mercoledì 24 febbraio 2021

Il caffè di Luz e Marina: oggi parliamo di insegnanti.

Eccoci al consueto appuntamento mensile del caffè di Luz e Marina, ormai un "must". 😄
Marina si fa annunciare da un soave profumo, poi compare con qualcosa di buono fra le mani. 

MARINA   Cara Luana, stamattina ho svegliato i miei figli con il profumo di queste ciambelline che ho preparato per il nostro caffè di oggi. Un po’ le ho lasciate per la loro colazione, il resto ce lo pappiamo noi, mentre ci rilassiamo con le nostre consuete chiacchiere. 😄

LUZ   Hanno un ottimo aspetto, posso immaginarne il sapore. Veniamo a noi. Riflettevo negli ultimi giorni sul mio mestiere d'insegnante. Non ti stupire, è un mestiere talmente particolare che porta di continuo a chiedersi se si sta facendo bene, se sei al passo coi tempi, se hai agito in un dato modo per salvaguardare la tua salute psichica o non era forse meglio sacrificarsi un po' di più. Se dovessi chiederti "qual è secondo te il maestro ideale?", tu cosa risponderesti? 

MARINA  Provengo da una famiglia d’insegnanti, si può dire: mio nonno lo era di italiano e latino, al liceo, le mie zie, tutte, chi in materie scientifiche, chi umanistiche e mia madre era professoressa di italiano, storia e geografia alle scuole medie. Conosco molte dinamiche, anche se adesso le cose, nella scuola, sono cambiate rispetto ai loro tempi, ma anche ai miei  (e non mi riferisco alla situazione eccezionale della scuola durante la pandemia). 

Mi chiedi qual è, per me, il maestro ideale? Per me è colui che conosce bene la materia e ama la propria professione, che detta così sembra un’ovvietà e, invece, non lo è, visto che, purtroppo, sempre più spesso, manca la compresenza dei due fattori: o è bravissimo, ma con scarsa propensione verso il metodo oppure ha una grande empatia e un’autentica passione per l’insegnamento, ma una preparazione insufficiente. Raramente ho trovato una perfetta fusione di questi due presupposti, secondo me, fondamentali per essere idonei a un buon insegnamento. Tu che insegnante sei?

LUZ   Wow, non sapevo della grande tradizione di insegnanti nella tua famiglia! Significa derivare da una famiglia colta, dedita agli studi, molto bello. Pensa che io invece non annovero neanche mezzo insegnante nella mia famiglia (mentre mio marito è figlio e fratello di insegnanti). 
Vengo alla tua domanda. Io sono un'insegnante imperfetta. Credo che l'insegnante perfetto non esista, semplicemente perché è un mestiere in continua trasformazione e perché hai dinanzi individualità diverse, identità diverse, esigenze diverse, background diversi. Quando si inizia, hai in mente un certo modello, ti dici che sarai anzitutto preparatissima e sempre aggiornata, che saprai stare dietro a tutto, capire tutti, avere un ottimo dialogo con le famiglie, essere apprezzata da tutti, alunni e colleghi e dirigenza. All'inizio tutto sembra filare liscio. 
Se penso alle energie che avevo una quindicina di anni fa... ma quella prof non esiste più. Da una parte la società è irrimediabilmente cambiata (e in peggio), governi passati hanno depauperato la scuola, le regole sono cambiate. Da quando i genitori hanno cominciato ad avere voce vera in capitolo, siamo diventati servitù a loro uso e consumo. È la situazione della secondaria di primo grado. Parlo in generale, ma ti garantisco che si viene molto giudicati. 

Sulla mia pelle ho imparato che puoi anche essere la super fantastica Petrucci (io mi spendo in cattedra, perché ancora credo a un certo tipo di approccio con i ragazzi), ma credimi, ne sbagli una, e sei additata, messa alla berlina. Ho assistito in tanti anni a esperienze davvero mortificanti verso colleghi e colleghe, gente valida, eh, non sto parlando di fannulloni e incompetenti. Una volta è capitato a me, una cosa stanata da una dirigente molto in gamba. Mi sono invece battuta per ragazzi che non avrebbero meritato di essere fermati, ragazzi in sofferenza, verso i quali piuttosto si sarebbe dovuta ideare un altro tipo di didattica. Mi sono dilungata, magari racconterò altro in seguito. I tuoi figli che tipo di insegnanti hanno avuto? 



MARINA   Vedi perché dico che la scuola è cambiata? Metti il ruolo dei genitori, adesso, che vogliono avere voce in capitolo su tutto, didattica, metodologia, pure sui sistemi di valutazione. Un tempo, i professori dentro la scuola, rappresentavano un’autorità, adesso devono stare attenti a come si muovono. D’altro canto, ci sono insegnanti che, davvero, dovrebbero fare un altro mestiere. Io, da genitore, ho sempre appoggiato la categoria e ho sempre difeso l’operato dei docenti, nonostante le lamentele o il palese accertamento delle loro incapacità, ma in cuor mio penso sia una sfortuna incappare in soggetti del genere. Io ho odiato la matematica per questo: avevo un’insegnante tremenda, alle medie, non spiegava bene e pretendeva che capissimo subito, penalizzando chi non ci riusciva. 

I miei figli, soprattutto al liceo, hanno avuto esperienze analoghe. È spiacevole avere professori che non sanno trasmettere l’amore per la loro materia; è grave non conoscerla veramente; è imperdonabile togliere l’entusiasmo per lo studio nello studente. E questo è ciò che è accaduto ai miei figli. Il primo, uscito l’anno scorso, aveva una pessima insegnante di greco, che lo ha appiattito: non gli piaceva più tradurre, l’ascoltava poco (mentre nei primi anni, quelli del ginnasio, anche se ora non si chiama più così, il greco era uno dei suoi cavalli di battaglia). Il secondo, che sta frequentando l’ultimo anno, è quello che sta soffrendo di più, soprattutto con due materie che lui adorava: la storia e la filosofia. Ha un professore che vale pochissimo, didatticamente parlando, e lui si è spento. Ne dico una per tutte (ma ci si potrebbe scrivere un libro): la rivoluzione francese è scoppiata in seguito all’esplosione di un vulcano (che c’è anche stata, ma non puoi farne la causa principale.) E adesso mio figlio si prepara per i fatti suoi e il professore fa tenere a lui le lezioni di filosofia ai compagni di scuola. Ma si può? 
Di fronte a casi del genere, che fa la scuola? Ti sono capitati colleghi così scarsi? Non pensi anche tu che professori del genere siano la rovina della scuola?

LUZ   Dinanzi a un giudizio tranchant ho imparato a pormi in una posizione equidistante. Esercito la sospensione del giudizio. Faccio un esempio: la mia professoressa di matematica alle medie era moscia. Io la percepivo anzianissima (magari era una mia impressione) e aveva un tono di voce piatto. Avrei voluto essere "animata", avrei voluto scoprire la bellezza della logica matematica - perché so che deve pur esistere, mentre a me è stata preclusa - invece tutto è sempre caduto nel vuoto. Non mi sentivo in sintonia con lei né lei con me. Eppure molti alunni e alunne della classe invece si trovavano benissimo. Potrebbe essere stato il fatto che avessero basi migliori delle mie, quindi quella sintonia magari veniva fuori a prescindere. Io, che avevo bisogno di colmare lacune, non mi sintonizzai mai con lei. Studiavo sempre molto, ma capivo poco di geometria e un po' meglio l'algebra, mentre mi gettavo a capofitto sulle scienze per fare in modo di saperne almeno una su due. È stata una sofferenza, confermata sotto forma di lacune al liceo, fortuna che al Classico la matematica si riducesse a due ore settimanali. 
Al liceo la mancata sintonia diventa un danno, di questo mi rendo perfettamente conto. E forse dovremmo dirci che come in tutti i mestieri c'è chi è realmente competente, trainante, e chi non lo è minimamente, è anche vero che qui abbiamo a che fare con la formazione dei giovani e non si scherza. Oggi più di un tempo i ragazzi hanno bisogno di stimoli, e molti docenti non sono all'altezza del proprio ruolo. Un dirigente di uno scientifico mi ha detto pochi giorni fa che manca anche il dialogo, che c'è troppa freddezza, troppo si sta deviando sul ritenerli vasi da riempire. Come se la scuola potesse permettersi quell'atteggiamento performativo tanto in voga. 
Per rispondere alla tua domanda, posso parlarti dall'esperienza alle medie. Non ho mai, dico mai assistito a situazioni di questo genere, solo sporadici incontri con persone troppo prese dai propri problemi e per questo poco attente alle esigenze dei ragazzi. Nel complesso, conosco docenti che si spendono totalmente per il loro lavoro, forse fin troppo, docenti veramente stressati, e pure vessati da un sistema che non premia. La scuola non può nulla dinanzi ai fannulloni, questo è risaputo. Per fortuna sono davvero rari nel mio grado di scuola. 
Avrai visto senz'altro L'attimo fuggente. Cosa pensi di quel modello di insegnamento? 

MARINA  Adoro il prof. John Keating, come ho amato il film (e che bella esperienza è stata quella stupenda rappresentazione teatrale, cui ho assistito, della tua compagnia di giovani attori guidati da te). Ecco, è sicuramente utopico pensare che le scuole siano piene di professori così e, quando li trovi, sono mosche bianche: insegnanti che se ne fregano della prassi, delle scalette previste nei libri, delle regole di apprendimento classiche e stravolgono programmi e metodologie, sono innovativi, non convenzionali e coinvolgono, stupiscono, conquistano. Merce rara, appunto. 
Sai, che nel mio piccolo, ho provato l’ebbrezza dell’”insegnamento” alla Keating in due occasioni e in entrambi i casi ho provato una certa soddisfazione? Quando facevo il Diffusore di Diritto Internazionale Umanitario per la Croce Rossa Italiana, tenevo lezioni alle componenti della CRI e, una volta, ho portato in classe delle mine antiuomo che avevo creato io con il das; e poi sono stata catechista e per convincere i bambini a prestare attenzione all’ora (noiosissima) di catechismo (chi non c’è passato) non sai che m’inventavo: le Olimpiadi del buon Cristiano, per dirne una, con tanto di medaglie per le squadre classificate o il gioco dell’oca riadattato con caselle tematiche... (il parroco non era contento, ma i miei ragazzi conoscevano i comandamenti non perché li avessero imparati meccanicamente a memoria e Gesù non era solo l’uomo triste in croce, ma il compagno allegro, che scendeva a giocare con loro); vabbè, nemmeno a dilungarmi, quello che ribadisco con forza è che il buon insegnante deve sapere comunicare ciò che sa (bene) con l’entusiasmo dell’amore per la materia. Non ci vuole molto; invece le scuole sono piene di soldati addestrati solo a finire il programma dell’anno, che svolgono un lavoro, non una missione. E per me l’insegnamento è proprio questo: una missione.
Tu, perché hai scelto questa strada? Anche alla luce delle delusioni di cui parlavi (purtroppo inevitabili), se tornassi indietro vorresti ancora fare l’insegnante?



LUZ   Mi fa piacere che il ricordo del mio spettacolo (che ho molto amato) sia rimasto vivo in te. Ancora ricordo, e ogni tanto rileggo, la bellissima tua recensione. :)
Ecco, di fatto, chi non ha amato il professor Keating? Credo però  che quel tipo di insegnamento, così controcorrente e fuori da ogni canone possibile, non sia del tutto realizzabile. Si potrebbero portare avanti interi programmi sovvertendo continuamente le regole? Non credo. Oggi la penso piuttosto così: ti puoi concedere ogni tanto una "pazzia", intendo uscire dall'aula, fare lezione in mezzo agli alberi, creare contaminazioni fra le discipline in modo fantasioso, e tutto l'immaginabile possibile. Oltre alla burocrazia e alle regole, e a tutto il bagaglio di responsabilità civili e penali di cui siamo gravati, non si caverebbe un ragno dal buco a fare i "Keating". Sì, magnifico, indimenticabile eroe, ma fa parte dell'immaginario. Faccio prima a organizzarmi con i ragazzi fuori dalla scuola e in accordo diretto con le famiglie se voglio fare qualcosa di particolare, come è accaduto per altro. Questo è un mestiere chiuso nei vincoli di strutture poco adeguate e una burocrazia avvilente. 
Non sapevo che fossi stata una brillante insegnante! Non faccio fatica a immaginarti in quella veste. Sì, perché questo è un mestiere molto legato alla creatività e all'originalità. Tutti noi creativi siamo in grado di inventare forme nuove in ambiti lavorativi tendenzialmente monotoni o rispondenti a percorsi già definiti. 
Perché ho scelto questa strada? Per necessità. Fu un treno sul quale salii, perché appena laureata si concretizzò l'ultimo grande concorso e sarebbe stata una pazzia non tentarlo almeno. Ricordo lo studio intensissimo, i mille testi da studiare e consultare. Mi si incrociò col diploma alla Vaticana, quindi ti lascio immaginare. Non sono diventata insegnante per vocazione, ma una volta in campo, ho imparato a trattare con i ragazzi, a scoprirli. Ed è stata una scoperta straordinaria. Il mio sogno era entrare in una redazione giornalistica, perché da sempre ho amato scrivere e approfondire temi da trattare. Mi sarebbe piaciuto anche lavorare nell'editoria, in un'agenzia letteraria o presso una casa editrice. Mi piace in particolare il team che si occupa delle fiere del libro e di festival di letteratura. Ecco, adoro tutto questo mondo. 
Ti piacciono i programmi scolastici dei licei? Quali materie i tuoi ragazzi avrebbero studiato volentieri? 

MARINA   Tutte professioni che condivido, quelle che avresti voluto fare, ma penso che anche l’insegnamento sia bello, soprattutto se vissuto alla Socrate maniera. Quanto è meraviglioso tirare fuori dai ragazzi la sostanza che hanno dentro, bisognosa solo degli stimoli giusti per venire fuori! Come no, poi uno pensa alle teste vuote che formano le classi, tutte perse dietro ai social, alla conquista del mondo tramite video su YouTube, con l’unico desiderio di diventare famosi cantanti, ballerini... o chef! Certo, generalizzo, ma ti faccio una domanda, prima di rispondere alle tue: ti è capitato di fare capire, a chi non ne voleva sapere, l’importanza dello studio, della cultura e di “salvare” qualcuno dalla superficialità di queste nuove generazioni?
Ti dirò, guardando all’esperienza dei miei ragazzi, i programmi delle scuole superiori sono buoni: fanno tanto approfondimento, curano la sperimentazione, ci sono laboratori interessanti e utili; anche la lingua straniera si studia meglio (ai miei tempi si era alle formule base: the pen si on the table, what’s the time, my name is...); i miei figli hanno scelto le classi con il potenziamento di matematica, dunque hanno curato una materia che al liceo classico, di solito, resta indietro; poi gli studenti sono coinvolti in gare di varie discipline: fanno Olimpiadi di italiano, latino, greco... Insomma, l’offerta è ampia. Peccato che, a fronte, di così tanta carne al fuoco, mettano ai fornelli cuochi che non sanno tenere nemmeno una forchetta in mano. :D Ti faccio sorridere: i miei figli avrebbero voluto studiare meglio le materie “classiche”: paradossalmente, hanno entrambi fatto ottimamente le discipline scientifiche (avevano gli stessi bravi insegnanti) e male greco, storia e filosofia (in un liceo classico, sob!)

LUZ     Ti riferisci alla maieutica, l'arte di saper tirare fuori il meglio di un allievo, che se messa realmente in pratica sarebbe davvero il mestiere più bello del mondo. Lo fa diventare comunque anche il più difficile, e forse è proprio questo il limite di tanti insegnanti. Essere buoni maestri significa partire non solo da una ferrea conoscenza della propria disciplina, ma anche del mondo, e dell'universo degli adolescenti in particolare. Siamo realisti: chi davvero può riunire in sé tutte queste enormi qualità? Ci avevo dedicato una riflessione proprio sul blog, qui. Se guardi all'elenco delle buone pratiche dell'autentico perfetto insegnante, credo che la percentuale di coloro che sono veramente tali sia molto bassa. 

Se mi è capitato di "salvare" qualcuno? Se faccio una riflessione in proposito, avallo la sensazione che negli ultimi 10 - 15 anni le cose sono purtroppo cambiate in peggio. Dieci anni fa i ragazzi non facevano l'uso massiccio di rete che fanno adesso. Instagram era appena nato, Facebook era ancora la piattaforma su cui si sviluppava il cyberbullismo, immagini e parole erano ancora il massimo che i giovani impiegavano, il fenomeno YouTuber era in germe. Poi si è sviluppata una subcultura ancora più "estrema", quella dell'immagine filmata e gettata in rete, la comunicazione si è fatta più veloce, l'offerta più ampia, le applicazioni hanno cominciato a moltiplicarsi, gli smartphone sono diventati una realtà diffusissima. Ecco il momento in cui credo ce li siamo persi questi giovani. La scuola, di contro, è rimasta quella di sempre, con una flessione verso il basso anzi. Le Lim (lavagne interattive) faticano a essere acquistate in tutte le scuole, i linguaggi sono rimasti obsoleti, ecc. 
Ecco, tutto questo per dire che, se vuoi "salvare" qualcuno dall'indifferenza, oggi, devi correre lungo queste direttrici, arrivare al loro ritmo e perfino sfidarlo. Prova a fare esporre un argomento a un 14enne, che magari studia pure. Prova a fargli fare un esercizio di comprensione del testo o il riassunto di un brano. Prova a tirargli fuori una cosa come "senso critico", "analisi", "sintesi". Per arrivare al cuore del problema dovresti anzitutto renderli competenti in queste abilità, invece è sempre più difficile, perché il loro mondo gira a una velocità diversa. Paradossalmente, puoi salvare dall'indifferenza qualcuno con un background difficile, forse. Il ragazzo con famiglia disagiata che deve trovare un buon maestro per scoprire dentro di sé che sa e può fare. È una missione, e in quanto tale davvero pochi insegnanti oggi sono messi nelle condizioni di poterlo fare. Conosco un collega delle medie, di Frascati, che ha deciso di lasciare i colli borghesi e andare a insegnare in una periferia romana, disagiatissima. Ecco, è un insegnante che ha abbracciato una missione. Un po' come il medico che sceglie di andare a sporcarsi le mani in zone di guerra. Il punto è che non possiamo essere tutti come lui. 
C'è stato un professore o una professoressa, o anche una maestra, che potresti definire un "mentore"? 

MARINA   Peccato che la scuola abbia avuto questa evoluzione verso il basso; credo, per tornare a una tua osservazione fatta all’inizio della nostra conversazione, che anche le famiglie giochino un ruolo fondamentale: oggi, il loro schieramento contro l’istituzione scolastica ha alimentato la disarmonia e acuito quella mancanza di collaborazione che dovrebbe essere alla base del rapporto casa/scuola. Mi dispiace saperti in trincea ogni giorno, cara amica, ma immagino anche che le tante soddisfazioni raggiunte (fossero anche solo con pochi) ripaghino dei sacrifici.
La risposta alla tua curiosità è un secco “no”: io ho odiato (non tutti allo stesso modo) quasi ogni mio insegnante: la maestra (che era quella, una volta lo raccontai, che ci traumatizzava fingendo di usare la bacchetta di legno sulle mani), la professoressa del ginnasio che ci sognavamo la notte con quello sguardo che non conosceva sorrisi; la prof. di italiano, al liceo, che augurava la pena di morte a chi veniva impreparato... devo continuare? L’unico che si salvava era il prof. di storia e filosofia, che oltre a essere bello, era anche bravo. Però aveva un problema: era talmente innamorato della filosofia (che io ho amato grazie a lui) che ce la faceva studiare anche durante le ore di storia, dunque eravamo una bomba quanto a Platone, Hegel, Schopenhauer & company, ma siamo rimasti ignoranti su entrambe le guerre mondiali, mai studiate. Mi sarebbe piaciuto avere te come insegnante! :D

Hai visto, non abbiamo parlato di didattica a distanza e tutte le difficoltà cui avete dovuto far fronte, voi povero corpo docente delle scuole, a ogni livello, durante questo periodo che non vuole finire. E quindi, al di là delle pecche e di tutti i disagi di cui abbiamo parlato, applaudo alla vostra pazienza, alla vostra capacità di adattamento, ai vostri sacrifici. Oggi, non vorrei essere al vostro posto!

LUZ     Chissà quanto altro potremmo dirci, ma ci fermiamo qui, sperando di avere acceso la curiosità dei nostri lettori. Rilanciamo a voi una domanda. Quella su un insegnante perfetto l'avevo già posta a suo tempo nel post citato. Vi chiedo: come dovrebbe essere per voi la scuola oggi? Ci sono modelli cui possiamo ispirarci nel mondo? 

49 commenti:

  1. Domanda difficilissima quella con cui terminate il colloquio, perché i risultati alla fine dipendono anche da molti fattori. Sottolineavate giustamente che un professore deve essere motivato e competente. Però, se si trova di fronte a un sistema in cui basta che un genitore arrogante abbia la possibilità di metterlo nei guai, o si debba portare per forza dietro elementi inutili e di disturbo per gli altri solo perché "non possono essere bocciati" (ai miei tempi succedeva, temo accada ancora) è ovvio che la sua motivazione verrà meno.
    Allo stesso modo, un insegnante che letteralmente non fa nulla, non insegna la propria materia, durante la lezione perde tempo, è chiaramente svogliato al punto che tutti i genitori (non solo quello arrogante, proprio tutti, un po' difficile che si sbaglino tutti) chiedono al preside di mettere un docente più capace in quel ruolo e si sentono rispondere che non si può fare nulla... beh, una situazione simile penalizza qualunque metodo si voglia adottare, senza distinzioni.

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    1. Ho vissuto entrambe le situazioni: sono stata rappresentante di classe alle scuole elementari e ti assicuro che ho dovuto tenere a bada moti di ribellione di genitori insopportabili che avrebbero volentieri messo nei guai l’insegnante per roba di pochissimo conto. Allevano principini, che poi, arrivati alle superiori, pensano di potere fare quello che vogliono in classe. L’educazione è tutto. D’altro canto, ho provato una rabbia infinita di fronte alla pochezza di qualche professore liceale dei miei figli che non si preoccupava minimamente non solo di non trasmettere nulla, ma anche di fare passare concetti sbagliati, insegnando ai ragazzi cose errate, di nessuna utilità. Un mare di volte avrei appoggiato la petizione per toglierlo dalla classe, cosa che ovviamente non ho fatto perché ragionevole e coerente col messaggio che ho sempre voluto passare ai miei figli: i professori restano i professori, ruoli istituzionali che non spetta a noi gestire. Il problema sta a monte: l’abilitazione data come? Ma la preparazione ha un peso oppure no nei concorsi?

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    2. Ariano solleva due problemi di non poco peso.
      Fermo restando che la scuola media è un punto di osservazione molto ampio, perché raccoglie un bacino di utenza indifferenziato, ebbene, ti dico che il recupero delle insufficienze e tutto l'impegno di noi docenti nei riguardi di chi potrebbe ma non vuole fare niente, risucchia gran parte delle risorse. In questo lungo periodo di pandemia questi due annosi problemi si sono inaspriti, ingigantiti.
      Siamo stremati, perché le fragilità di alcuni hanno preso piede fino a impedire una frequenza assidua oppure un rendimento al passo con le loro potenzialità. È tutta una immane curva discendente in cui stiamo letteralmente sopravvivendo.
      Al di fuori di questo grave problema attuale, in generale il docente fannullone non può essere rimosso dal proprio incarico. Quelli che ho conosciuto in 20 anni di insegnamento non erano docenti di cattedra, ma di passaggio. Supplenti annuali, non tanti, alcuni, che mi sono rimasti nel ricordo per l'indolenza con cui hanno affrontato gli impegni. Per la maggior parte di essi, l'insegnamento era un ripiego, anche doloroso, e non avevano abbastanza esperienza da affrontare i problemi di questo mestiere con una certa disinvoltura. La loro demotivazione era palpabile. Ma tant'è. Importante è sapere dei tantissimi che sono stati e sono l'esatto opposto, e che invece si sono lasciati usurare per il loro impegno.
      Comunque, anche quei supplenti indolenti non puoi rimuovere dall'incarico. A meno di non commettere una grave infrazione, restano tutti al loro posto.

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    3. Marina, l'abilitazione all'insegnamento, che fino a 20 anni fa è avvenuta con quello che veniva definito "concorsone" (quello a cui ho preso parte io), è diventata negli anni un terreno accidentato, in cui tanti potenziali bravissimi docenti, magari freschi di laurea e pronti a prendere una cattedra, devono letteralmente penare per ottenere la cattedra.
      Mia sorella, architetto, docente titolare di Tecnologia alle medie, ha penato fra punteggi e prove varie. Complicazioni su complicazioni con graduatorie che variano di continuo e rendono molto difficile un accesso. Diciamo che oggi devi proprio volerlo questo mestiere, ed è meglio un percorso lineare, parlando ad esempio di Lettere alle medie e alle superiori, perché perlomeno stai arrivando da studi umanistici e la docimologia (la scienza dell'insegnamento) è qualcosa che acquisisci quasi in modo automatico. Stessi dicasi per le materie scientifiche. Di base, mi dico che tutti hanno dovuto studiare, e molto, per arrivare a prendere una cattedra, il punto è che il diritto a esercitare quel lavoro qui si scontra o incontra con la capacità di saper trasmettere dei contenuti e dei valori.
      A me in tanti anni è capitato di sentire "sì, ma noi non siamo psicologi", e invece, cari miei, oggi questo mestiere ti obbliga a esserlo. Perché laddove ci sono problemi, o anche particolari esigenze, ragazzi come sono i tuoi, che hanno sete di conoscenza e di approfondimento, si deve essere pronti a capire, a saper leggere quelle esigenze e tradurle in un lavoro vero, che incida significativamente sulla loro formazione. Il mio professore di Storia e Filosofia al liceo non era una cima. Ripeteva in maniera pedissequa il testo, quasi una pappardella, senza riflessione. Non facevamo un'analisi dei motivi di certi contenuti. Ma lui era fantastico, disponibile, gioviale, simpaticissimo, e noi non ci accorgevamo nemmeno delle sue lacune. Io le ho comprese solo molti anni dopo.

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    4. Sì, anch’io avevo un professore così: quello di latino e greco al liceo: scarsino, ma buonissimo, disponibile, molto umano; gli volevamo bene. Solo che, purtroppo, le lacune rimangono e compagne mie, che hanno scelto di studiare lettere classiche all’università, si sono trovare a fare un lavoro triplo. Comunque, è anche come dici tu: ci sono docenti che si trovano a insegnare per ripiego; competenze e passione, ormai, si mescolano con necessità e alternative al fallimento in altri campi. Bisogna solo prenderne atto e sperare di essere fortunati, a scuola.

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  2. L'insegnante imperfetto mi piace. Ognuno fa del suo meglio in situazioni che è impossibile valutare dall'esterno. Penso che per fare evolvere la scuola, mantenendola inserita nella realtà viva, servirebbe forse ridiscutere alla base ciò che davvero serve all'essere umano, per poi scegliere delle priorità. Però una cosa mi lascia perplessa: ho visto un paio di documentari sulla scuola nel Nordeuropa (uno in Finlandia, se ricordo bene) e ho avuto l'impressione che insegnanti e alunni la vivessero bene. Sarà pure stata edulcorata per via del documentario, ma non credo lo fosse del tutto. Non posso dire come sia la situazione qui, ma so che negli anni del percorso scolastico di mio figlio ho sempre, sempre sentito parlare gli insegnanti di una situazione terribile, di grande disinteresse, di ignoranza che resiste a ogni tentativo... in Italia sbagliamo qualcosa?

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    1. Quello che non capisco è perché, per esempio, ci sono ragazzi che frequentano il liceo classico e non s’impegnano minimamente nelle materie classiche, il latino e il greco considerate lingue vecchie, morte, dunque affrontate con sacrificio. Ma perché non scegliere un’altra scuola? Restano ignoranti perché leggere è una noia mortale, lo studio da sfigati, quelli che lo fanno sono presi per pazzi. Mio figlio, quasi quasi, prova un senso d’imbarazzo terribile quando ottiene il massimo in latino, perché qualche compagno pensa sia un secchione, invece di fare quello che a scuola normalmente si fa: impegnarsi e studiare.
      È vero che i professori devono scontrarsi, ormai, con l’indifferenza è, spesso, la maleducazione: la scuola è una tappa non formativa, per molti ragazzi è una fase obbligatoria della vita di cui non vedono l’ora di sbarazzarsi.
      (Fortuna che non sono tutti così!)

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    2. Grazia mi invita a due osservazioni.
      Dici bene, per funzionare una scuola deve essere inserita nel vivo del mondo contemporaneo, si deve aggiornare realmente, deve essere al passo coi tempi. Sono perfettamente d'accordo come scrivevo nel post. Ed è giusto anche auspicare di saper scegliere delle priorità. Faccio un esempio. I programmi scolastici delle medie. Nelle mie materie abbiamo, secondo me, troppa carne al fuoco. Questo è giusto il periodo in cui do un'accelerata al programma altrimenti non riesco a completare. Si potrebbe anche supporre che non sia un danno lasciare i programmi incompleti, ma per quanto riguarda la terza classe delle medie, come fai a fermarti in Storia al termine della seconda guerra, o al più al dopoguerra? Da una parte, se vuoi realmente approfondire certi argomenti, e tematiche che sono indispensabili alla loro formazione anche civica, non puoi correre come un cavallo impazzito. Io giusto ieri sono stata costretta a stringere il periodo di Stalin alla sintesi a fine capitolo, con qualche rimando ai paragrafi. Questo per non sacrificare quello che viene dopo, fra Guerra, dopoguerra, Guerra fredda, mondo contemporaneo. Cosa ricorderanno davvero questi ragazzi? Io non procederei lungo un asse temporale, ma per temi. Ecco, sempre che i programmi ministeriali te lo permettessero. I grandi temi del Novecento dovrebbe essere lo studio della Storia. Quattro, cinque in tutto? Con tutto un corredo di lezioni che esulano dalle solite.
      La Finlandia, confermo, è un esempio virtuoso di scuola. Anni fa vennero in visita da noi, in una specie di gemellaggio, due insegnanti finlandesi, ad assistere alle nostre lezioni. Ci dissero come erano organizzate le loro scuole, la ripartizione dei compiti, gli spazi in cui i ragazzi si muovono. Noi invece ancora siamo chiusi in edifici riciclati a scuole, non dimentichiamolo. Senza vere palestre, teatri, ambienti di apprendimento degni di essere definiti tali.

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    3. Marina, ecco, questa cosa dispiace moltissimo. È scandaloso che si vada al Classico senza voglia di studiare, con lacune gravi nelle lingue antiche, ecc. Bene, pensa che alcuni di quei compagni di tuo figlio un giorno potrebbero diventare insegnanti. Chi glielo impedisce? Se riescono a uscire col minimo dal liceo, chi gli impedisce di andare a bivaccare in materie umanistiche all'università? Svelato il motivo per cui molti non conoscono del tutto quello che insegnano. Perché questi sfaccendati sono sempre esistiti. Io avevo compagni di classe che arrivavano a stento al 6 e oggi sono avvocati.

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  3. Argomento vastissimo che avete analizzato su svariati fronti. La domanda finale è veramente difficile perchè non esiste una perfezione cui ispirarsi e penso anch'io che non si possa pretendere che tutti siano come il protagonista dell'Attimo fuggente. Inoltre, mi trovo d'accordo con Ariano Geta sul fatto che la burocrazia non aiuta nè a combattere l'arroganza di alcuni genitori, ma neppure a sbarazzarsi dell'insegnante incapace.
    Detto questo, ho insegnato anch'io e sono in pensione da 11 anni durante i quali la situazione è ulterirmente cambiata e soprattutto sono cambiati i ragazzi. Penso spesso che se tornassi indietro, modificherei molte cose del mio insegnamento, però irrinunciabili sono COMPETENZA e PASSIONE. Occorrono entrambe in ogni lavoro e lo dicevo sempre anche ai miei allievi di istituto tecnico: la competenza senza la passione è fredda, ma la passione senza la competenza è vuota.
    Così pure, penso che talora uno degli errori della scuola attuale sia di separare il livello della formazione da quello dei contenuti come se viaggiassero su piani diversi. Lo "star bene" a scuola di cui si parlava tanto ai miei tempi, non si realizza in un comparto separato dalla poesia, dalla filosofia, dalla storia dell'arte...Come pure l'educazione civica non può essere relegata a un'ora tutta sua accanto alle altre materie come se i contenuti che troviamo in Dante, nella storia, o il rigore delle materie scientifiche non fossero altrettanto educativi. Proprio perchè siamo a scuola e non in un'altro luogo, la formazione deve passare prima di tutto attraverso i contenuti, gli autori e i loro testi.
    Non so se sono riuscita a spiegarmi e comunque i problemi non sono solo questi.
    Scusate la lunghezza.
    Grazie di cuore a voi, Luz e a Marina!

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    1. Ciao, Annamaria, benvenuta!
      Intanto mi fa piacere che tu sia stata un'insegnante, anzi essendo da 11 anni in pensione, hai avuto la possibilità di assistere al cambiamento di cui parli. Anche fino a 10 anni fa i ragazzi erano cambiati, la società, la famiglia, la presenza dei genitori nell'ambito della gestione. Pensa a come si siano incancreniti certi problemi da quando sei in pensione. Il problema si radica in più aspetti, non ultimo questa esagerata continua critica cui si è sottoposti da parte di genitori iperprotettivi. Noi vogliamo che i ragazzi "si sporchino le mani", che sbaglino, che cadano, che vivano le loro crisi. Non è vergogna, non è un problema insormontabile. Sono eccessivamente preoccupati di un voto, ma trascurano il livello di maturità dei ragazzi. Alcuni intervengono in maniera inopportuna (riferisco esperienze di tanti anni di insegnamento), altri si sostituiscono ai propri figli. Noi ci predisponiamo a comprendere, ma solitamente io resto molto ferma nel non condividere. Non è forse anche questo il ruolo di un insegnante?
      Concordo appieno sul tuo discorso su competenza e passione. Il problema sta tutto nel conciliare queste due irrinunciabili prerogative.
      Non scusarti per la lunghezza, la tua argomentazione è molto bella.

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    2. Grazie, Annamaria, per essere passata a dare il tuo contributo, tra l’altro prezioso, vista la tua esperienza sul campo. Chi meglio di voi, di te, di Luana, potrebbe meglio descrivere una situazione, quella scolastica, vissuta dall’interno. Come dicevo, mia madre era professoressa alle scuole medie e ho vissuto , indirettamente, tensioni e responsabilità legate a questa professione così impegnativa, però, mai come negli ultimi anni, la scuola ha dimostrato di non riuscire a far fronte alle difficoltà dei tempi, a sostenere i ragazzi nella loro crescita, a condividere con le famiglie obiettivi comuni ed è una sconfitta per la società: avremo sempre meno insegnanti motivati e sempre più studenti ignoranti.

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  4. Eh si, argomento molto vasto e concordo con Annamaria. Posso solo dire (e mi tocca andare indietro negli anni) che per un biennio ho avuto un Professore di italiano che ad ognuno di noi giovani studenti ci faceva leggere un libro ogni mese stando in silenzio in classe e nel mentre lui interrogava qualcuno, salvo logicamente quando faceva lezione e spiegava l'argomento del giorno.

    Quindi, ogni mese, il professore si teneva un paio di ore settimanali interrogando due studenti per volta sui libri che avevano letto e noi in classe ci conveniva star zitti a leggere i nostri libri (perché avrebbe interrogato an che noi). Ricordo che il Preside, passando dalla nostra classe e notando il silenzio tombale, entrò e si congratulò con il Professore e con noi.

    Potrei dire un modo alternativo per fare cultura e insegnare italiano...

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    1. E questo dimostra che a volte basta davvero un'idea semplice.
      Per diversi anni ho tenuto nelle mie classi l'abitudine del "libro del mese". Si trattava di classi molto ricettive a riguardo. Sì, perché con l'esperienza ho imparato che non funziona in tutte. Due anni fa, in una terza venne fuori una piccola squadra di figuri molto furbi che fingevano di leggere, e queste cose ti fanno cadere le braccia, credimi. Non era difficile individuare chi mentiva con falsi commenti, scopiazzati da internet. Nel momento in cui chiedevi di personalizzare il commento oralmente, in particolare su testi arcinoti, vagavano nel buio. Una volta una ragazza finse di aver letto "Jane Eyre" venendo a raccontarmi uno degli ultimi film. Se ci sono aspetti che mi demotivano, sono questi. La slealtà su tutto. Il discorso fu che stavano ingannando se stessi, ma a quelli non gliene calava granché. Anzi, per niente. Peccato per queste anime perdute, che imparano fin da piccoli l'inganno. Poi, c'erano gli altri, quelli che chiamo "la pietra d'angolo". Tutta un'altra storia. Splendidi ragazzi e ragazze che avevano capito l'importanza dell'impegno, si mettevano in gioco, amavano anzi andare oltre il compito e personalizzarlo. Anche solo per quella manciata di pietre d'angolo valse comunque la pena.

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    2. Quanto è fondamentale la lettura! Ricordo che anche noi, al liceo, dedicavamo un’ora alla lettura in classe di un libro: di solito non erano lunghi, partecipavamo tutti contemporaneamente, la professoressa faceva leggere una pagina, due, a turno... ne conservo un bel ricordo. Abbiamo letto “Il giorno della civetta” e “Il sentiero dei nidi di ragno”, “Se questo è un uomo”, libri che non ho mai dimenticato. Poi se ne discuteva e solo a fine discussione facevamo un compito scritto sull’argomento.
      Ai nostri tempi, Luana, non esistevano cellulari, internet e non eravamo tentati da alcuna diavoleria: svolgevamo i temi con quello che avevamo appreso da quelle letture, sulla base delle discussioni intavolate in classe. Certo, c’erano i compagni che non seguivano e che si annoiavano, durante quelle ore, ma era più facile individuarli e i genitori avevano ben poco da lamentarsi.
      Bisogna anche ammettere che dev’essere molto demotivante, per gli insegnanti, avere a che fare con i furboni sfaccendati. Poveri voi!

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    3. La cosa preoccupante è che mentre fino a 10 - 15 anni fa il manipolo di sleali e sfaccendati costituiva un quarto della classe, perché davvero fanno cose troppo platealmente scorrette, e ancora esisteva un codice di educazione, oggi... la percentuale a volte tocca il 50%. La situazione è molto molto peggiorata.

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    4. Immagino, capisco. Da quel che leggo in giro la situazione odierna è preoccupante come dicevi anche tu. O per meglio dire, conosco un certo numero di giovani impegnati in vari aspetti del sociale e che a scuola ci vanno con impegno (cosa che mi fa ben sperare) ma, ahimè, la maggioranza straborda verso varie forme di menefreghismo per non dire cinismo.
      Un salutone e buona domenica

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  5. Non sono in grado di rispondere alla vostra domanda finale. Non conosco così bene gli altri sistemi europei dunque non sono in grado di fare paragoni o portare buone pratiche. Ma ho le idee ben chiare su quale debba essere per me il ruolo di un insegnante: un maestro di vita, facilitatore della crescita, che trasmette contenuti verificati, che contribuisce a formare negli Allievi una propria coscienza critica. certo, la preparazione è fondamentale , ma la cosa più importante è comprendere che ciò che si "maneggia" è così fragile e così potente allo stesso tempo che si deve avere l'impressione di svolgere uno dei ruoli più importanti che la nostra società asegna a un adulto. nelle cento vite che sto vivendo, l'insegnamento e certamente qualcosa che sperimenterei. Buon caffè ragazze e soprattutto buone le ciambelline!

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    1. Cara Elena, è vero, questa la sua missione più autentica. Se fosse sempre realizzabile, anche dinanzi ai più riottosi e recalcitranti fra gli studenti, allora ti direi che è la definizione perfetta. Il problema è che questa missione si scontra con la loro immersione in un mondo che cambia ad alta velocità, ma soprattutto, il vero nucleo della faccenda è il loro background. Mi ricordo di un tema sulla fruizione dei programmi televisivi. Sai in quanti venne fuori che i programmi guardati in famiglia erano Uomini e donne, la D'Urso e C'è posta per te? A fronte di tante ottime famiglie, altre vagano in un presente fatto di cattiva tv, campi di calcio e McDonald's. La maggior parte non sono mai entrate in un museo né in un teatro. Tu accogli questi pargoli quando hanno 11 anni e già un passato e delle abitudini in cui è molto molto difficile piantare un seme. Quindi ti dico, sì, quella è la missione, ma passare da una definizione così nobile alla realtà offre un quadro troppo spesso avvilente. Noi comunque ce la mettiamo tutta a navigare in direzione ostinata e contraria, eh. :)

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  6. Infatti, anche per me l’insegnamento è un lavoro importantissimo e difficilissimo: dopo la famiglia, l’ambiente in cui si cresce è la scuola e i professori hanno un ruolo fondamentale in questa fase della vita in cui la formazione è tutto. Per questo, trovo sia assurdo concepire l’insegnamento come un ripiego, come l’ultima spiaggia per avere uno stipendio a fine mese. Devi essere preparato e avere l’indole adatta, perché non ti vengono affidati contenitori da riempire di contenuti, ma semi che devi fare germogliare. Davvero per me insegnare è una cosa serissima e soffro quando vedo la scuola trattata come un problema secondario.

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  7. Ciao Luana e Marina. :)

    La domanda iniziale forse sarebbe più ampia, perché "maestro" non implica necessariamente una figura all'interno di un contesto istituzionalizzato, ma potrebbe essere anche chi elargisce insegnamenti di vita, contribuendo alla crescita dell'individuo. Ma dal seguito direi che è sottinteso trattarsi del percorso scolastico. Comunque anch'io ho fatto il catechista. :)

    Ho seguito con interesse tutto lo scambio, ma sulle ultime domande temo saprei dire poco.
    Alcuni anni fa ho tenuto un corso in una facoltà scientifica, e mi sono reso conto che i ragazzi, molti dei quali provenivano dal classico, difettavano parecchio in matematica. Al primo anno di università non è ammissibile avere ancora dubbi sulle equazioni di primo grado. Ad alcuni ho dovuto persino insegnare a usare la calcolatrice, perché ne conoscevano solo i comandi base, e non sapevano usare la second-function. E io lì facevo Chimica! Nella scuola sicuramente si dovrebbe fare un grosso lavoro sulle competenze matematiche.

    L'insegnante perfetto e infallibile sicuramente non esiste, come non esiste in altre professioni, che comunque io non vedo come una missione, senza togliere nulla al suo ruolo sociale. Per me le caratteristiche fondamentali di un insegnante sono di conoscere la propria materia, saperla trasmettere e la comprensione verso quelli a cui la insegna. Se manca anche in una sola di queste tre, la vedo dura.

    Purtroppo avete ragione, c'è una generazione che si è trovata in un mondo che sta andando verso una deriva peggiorativa, e la corrispondente generazione genitoriale non è di aiuto, se ha pensato che internet fosse un adeguato sostituto. Già non lo era la televisione, ma i danni che poteva fare erano limitati, perché la TV è comunicazione solo passiva, mentre la rete è anche attiva. E considerando ciò che va oggi forte, non stupisce che ne vengano fuori ragazzi con difficoltà attentive, iperattivi e con la tendenza alla noia, che scambiano l'insegnante per un intrattenitore.

    L'unica cosa buona di questa pandemia è che i ragazzi stanno riscoprendo quanto è bello andare a scuola. La scuola può diventare un posto schifoso, se questo viene permesso, ma se invece si lavora bene, può essere un periodo molto bello. Resta comunque che quegli anni lì non verranno mai restituiti e sono importanti.

    Non so se avete letto di quella ragazzina della mia città, che è stata presa di mira sui social perché diceva di essere disposta a fare lezione anche d'estate. Poverella, voleva andare a scuola! Quando ho sentito cosa le hanno detto sui social ho pensato che fossero i soliti mentecatti che vedo a commentare sotto i video di YT. Invece no: non erano i soliti mentecatti, erano degli insegnanti. Mi piace pensare che siano l'eccezione, e che tutti gli altri li prenderebbero volentieri a pizze in faccia.

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    1. Nel liceo dei mei figli, che è un classico, in due sezioni hanno ideato un potenziamento di matematica: qualche ora in più, che ha consentito agli insegnanti di affrontare un programma più ampio. Mio figlio, che quest’anno è al primo anno di Ingegneria, non ha avuto alcuna difficoltà a seguire l’analisi matematica, un po’ perché è sempre stato portato per le materie scientifiche, un po’ perché aveva delle buone basi. Forse oggi c’è più attenzione verso le varie discipline (penso anche all’inglese, ai miei tempi, studiato come se fosse un’ora di religione), cioè molti istituti specifici cercano di ovviare alle carenze. Certo, se poi lasciano tutto in mano a insegnanti scarsi, possono fare salti mortali!
      Siamo tutti d’accordo che la preparazione deve andare a braccetto con la passione, ma, come si diceva, ci sono sempre più docenti ignoranti e poco motivati, che messi accanto a studenti indifferenti e distratti sai che tipo di scuola fanno!
      Non conoscevo la storia della ragazzina della tua città, mi viene da dire con rabbia: siamo proprio arrivati alla frutta! Altroché pizze in faccia, tu sei un signore io voglio essere meno cauta: li prenderei proprio a calci in culo. :(

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    2. Marco, sono propensa a concordare con te riguardo alla "missione". Perché se ci piace pensare all'insegnante come a un missionario che dispensa saperi e valori, proprio sulla falsariga dei tanti professori che la letteratura e il cinema ci hanno raccontato, è altrettanto vero che questo mestiere non è messo nelle condizioni di poter essere svolto al meglio. Ok, siamo disposti ad accogliere questo lavoro come missione, io ho alcune competenze in campo teatrale, me le fate esercitare? Mi fate capire, a me che ho bisogno di gratificazioni per avere energie e buone idee, che credete tutti nella didattica teatrale? Cominciamo allora a mettere a disposizione di un docente capace di fare teatro coi ragazzi un teatro vero. Non aulette arrangiate e fredde, in cui devi spostare banchi e sedie e fare un po' di spazio. Un teatro che sia della scuola e ambiente di apprendimento della scuola. Anche solo questo aspetto renderebbe logico il mestiere come missione. Guardate agli altri mestieri se non ce ne sono di quelli in cui strutture e ambienti di apprendimento sono in linea con i contenuti e con quello che ogni anno dobbiamo fare.
      Poi sono d'accordo anche sul fatto che dobbiamo essere a tutti i costi degli intrattenitori. Questo aspetto dell'enterteinment nell'insegnamento è un concetto molto in voga. I ragazzi che non vogliono studiare devono essere presi all'amo, conquistati, rabboniti, lusingati e corteggiati con mille metodi ogni giorno diversi. Qualche genitore viene a dirti... sta a lei fargliela piacere. Eh già, perché se non gli piace e non la studia mica è colpa sua.
      Insomma, Marco, accolgo anche la tua visione, perché è innegabile.

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    3. Mari', non sono d'accordo che "ci siano sempre più docenti ignoranti e poco motivati", almeno io non mi sento di sostenere la stessa cosa. Dire questo significherebbe assegnare una percentuale minima a chi lavora seriamente. Invece non è così, dall'infanzia alle superiori ci sono tantissimi ottimi docenti e i fannulloni per fortuna sono una minoranza che purtroppo fa più rumore del tanto di buono che viene fatto. Non solo, dire questo significherebbe prestare il fianco al rischio di pensare che il male assoluto della scuola siano i docenti incapaci, e questo non è assolutamente vero. Dal mio punto di osservazione, noto invece che il male vero sia la mancanza di risorse, perché proprio quella a volte rende incapaci coloro che potrebbero essere invece capaci e motivati. Risorse che dovrebbero rendere l'istruzione all'avanguardia e competitiva, rendere tutti noi seduti in cattedra pronti in prima linea e carichi perché motivati e sostenuti. Il discorso dall'esterno non si può cogliere, purtroppo. Con questo non voglio attribuirti un torto, diciamo che comprendo ma non condivido.

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    4. Il fatto è che insegnanti poco motivati, incapaci o che sono confluiti in questo mestiere per ripiego ci sono, ed è innegabile. Ma come ci sono avvocati, amministratori e politici inadatti.
      Penso che ognuno debba essere consapevole del proprio ruolo: la famiglia educa, l'insegnante forma, i media informano, TV e rete e intrattengono. Se si comincia a mescolare le cose, aspettandosi che uno faccia il lavoro dell'altro, allora non si va da nessuna parte.
      E' invece vero che una di queste parti può imparare dall'altra e ampliare la propria "offerta". Però non sostituirla, quello no.

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    5. Generalizzo, certo, condizionata dall’esperienze negative vissute dai miei figli al liceo. C’è anche il fatto, che francamente capisco poco, che una scuola che ha a disposizione pochi insegnanti bravi debba ogni anno farli ruotare per garantire a tutti la possibilità di goderne. È una politica che penalizza la continuità didattica: cominci con un professore, che ti conosce e comincia a capire quali sono i punti deboli di una classe, a lavorare in base a essi e l’anno dopo sei con un docente nuovo, che deve ricominciare tutto da capo, ha metodi diversi, segue a modo suo il programma. Mio figlio ha cambiato insegnante d’italiano quattro anni su cinque. D’italiano, con docenti bravi e altri meno. Questa altalena a chi giova?
      E poi quello che rimane è ciò che la scuola non offre ed è male organizzato: i pochi insegnanti degni restano soffocati sotto questo mare di sensazioni negative sul funzionamento. Dispiace.

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    6. Marco, esattamente! Se ognuno svolgesse davvero il proprio ruolo, le cose non sarebbero così disastrate. Nella scuola si usa che tu devi essere oltre che trasmettitore di conoscenza anche educatore. Poi quando prova a essere un educatore dinanzi a un problema, a un inciampo, i genitori diventano istrici, ti fanno intendere che hai ecceduto, che ha sconfinato. Poi dicono che non siamo abbastanza motivati.

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  8. Mia madre è stata professoressa d'italiano, certo erano altri anni, lei ha insegnato a cavallo tra gli anni 70 e la fine degli 80 e quasi sempre in contesti difficili, sto parlando di scuole di frontiera in quartieri difficili, eppure non si stancava mai, spesso portava le classi intere a casa a pranzo da noi, a volte riusciva anche a salvarne una. ricordo un ragazzo in particolare, la madre si prostituiva e lui quando morì mia madre a causa del cancro, disse che avrebbe preferito perdere sua madre e non la "sua" professoressa. frase crudele certo ma che la diceva tutta. Ebbbene oggi quel ragazzo è cresciuto ed insegna anche lui.
    Mia madre riuscirebbe a fare lo stesso oggi? Ne dubito, visti i cambiamenti avvenuti sia a livello scolastico sia a livello delle famiglie italiane.

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    1. Non c’è soddisfazione più grande che salvare un ragazzo, che vive una situazione difficile, da una fine scontata. È bellissimo che poi questo ragazzo sia diventato insegnante e pensa che regalo per tua mamma! I giovani sono cambiati, hanno spostato i loro obiettivi dalla sostanza all’inconsistenza: un tempo, la realizzazione arrivava dallo studio, che portava frutti e consegnava un lavoro dignitoso, ora studiare è una perdita di tempo: che studio a fare, con fatica e impegno, se con un video su YouTube posso diventare famoso e fare tanti soldi? Che sconforto!

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    2. Nick, mi ricordo anch'io quei tempi. Il nostro professore di Italiano del liceo riunì attorno a una tavola a cena tutti coloro che portavano Italiano all'orale dell'esame di stato. Fu una serata talmente bella che ancora ne ricordo la sensazione di divertimento. I discorsi a quella tavola furono vari, alcuni serissimi, sul nostro futuro, altri vere e proprie goliardate che ci divertirono molto. Io feci le imitazioni di alcune professoresse e compagni di scuola e lui si divertì alla grande, anzi disse di avermi conosciuta meglio proprio al di fuori delle solite lezioni, in quella serata in cui si mescolava l'ansia per gli esami e una certa elettricità per il futuro che ci attendeva. Erano i tempi di Notte prima degli esami... Tempi che non torneranno mai più.
      Bellissimo quel ricordo di tua madre. Veramente molto bello.

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  9. Come dovrebbe essere la scuola oggi, è una domanda molto difficile, mi manca l’esperienza in questo campo, però mi baso sulle esperienze delle mie amiche insegnanti piuttosto deluse da un’organizzazione spesso lasciata alla buona volontà dei singoli professori e dei presidi. Anche l’eccessiva ingerenza dei genitori non aiuta, l’insegnante non è libero e non viene rispettato per il suo ruolo, come può dare un buon insegnamento se teme delle rimostranze?
    Io ho avuto degli insegnanti molto severi e, anche se li ho un po’ detestati, sono quelli che mi hanno insegnato di più, se. I fosse stata ingerenza dei genitori il loro compito non sarebbe stato altrettanto efficace. In un mondo ideale una buona scuola deve trasmettere l’amore per lo studio dando un metodo e possibilmente anche il senso del rispetto e della comunità.

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    1. Esatto: devono trasmettere l’amore per lo studio. Sai che brutto quando hai un figlio che ama la filosofia grazie a un professore eccellente e l’anno dopo gliene rifilano uno che vale zero e tutto quell’amore finisce dentro una pattumiera? Basta pochissimo per spegnere un interesse: i professori hanno una grande responsabilità, peccato che non tutti se ne rendano conto.

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    2. L'ingerenza dei genitori è uno dei mali peggiori. C'è una vignetta che lo racconta molto bene, genitori che negli anni Ottanta prendono per un orecchio il pargolo che ha preso un brutto voto e negli anni Duemila dinanzi allo stesso voto e alla stessa situazione, fanno rimostranze chiedendo spiegazioni alla prof con un certo cipiglio. Fa sorridere amaramente.

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  10. Per me c'è un unico grande intervento che possa innescare una vera rivoluzione: la riduzione del numero di alunni per classe. Ci vorrebbero anche aule davvero attrezzate per le attività multimediali, investimenti, locali e intere strutture nuove, adatte a far sentire gli alunni destinatari di un grande progetto che parta da ambienti consoni all'apprendimento, ma prima di tutto bisogna permettere ai docenti di poter davvero conoscere ciascuno studente, comprendere le esigenze e le potenzialità del singolo, permettere loro di valorizzare le piccole esperienze di tutti i giorni e accantonare manuali e indicazioni ministeriali, che dovrebbero essere riferimenti e non testi sacri. Invece si vive con l'incubo di non finire il programma, di dover rendere conto del "non fatto", di non raccogliere un numero minimo di valutazioni. Quest'ultimo anno di DaD ci ha messo di fronte alla necessità di ripensare la didattica, ma ha anche dimostrato che per un vero cambio di rotta occorre tantissimo tempo: un'ora di attività a distanza, che sia interattiva e stimolante richiede almeno mezza giornata di progettazione, e pensare di reimpostare anche una lezione in presenza è altrettanto dispendioso. Io sono più che disposta a mettermi in gioco, provo a sperimentare e a trovare soluzioni alternative alla didattica tradizionale (cosa non facile e che non sempre riesce), ma occorre un ridimensionamento della prospettiva. Poi è chiaro che senza la motivazione e la passione dei docenti è difficile far esprimere talenti e capacità, ma lo slancio di tanti bravi insegnanti rimane spesso frustrato in questa scuola di limitazioni, mentre chi intende solo "scaldare la cattedra" (una minoranza, per quella che è la mia esperienza) ci trova un fertile terreno per giustificare anche l'abbandono del tentativo.

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    1. Cristina, hai descritto molto bene il quadro di questa scuola contemporanea.
      Ambienti di apprendimento non adatti a una didattica flessibile, anzitutto. Se ci mettiamo nei panni di questi giovani, immaginando come percepiscono quello che viene offerto loro (l'offerta formativa, appunto), quale orizzonte possiamo immaginare? I ragazzi percepiscono la didattica a compartimenti stagni, la sensazione non è quella di una continuità fra i saperi, di una facilità di contaminazione fra le discipline, ma tante isole a volte senza vita, ciascuna appartenente a un insegnante che ha un metodo, un proprio modo di pensare, una propria esperienza. A monte, il corpo docente dovrebbe essere messo nelle condizioni di creare un unicum nel percorso.
      Questo è anche uno dei motivi per cui uno che scalda la cattedra può farsi comodamente i fatti propri. In una didattica trasversale non lo potrebbe fare, ma ciascuno chiude la porta dell'aula ed esercita il proprio mestiere a prescindere dai percorsi altrui. Non mi stupisce che anche tu percepisca questi scaldacattedra come una minoranza. Ne basta uno per invalidare un percorso in una data materia, ma per quanto ci possa scandalizzare, questa scuola è il prodotto di tutta una serie di cattive pratiche. Come scrivevo più sopra, anche solo uno sfaccendato che arranca a fatica e strappi un sei in un liceo classico può diventare un professore in futuro. Così come cattivi studenti di Medicina diventeranno medici e faranno guai.
      Tu insegni alle superiori, una scelta alla quale sto pensando seriamente anch'io. Vorrei misurarmi con un diverso livello di conoscenze, con ragazzi più grandi, ben sapendo che il liceo scientifico che ho adocchiato conterrà un buon numero di studenti poco inclini allo studio. Ma tant'è. Alle superiori le ingerenze dei genitori, perlomeno, si riducono in maniera consistente.

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    2. In realtà ce ne sono parecchie, decisamente più di quante mi sarei immaginata, e anche su questo fronte la DaD ha inciso negativamente: stiamo assistendo a levate di scudi che sono sicura avranno pesanti ripercussioni sullo sviluppo cognitivo e caratteriale degli studenti, sempre meno abituati a sviluppare autonomia e senso di responsabilità, cioè i due valori-chiave che la scuola dovrebbe trasmettere. Manca quella relazione di fiducia per cui ogni protagonista del processo formativo (docenti, alunni, genitori) dovrebbe riconoscere il proprio ruolo e comprendere di non potersi sostituire agli altri.

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    3. Poi, sicuramente la didattica la distanza non ha aiutato alcun processo di trasformazione in positivo. Non dev’essere stato facile per voi reimpostare un lavoro con un metodo diverso che risponde a esigenze nuove. Ci sono insegnanti che si sono adattati e hanno saputo garantire continuità, altri che si sono persi insieme agli studenti e non sono stati in grado di proseguire la programmazione solo perché poco avvezzi a schermi, video e collegamenti on line. Ed è vero che si vive con l’incubo di finire i programmi, si è contenti di essere arrivati a fare tutto il previsto, anche se la classe non ha assimilato nulla di ciò che è stato loro rifilato. L’insegnante di scienze di uno dei miei figli non amava le domande: chi non capiva rimaneva nell’ignoranza; risposte spicciole e via, avanti, perché quell’argomento doveva essere concluso nei tempi. Di contro c’era un professore di storia dell’arte che era uno spettacolo: portava i ragazzi a vedere i luoghi o le opere d’arte di cui parlava a lezione; li riempiva di appunti, foto, schemi ed era riuscito a conquistarli in una materia che non sempre è presa sul serio. Che fine ha fatto? Un anno, poi sostituito con un altro docente che valeva la metà e, purtroppo, tutto quello che aveva costruito il precedente insegnante è andato perduto. Non si può concepire una scuola così.

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    4. "...stiamo assistendo a levate di scudi che sono sicura avranno pesanti ripercussioni sullo sviluppo cognitivo e caratteriale degli studenti, sempre meno abituati a sviluppare autonomia e senso di responsabilità".
      Riguardo a questo sono seriamente preoccupata. Il leit motiv è sempre lo stesso: l'iperprotettività, il mancato riconoscimento del ruolo di chi siede in cattedra. Dalle medie, non faccio che dire ai genitori "lasciateli sbagliare, lasciate che cadano per poi rialzarsi". Tendono invece non solo a sminuire un problema, ma a giustificare coprendo un mancato lavoro, oppure si inalberano quando esprimi un giudizio. I ragazzi percepiscono questo doppio fronte all'interno della "comunità educante" e ne sono disorientati, approfittano e vagano in un limbo che li priva di occasioni di crescita.

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    5. Sì, molti docenti non hanno saputo mettersi in pari nel momento del lockdown. Io non ho finito i programmi, mi sono portata un po' di ritardo sul mese di settembre, in compenso li ho riempiti di compiti estivi, per tenerli allenati e colmare almeno in parte le lacune della dad. La didattica a distanza non è stata per nessuno una vera didattica, non credo neppure che ci siano stati professori perfetti in quell'ambito, anzi. È e resta una didattica di emergenza, che priva i ragazzi di TUTTI gli aspetti di un percorso educativo. Se qualche insegnante è rampante nella gestione del digitale ed è ligio e simpatico, non ha comunque colmato il gap fra una didattica normale e una a distanza.
      Non colpevolizzo chi non ha saputo gestire la dad, almeno in quel periodo così funesto degli inizi. Fatti salvi i consapevoli fannulloni, conosco docenti che non hanno potuto essere così "perfetti" ma che avrebbero voluto, persone solitamente molto precise sul loro lavoro. Poi è diventata prassi e volenti o nolenti una forma di insegnamento con cui dobbiamo misurarci. Da mesi ci arrivano addosso condizioni e obblighi cui provvediamo con tutta la pazienza possibile. Io ho fatto due mesi in tensostruttura, fra spifferi, topi e piogge martellanti che non ti facevano neppure sentire i pensieri.
      Da fuori non si può percepire quello che è la docenza in questo periodo epocale.

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    6. Esatto,Luz: molti genitori non comprendono la valenza educativa dell'errore e del sacrificio, ci pensano dei sadici indifferenti ai bisogni dei loro pargoli e non si fidano di noi, della nostra capacità di predisporre un percorso, del fatto che in quel percorso siamo non davanti ma accanto ai nostri studenti, che spesso valutiamo più i piccoli progressi di quello che riusciamo a giudicare con una verifica, che occorrono tempo e pazienza e che non una scala di voti ma ben altro dà il polso della maturazione. Si vuole tutto e subito, si vuole il massimo risultato e non si accetta il fattore difficoltà. Però dopo l'uscita dal sistema scolastico improvvisamente scoppia la polemica contro la scuola che non ha insegnato questo o quello, che non ha preparato all'università e/o al lavoro, perché non ci si rende conto che proprio in quegli incoraggiamenti, in sull'insistenza, in quello che era percepito come "rottura di scatole" stava la leva per prepararli al futuro. Il che non vuol dire essere arcigni, indifferenti, cattivi, anzi: da alunna ho vissuto un percorso molto più impersonale e freddo di quello in cui sono entrata da docente, molto è cambiato e si è ammorbidito, a volte giustamente, in altri casi in modo esagerato. La DaD ha offerto tanti alibi, scappatoie e di certo molti di noi non hanno risposto con l'elasticità e la serietà che hanno invece richiesto ai loro studenti (in un ciclo di frustrazione senza fine), ma, come dici tu, la maggior parte degli insegnanti ha reagito ancora una volta al problema (un'abilità che siamo abituati ad esercitare tutti i giorni), si è messa in gioco e ha saputo fronteggiare il nuovo contesto, riuscendo ad essere presente e a distinguere gli alunni lavativi da quelli che, a loro volta, vivevano la grande difficoltà dell'apprendimento a distanza.

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  11. Scusate se inizio con una sonora risata, ma il professore che ha detto "la rivoluzione francese è scoppiata in seguito all’esplosione di un vulcano" mi ha fatto ribaltare dalla sedia! Non è un docente, ma è un comico, o forse ha confuso l'eruzione del Vesuvio e il destino di Plinio il Vecchio con la presa della Bastiglia e le sommosse popolari. :D
    Tornando seria, non ho le competenze necessarie per rispondere alla domanda su come dovrebbe muoversi la scuola oggigiorno, dato che la conosco soltanto dall'esterno sia perché mio figlio lavora sia perché per la mia professione la frequento a margine (gli autori dei testi sono docenti, è vero, ma conosco le dinamiche didattiche e l'elefantiasi burocratica soltanto attraverso i loro resoconti scoraggiati). L'esautoramento nella figura dell'insegnante è stato un fenomeno galoppante negli ultimi anni, ho amiche che ai colloqui coi genitori devono andare accompagnate da colleghe sia per avere testimoni sia per una forma di protezione fisica.
    Pur essendo passati molti anni da quando ho concluso il mio percorso scolastico, ho trattenuto nella memoria due tipologie antitetiche di insegnanti: coloro che mi hanno fatto innamorare di alcune materie, trasmettendomele con passione, competenza e severità, come la lingua e la letteratura francese, e coloro che appartenevano al genere "non mi piace ciò che insegno, il mio scopo è arrivare allo stipendio a fine mese", come l'insegnante di chimica che ci insegnava geografia turistica e dichiaratamente disprezzava la materia che insegnava. Tra questi ultimi esempi purtroppo devo annoverare anche una notissima poetessa italiana contemporanea, che ci insegnava stenografia inglese: le sue lezioni erano del tutto incolori e soporifere. Va bene che la materia non si prestava molto, ma con un po' di creatività avrebbe potuto migliorare l'esposizione. E infatti talvolta avviene il miracolo, quando incontri un insegnante che ti spiega l'algebra - materia che odiavo, come matematica e geometria - in maniera così straordinaria, brillante e vivace che sembra di assistere alla rivelazione sulla via di Damasco.

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    1. "...ho amiche che ai colloqui coi genitori devono andare accompagnate da colleghe sia per avere testimoni sia per una forma di protezione fisica".
      Ebbene sì, durante le convocazioni di genitori per casi particolari, non siamo mai sole, ma ci presentiamo almeno in due. Anche a distanza, perché il verbale di colloquio non possa essere invalidato nel caso di una problematica più avanti.
      Scrivo questo con amarezza, perché il mio dialogo con i genitori è stato sempre vivissimo e aperto, sereno e costruttivo. Fino a una decina di anni fa lo era con tutti, non c'era questa esasperazione dell'ingerenza, poi le cose sono andate peggiorando, e io stessa mi sono trovata dinanzi a casi in cui ho avuto seri problemi di gestione. Mi amareggia perché sono consapevole di essere sempre, sempre, tutta dalla parte dei ragazzi, del loro percorso, di cosa sia meglio per loro, per la loro crescita, l'assunzione di una responsabilità. Non basta essere dalla loro parte, devi stare molto attenta a come ti esprimi, al tono, a evitare il rimbrotto, non sia mai. Chiedono di poterti vedere e domandano spiegazioni di come tu ti sia permessa una libertà del genere. Credetemi, è tutto molto degenerato. Nonostante questo, continuo a crederci. Domani per esempio l'ora di Storia è dedicata a un "compito di realtà". Li ho divisi in gruppi e ciascuno dovrà esporre le argomentazioni di un dato intellettuale antifascista.
      Non saranno tutti partecipi né tutti entusiasti. Diversi magari porteranno una giustificazione da parte dei genitori, perché è una prassi diffusissima.
      Qualcosa si è rotto, e rimettere insieme i cocci di questa scuola appare adesso come un'utopia.
      Non ho particolari ricordi dei miei professori. Non penso di avere studiato al meglio durante gli anni di liceo. Vero è che si trattava di una scuola di provincia, per giunta al sud, quindi con tutte le problematiche dell'epoca innalzate esponenzialmente.

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    2. Quando ho raccontato la chicca (ormai si parla di perle del prof. ...) della rivoluzione francese ho subito pensato a te! Pensa che questo è il professore geniale che, parlando di Foscolo (e qui soddisfo la curiosità di Luana), ha raccontato ai ragazzi che fosse un gran viveur, che avesse molte donne perché ben dotato e dunque, che pensarono bene di riesumare il suo cadavere per verificare che avesse un ...bip... notevole! 🤦🏻‍♀️
      Una battuta? Lo pensiamo tutti, anche se mio figlio dice che lui racconta questi aneddoti con grande serietà. Ma ve lo immaginate a un esame di Stato, riportare questa interessantissima informazione sul grande Foscolo? 😂
      No, si ride e anche molto, ma viene da strapparsi i capelli, in verità!

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    3. Se racconta questi aneddoti con grande serietà, allora è fuori di melone. Se invece è un tipo scherzoso, la battuta ci sta. Foscolo fu in effetti un grande seduttore, ebbe una figlia da una relazione e fu dapprima seppellito a Londra, poi riesumato e traslato in Santa Croce a Firenze. Anche a me capita di fare battute sulla biografia dei grandi autori (non a questi livelli, ma ho familiarità con questo tipo di comunicazione) e ti garantisco che c'è chi non apprezza, ma a me lascia indifferente. Preferisco mettermi in sintonia con tutti gli alunni a cui piace la battuta salace, che deve legittimamente trovarsi un posto in qualsiasi lezione e in mezzo a tanta tanta serietà richiesta da queste discipline. :-)

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    4. Ma sarebbe giusto e accettabile il suo spirito se mettesse anche della carne attorno a tutta questa fuffa, invece lui si limita a raccontare ste storielle, fa ridere, risulta simpatico, e poi? Ma vuoi anche spiegare chi erano e cosa scrivevano i grandi della letteratura italiana per essere diventati ciò che sono diventati?
      Gentile e Croce sono i padri della filosofia italiana. Punto. E assegna filosofi agli alunni da studiare e ripetere alla classe. Tu mi fai Platone e Aristotele, tu mi fai Kant ed Hegel, tu..., senza spiegare nulla. No, per me questo non è un insegnante, è un saltimbanco.

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    5. Concordo pienamente. Se manca il lavoro, allora no.
      Guarda, penso al degrado generale. Questi docenti senza dubbio vi concorrono. Io potrei insegnare alle superiori e mi sto guardando attorno, eppure una parte di me non si sente all'altezza, perché troppo avvezza alle medie. So che dovrei fare un percorso di costruzione della mia carriera, e so anche che ce la metterei tutta.
      Questi buontemponi fanno il male della scuola, mi dispiace che abbiano tutto questo potere di far danno. Altro che senso di inadeguatezza, quando sento queste cose mi dico che troppo seriamente svolgerei il mio lavoro.
      Evidentemente non conosce la propria materia, oppure la noia lo ha investito in pieno e soprattutto disprezza i ragazzi e il proprio lavoro. Perché in questi termini bisogna tradurlo. Si parla troppo poco di chi fa bene il proprio lavoro, non fanno "rumore" perché è semplicemente quello che un docente dovrebbe saper fare.

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  12. Come dovrebbe essere la scuola di oggi? Non saprei dirlo. Vivo tra l'incudine e il martello, cioè tra le mie amiche insegnanti che me ne raccontano di ogni. Due anni fa, un'amica insegnante di inglese è stata minacciata da un ragazzotto stra-ripetente in una scuola professionale... lei solleva come ridere 100 kg di bilanciere, quindi non dico che era tranquilla, ma preparata. Il genitore del ragazzotto si è invece presentato il giorno dopo a farle le scuse. Un'altra professoressa di Storia credo, alle medie ma non di ruolo (a ogni settembre sento tutte le loro speranze per avere una cattedra decente) si è trovata interpellata dai carabinieri, per conto dell'assistente sociale, per sapere se una ragazzina aveva comportamenti strani in classe. Un'altra ancora ci raccontò degli insulti ricevuti al ricevimento genitori da parte di una madre prepotente che, senza titolo o merito, pretendeva di contestare il metodo di insegnamento, il programma, le verifiche, i voti. E aveva pure scritto al Preside, contro però il parere degli altri genitori.
    Dall'altra parte, il martello sono gli amici genitori di pargoli in età scolare a più livelli. Anche loro me ne raccontano di tutti i tipi. Però mentre posso capire che esista il singolo insegnante che proprio non ti va giù, perché spiega male e tuo figlio non capisce, perché sembra essersi impuntato proprio con tuo figlio e lo tartassa di interrogazioni e verifiche, e cattivi voti che sembrano irrecuperabili... diffido dei genitori per cui TUTTI gli insegnanti del loro bambino sono TUTTI dei pessimi elementi. Non è statisticamente possibile. E per un paio di casi di diretta conoscenza, il problema non sta a scuola, ma tra le pareti domestiche. E non è nemmeno imputabile al ragazzino, ma a questioni pregresse tra i genitori. Qualche volta, bisogna dirlo, pretendono anche troppo dai figli, proiettano sui ragazzi i loro desideri personali, indirizzando un percorso di studi che è totalmente errato rispetto alle capacità e al sentire del figlio. E se la prendono con i professori che il ragazzo non studia o non riesce in questa o quella materia, che non gli interessa proprio.
    Sentendo tutte queste esperienze, da una parte e dell'altra, vi giuro che non riesco a comprendere come si potrebbe migliorare. Rimandiamo a scuola i genitori? :D
    Questo post comunque capita a tema perché sono giorni che mi arrovello sul "problema" della DAD. Su Sky Tg 24 stanno girando varie puntate di un documentario chiamato "Ragazzi interrotti". Qui trovate un riassunto e i link alle puntate, online: https://tg24.sky.it/cronaca/2021/02/22/ragazzi-interrotti
    Non so se sia volutamente costruito per dare alla DAD la colpa di tutto, ma ciò che mi colpisce è che la famiglia non viene mai citata, almeno negli spezzoni che ho visto io. Inoltre, ascoltando bene, ci sono delle situazioni pregresse (il ragazzo bullizzato che già aveva deciso di non studiare più, la ragazza che già aveva avuto problemi di disordine alimentare) che certo la DAD non ha migliorato, ma non possono nemmeno essere totalmente a carico del sistema scolastico. Ecco, ho visto questi filmati e mi sono chiesta dov'erano le famiglie. Mia madre non mi ha mai lasciato in pigiama tutto il giorno, nemmeno con la febbre, per capirci...

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    1. È quello che affermo quando dico che la responsabilità dei genitori non è solo grande, è tutto: quando partecipavo alle riunioni con gli insegnanti in veste di rappresentante di classe (scuola materna e primaria di uno dei miei figli) su un punto ci si batteva con forza: la collaborazione scuola/famiglia, che, negli anni, è venuta meno. Prima, quando un professore faceva notare a un genitore, durante il ricevimento, che il figlio poteva fare di più, il genitore tornava a casa e si metteva al servizio della scuola aiutando il figlio nello studio o cercando di capire quali fossero i suoi disagi; ora se ne lavano le mani, dando colpe ai professori. Ma dico, non te ne accorgi che la resa di tuo figlio è pessima, ma vuoi intervenire da genitore responsabile e capire dov’è il problema, anziché trovare colpevoli e lasciare che tuo figlio venga bocciato? Per me è assurdo: in classe di Edoardo c’è un ragazzo che rischia la bocciatura per una serie di obiettive ragioni. Non voglio giudicare situazioni che non conosco, ma mi fa rabbia se penso che, forse, i genitori potrebbero intervenire, fare qualcosa, evitare, invece di gettare la spugna.

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  13. Un pensiero di Piero Angela che calza a pennello:

    “L’insegnante è la persona alla quale un genitore affida la cosa più preziosa che possiede suo figlio: il cervello. Glielo affida perché lo trasformi in un oggetto pensante.
    Ma l’insegnante è anche la persona alla quale lo Stato affida la sua cosa più preziosa: la collettività dei cervelli, perché diventino il paese di domani”

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