mercoledì 10 febbraio 2021

Bias comportamentali: perché la pensiamo in un certo modo?

Oggi voglio dedicarmi a una riflessione pertinente il campo delle scienze comportamentali. Altri post di questo tipo potete trovare a questo tag (psicologia). 
Vi è capitato di studiare un po' di psicologia, magari alle superiori o all'università? Io mi ritrovai un esame all'università, ce lo infilai per puro gusto potendo scegliere due o tre discipline da altri ambiti. Ebbi modo di studiare le origini della psicanalisi, per intenderci quel florilegio di teorie afferenti a Freud, poi smentite da numerosi altri studi. 

Lo studio della psiche nell'ultimo cinquantennio si è concentrato su osservazioni della società, sul suo evolversi (o regredire?), sui profondi cambiamenti legati al progresso. 
L'individuo è fatto per non essere individualista, ci dicono gli studi, l'uomo è gregario, si forma all'interno di un sistema consolidato e in fieri, pertanto i suoi comportamenti sono plasmati sul suo rapportarsi all'altro, continuamente. 

Insomma, siamo ormai lontani dagli anacoreti di un passato lontanissimo o dagli individualisti del XIX secolo, intellettuali e pensatori ripiegati su un'altissima idea di un Sé distaccato dalla massa. Chi oggi sarebbe realmente in grado di cibarsi esclusivamente del proprio pensiero, di uscire per sempre dalla massa, di non farsi condizionare dall'agire e sentire comune?
I comportamenti umani, ci dice in sostanza la psicologia sociale, sono un continuo intersecarsi di scelte, derivanti da altre scelte, e l'uomo agisce e pensa seguendo un orizzonte di riconoscimento, gratificazione, determinazione di un'identità. 

Ecco pertanto che gli studi affinano la loro osservazione fino a individuare comportamenti comuni, una specie di coazione a ripetere, sempre uguale a se stessa. Crediamo davvero di essere così unici? Leggendo l'elenco dei principali "bias cognitivi", capiamo come assomigliamo tutti gli agli altri. 

Bias che? 
Si pronuncia "baias", non è un granché di parola, ma indica una sorta di pregiudizio, una "distorsione sistematica del giudizio", un pensiero radicato in noi e del quale siamo assolutamente convinti. Verrebbe da pensare che una cosa del genere sia anzitutto legata alla cultura cui apparteniamo, non può essere smentito.
La cosa però si fa interessante quando capiamo di esserne dotati a prescindere da un background culturale, quanto piuttosto perché inconsapevolmente ci siamo formati lungo un percorso di scelte e osservazioni, conveniente e certezze, relazioni, che ci hanno inculcato pregiudizi su pregiudizi. 

Andiamo per gradi.
La nostra mente, un ambiente complesso e sotto molti aspetti "plasmabile", trasformabile, dall'infanzia all'età adulta elabora una serie di "euristiche", ossia strategie per raggiungere una soluzione. 
Queste strategie sono perlopiù legate all'istinto piuttosto che all'applicazione di una logica razionale. In pratica, si tratta di tutti quei comportamenti legati alla sopravvivenza elaborati dall'uomo fin dai tempi della preistoria, quando si muoveva come cacciatore e raccoglitore in ambienti ostili. 
Con l'evoluzione, le euristiche non sottoposte a un pensiero razionale hanno cominciato a perdere terreno per la necessità di affrontare problemi sempre più complessi. In pochi possono permettersi di lasciare agire l'istinto, si dovrebbe essere oltremodo esperti di un dato problema. 
La mente, consapevole di dover lasciare questo agire istintivo, ha sviluppato simultaneamente una serie di "paletti" che preservano dall'errore. Stiamo parlando di "istinto di sopravvivenza", ragazzi. :)

Ma quali sono questi "ostacoli" mentali che tanto condizionano il nostro vivere?
Pensate, gli studiosi ne hanno elencato 200 (!)
Non credo che ciascuno di noi abbia un paio di centinaia di pregiudizi incuneati nella mente, ma a leggerli, ci accorgiamo di possederne un buon numero. 
Vediamone alcuni.
  • Bias del carro della banda musicale. Questo è tipico del nostro tempo: una convinzione si radicalizza quanto più è condivisa da un gruppo molto ampio di individui. I social network alimentano di continuo questo bias, se pensiamo alla questione vaccini, per dirne una. 
  • Effetto placebo. Una dei più potenti condizionamenti della mente. Siamo convinti che un determinato "farmaco" possa guarirci, una convinzione che neppure la logica più evidente riesce a sradicare. Vedasi tanta parte di omeopatia (non vogliatemene se qualcuno usa "farmaci" omeopatici, ma la ritengo una delle grandi fuffe in circolazione). 
  • Attuazione iperbolica. La tendenza a scegliere il piacere immediato piuttosto che il guadagno a lungo termine. Ne conosco a decine. Persone incapaci di risparmiare e sacrificarsi, pensando a un obiettivo lontano ma possibile, pur di godere nell'immediato il loro guadagno. Incapaci di pianificare, vivono in un eterno presente (e si lamentano molto, additando le "fortune" altrui).
  • Bias della negatività. La tendenza a dare molto peso a qualcosa di negativo, dimenticando gli effetti positivi di ciò che è andato o andrà a buon fine. 
  • Bias informativo. La tendenza a cercare freneticamente informazioni di vario tipo prima di attuare un progetto. Riempirsi anche di informazioni del tutto inutili per far fronte all'ansia. Disperdere energie persuasi che senza quel surplus di informazioni le cose andranno male. 
  • Bias di ancoraggio. La tendenza a imputarsi sulle prime informazioni ottenute. Anche se le successive smentiranno le prime, il "paletto" mentale le fa percepire come deboli. 
  • Bias di conferma. La tendenza a dare spazio solo alle informazioni che danno ragione, escludendo quelle che mettono in discussione una data idea. Pensate per esempio a una setta religiosa o ai seguaci di un determinato regime alimentare. Non intendono neppure ascoltare teorie in grado di mettere in discussione quelle certezze. 
  • Bias del pavone. La tendenza a divulgare solo gli aspetti del successo e a tacere i fallimenti. Molti profili social mostrano solo ed esclusivamente l'aspetto vincente, pensiamo ai profili dei tanti influencer sparsi in rete. 
  • Apofenia. La tendenza di vedere a tutti i costi collegamenti tra fatti e cose, ravvisando una sorte di "destino" o fatalità. Questo può impedire progetti o mortificare l'intraprendenza, poiché il fatalismo blocca l'azione a favore di una inazione. "Tanto prima o poi succederà lo stesso". 
  • Bias dell'autorevolezza. Pensiamo a quando si è del tutto convinti che tutto ciò che fa e pensa una determinata persona sia buono e giusto. Accade perfino con i comici, fateci caso. Tutto ciò che esce dalla loro bocca tendiamo a ritenerlo comico, ridiamo, ma in realtà solo perché lo ha detto quel comico.
  • Effetto cheerleader. La tendenza a ritenere più belle, simpatiche, vincenti, le persone che appartengono a un gruppo più o meno numeroso. 
  • Effetto Dunning - Kruger. Su questo ho scritto diffusamente qui
Mi fermo qui, per non tediarvi. Se volete divertirvi a scoprirne altri, andate a questo sito

Nessuno è immune da questi comportamenti e tendenze. Quali pensate di avere, o avere avuto, magari accorgendovi dell'errore?

34 commenti:

  1. Forse rientra nel bias informativo la mia tendenza a documentarmi tanto per scrivere e poi arrivare al momento della scrittura troppo stanca e scoraggiata dalla mole di materiale da organizzare. A questo devo forse unire la negatività, che mi porta a vedere il classico "bicchiere mezzo vuoto". Ah, Luz, adesso sapere che queste inclinazioni hanno un nome mi inquieta un tantino! XD

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    1. :D Anch'io ho scoperto di rientrare in diverse classificazioni.
      Siamo più comuni di quanto crediamo. C'è una "fisiologia" dei comportamenti che spiega anche molti atteggiamenti altrimenti senza senso. E poi siamo portati a ripetere all'infinito. È un tantino inquietante, sì. XD

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  2. È veramente interessante vedere come funziona la nostra mentre. Siamo capaci di fare grandi cose e trovare soluzioni ingegnose, ma poi ci saranno sempre "meccanismi" nascosti che porteranno i nostri pensieri verso una determinata azione.

    Molti di questi bias sono poi sfruttati anche per danneggiare il prossimo (basti pensare alle fake news o ai santoni).

    il Bias di ancoraggio si presta molto anche nei social network, visto che spesso anche inconsapevolmente, tendiamo a eliminare ogni fonte che non combaci con la nostra visione del mondo (causando un effetto bolla).

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    1. Molti di questi "bias" si confondono e intersecano fra loro. Alcuni nascono da diverse combinazioni. Molti tendono ad assomigliarsi.

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  3. Bias della Superiorità Illusoria (detto anche Bias del Mago Otelma).
    Siamo sicuri di soffrirne, dovremmo dire, ma in realtà essendo la nostra una Superiorità Di Fatto, a ben vedere, non ne soffriamo.

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    1. Questa mi è piaciuta. XD
      Questo bias corrisponde all'effetto Dunning - Kruger, una sovrastruttura comportamentale purtroppo assai diffusa.

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  4. Penso che, in piccole percentuali (per fortuna) ne abbiamo diverse. Io due-tre le ho, magari non proprio così o non proprio così gravi. Dipende pure dalle situazioni.
    Non so se esiste, ma ultimamente mi sono convinto di avere una sorta di rimozione di eventi... piccole cose, magari approcci di altre persone, situazioni ambigue... mi riaffiorano.

    Moz-

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    1. Non saprei se la rimozione degli eventi è annoverata fra i 200 bias. Forse sì, perché è una forma di autoprotezione, in fondo. Dipende dalle situazioni, certo, ma siamo molto dipendenti da questi paletti mentali, al punto da incorporarli nei nostri comportamenti senza neanche accorgercene. Conosco persone che non fanno che lamentarsi. La lamentela, come se tutti i guai piombassero sulle loro teste e sempre sulle loro, serve a mio parere per concretizzare un alibi. La causa dei loro mali è sempre esterna, non riescono a farsi una ragione del fatto che almeno all'80% siamo responsabili delle nostre azioni.

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    2. Vero, conosco anche io...
      Però non si tratta nemmeno di cose... di colpa, non è una colpa avere queste bias, ma ci si può lavorare sopra.

      Moz-

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    3. È vero, ci si può lavorare. Il solo problema è che chi è affetto da questo "bias" di solito non è assolutamente disposto ad ammettere di poter cambiare.

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  5. Probabilmente si incorre un po' in tutti, anche se non in modo sistematico. Almeno nel mio caso mi sento di poter dire che non cado in nessuno di questi pregiudizi in modo continuativo e sistematico, ma sicuramente a volte, magari senza accorgermene, in certe specifiche situazioni, mi sono lasciato influenzare da ognuno di essi, nessuno escluso. Anche quando crediamo di essere obiettivi, in realtà può darsi che non lo siamo.

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    1. Sono del tutto d'accordo con te. Strato su strato, emergiamo ogni tanto, consapevoli di essere stati poco obiettivi, troppo emotivi.

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  6. non ho mai studiato psicologia , ne conosco alcuni tratti ma nessun percorso mi ha fatto incontrare nei bias che tu hai descritto.
    MI pare siano convinzioni limitanti di cui forse siamo un po' vittime tutti. Come tutte le classificazioni sono tracce utili all'esplorazione del sé condizionamenti mentali che ci impediscono di sperimentare la realtà in modo completo e sorprendente. Stando al gioco, la negatività e il pavone sono cose che riconosco. Sull'effetto Dunning - Kruger avevo già detto a suo tempo nel blog. Anche quello comportamento diffuso ma da cui mi sento, forse presuntuosamente, distante

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    1. Capire come siamo fatti e perché tendiamo a fare certe scelte o ragionamenti è sempre utile. Si capisce non solo come la nostra unicità sotto molti aspetti sia solo presunta, ma anche come tanti aspetti del comportamento rispondano a dei codici.

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  7. Ecco che ritrovo i famosi bias (ricordo che ne fece un’ampia trattazione Marco Lazzara nel suo blog): sono affascinanti e un po’ mettono paura, se penso che non ce la scansiamo: abbracciano talmente tanti di quegli ambiti del nostro agire, che è impossibile sottrarsi alla loro influenza. Leggendoli ancora, su 12 che ne hai elencati, almeno la metà mi appartiene: a parte l’attuazione iperbolica, il bias informativo, il bias di conferma, il bias dell’autorevolezza e l’effetto cheerleader, direi che gli altri, in misura varia, mi appartengono tutti.

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    1. Mi piace che in molti commenti compaia una autoanalisi di chi scrive. È un atto di maturità e consapevolezza. :)

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  8. Io suppongo di essere stato spesso vittima del Bias della negatività in passato, tendevo a scoraggiarmi facilmente, ho dovuto fare un lungo lavoro su mè stesso per limare questo aspetto della mia personalità. Adesso non dico di esserci riuscito del tutto però perlomeno riesco a combattere questa mia tendenza con più forza.
    E spero anche con qualche risultato. :)

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    1. In effetti, da quello che conosco di te, mi sembri molto sensibile, a volte ipersensibile. :)

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  9. Condivido il commento qui sopra di Elena. Perché pur non conoscendo la psicologia ma avendo conosciuto alcuni aspetti della questione (amici e amiche psicologhe ne ho avute molte e spesso mi sono confrontato con loro oltre a riceverne aiuti grazie anche all'analisi) le convinzioni o le false convinzioni sono le trappole in cui rischiamo di cadere. Esplorare senza farsi contaminare, osservare e imparare ascoltando sé stessi...anzi direi, mai perdere sé stessi ma essere pronti a modificare eventuali errori attraverso la realtà e la vita che ci mette di fronte alle situazioni...va beh, ho scritto così di getto ma va bene così.
    Bel post e un salutone

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    1. Pur scrivendo di getto, hai espresso bene quello che intendevi. E con cui concordo. Lo snodo fra la tentazione, inconsapevole, di cadere nel tranello dei paletti e non farlo, è proprio lo scegliere di osservare e imparare ascoltando se stessi.

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  10. Per quanto riguarda la prima parte del post, in cui viene toccato il concetto di individualismo. Penso che nella società occidentale attuale la componente individualista di base risieda nel fatto che si crede nel valore morale dell'individuo come singolo e non come appartenente a una comunità. Da questo punto di vista, ci portiamo ancora sulle spalle l'eredità illuminista (in Europa) e siamo ancora individualisti. Non credo che questo neghi che, per la maggior parte, coloro che fanno parte della 'cultura occidentale' tendando a organizzarsi in gruppi, società.

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    1. Mah, certo individualismo come tu dici derivante dal primo Illuminismo, non è forse stato mortificato dalla società di massa tra fine Ottocento e nuovo secolo, e poi schiacciato dalle politiche dittatoriali e poi ancora dall'omologazione di un'economia che poi è diventata globalizzazione? Se ancora esiste un certo individualismo, penso sia assomigliante all'inadeguato uomo inetto di Italo Svevo.

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  11. Credo che un pochino, una volta o l'altra, incappiamo in tutti. La nostra mente, purtroppo o per fortuna, funziona così. Credo che l'importante sia comunque non farsene risucchiare. Insomma, un conto è sentirsi rassicurati dal fatto che il proprio film preferito piaccia a tante persone, un conto è farsi plagiare dalle opinioni lette in rete. So perfettamente che il mio malessere da ciclo è molto migliorato grazie agli integratori che mi sono stati prescritti, ma sopratutto grazie all'effetto placebo. Ma non curerei mai il cancro con l'acqua di rose, ecco.

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    1. Per certi aspetti, sapere che apparteniamo a categorie sociali che volenti o nolenti si abbandonano a questi pregiudizi, non deve scoraggiarci. Fa parte del nostro relazionarci, siamo in definitiva il frutto di tutta una serie di interazioni ed esperienze. Resta il fatto che sono stupita da come alcuni si lascino traviare proprio da dicerie e tendenze di pensiero. Lo sto vedendo con il caso vaccini. Ci sono ambiti lavorativi in cui in moltissimi preferiscono non farlo, solo perché stanno dietro a certe idee balzane, e vi restano talmente aggrappati che le motivazioni opposte neanche le sentono.

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  12. Credo di avere certamente il bias informativo, ogni volta che devo prendere una decisione mi informo mi prendo mille informazioni, è un modo per capire quello che voglio fare. Qualche volta sono presa anche dal Bias della negatività, dipende molto dai periodi. Questo post è molto interessante.

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    1. Grazie, Giulia, per averlo apprezzato. In molti sono "affetti" dal bias informativo. Per esempio, mio marito, davvero ossessionato da valutare una scelta sotto le mille sfaccettature possibili. Ha bisogno di "andare sul sicuro", è tipico di coloro che sono tendenti all'ansia.

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  13. Tra l’altro mi sono ricordata che la psicologia mi ha sempre molto interessato, dopo il diploma prima di scegliere Economia ho seriamente pensato di iscrivermi a Psicologia...

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    1. In moltissimi sono stati almeno in passato affascinati dalla prospettiva. Io non proprio come scelta universitaria (avevo maggiormente un temperamento umanistico e artistico) ma possiedo tanti testi che ho letto in un periodo della mia vita non proprio felice. Ho cercato la psicologia e vi ho trovato un conforto. La spiegazione logica e razionale di una crisi personale.

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  14. Pensa che Psicologia era in ballottaggio insieme con Storia e Beni Culturali! ;) Però occorreva superare un test d'ingresso e, se non mi ricordo male, la frequenza era pressoché obbligatoria. Tra i bias mi appartengono molto quelli di ancoraggio e conferma, tendo a dare credito a coloro che la pensano come me. Insomma, difficilmente riesco a uscire dalla mia "comfort zone". Per il resto sono tutti dei meccanismi davvero ancestrali, che si applicano in maniera automatica a dosaggi alterni. Uno dei più diffusi è senz'altro il bias rispetto all'"estraneo", al "diverso"...

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    1. Secondo me hai fatto benissimo a intraprendere lo studio della Storia! È innegabilmente il tuo elemento. :)
      Sì, ci sentiamo molto a nostro agio con persone a noi affini per idee e scelte.

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  15. Molto tempo fa, vent'anni oramai, una persona mi accusò (non un verbo a caso) di essere vittima dell'effetto placebo, perché mi aveva annacquato il l'ansiolitico in gocce. Peccato che io mi ne ero accorta subito, dal sapore in primis ma dalla mancanza del vero effetto calmante del farmaco e lo dissi pure subito che qualcosa non andava su quella boccetta. A me bastava davvero una dose minima, come mi aveva spiegato il medico, ma non era un effetto placebo. Quando la persona mi disse di aver annacquato il farmaco e che stavo bene lo stesso, fu interessante vedere la faccia alla mia risposta: "Lo so, infatti sono tornata in farmacia."
    Ancora peggio: era la stessa persona che mi metteva nella condizione di dover prendere un ansiolitico... infatti aveva Attuazione iperbolica (io li chiamo "sportivi della lamentela" ma adesso conosco il nome esatto, grazie), bias della negatività, bias informativo, apofenia (ma non è lo stesso bias della negatività? o con l'apofenia attendono anche destini positivi?). Stavo rischiando di ereditarle. Adesso direi che ho un bias dell'autorevolezza (altrui) e della sottostima (mia), un po' di effetto cheerleader che combatto pubblicando, in mezzo alle foto carine (quelle poche che mi vengono), anche le mie foto post-allenamento, senza trucco, faccia sconvolta, capelli scomposti, maglietta sudata. A volte gioco con il "find the difference", con la stessa posa del coach a fianco della mia foto, solo che lui è perfetto anche dopo un'ora di corsa, io sembro Willy Coyote appena caduto dal dirupo... XD

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    1. Questa cosa dell'effetto placebo è diffusissima e non sono pochi quelli che ci cascano. Penso che in gran parte si possa dire che anche l'omeopatia produca un effetto placebo (non voglio essere eccessiva, c'è una farmacopea non legata alla chimica, ma direttamente agli effetti delle piante sulla nostra salute, non come l'omeopatia che risulta essere un distillato dell'effetto della pianta).
      Le tue foto "realistiche" mi piacciono moltissimo. Spesso mi dico che sei coraggiosissima (e bella anche senza trucco e strapazzata dagli allenamenti).

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  16. Bias informativo, mio! Quando devo fare qualcosa di nuovo inizio ad aprire in rete pagine su pagine, passando da articoli collegati all'argomento ad altri collegati al collegamento, fino a quando il nesso diventa invisibile, e così pure i segnalini (come si chiameranno?) delle pagine, in alto sulla schermata. Ma non è finita: dopo inizia il copia-incolla delle parti interessanti su un documento Word... Rischio di non poterne più ancora prima di cominciare davvero. :)

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