domenica 3 marzo 2019

La bambinaia francese - Bianca Pitzorno

Parigi, Rue Saint Augustin
Casa dei Fréderic
30 maggio 1837
Madame, non dovete angosciarvi per la sorte di Adèle. È qui con me, al sicuro. Nessuno le ha fatto del male, e vi prometto che nessuno gliene farà, né domani né mai. Voi mi conoscete e sapete che, nonostante la mia giovane età, sono perfettamente in grado non solo di prendermi cura del nostro tesoro, ma anche di proteggerlo da ogni pericolo. 

Chi avrebbe immaginato di trovare uno di quei romanzi dai quali non ti stacchi fino a quando non hai voltato l'ultima pagina in questo libro prestatomi da un'alunna?
Glielo avevo consigliato io stessa lo scorso anno, sapendo che la Pitzorno è una garanzia e conoscendone la trama, suggerendo di leggere anche il romanzo, quello di altissimo pregio, che questo intricato racconto ha ispirato all'autrice. 
Sì, perché Bianca Pitzorno fa qualcosa di singolare: parte da Jane Eyre di Charlotte Brontë (il mio romanzo prediletto, letto e riletto - perdonate il bisticcio - di cui trovate un tentativo di recensione qui) e sviluppa un lungo e avventuroso racconto attorno alla bambina francese, Adèle, cui Jane Eyre fa da istitutrice nel celebre romanzo della Brontë.
Jane Eyre viene assunta in casa Rochester per educare alla cultura e ai modi inglesi la bimba nata da una relazione dell'ombroso Eduard con una ballerina francese. Nel romanzo della Brontë, i riferimenti alla piccola Adèle sono vari e tutti lasciano pensare che non sia neppure certo che sia figlia di Rochester e che sia stata per così dire adottata per pura generosità.
Eduard parla a Jane della madre della bambina in modo poco lusinghiero, è una ballerina, passa da una relazione all'altra, è dedita ai divertimenti, imbarbarita dai costumi francesi e peggio quelli legati al teatro e ai teatranti che frequenta
[Adèle] È la pupilla del signor Rochester, che mi ha incaricato di trovarle una istitutrice. Credo voglia farla educare qui. Eccola che viene, con la sua bonne, come chiama la sua bambinaia. 
Così la signora Fairfax descrive sommariamente la bambina e la sua accompagnatrice, quella bambinaia francese che diventa protagonista del romanzo della Pitzorno. 
Facciamo un distinguo per rendere questa descrizione comprensibile a chi non conosce i due romanzi. 

Nel romanzo brontiano
Di Adèle e della sua bambinaia, Sophie, cogliamo tutta la superficialità française: frivolezze, scarsa cultura, indifferenza a ciò che accade a Thornfield. La bambinaia Sophie è incolta, non parla una parola di inglese, fa spallucce agli stimoli proposti da Jane, non si lascia coinvolgere in un'amicizia. 
Jane invece, primeggia per la sua intelligenza, il suo acume, così come Rochester, che pur essendo un libertino pentito, giganteggia nel romanzo della Brontë come eroe romantico, forte nel carattere e di valori saldi, cui la sorte ha assegnato esperienze devastanti, tristi. Insomma, Rochester è l'eroe positivo, Jane la sua degna comprimaria, perché lui vede in lei la possibilità di un riscatto. 
Adèle e la sua bambinaia sono sullo sfondo, sfocate, sono l'espediente narrativo perché Jane venga assunta in casa di Eduard a svolgere una mansione. 

Nel romanzo della Pitzorno
C'è l'invenzione dell'altro punto di vista, il ribaltamento di tutto quello che abbiamo creduto leggendo Jane Eyre, una verità svelata, rivelata capovolgendo l'opinione brontiana sul mondo francese a favore di questo, totalmente. 
La muta, timida, insignificante bambinaia Sophie è in realtà una giovane ragazza forte, intelligente, che si finge ignorante perché costretta a recitare una parte e salvare la piccola Adèle dal suo stesso padre. Se nel romanzo della Brontë, Rochester si dice poco sicuro che la bambina sia realmente sua figlia, qui invece ve n'è la certezza. Sua madre, la ballerina Céline Varens, è una donna buona e dolce, che cede al seduttore Rochester, il quale le fa credere di sposarla con tanto di sacerdote e testimoni, ha una figlia da lei e condivide la sua finta vita matrimoniale con la donna, la bambina e la vivace servitù in un bell'appartamento di Parigi. 

Ben presto, Rochester si stanca di quella vita perché in disaccordo con le idee liberali di Céline e dei suoi più intimi amici, fra i quali un vecchio "padrino" formatosi nella Parigi illuminista, il Cittadino Marchese, e una coppia vissuta fra Cuba e Giamaica, amici che sostengono l'uguaglianza fra gli uomini e aborrono la schiavitù. 
Parte del patrimonio dei Rochester proviene dalle colonie, pertanto Eduard non può concordare con questa visione illuminata, anzi disprezza platealmente i "negri" trovandoli inferiori, pur donandone uno a Céline perché le faccia da paggio. Il superbo Rochester disprezza tutti gli esseri non di pari rango, compresa la piccola Sophie, che arriva nell'appartamento di Parigi per portare delle camicie cucite dalla madre morente, personaggi che ricordano molto da vicino quelli de I miserabili di Victor Hugo, più volte citato nel romanzo. 

Ecco, immaginate quindi uno scenario totalmente diverso, una Parigi fervida di idee liberali mutuate dal migliore Illuminismo, una casa in cui circolano libri (la stessa orfana Sophie legge e scrive correttamente in più lingue perché educata da suo padre tipografo, morto durante gloriose giornate della Rivoluzione parigina del 1830), un vecchio maestro, il Cittadino Marchese, che dona lezioni di astronomia, giurisprudenza, Storia, a un manipolo di ragazzini provenienti da ogni ceto sociale delle vie parigine. 
Insomma, un caleidoscopio di scenari e personaggi vivissimi, in cui la protagonista, l'orfana e poi bambinaia Sophie, si forma una cultura e un carattere, per poi diventare la protettrice della piccola Adèle, rimasta sola perché sua madre Céline, disprezzata da Rochester e accusata di aver traviato il Cittadino Marchese, che la lascia erede dei suoi beni, viene gettata nelle galere della Salpétriere.
Ecco come e perché la bambinaia e Adèle devono andare in Inghilterra da Rochester, a Thornfiled. 
Ed ecco perché agli occhi della voce narrante, la bambinaia francese, Jane Eyre appaia una zitella ingenua e sprovveduta, prossima a cadere vittima della seduzione di Eduard Rochester. 

E Bertha Mason?
In fondo, il vero gioco narrativo dell'autrice è quasi totalmente intorno alla moglie di Eduard Rochester, la pazza rinchiusa nelle stanze segrete del palazzo, sorvegliata a vista, nascosta al mondo.
La Pitzorno la rende amica segreta di Adèle, la bambina non solo riesce ad avvicinarla e a non farsi infliggere alcun male, ma a diventarne in qualche modo protettrice.
Insomma, anche Bertha Mason nel romanzo è vittima di Rochester, la sua pazzia deriva dal dolore dell'essere prigioniera di suo marito e dalla malinconia per la sua terra natale, quell'isola del Mar delle Antille dove Eduard la sposa obbedendo al volere del padre.
Qui la Pitzorno non ha nulla da inventare, perché in verità il personaggio di Bertha era già stato riscattato da Jean Rhys nel romanzo Il grande Mare dei Sargassi, una sorta di prequel al romanzo della Brontë, un intreccio che narra il difficile mondo delle colonie e la misera condizione degli schiavi e delle donne pur di alto lignaggio, stritolate in convenzioni e cieca obbedienza al veto maschile. Direi un altro romanzo che andrebbe letto.

Credo che questa recensione sia enormemente riduttiva, perché è difficile rendere appieno i contenuti e gli spunti rinvenibili nel romanzo, frutto di citazioni e riferimenti alla migliore cultura francese fra Settecento e Ottocento.
Credo che Bianca Pitzorno si sia divertita a scriverlo, ne è testimone il brulicare di rimandi a romanzi in voga all'epoca, per dirne una, come quell'Abbazia di Northanger di Jane Austen, sottile parodia dei romanzi "gotici", che non era apprezzata dalle Brontë, o anche la citazione di Istruzioni alla servitù di Jonathan Swift, o parte del repertorio dickensiano e di Hugo, ispiratore delle condizioni di miseria di Sophie prima dell'adozione da parte di Céline Varens.

La bambinaia francese è un divertimento letterario che è la riprova di come si possa penetrare in un romanzo celebre per scardinarne i principi generali, offrire uno sguardo più completo e nuovo, mettere in discussione quei canoni inglesi che tanto abbiamo amato nei romanzi delle Brontë, figlie di quel protestantesimo rigido delle province lontane dal fervore culturale cittadino.
Inutile negarlo, la figura di Jane ne esce riveduta e corretta secondo una visione nuova.
Seguiteremo ad amarla, ma non potremo mai più negarne i limiti.

Chi lo ha letto? Cosa pensate di quei romanzi che partono da altri per indicare nuove strade e spunti di osservazione? Ne ricordate altri esempi? 

26 commenti:

  1. I divertissement letterari sono spesso gustosi. Non ho letto questo libro, però mi viene in mente come Kundera in certi capitoli de "La vita è altrove" abbia creato scene fantasiose in cui i protagonisti erano poeti famosi.

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    1. Mi viene in mente anche "A night in Paris" di Woody Allen, che è proprio delizioso in tal senso, però qui siamo nel campo della sovversione generale di una trama, di determinati personaggi, eroi che diventano senza gloria.

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  2. Bianca Pitzorno ha scritto per anni opere di fantascienza italiana, una delle sue capacità è sempre stata quella di riuscire a descrivere personaggi umanissimi e a tutto tondo, una scrittrice molto empatica con le sue creazioni.

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    1. Anche lei scrittrice di genere fantascientifico? Però.
      Ha uno stile molto semplice, adatto a tutti, è brava nell'intreccio, credo che delle due cose abbia talento proprio come inventastorie.

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  3. Credo sia molto interessante anche se non mi è mai capitato di leggere nessuno dei romanzi da te citati, nè qualcosa di simile. Deve essere per un certo verso fuorviante ascoltare la storia raccontata da punti di vista diversi, un po' come quando si assiste a una conversazione dove la medesima cosa viene raccontata in modi diametralmente opposti.

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    1. Nadia, devi, e credimi devi, assolutamente leggere "Jane Eyre".
      Se ho capito almeno in parte come sei fatta, amerai molto questo romanzo.

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    2. Mi sa che la lista di libri belli da recuperare si allunga...

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  4. Confesso che non solo non ho letto il libro in questione, ma neanche quello della Brontë. Credo che l’esperimento sia molto interessante per il lettore, ma appunto richiede che si sia prima letto (e possibilmente anche apprezzato) l’originale. Magari mi sbaglio, ma credo che cose di questo genere siano piuttosto comuni nell’ambito del fantastico, meno in altri generi. Così, su due piedi, mi viene in mente "Eva ultima" di Massimo Bontempelli, che si rifa a "Eva futura" di Villiers de L'Isle-Adam, e i recenti "La ricerca onorica di Vellit Boe" di Kij Johnson e "La ballata di Black Tom" di Victor La Valle, tutti e due ispirati all’opera di Lovecraft (non so però se si tratti proprio di un ribaltamento di prospettiva o solo di storie “ispirate da…”.. li ho già entrambi nella pigna di libri accumulati sul comodino, ma non è ancora arrivato il loro turno). Che ne pensi invece di quegli autori che citano se stessi? Sto pensando per esempio a Nabokov (la storia di “Lolita” riprende temi già presenti in “Risata nel buio” che è precedente). So che è un caso diverso, magari potrebbe essere oggetto di un altro post. ��

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    1. E niente, Luz, ma temo di aver letto male (mi riprometto sempre di non leggere i post in fretta e furia nelle pause del lavoro, ma poi ci ricasco). Perdonami.
      Avevo inteso che il personaggio era stato inventato di sana pianta nella seconda storia, e invece già esisteva nel romanzo originale. No, a questo punto la cosa si fa ancora più intrigante, a memoria non mi viene in mente nessun esperimento simile in letteratura. Non prometto che leggerò il libro in questione/i due libri in questione, perlomeno in tempi brevi, ma la mia curiosità è raddoppiata.

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    2. Ciao, Simona! Grazie per il contributo di questi commenti molto interessanti.
      Io non conosco invece i romanzi che citi tu nel primo commento, pur avendone sentito parlare, non li ho mai letti.
      Riguardo agli autori che citano se stessi, in qualche modo è di questo genere la scelta di Conan Doyle di tornare sui suoi romanzi precedenti creando dei giochi incrociati fra trama e personaggi, citando anche scrittori realmente esistiti. Per dirne una, lo stesso Sherlock Holmes fu ispirato da una sua lettura di un romanzo di Poe e da ciò nasce il lungo intreccio di Holmes con riferimenti interni anche al romanzo citato.
      Sì, in sostanza la Pitzorno non inventa nessuno dei personaggi maggiori, mentre si diverte a costruire il mondo di Céline Varens e tutto quello che le ruota attorno. Nel post è solo accennato ma il personaggio di Toussaint, il paggio di Céline, è molto ricco e sfaccettato.
      La cosa interessantissima, che spinge a leggere avidamente, è il punto di vista diverso. In "Jane Eyre" tu assisti a questa pallida bambinaia, insignificante e timida, e alla bambina, Adèle, capricciosa e viziata, mentre Jane e Eduard sono dei giganti.
      In questo romanzo invece entri nelle storie dall'altra parte, Jane e Eduard appaiono come due nani, pieni di limiti, difetti, mentre i giganti sono Sophie la bambinaia e Adèle, oltre a Céline stessa che nel romanzo della Brontë è una donna viziosa e senza scrupoli.
      In fondo, si misurano due mondi: quello francese, vivacissimo e fervido di idee, e quello inglese legato a un certo puritanesimo. Credo che il nucleo sia tutto lì.
      Bellissimo questo scambio, grazie.

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  5. Sono stata tentata da questo libro, ma ammetto di aver voluto rimanere fedele a Jane Ayre. Mi sentirei un po' una traditrice, se finissi per amare un libro che ribalta così tanto i ruoli.

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    1. Sono rimasta fedele a "Jane Eyre" malgrado tutto. È questo il bello. :)
      Piuttosto voglio leggere la storia di Bertha Mason, quella mi intriga veramente.

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  6. Oh caspita, questo testo proprio non lo conoscevo! Di Bianca Pitzorno c'è Il manuale del giovane scrittore creativo, con le famose vignette di Snoopy scrittore ("Era una notte buia e tempestosa..."), oggi rintracciabile solo nel mercatino dell'usato. Sapevo che scriveva libri per bambini, non per adulti.
    Invece Il grande mare dei sargassi l'ho letto e mi ha dato una visione più umana di Rochester. Se in Jane Eyre mi chiedo sempre e comunque se lui non la stia prendendo in giro, se ne stia approfittando della devozione di Jane, in quel prequel sono riuscita a sentire quanto l'uomo ha sofferto, per un matrimonio combinato con una moglie che portava già in sé il geme della pazzia (mi pare che anche la madre fosse morta per qualche atto sconsiderato). E se adesso leggo questo della Pitzorno, rischio di rovinarmi l'idea romantica che ho di Jane?
    Un altro esempio è Rossella di Alexandra Ripley, scritto come seguito di Via col vento di Margaret Mitchell. Via col vento l'ho letto, forse troppo giovane per apprezzarlo. Rossella non sono mai stata tentata di leggerlo, perché ricordo che le recensioni non furono poi così entusiastiche.

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    1. Io devo procurarmi "Il grande mare dei Sargassi" a questo punto. Soprattutto se mi dici che non è scritto per demolire la figura di Rochester ma tutt'altro.
      Fa un certo effetto pensare che un monumento letterario come "Jane Eyre" possa essere messo alla berlina in questo modo. Qui bisogna porsi in una posizione equidistante per poter apprezzare il romanzo della Pitzorno, che alla fin fine risulta un bel gioco splendidamente costruito che non potrebbe minimamente scalfire lo splendore del romanzo brontiano.
      Diciamo però che offre una visione più completa di quel confronto fra mondi opposti: quello inglese e quello francese. È evidente che la Pitzorno sia totalmente a favore di quest'ultimo. Non è un arbitro sempre onesto, ma ci può stare.
      Ah, la Mitchell. Ricordo che quando lessi "Via col vento" fu una rivelazione. Bellissimo il film ma nulla a che vedere col romanzo. Ho letto anche il seguito, che non è altro che una minestra riscaldata pur se la Ripley si sforza di completare il quadro d'azione di Rossella. Devo dire che la costruzione del mondo irlandese è accuratissima. L'intreccio... non so. È tutta altra storia.
      Per giunta, ti ricordi?, in tv ci fu una versione televisiva con una protagonista che non mi piaceva affatto (Joanne Wally Kilmer). Era tutto inutile: pensavamo incessantemente a Vivien Leigh, insostituibile.

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  7. Recentemente ho letto Jane Eyre è mi è piaciuto molto, quindi un romanzo che ribalta il punto di vista della protagonista è sicuramente molto interessante. Poi sarebbe anche l'occasione per leggere qualcosa di questa scrittrice di cui ho sentito tanto parlare in positivo. Grazie per la segnalazione.

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    1. Ricordo che lo hai letto di recente. Questo della Pitzorno a maggior ragione potrebbe piacerti molto. :)

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  8. Ho letto Jane Eyre più volte, è un romanzo che amo. Non conoscevo l'esistenza del romanzo della Pitzorno, ma credo che sia un'autentica genialata e che ci voglia una grande empatia nonché una maestria non indifferente per creare un'opera in grado di scardinare i punti di vista di un altro lavoro ormai consolidato e di successo senza scadere nella noia e nel patetico.
    Le tue segnalazioni sono sempre interessanti e di spessore. Mi sono procurata Possessione, adesso devo solo procurarmi un pò di tempo per la lettura... ed è quest'ultima la nota dolente XD

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    1. Grazie, Irene! Essere utile a lettori appassionati e dare i giusti suggerimenti mi fa molto piacere.
      Credo che senza aver letto "Jane Eyre" sarebbe difficile apprezzare fino in fondo questo gustoso romanzo d'avventura.
      P. S. "Possessione" richiede un certo impegno, prenditi almeno un paio di settimane se non tre per entrare bene nella vicenda. :)

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  9. Che bellissima recensione Luana! Bravissima, sono rimasta contenta del tuo articolo perché credo sia sempre una cosa buona rivedere un romanzo da un punto di vista "più profondo". In effetti in "Jane Eyre" sono presenti molte ambiguità, contraddizioni che la Rhys e la Pitzorno cercano di sbrogliare.
    Comunque nel libro "Il Grande Mare dei Sargassi" non si vede assolutamente un Rochester più umano, anzi tutt'altro: egli diventa il protagonista di quel mondo inglese incolto e razzista (siamo in epoca coloniale), proteso a sottomettere (e non capire, che è peggio) l'universo femminile.

    http://appuntario.blogspot.com/2018/09/il-grande-mare-dei-sargassi-di-jean-rhys.html

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    1. Credo che sia Rhys che Pitzorno abbiano in effetti pianificato un'opera di demolizione di quelle certezze che ci facciamo quando leggiamo questi monumenti della letteratura inglese.
      Gli inglesi hanno usato per secoli mezzi assolutamente poco leciti per costruire il loro impero, ed è cosa buona e giusta ogni tanto dedicarsi ad approfondire.
      Mi ha colpito in modo particolare l'innegabile "puritanesimo" di Jane nei riguardi dei francesi. Un mondo del tutto lontano quello delle due nazioni più potenti (insieme a Prussia e Russia) dell'Europa di quell'epoca. Grazie, Michela.

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  10. Non è facile assumersi la responsabilità di prendere una storia famosa e molto amata per darne un seguito, con i protagonisti conosciuti in un modo e poi rivisitati. La cosa affascinante è che la Pitzorno ci sia, a quanto pare, riuscita alla perfezione. Sono tentata e poi, mi fido delle tue impressioni. Ho capito che non rimarrei delusa, però, forse, rileggerei prima Jane Eyre, di cui ho un ricordo lontano: la storia la conosco, avendo visto anche il film, ma mi farebbe piacere recuperare la bella sensazione della lettura del romanzo. E da un po' che non tengo in mano un bel classicone di letteratura!. :)

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    1. E allora devi letteralmente immergerti di nuovo, e dopo tanti anni, in quelle atmosfere.
      Non credo che esista qualcosa che potrebbe farmi amare meno "Jane Eyre". È troppo profondamente giusto e obiettivo nell'aver ritratto l'epoca e gli atteggiamenti, troppo ben costruito nelle descrizioni, nei dialoghi, nell'intreccio, per poterlo amare meno. Ma questo come il romanzo della Rhys completano un quadro che abbiamo il diritto di conoscere al di là del romanticismo della trama e dell'aver ricreato quelle atmosfere in maniera perfetta.

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  11. È un approccio molto interessante quello di partire da un romanzo noto e sviluppare una nuova trama sui suoi personaggi secondari. Ho letto Jane Eyre tanto tempo fa, anche se la visione del film è più recente, come Marina rileggerei anch'io Jane Eyre prima di leggere questo libro. Bella recensione.

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  12. Eccomi! :) "Jane Eyre" è uno dei miei libri cult, uno di quelli che ho letto e riletto non so quante volte. Amo il senso d'indipendenza di questa giovane donna, che le traversie al collegio hanno temprato come acciaio anziché spezzare; e solo una donna come lei riuscirà a superare indenne le prove che l'attendono a Thornfield, e anche quelle successive. E avrà la forza di combattere in primo luogo contro se stessa.
    Confesso di non aver letto nulla di Bianca Pitzorno, ma mi sono venuti in mente alcuni passaggi in "Jane Eyre" a proposito della visione inglese sugli usi e costumi francesi, o perlomeno di una certa parte di quella società. Non vi avevo mai fatto molto caso, ma c'è senza dubbio un senso di grande superiorità da parte di Rochester, quando descrive con disprezzo la sua relazione con la ballerina francese e la sua vita lasciva, e quando mostra di non nutrire alcun attaccamento nei confronti di Adèle. Tra Francia e Inghilterra c'è stato un duello secolare ben prima del Settecento, inaspritosi con la rivoluzione francese e le guerre napoleoniche: erano due nazioni agli antipodi su tutto, a partire dalla mentalità, e che combattevano duramente per il possesso dei mari e dei domini coloniali (non a caso). Insomma, Francia e Inghilterra hanno sempre avuto rapporti turbolenti...
    Anni fa lessi invece "Il grande mare dei Sargassi" in inglese e mi piacque molto leggere il punto di vista di lei. Mi venne consigliato da una collega, che lo trovava geniale. Certamente, se uno ha amato i personaggi di Jane Eyre, e in special modo Rochester, lui ne esce molto decostruito. In effetti anch'io, dopo il Diavolo nella Torre, ho voluto scrivere un monologo femminile con la versione della sua amante, la famosa Giovannola.

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    1. Amo "Jane Eyre" per le stesse tue ragioni. Mi è sempre parsa un'eroina, una femminista ante litteram, anche nell'amore si mostra del tutto indipendente, non cede alle profferte facili di Rochester, sceglie di soffrire, di strapparsi dal cuore una passione.
      Lo trovo un romanzo di un'eccellenza assoluta. Per contenuto e stile. Niente potrebbe farmi smettere di amarlo, tantomeno questa versione dei personaggi nella visione della Pitzorno.
      Chi meglio di te può ricostruire la vecchia ruggine tra Francia e Inghilterra? :) In effetti, non c'è mai stata troppa simpatia. In una puntata di "Victoria", la serie sulla celebre regina inglese, la corte si reca in un castello francese, in visita a un cugino della casa reale, e tutti restano basiti dai costumi dei loro vicini oltremanica. Arrivano gli inglesi austeri e seriosi, si trovano dinanzi una corte di imbellettati in trine, merletti, sete lucenti, volti truccati, piume. Insomma, la differenza di usi era notevole e quella puntata lo raccontò benissimo.
      Immagino la bellezza di quel monologo. Bisogna dare sempre più voce alle donne, ancorché del passato, bisogna lavorare per restituire dignità a tante figure femminili.

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