Ho terminato la visione di questo documentario con la ferma intenzione di consigliarlo.
Prodotto e trasmesso da Netflix, il racconto in cinque puntate si prefigge di arrivare allo spettatore come un viaggio dettagliato all'interno di una storia che negli anni Ottanta divenne celebre e famigerata, luminosa e oscura. Il taglio documentaristico si sostanzia in una equidistanza fra sostenitori e detrattori, in una lunga serie di racconti e testimonianze che ci pongono dinanzi a una storia straordinaria, che arriva come un pugno allo stomaco.
Cosa sapevo di quel luogo deputato al recupero dei tossicodipendenti? Ben poco. Ricordo che negli anni Ottanta se ne parlava molto, in particolare durante i processi a Vincenzo Muccioli. Non credo di avere mai approfondito seriamente, anche perché le interviste a Muccioli erano in seconda serata, spesso a Mixer di Giovanni Minoli oppure al Costanzo Show.
Ricordo i suoi problemi con la giustizia, i telegiornali che annunciavano notizia delle morti misteriose all'interno della comunità. Ricordo questo personaggio carismatico e beffardo, con l'espressione durissima o paciosa, lingua sciolta e presenza imponente.
Il documentario percorre tutta la storia di Muccioli e San Patrignano, dalle origini al declino.
Per ogni puntata, un titolo profetico: nascita - crescita - fama - declino - caduta.
Un inizio straordinario, uno sviluppo inatteso, una celebrità che diventa a tratti ingestibile, poi la curva verso il basso, per arrivare a quel finale triste e alla sconfitta.
Migliaia di giovani nell'abisso della droga.
Per capire il fenomeno San Patrignano, è necessario capire da cosa fu generato. Dobbiamo andare a ritroso, a metà degli anni Settanta, e osservare la generazione di giovani appartenenti a organizzazioni di destra e sinistra, accomunati dalla volontà di scendere nelle piazze e manifestare il loro pensiero, anche attraverso gravi scontri con le forze dell'ordine.
Sono gli "anni di piombo", quel decennio in cui, a partire dal '68, le manifestazioni giovanili studentesche si fanno forti e prepotenti. Sono gli anni della strage di Piazza Fontana di matrice fascista, gli anni di organizzazioni come Lotta Continua, fino alle Brigate Rosse e a quella frangia terroristica che ha segnato indelebilmente la Storia italiana. Una storia complessa e a tratti inesplicabile, che investe diverse forze politiche eversive e lascia una lunga scia di sangue dietro di sé.
Su questa vasta e stratificata compagine cala la mannaia dell'eroina, dell'uso massiccio di oppiacei, al punto che si parlerà di "generazione scomparsa". L'eroina arriva di colpo in quantità tali da generare larga disponibilità fra i giovani, spesso a prezzi bassi, in un mercato ampio e prolifico per i narcotrafficanti (non fu difficile ipotizzare una collusione fra stato e narcotrafficanti, la volontà di sedare le organizzazioni antigovernative; vedasi Operazione Blue Moon).
Fu una strage silenziosa, il fenomeno di un decennio, dinanzi al quale lo stato non era preparato e di fatto non realizzò programmi di cura. L'opinione pubblica covò un sentimento di disprezzo per le migliaia di giovani persi e senza futuro, i "drogati" erano "delinquenti", "gente finita male" che spesso ingrossava le file nei penitenziari o veniva raccolta esanime nei parchi pubblici.
Nessun programma di recupero, nessun progetto di riabilitazione. Niente di niente.
Difficile mettere insieme la sua storia in poche battute. In sostanza, Muccioli eredita una proprietà non lontano da Rimini e, sentendo vivissimo il problema dalla tossicodipendenza, per carattere e inclinazione coltiva l'idea di creare una comunità per il recupero.
Per farlo, ha bisogno di fondi privati, così trova in Gianmarco Moratti e sua moglie Letizia i finanziatori ideali. Come si saranno conosciuti? Muccioli era appassionato di esoterismo, con tanto di rituali e sedute spiritiche, e probabilmente capitò nella sfera dei Moratti frequentando ambienti affini.
I coniugi Moratti, eredi di un patrimonio miliardario, rappresentano un tassello fondamentale nella storia di San Patrignano, dalle sue origini fino al declino.
Il passo da una piccola comunità che si raccoglie attorno al suo fondatore fino a quella grande realtà di migliaia di giovani e non che diventerà San Patrignano, è breve.
Sono i primi anni Ottanta, Muccioli intuisce alcuni principi fondamentali che permettano agli ospiti in recupero di socializzare, costituire una comunità salda: San Patrignano diventa una comune, una specie di società hippy in cui centinaia di giovani consumano i pasti insieme, sono divisi in camerate, lavorano nella fattoria come allevatori e agricoltori. Funziona tutto molto bene, la proprietà è abbastanza grande per contenere un afflusso sulle prime contenibile fra la nascita e la crescita.
I giovani che bussano alla porta della comunità puntano tutto su quella possibilità per uscire dal tunnel della droga, così come faranno tanti genitori disperati di migliaia di ragazzi e ragazze con i quali non si può convivere, che rubano in casa, sfasciano mobili, rendono la vita familiare un inferno.
Muccioli diventa il salvatore di migliaia di loro, accoglie come può, amplia sempre più la comunità, ricorrendo anche all'abusivismo edilizio per offrire maggiore spazio.
Lo stato resta a guardare. Lascia fare, anzi. Perché Muccioli si prende fra le mura di casa gente che altrimenti andrà a ingrossare le file nelle carceri, il che è tutto dire.
Sembra tutto così giusto, così bello, così meraviglioso, ma...
I lati oscuri di San Patrignano.
Le ombre che si addensano sulla comunità fanno presto a manifestarsi. Nascono dapprima da una serie di denunce, perché c'è chi scappa dalla comunità per andare a raccontare cosa succede lì dentro.
"Vincenzo era molto chiaro sulle regole", dicono nei vari filmati i suoi sostenitori. Sì, regole che il fondatore ritiene ferree e inattaccabili, il mancato rispetto delle quali genera punizioni.
I telegiornali annunciano che ci sono ragazzi e ragazze chiusi in celle e in catene. L'opinione pubblica resta basita, ne scaturiscono mandati di comparizione e il primo dei processi a Muccioli, arrestato assieme ad alcuni fedelissimi. Il collegio della difesa è offerto dai coniugi Moratti, pertanto all'altezza del ruolo. Le testimonianze sono molteplici, così come nei successivi processi, quando il problema in causa non saranno le catene, ma tre suicidi e poi la sparizione di un corpo, che viene ritrovato in Campania, a centinaia di km, praticamente massacrato.
Cosa succede in realtà a San Patrignano? Cosa oltre quelle immagini di una meravigliosa e volitiva comunità che cammina a testa alta accanto al custode di una missione così innegabilmente nobile?
Tra gli anni della fama e quelli del declino si assiste all'ascesa e alla caduta di Muccioli. Ripetutamente processato e assolto il suo fondatore, San Patrignano continua a vivere aprendo le porte ancora e ancora a migliaia di giovani tossicodipendenti, mentre la magistratura cerca di decodificarne il meccanismo.
Quella magistratura che finisce di continuo per imporre la correzione del tiro e poi concede, perché Muccioli è pur sempre un elemento utile, che fa comodo.
Lo svelamento del sistema è il prodotto di indagini, testimonianze, ricerche. Il sistema è verticale, fortemente gerarchizzato. Attorno a Muccioli si raccoglie una ristretta cerchia, i più fedeli, coloro che si sacrificano per lui. Fra questi, Walter Delogu, il suo braccio destro, autista e guardia del corpo, che subirà l'arresto al confine con la Francia, mentre cerca di portare oltre confine borse colme di denaro.
Le testimonianze di Delogu sono fra quelle più preziose di tutto il documentario. Il suo legame anche affettivo con Muccioli traspare con evidenza, ma quest'uomo salvato e poi sfruttato riesce a raccontare a tutto tondo, in maniera ammirevole, la sua lunga e controversa esperienza.
Poi ci sono diversi elementi, due dei quali hanno visto e hanno taciuto, per paura, perché troppo fragili, perché troppo dipendenti dalla comunità, perché l'alternativa sarebbe stata la strada e poi la morte.
Muccioli pretende di gestire casi affetti da turbe psichiche, semplicemente con i suoi metodi coercitivi, pretende di curare i malati di Aids (altra piaga che irrompe in occidente dagli anni Ottanta), continua a imporre regole come il controllo della posta in entrata e uscita, il divieto di rapporti sessuali, il divieto di legami sentimentali, il divieto di esprimere un'opinione sul metodo.
I suoi sgherri più efferati sono quelli che lavorano in macelleria, uno dei quali è l'assassino di Roberto Maranzano, il tossicodipendente massacrato di botte e il cui cadavere viene portato in Campania per depistare le indagini.
L'omicidio Maranzano è il caso più grave fra i tanti casi oscuri. Muccioli dapprima nega di aver saputo, poi riconosce di esserne stato a conoscenza, scaricando tutta la responsabilità sull'omicida. Alcuni testimoni affermano che i metodi dell'assassino erano stati approvati dallo stesso Muccioli, che concedeva carta bianca ad alcuni soggetti particolarmente violenti perché facessero rispettare le regole.
L'immagine di Muccioli si sfoca in una serie di eventi palesi o taciuti che ne incrinano fama e rispettabilità. È un uomo finito, appare stanco e demotivato. Si sottrae alla stampa, si chiude nella sua casa annessa alla comunità, fino al ricovero e poi alla morte, nel settembre del 1995.
Perfino attorno alla morte non ci fu chiarezza. Le cause non furono mai dichiarate, solo comparve un riferimento all'epatite C, mentre ci fu chi sostenne che Muccioli avesse contratto l'Aids.
Perché una storia come questa è così straordinaria?
Il libro di recente uscita sulle ombre di San Patrignano |
L'impatto sociale, di immagine, che seppe creare Vincenzo Muccioli, assieme all'effettivo recupero di migliaia di giovani, è innegabile. E solo questo, forse, dovrebbe indurci a non guardare al resto.
Però non guardare al resto è impossibile. Sanpa fu quello che è stata anche e forse in virtù di quei metodi coercitivi, di quei meccanismi al limite del mafioso a detta di tanti testimoni, di quei lato oscuri in cui è immersa nonostante tutto. L'aspetto inaccettabile è lo strapotere di un uomo che dispose di una comunità di migliaia di persone del tutto liberamente, recusando regole, leggi, perfino buonsenso e a volte la compassione. Un uomo che creò di fatto un microregno in cui esercitò un potere assoluto.
Questa storia dimostra anche le innumerevoli fallacie di uno stato inabile e incompetente, in cui la magistratura al limite istruisce un processo per vederci chiaro e poi più niente, del tutto indifferente dinanzi a una piaga sociale come la tossicodipendenza, che mise in ginocchio migliaia di famiglie.
Nel corso degli anni sono nate centinaia di organizzazioni, associazioni, enti per il recupero. La sanità si è attrezzata, la medicina ha posto la tossicodipendenza fra le sue priorità. Nelle scuole il problema della droga è fra i più discussi e trattati in progetti e dibattiti.
Resta un problema grave, ma il lavoro di costruzione di una visione, dell'educazione alla comprensione della pericolosità delle droghe, è in atto.
San Patrignano oggi è una "comunità di vita" come è riportato nella homepage del suo sito.
Il suo passato resta lì, nell'ombra, per sempre mai del tutto chiarito, contraddittorio e divisivo.
Grazie a tutti coloro che avranno letto questo mio articolo, al quale tenevo in modo particolare.
Cosa pensate di San Patrignano e del suo fondatore?
Cosa ricordate di quegli anni?
Argomento molto spinoso, controverso. Certamente sono in tanti ad essere usciti fuori dal giro della droga ringraziando San Patrignano. Ma ricordo bene che già all'epoca in cui il Patron era vivo si leggevano polemiche e critiche, testimonianze contrarie e in polemica con i sistemi della comunità. Certo hanno fatto da apripista a tante altre associazioni che lavorano in questo settore, e questo è qualcosa per cui ringraziare San Patrignano. Ma per il resto non saprei cosa altro aggiungere.
RispondiEliminaUn salutone
Anch'io penso che nel complesso sia stata un'esperienza che, sebbene con aspetti controversi, ha aperto una stagione nuova e significativa per il recupero dei tossicodipendenti. Vista da fuori, è stata e resta una comunità che ha salvato migliaia di persone, e questo è fuori di dubbio.
EliminaDecisamente difficile esprimersi. All'epoca ricordo che ritenevo Muccioli come quei predicatori tipo "mamma Ebe", uno che aveva messo insieme questa comunità per tornaconto personale, però ci sono anche casi di ex tossicomani che lo hanno ringraziato per averli aiutati a uscire da quella schiavitù... Il classico personaggio estremo, che supera i limiti ed è difficile da giudicare sul piano umano (sul piano giudiziario invece direi che non ci sono mai stati dubbi sui suoi metodi oltre la legalità).
RispondiEliminaForse se non fosse stato anche un personaggio controverso non sarebbe arrivato a fare quello che ha potuto e voluto. Del resto, se fosse stato dietro alle regole e alle leggi allora vigenti, avrebbe potuto realizzare ben poco. È divisivo, come ha detto uno dei giudici, "complesso".
EliminaIl tuo articolo fa luce su qualcosa che mi era scivolato accanto senza che io lo approfondissi, anche per la giovane età, quindi ho apprezzato la possibilità di recuperare ora. Il fine giustifica i mezzi? Alla fine questa è la domanda, cui non trovo una risposta convincente, nel caso di Muccioli. Certo il suo progetto era importante ed è stato d'aiuto. Sugli eccessi non si può essere d'accordo, però può darsi che il bilancio sia comunque positivo.
RispondiEliminaQuello che oggettivamente mi lascia delusa è quel segmento di tempo in cui, a causa di un successo che non si sarebbe potuto prevedere, la comunità perde quel carattere di semplicità e diventa qualcosa di stratificato, gerarchizzato, e per questo di difficile gestione rispondendo ai vecchi metodi. Il metodo Muccioli poteva restare di nicchia, relegato a quel primo processo che gli impedì di usare ancora le catene (almeno si crede) ma dopo la cosa è degenerata, fino a toccare casi di suicidio e morte. Insomma, Sanpa ha attraversato una serie di "vite" fino al gran finale.
EliminaRicordo poco, suppongo per motivi anagrafici, all'epoca delle inchieste facevo le medie e anche se cercavo di stare sul pezzo per quanto riguardava la cronaca, erano problemi troppo distanti da me. Mi rendo conto di conoscere pochissimo la storia italiana degli anni '70 e '80, forse perché in parte inconoscibile, insabbiata, dibattuta, ancora non indagata con rigore. Non ho ancora visto la serie, credo però che lo farò, in un momento meno concitato. La tua recensione mi ha incuriosito molto.
RispondiEliminaSai che anch'io seguendo il documentario ho avuto la netta sensazione di sapere troppo poco della politica e dell'attualità anni '70? Di quegli "anni di piombo" che poi erano gli ultimi capitoli dei libri di Storia e non facevi in tempo ad arrivarci. Alle medie - che ho finito nel 1985 - si arrivava fino alla Guerra fredda, alle superiori, finite nel 1990, al massimo arrivavi a fare un salto fino alla caduta del muro di Berlino, l'evento storico più importante di quel periodo, bypassando quel decennio così travagliato o solo accennandolo. All'università ho studiato Storia romana, quindi niente. Insomma, c'è tanto da andare a recuperare.
EliminaRicordo bene quegli anni e ricordo bene tutte le vicende che hai trattato nell’articolo, dalla nascita della comunità, che sembrò quasi un miracolo a fronte di tanta incompetenza e inerzia statale, alle accuse a Muccioli. Ricordo anche l’episodio del ritrovamento del giovane pestato. Vuoi la verità? All’epoca odiavo questo oscuro personaggio, questo creatore di belle speranze e al contempo fustigatore di deboli: okay le regole ferree, ma farle rispettare a suon di punizioni corporali e privazioni di libertà, per me, era criminale. Col tempo, la mia posizione si è ammorbidita, perché ho provato a immedesimarmi in situazioni che non era strano sfuggissero di mano: pur continuando a condannare certi sistemi, la comunità di San Patrignano ha comunque rappresentato una svolta nella gestione di un problema enorme come quello dell’eroina e dei tanti giovani distrutti dal suo consumo. E se oggi esistono centri per il recupero che funzionano bene, forse, lo si deve anche a quello che Muccioli, negli anni, ha messo su, pur con tutte le sue drammatiche derive.
RispondiEliminaA me invece lui era simpatico, pensa. O perlomeno da quel poco che sapevo, sembrava che la magistratura lo stesse perseguitando. Vedevo orde di genitori che lo ringraziavano in lacrime, gli baciavano le mani, ragazzi stretti abbracciati a lui, e mi suscitava in me una sensazione positiva. Ho letto ultimamente che i figli hanno querelato Natflix perché a loro dire il reportage manipola le tante testimonianze, scartando quelle positive, ma non mi è parso affatto così.
EliminaSenz'altro è da vedere, perché penso sia anche un esempio di buon reportage.
Come Marina, il tema della droga e degli anni '80 mi è cario, ci ho anche scritto un racconto, "Sono tornato per restare", pubblicato sul blog. Ricordo bene quegli anni e quella storia. Il mio giudizio negativo su Muccioli fu essenzialmente politico: i dubbi sulla sua presunzione di salvatore erano tanti e ben circostanziati e la commistione con certa parte del potere politico ed economico altrettanto evidente. Mi vengono in mente alcune vicende più attuali, dove si applica il cinismo per non vedere problemi troppo grandi per essere affrontati con gli strumenti ordinari, penso ad esempio ai campi in Libia di detenzione dei migranti. Di allora ricordo la droga, diffusa tra le strade della mia città. Mi faceva una fottuta paura, perché è arrivata fin vicino a me, senza mai toccarmi. E una generazione persa che era la mia. Oggi tutto è più sostenibile, socialmente accettabile, addirittura un vanto. Dietro queste cose ci vedo tanto ma non solidarietà. Solo un'opportunità. Per uomini con la smania di potere tutto , per una società che preferisce essere cieca oppure ignorare e affidare ad altri l'ingrato compito di contenere, per chi caduto nella droga deve passare da una dipendenza a un'altra per uscirne. Con una misura di rispetto e comprensione più grande per questi ultimi: ho sempre pensato a distinguere le vittime, anche quando mi fanno incazzare.
RispondiEliminaSì, penso anch'io che San Patrignano sia nata anche e forse essenzialmente come opportunità per determinare una posizione di potere, egemone, dinanzi a ragazzi bisognosi, disperati, totalmente persi. Stupisce che non si sia partiti da certe competenze precise in fatto di recupero, ma da un atteggiamento di "amatorialità", da un progetto sulle prime improvvisato. È come se mancasse un tassello. Il passaggio fra il prima e il dopo, il momento esatto in cui un uomo benestante, con la passione per l'esoterismo, abbia l'idea di creare una comunità per tossici. Non so oggettivamente come sia nata questa idea e con quali intenzioni sia stata generata. Si guarda ai risultati, ma non poteva non essere anche una realtà dai lati oscuri. Come a te, non mi convince quello stretto contatto con ambienti di potere. E poi credo che il Muccioli al massimo della celebrità sia un uomo troppo preso da se stesso. C'è una scena in cui lui dice a una giornalista, passandole un anello che porta al dito, di cercare di sfuggire mentre lui cerca di infilare l'anello con una penna, per dimostrare che se si è parlato di stupri nella comunità, tutto dipende se la cosa in fondo è voluta o meno. Direi quantomeno discutibile. Ci sono centinaia di ore di interviste non montate, c'è molto altro sotto, e di questo molto non può né deve piacerci.
EliminaNon riesco a esprimere un’opinione su Vincenzo Muccioli, credo che gestire dei ragazzi tossicodipendenti per farli uscire dal tunnel sia davvero difficile. Una mia amica aveva il fratello che si faceva di eroina e la sua famiglia ha vissuto momenti difficilissimo, lui rubava in casa, mentiva e usava ogni stratagemma per potersi drogare. L’eroina era il suo unico dio. A volte diceva di voler smettere e provava a disintossicarsi, la mia amica mi raccontava che lo chiudevano in camera per non farlo uscire a procurarsi la droga oppure diventava violento. Si è salvato entrando in comunità (non ricordo quale) ora sta bene e si è rifatto una vita. Invece il fratello di un’altra mia amica è morto a 23 anni per un’overdose.
RispondiEliminaLa comunità di Muccioli allora era un’opportunità nel deserto lasciato dallo stato che non si occupava di un grave problema che le famiglie da sole non potevano affrontare.
Conosco bene quelle dinamiche, e sono che sono strazianti per una famiglia.
EliminaIl valore di San Patrignano è indiscutibile. Come ho scritto in diversi commenti, non si può prescindere dal fatto che quel sistema salvò dalla strada e dalla morte migliaia di giovani. Questa è la base su cui il documentario ha costruito il percorso attorno a Muccioli, appellandosi a un diritto di cronaca che è anch'esso imprescindibile.
Io mi posso ricordare del decennio successivo, dove i drogati erano quelli che disseminavano in giro le siringhe e la droga poteva essere quella che davano misteriosi tizi all'uscita da scuola sotto forma di francobolli di Topolino o Bart Simpson. Se la seconda era una leggenda metropolitana, che dimostra come di questi argomenti si sapesse poco e si speculasse molto, la prima evidenziava un problema che non veniva risolto, per mancanza di competenza o per assenza.
RispondiEliminaNon troppo lontano da casa mia c'è una comunità di recupero per tossicodipendenti, per cui facendo una passeggiata a volte li incroci. C'è quello "savio", ma anche quello in preda al delirio rabbioso, poi quella spenta; il che dimostra (se ce n'era bisogno) che ogni caso è a sè, e va trattato in modo diverso, per cui l'impostazione di San Patrignano era probabilmente più che altro idealistica. La docufiction non l'ho vista, mi chiedo se fossero presenti nella comunità psicologi, psicoterapisti e psichiatri o si fondasse tutto solo su un metodo e basta.
Non erano presenti, e questo col tempo ha portato a galla tutte le contraddizioni e i problemi, serissimi, di gestione. I tre casi di suicidio erano sulla falsariga di quella ragazza "spenta" che incontri. Veniva descritta come schiva e sensibile, ma poi non tollerava alcune regole, veniva rinchiusa e dava di matto. Sarebbe stato necessario un recupero con farmaci, forse, e comunque uno psicoterapeuta, come in tutte le comunità che si rispettino. Fra le testimonianze c'è quella di un medico, che a quanto pare si è laureato in Medicina negli anni della comunità. Insomma, progetto notevole, ma anche tanta superficialità.
EliminaI tossicodipendenti di cui scrivi, Marco, li ho incrociati anch'io, perché è un problema gravissimo a ogni latitudine. So quello che succede nelle famiglie quando uno dei componenti è affetto da tossicodipendenza. Non si vive più, si teme anzi per la propria incolumità.
Di Muccioli e San Patrignano ho ricordi pressoché indelebili stampati nella mia memoria di ragazzina attraverso i vari telegiornali e i servizi. Quando ero ragazza si poteva arrivare alla droga molto facilmente, davanti alla scuola si vendeva quasi alla luce del sole; si potevano incontrare a ogni angolo di strada ragazzi drogati in preda agli effetti dell'eroina o che si bucavano sulle scale e negli androni senza problemi. Anche nella mia famiglia abbiamo avuto problemi di questo tipo, un cugino di primo grado sviato innanzitutto dalle cattive compagnie e poi dalla debolezza dei genitori. Una generazione persa, come hai detto: era molto facile cadere nelle dipendenze, e lo Stato era impotente o indifferente di fronte al dramma di famiglie devastate. In questo vuoto si inseriscono le figure come Muccioli, che probabilmente partono con nobili intenti, ma che poi non riescono più a controllare gli eventi anche per una loro impostazione dispotica e coercitiva di base. Quindi personalmente sospendo ogni opinione. Oggi comunque la droga circola in misura persino più massiccia che in passato, perché molto più accessibile in termini di costi e forme di somministrazione.
RispondiEliminaOggi la droga corre lungo direttrici anche più "fantasiose", molte più sostanze chimiche circolano fra i giovani. Non è un caso se una nota serie televisiva, di successo mondiale, ha portato alla luce proprio perfino e grottescamente l'eroismo di chi riesce a produrre metanfetamine, un tipo di droga molto presenti in tutti gli ambienti e a qualsiasi latitudine.
EliminaSo di cosa parli quando ti riferisci a un parente prossimo caduto in questo inferno. È veramente terribile.
Non ho Netflix, quindi non ho visto e non vedrò il documentario, e chissà se lo passeranno mai in chiaro nella televisione pubblica. Però quel periodo lo ricordo molto, molto bene, seppure ero ancora alle superiori. Ricordo luci e ombre su quell'uomo e la fatica a giudicarlo bene o male, distintamente. Il fatto è che proprio in quegli anni ho visto gli effetti della droga pesante (eroina o cocaina non so, ma era pesante) su un'intera famiglia, per un ragazzo di soli 2 o 3 anni più di me. La devastazione pura. Perdono il controllo di sé stessi, del fisico, delle azioni, della mente. E se sono in cerca di una dose, non c'è limite a quello che possono fare. Sentire che il resto della famiglia si chiude a chiave nelle proprie camere da letto, con la paura... Che spariscono soldi e catenine d'oro, e non lo puoi denunciare, perché è tuo figlio... E lo vedi spegnersi, quando è "pulito" non riesce a mettere insieme una frase di senso compiuto. Quando è in astinenza diventa il demonio. Se non avessi avuto il racconto così vicino, forse avrei giudicato San Patrignano severamente. Invece capisco che, in assenza di un supporto sanitario decente, si sia arrivati all'estremo. Spesso attorno alle comunità girano gli stessi spacciatori, specie quando sanno che la "vittima" potrebbe avere accesso a denaro e immobili. Li aiutano a fuggire, li ospitano anche, e aspettano. Non hanno interesse a farli morire, anzi, meglio se vivono a lungo, almeno finché non li hanno spolpati di ogni bene terreno. Sono arrivata a pensare che è meglio che circolino droghe leggere e a basso costo, che quello che girava in quell'epoca. Il che è tutto dire. Ma l'unica droga che per me ha un senso è quella data ai malati terminali, per dargli respiro nell'ultima grave sofferenza.
RispondiEliminaSì, la realtà di un tossicodipendente e di tutti coloro che lo circondano è terribile. Soggetti violenti, fuori controllo, che vanno isolati e curati con dovizia. San Patrignano ha rappresentato una via d'uscita per tanti e questo è il suo lascito più significativo.
EliminaQuanto alle droghe leggere, non saprei dire se sarebbe risolutivo o meno. Pare che la marijuana qui in Italia sia illegale ma depenalizzata, quindi in sostanza tollerata, eppure basta guardare alle stime per accorgersi che non serve a nulla. Le droghe pesanti, in particolare le nuove sostanze, arrivano ugualmente ai giovani, che vogliono provare roba più forte e la cronaca ce li restituisce su un tavolo da autopsia.