giovedì 24 giugno 2021

Il grande mare dei sargassi - Jean Rhys

Incipit: Quando vengono i guai serrate le file, si suol dire, e i bianchi lo facevano. Ma noi non eravamo tra le loro file. Le signore giamaicane non avevano mai visto di buon occhio mia madre "perché lei bella come la bellezza", diceva Christophine.
Era la seconda moglie di mio padre, veramente troppo giovane per lui, pensavano, e martinicana per giunta. Quando le domandai perché veniva a trovarci così poca gente lei mi rispose che la strada da Spanish Town alla tenuta di Coulibri dove stavamo noi era molto brutta e i lavori di riparazione erano ormai una cosa del passato. 

Credo di avere già espresso la mia predilezione per quei romanzi che nascono da una costola di una celebre storia già scritta.
Anzi, metto qui il link a un romanzo che, esattamente come questo, sviluppa un nuovo filone narrativo. Leggevo due anni fa La bambinaia francese, una visione nuova e diversa di un personaggio sfocato e appena abbozzato. Ebbene, il romanzo che vado a commentare oggi, pubblicato nel 1966, nasce da quello stesso straordinario Jane Eyre di Charlotte Brontë.
Desideravo leggerlo da un po', ho approfittato a suo tempo degli sconti Adelphi per acquistarlo ed eccolo là. 

C'è da dire che l'ho letto in un solo giorno, perché in poche ore lo si può percorrere, ma non è solo questione di brevità. Dalle prime pagine, proprio perché già sai cosa sarà della protagonista, verso quale abietto destino è diretta, non riesci a separartene. 
Questa storia doveva essere raccontata, perché restituisce dignità a un personaggio che nel romanzo brontiano viene rinchiuso in una fredda e inospitale soffitta di Thornfield Hall, la magione di Edward Rochester presso la quale Jane Eyre lavora come istitutrice. 
La reclusa di Thornfield, l'inquietante Bertha Mason moglie di Edward, Bertha la pazza, la violenta, l'incendiaria, è nella narrazione di Jean Rhys una fanciulla vivace e piena di sogni. 
Dalla sua voce veniamo a sapere che il suo vero nome è Antoinette, ne conosciamo turbamenti e desideri, il suo difficile rapportarsi con gli ex schiavi, il suo faticoso incedere in un mondo, quello dei creoli delle colonie britanniche, colto nel suo mutare in un mondo libero. 

Jean Rhys (1890 - 1979)

I creoli delle colonie britanniche.
Alla fine degli anni Trenta del XIX secolo, l'Inghilterra abolì la tratta degli schiavi - un processo iniziato nel 1808 con lo Slave Trade Act - e successivamente la schiavitù fu ritenuta fuori norma. 
Le colonie impiegarono diverso tempo per mandare a regime una legge che, in sostanza, smantellava un sistema i cui ingranaggi si muovevano proprio in virtù della schiavitù. La storia di Antoinette si innesta in un periodo storico in cui si inasprirono i rapporti fra gli ex schiavi e i vecchi padroni. 
Antoinette è una creola, un termine che copre un'ampia parte di significati. Nella fattispecie, ella appartiene a una società di bianchi nati nelle colonie e ormai lontani dalle loro origini. 
Antoinette è nata femmina, il che com'è ben noto, la pone in una posizione di svantaggio sociale, inoltre è orfana di padre, con una madre affetta da turbe psichiche e detestata dalla comunità. 
Il secondo matrimonio della madre, con quel Mason che le darà il nome, riequilibra la sua posizione, ma la rende una ricca ereditiera, e per questo maritabile a un partito che vede in lei l'opportunità di uscire dalle pastoie di debiti e dalle incrinature della fortuna. 
Ecco perché viene prescelta da Edward Rochester, il "padrone" da cui Jane Eyre riceverà un salario, il gentiluomo e libertino di cui si innamorerà l'eroina brontiana. 

Estraneità e follia. 
Edward Rochester non viene mai nominato nel romanzo, piuttosto l'autrice gli affida la narrazione in prima persona della seconda parte del romanzo. 
Il gentiluomo inglese fa fatica ad adattarsi alla natura palpitante dell'isola di Giamaica. La Rhys rende l'isola quasi un personaggio a sè. Sentiamo vibrare quella terra di suoni, di colori, di lingue che si intrecciano, originate da generazioni di uomini e donne di terre lontane ormai parte del luogo. 
L'inglese esce da una febbre che lo lascia spossato e inquieto, ma la cosa viene appena accennata in una serie di sequenze in cui si fondono i timidi incontri con la futura sposa. 
Se dapprima l'inglese è gentile e cordiale con la giovane creola prescelta per diventare sua moglie, dopo il matrimonio si innescano sospetto e disprezzo. Antoinette suscita passione nell'inglese, ma corre allo stesso tempo verso la consapevolezza di una fame d'amore che lui non può soddisfare
La guardai con occhio critico. Portava un tricorno che le stava bene. Se non altro le lasciava in ombra gli occhi, che sono troppo grandi e possono riuscire sconcertanti. Mi dà l'impressione che non batta mai le palpebre. Lunghi, scuri, tristi occhi estranei. Sarà creola di pura discendenza inglese, ma i suoi occhi non sono inglesi e nemmeno europei. 
Figlia di una terra in cui si mescolano sacro e profano, Antoinette crede nei riti ancestrali delle vecchie donne ex schiave e sarebbe disposta a ricorrere perfino a filtri d'amore, perché vuole avvincere l'inglese, ma precipita invece in un abisso dal quale non può tornare.
La responsabilità dell'inglese è evidente nel suo regresso, nel sentirsi estranea ovunque, in particolare in una unione che non può essere suggellata da un sentimento ricambiato. 
L'inglese priverà Antoinette della sua identità, di pari passo al suo regresso in disturbi di natura psichica, privandola perfino del suo nome, quando per lei sceglierà il nome della madre, quella Bertha morta in circostanze misteriose, probabilmente legate alla sua follia. 

Bertha Mason (Maria Schneider) nel film "Jane Eyre" di Franco Zeffirelli

Vero è che in Jane Eyre, quando Rochester narra la sua infelice storia con Bertha Mason, il ritratto di lei risponde totalmente a un inganno. Rochester la descrive come bellissima e ammaliante, lo sposarla ha rappresentato la sfida ai suoi tanti corteggiatori ma soprattutto ha ceduto alle insistenze di padre e fratello. Si affretta poi a dire di non averla mai amata e neppure mai stimata, proprio perché se ne sente ingannato, lui che non era stato informato della tendenza alla pazzia della madre di lei. 
Non troviamo nel romanzo della Rhys qualcosa che cozzi con questo punto di vista ed è questo in particolare che ho trovato interessante.
Se qui si tratta di riscattare un personaggio, Jean Rhys lo fa senza falsare la storia originale, quanto piuttosto offrendoci un quadro ampio e completo di questo passato sofferto. 
L'inglese non si separerà da sua moglie, ma pretenderà di lasciare la Giamaica per trovare in patria il conforto di una vita nella quale fuggirà continuamente la realtà, lasciando Antoinette/Bertha ai suoi deliri e alla custodia della greve Grace Poole.

Un romanzo intertestuale.
Come scrivevo all'inizio di questo post, c'è qualcosa di attraente nell'immergersi in una narrazione generata da una storia precedente. Fra le due opere si instaura un rapporto inevitabile, non solo perché la seconda si genera dalla prima, ma per gli innumerevoli rimandi, per la loro intertestualità
La parola intertestuale però meriterà un approfondimento a sé, quindi mi fermo qui, annunciandola soltanto. 

Porrò le stesse domande di due anni fa e poi qualcos'altro, per andare incontro a chi già commentò il post dell'altro romanzo in relazione intertestuale con Jane Eyre
Cosa pensate di quei romanzi che partono da altri per indicare nuove strade e spunti di osservazione? Ne ricordate altri esempi?
La nuova domanda è: riesce un romanzo nato dalla costola di una narrazione precedente a riuscire nell'intento di offrire una visione diversa e di pari valore? 

14 commenti:

  1. Lo inserisco in coda di lettura, poi se come dici lo hai divorato in poco tempo....

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    1. Se conosci Jane Eyre, ha molto senso leggerlo. :)

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  2. Penso che si, è possibile che un romanzo può riuscire nell'intento di offrire una visione diversa e di pari valore. Certo dipende sempre da chi scrive e il riferimento che hai inserito nel blog è senza dubbio di grande livello.

    In caso contrario me ne accorgo subito perché il libro mi annoierebbe a morte.
    Un salutone

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    1. Infatti ci sono in giro forzature, romanzi che sono il frutto di quelle "fanzine" per cui da una costola di un romanzo celebre si sviluppa una narrazione. Ma lasciano il tempo che trovano. Mettere mano a un capolavoro e creare una narrazione parallela richiede maestria e talento.

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  3. Vidi il film e, da allora, mi incuriosisce molto il romanzo. La copertina Adelphi è meravigliosa.

    Ho La bambinaia francese e devo ancora leggerlo.

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    1. Dopo La bambinaia francese, questo è senz'altro il libro che dovrebbe seguire a quello. :)

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  4. L'ho letto decenni fa, non ricordo dove lo scovai, forse in biblioteca. Non ricordavo il titolo, ed era un'edizione diversa sicuramente, ma ricordo bene la trama, il fatto che fosse un "prequel" di Jane Eyre di altra scrittrice. Mi colpì molto, proprio perché cambiai opinione su quella Bertha. La sua storia viene raccontata con un briciolo di compassione per un destino così infausto, compassione che non sento nelle parole di Rochester nel romanzo originale. Se da lettrice ho apprezzato la prova della Rhys, da autrice mi chiedo se quest'opera non abbia comunque "sporcato" l'intento iniziale del primo romanzo, la volontà di Charlotte Brontë. Non lo sapremo mai.

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    1. Questi romanzi intertestuali sono in certo senso una "profanazione" degli intenti di un romanzo originale, il dubbio viene anche a me.
      In fondo, però, suscitano certa curiosità e sono attraenti proprio per quel cambio di prospettiva. In me sento che non è cambiato nulla rispetto alla percezione iniziale, cerco di scindere l'opera dalle altre. :)

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  5. È sempre molto interessante scoprire la vita di personaggi già conosciuti in un nuovo romanzo, in pratica questo romanzo potrebbe considerarsi uno spin off di Jane Eyre...
    Lo spunto alla lettura, in questi casi, nasce anche dalla curiosità soprattutto se si é amato molto il romanzo da cui il personaggio trae ispirazione. Penso che se il romanzo è scritto bene e riesce ad appassionare il lettore è sempre molto positivo.

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    1. Sì, se c'è tanta inventiva attorno a un romanzo è perché è uno di quelli imprescindibili. Curioso il fatto che questo romanzo della Brontë abbia aperto a tante possibilità di interpretazione.

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  6. Lessi questo romanzo in inglese anni fa e dietro consiglio di una collega che ne era stata entusiasta. Mi ricordo una prosa ricca, potente, per una storia sfaccettata e piena di molteplici punti di vista. Mentre nel romanzo di Charlotte Bronte Bertha Mason è soltanto un personaggio terrificante e una sorta di nemesi per i protagonisti (e forse non poteva essere diversamente), nel romanzo di Rhys si scandaglia un ricco sostrato psicologico, ambientale e sociale, si rende giustizia a questa donna offrendo anche la sua versione dei fatti.
    Un altro romanzo di derivazione potrebbe essere "Le ore" di Michael Cunningham.

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    1. "Le ore", che lessi qualche anno fa e intendo ripercorrere, è un romanzo che ho amato moltissimo. Il film fu all'altezza di quella bellezza.

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  7. Un nodo che nel romanzo della Brontë non viene mai sciolto, cioè la questione della dote di Bertha, viene invece risolto in quello della Rhys, con Rochester che si intasca la sua pur "legittima" dote senza ridare la libertà alla donna. Comunque il bello di ambedue le opere è questo straripante desiderio di libertà sessuale da parte delle donne.

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    1. Sì, in fondo lo snodo è proprio questo. Storie di donne immerse in convenzioni che le ingabbiano e impediscono loro di autodeterminarsi.

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