grazie per la segnalazione, Luigi. Leggerò volentieri il post. :)
EliminaUn romanzo straordinario. Non riesco neppure a consideralo una distopia. McCarthy suscita talmente tante riflessioni con la sua narrativa che diventano un qualcosa di tremendamente personale per chi se le trova addosso sia che si tratti di western moderni sia che si tratti di un'apocalisse come in questo caso
RispondiEliminaÈ vero, in fondo "distopico" è una definizione in questo caso molto riduttiva e limitante di ciò che è realmente questo romanzo.
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