martedì 14 marzo 2023

"Romeo e Giulietta" al Piccolo di Milano: universi fuori dai cardini.


- A volte gli universi escono fuori dai cardini per riportare la bellezza. 
- E di quanta bellezza abbiamo bisogno? 
- Tanta quanta ce ne serve per continuare a crederci.
Se la mia esperienza dello scorso sabato, 11 marzo, fosse una drammaturgia, avrebbe questo incipit. La citazione degli universi fuori dai cardini è da Shakespeare, lo abbiamo imparato in uno degli ultimi articoli, fra i commenti. E questo Shakespeare, quello che ho visto, è talmente potente da essermi parso come una congiunzione buona di astri, una combinazione di eventi iniziata molti anni fa. 
Era quel giorno. Un giovedì, credo, perché a quel tempo il laboratorio non si teneva di venerdì. La sala era grande, a Roma, tutta a parquet, alta come può esserlo una specie di palestra, con grandi specchi alle pareti. Il gruppo di allievi si muove in cerchio e poi disordinatamente, "come atomi impazziti" era la formula e lo è adesso. Mentre procede il riscaldamento, un ragazzino entra timidamente nella sala, ha gli occhi grandi e si muove a piccoli passi, china rapidamente il capo per salutare, un po' platealmente. 
"Sono Francesco". "Ciao, Francesco! Ti stavamo aspettando. Aspetta, te li presento tutti". 
E Francesco si unisce al gruppo, comincia a prendere confidenza con l'ambiente, le persone. Ascolta molto attentamente quando spiego, si offre con entusiasmo a sperimentare. Si amalgama, si fonde, è come se ci fosse sempre stato. 
Sarà Lisandro nella versione ridotta di Sogno di una notte di mezza estate, quel giugno 2016, quasi sette anni fa, ormai. Era dunque Shakespeare che abbiamo rappresentato, fa parte di quell'allineamento di astri, non c'è mai un caso in questo caos apparente. Qui di seguito le foto di Alessandro Borgogno.

 Francesco nel ruolo di Lisandro in Sogno di una notte di mezza estate (2016)

Francesco è arrivato nella mia vita di insegnante di recitazione nel 2016, mentre scrivo mi rendo conto che anche in questa data non c'è alcuna casualità. Io e mio marito stavamo uscendo dal bosco atro di un grandissimo dolore, c'eravamo stretti cercando la luce in fondo al buio fitto, e il teatro stava diventando proprio allora uno di quei ganci che qualcuno, qualcosa, ti sta tendendo da chissà dove, senza bisogno di altro segnale, tu devi prendere e appigliarti bene. 
Da quel 2016 non ricordo che Francesco sia mai sparito o si sia allontanato una volta incontrato il successo. C'è sempre stato, anche da lontano, senza bisogno di sentirsi troppo, ma lì, presente, sempre. Dopo la trasmissione televisiva con Mika sulla Rai e il primo film, con Elio Germano e Marco Giallini, Io sono tempesta, Francesco tornò per interpretare lo Stregatto nel mio Alice nel Paese delle Meraviglie del 2017. 

Nel ruolo di Stregatto in Alice nel Paese delle meraviglie (2017)

Nell'anno laboratoriale 2017-2018 fu tutto mio, e consacrammo la sua presenza realizzando lo spettacolo più bello e rifinito, perfetto: Peter Pan. Ancora oggi mi capita di domandarmi come fu possibile creare tanta bellezza. La squadra era palpitante, le maestranze all'altezza del compito, sul vertice, Francesco brillò come una punta di diamante. 

Peter Pan (2018)

Da lì, la sua ascesa nel cinema: il ruolo di protagonista in Mio fratello rincorre i dinosauri con Alessandro Gassman, Padrenostro assieme a Pierfrancesco Favino, l'horror Piove, il tenero Il filo invisibile con Filippo Timi. Tutti ruoli principali, è appena il caso di dirlo.
Ogni film finora realizzato ho potuto gustare assieme a Francesco, in serate al cinema appositamente organizzate per famiglia e amici, ma anche assieme alla scolaresca, al tempo di quel capolavoro tratto dal libro di Giacomo Mazzariol. 
In uno dei nostri incontri, lo scorso anno, parlammo di quanto gli sarebbe piaciuto tornare al teatro, realizzare qualcosa assieme. Fui felice di questo suo "bisogno", perché il teatro, sapevo già, lo avrebbe chiamato ancora prima o poi, con me o in una produzione importante, era solo questione di tempo. 
La scorsa estate, mentre mi trovavo in Sardegna, Francesco mi scrisse chiedendomi un appuntamento in videochiamata a tre, in cui sarebbe stata presente anche sua madre, in quel periodo negli Stati Uniti. Afferrai che si trattava di una cosa importante, un annuncio, una bella sorpresa. E così fu.
Mi disse che Mario Martone, il celebre Martone, lo aveva scelto nel ruolo di Romeo per una importante produzione destinata al Piccolo di Milano. L'apoteosi della gioia. 
Per l'ennesima volta, Francesco entrava dunque in una produzione di spicco e da protagonista, questa volta a teatro, e per giunta Shakespeare. Credo sia il sogno di ogni attore arrivare a fare Romeo, diretti da un regista di altissimo pregio. 

Parte del polo teatrale del Piccolo di Milano

Mario Martone, sceneggiatore e regista, 17 film (fra cui Noi credevamo e Il giovane favoloso), 10 opere di videoteatro, 13 documentari, 38 regie teatrali, 7 regie di opere liriche (alla Scala, al San Carlo, all'Opera di Roma), Leone d'Argento, 4 David di Donatello, Nastro d'argento, 4 Ciak d'oro, numerose candidature. Già negli anni Settanta un enfant prodige del racconto sul palcoscenico, poi del cinema, oggi una delle eccellenze italiane note in tutto il mondo. 
Essere scelti da Mario Martone consacra il talento di Francesco. 

Sedere in platea al Piccolo di Milano, oggi suddiviso in tre sale, è un'esperienza. 
Si tratta del nucleo teatrale più importante del secondo dopoguerra. Fondato da Giorgio Strehler e Paolo Grassi, fu sede della più importante sperimentazione teatrale contemporanea, sede della rinascita della Commedia dell'arte, delle celebri regie di Luca Ronconi. Meriterà un articolo a parte. 
Nel cuore di Milano, fra le più importanti arterie stradali, il polo teatrale del Piccolo è un gioiello della città meneghina. Un appassionato di teatro non può non andarci almeno una volta. 

Romeo e Giulietta
Uno spettacolo di pregio, d'eccellenza, una produzione destinata a entrare nella storia di questo teatro. È la prima volta che Romeo e Giulietta vi viene rappresentato. 
L'allestimento scenico è imponente, un impatto visivo importante, svelato all'inizio attraverso un velo di luce. Lo spettatore è dentro una fiaba, poiché il taglio è evidente: una grande fiaba rappresentata da un albero, una quercia, che occupa tutto il boccascena. Attraverso i suoi rami si muoveranno attori e attrici, ci sono passaggi, passerelle, rami dai quali reciteranno agganciati a imbracature per sicurezza. 
Il pavimento è anch'esso parte della scena, un'auto abbandonata sulla sinistra, barili vuoti, sedie di ferro. Una realtà postmoderna che si amalgama con l'imponenza dell'albero. Sullo sfondo, una veduta prospettica, un deserto vuoto, un cielo cangiante. Tutto concorre al racconto. Questa scenografia è viva, palpita e vibra nelle parole e sembra idealmente muoversi assieme alla storia. 
La luce, che ho trovato mirabile, descrive gli stati d'animo, il passaggio dalla commedia alla tragedia. Dolce e morbida prima, fredda e tagliente dopo. 


Il testo è una contaminazione di stili. Ci sono echi di West Side Story nell'estetica generale, parere mio, con le due fazioni, Montecchi e Capuleti, definite, differenziate, in aperto scontro.
La dialettica della gioventù ardente che si scontra per puro gusto di rappresentare un colore e un tono diversi, l'odio inveterato tra le due famiglie, gli adulti che paiono maschere vuote di senso, presi dal desiderio di prestigio, di ricchezza, mentre il piano valoriale dei giovani si gioca su altri livelli, la forza e la rivalsa. 
Nel grande gruppo di giovani, che si muovono fra notti da riempire di parole e la festa fra i rami della grande creatura-albero, c'è un'armonia di gesti e versatilità recitative, con un attore che ho trovato eccellente: Alessandro Bay Rossi nel ruolo di Mercuzio. Spicca come deve fare chiunque in questo ruolo, ma qui siamo dinanzi a qualcosa che ho trovato travolgente. 


La scelta di un taglio contemporaneo che si fonde con il testo, adattato ma anche fedele all'originale, funziona. Questo straniamento dinanzi alle atmosfere dark di una metropoli che si amalgama al sogno, rappresentato dalla creatura-albero, va a segno. 
Francesco e la quindicenne (!) Anita Serafini nel ruolo di Giulietta sono meravigliosamente imperfetti. Non traspare quella recitazione accademica, impostata, sostenuta, ma una spontaneità che li rende normali e teneri, due frammenti incastrati perché affini. 
Questa ragazzina così vibrante e forte sul quel grande palcoscenico, mi dirà poi di non averci creduto fino alla fine, perché ai provini c'erano ragazze più grandi e con la borsa di accademie importanti a tracolla, lei piccola piccola in un angolo ha aspettato pazientemente il suo turno sentendosi un pesce fuor d'acqua, e poi... E poi quello che deve essere, perché puoi essere anche Sarah Bernardt ma del tutto fuori ruolo, impostata e finta, mentre una ragazza incline a quella passione recitativa che convince nella sua assoluta normalità, dimostra che non c'è bisogno di accademie altisonanti per essere la Giulietta di Martone. Una storia che ho trovato simile a quella di Francesco, pur derivando lui da produzioni cinematografiche, e quindi noto nell'ambiente. 


Francesco presenta un personaggio del tutto diverso dai precedenti, si misura con un ruolo difficile perché facilmente retorico. Com'è noto, Romeo non ha il vigore di Mercuzio né di Tebaldo, non è uno dei personaggi dal coltello facile. È un giovane appassionato, innamorato, ardito. L'amore lo pone dinanzi alla responsabilità della vita adulta, di una scelta che investe due destini. E Francesco ha trovato assieme alla regia il modo di renderlo credibile e in armonia con la co-protagonista. 
Nel nostro incontro prima dello spettacolo mi aveva detto di aver lavorato sul progresso di Romeo, di un passaggio evidente fra il prima e il dopo, fra l'amore e l'odio/morte. Il trionfo di Eros, in quel "prima", lo vede fluido e dolce, scanzonato e allegro. Il trionfo di Thanatos, in quel "dopo", lo trasforma in un Romeo graffiante e disperato, potente e anche tragicamente smarrito. 
Quando frate Lorenzo gli comunica il suo esilio dalla città, dopo l'uccisione di Tebaldo, questo Romeo è preda di un furore scatenato, dietro il quale si cela la disperazione di un giovane uomo travolto dagli eventi, innocente eppure colpevole, che rivendica il diritto alla felicità eppure è consapevole che tutto è perduto. 


Nell'ultima parte, dolente, in cui lo scenario è cupo, la luce fredda, sullo sfondo si apre lo sguardo su una città fantasma in cui si muovono uomini e donne perduti, come spettri. 
Qui la contaminazione è più netta, quella ideale "Verona" della creatura-albero è lontana, questa è una periferia degradata, in cui gli esseri umani cercano il conforto del trapasso. Romeo è fra di essi. Freddo come quella luce radente, maturo e consapevole, lo raggiunge la notizia della morte di Giulietta, che, sappiamo, è invece fredda di una morte apparente, ma lui non può saperlo.
E dunque altro rimedio non è possibile se non la morte. 
Non c'è sul finale la scena che ci saremmo aspettati. Nessuna platealità, siamo lontanissimi dal pathos di Zeffirelli e Baz Luhrmann. Romeo si china sul corpo esanime di Giulietta e prende una dose di veleno, mentre i fantasmi di Mercuzio e Tebaldo vanno a comporre il quadro assieme ai due. Giulietta poi, dolente e senza speranza, completerà lo scenario di questo ineluttabile finale. 
Non c'è il potere dell'autorità a imporre la pace tra le famiglie, semmai un finale in cui lo scenario diventa il "tutto" nel quale la platea stessa si perde. Le voci concitate di frate Lorenzo e dei genitori dei due protagonisti, la polizia che cerca nel buio della notte, nella prospettiva dello sfondo illuminato da torce che si muovono veloci. 
Su tutto, una pioggia che diventa scrosciante, che travolge lo scenario col suo boato fino a coprire le voci, annullate nel suono assordante di una tempesta d'acqua che monda questa Terra accecata dall'odio. 
Un finale possente, nel quale si mescola l'applauso degli spettatori. 


Non mi dilungherò sul dopo. L'incontro nei camerini, l'aver stretto mani, abbracciato, aver scambiato parole importanti, aver cenato con la Compagnia come ha voluto questo meraviglioso fanciullo che ci ha accolto a braccia aperte e ci ha commosso fino all'ultimo. 
Posso dirgli solo grazie. Per tutto quello che è stato ed è per me, per questa esperienza indimenticabile, per l'affetto, il profondo affetto che non viene mai meno. Per la sua gratitudine.

Qui di seguito il trailer dello spettacolo. 

28 commenti:

  1. WOW è il mio primo commento a caldo. Si sente tutta la gioia per questo ragazzo che hai visto sbocciare letteralmente e spiccare il volo (ecco, oggi infilo frasi fatte a go-go). Spero che Milano abbia saputo accoglierti al meglio, oltre allo spettacolo, il tempo era splendido perlomeno. Pure io ero a teatro sabato sera, al San Babila, dove ho l'abbonamento. Adoro il teatro, solo da spettatrice, ma ci vado spesso. La gratitudine è qualcosa di importante e da quanto vedo il vostro legame rimarrà per sempre. Sandra

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    1. Sì, Milano era perfetta. Ed è stata una gioia per me camminare fra quelle strade. Oltretutto ho trovato un fiorista, blasonato, davvero molto gentile e sensibile. Tutto è stato perfetto. Mi fa piacere che ti piaccia il teatro al punto da abbonarti agli spettacoli. Stimo chi apprezza questa arte nobilissima.

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  2. È magico tutto quello che hai scritto.
    Purtroppo, solo un pubblico raffinato apprezza il Teatro.
    La maggioranza opta lo stadio per una partita di calcio.

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    1. Eh, ahimè, se hai ragione. Io cerco di fare educazione teatrale ma è veramente dura. Poi, quando anche il più restìo vede uno spettacolo, ti ringrazia e dice che ne valeva la pena. C'è proprio analfabetismo rispetto al teatro ed è una grandissima perdita.

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  3. Correte a vedere. Con queste parole che si chiude la recensione dell'Espresso sullo spettacolo. Corro anch'io? Magari non corro, ma vorrei andarci, vediamo se marito o figlia mi accompagnano. Luz, sei felice e si capisce. e io sono felice per te
    il link dell'articolo è qui https://espresso.repubblica.it/idee/2023/03/14/news/giulietta_e_romeo_mario_martone-391458311/?fbclid=IwAR3Ip2H2o3CsGGpWb_72PMIIiz4_1waMM1KC_Er115LxktVByMFLf6VKP9o

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    1. Dai, vacci, cara MaC. Davvero potrebbe piacerti molto. E sarei davvero felice se tu conoscessi Francesco. :)

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    2. Grazie grazie grazie grazieeeeeeee!!!!!!!

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  4. Mi unisco ai complimenti anche perché Shakespeare non è per niente facile a qualsiasi età, ancor di più se si tratta di attori giovani. E poi perché il Piccolo di Milano (anch'io uso frasi fatte) è veramente il tempio del Teatro per eccellenza, dato che tutti i più grandi attori e attrici sono passate su quel palcoscenico...e poi è stato il Teatro di Strehler e Paolo Grassi! I nostri due grandi animatori del teatro italiano e non dal dopoguerra in poi.

    Ho letto che dalla pandemia il mondo della cultura è stato per così dire maciullato. Lo dico a ragion veduta dato che facendo parte di quel mondo (e dopo quasi 30 anni di attività ma nell'opera lirica, nella sinfonica e nel balletto) se prima della pandemia era già un settore difficile, oggi come oggi siamo veramente in una situazione che rasenta il dramma personale di tutte quelle persone che sono state tagliate fuori dal lavoro per tanti problemi.

    Insomma, quando un progetto arriva alla sua realizzazione c'è di che essere contenti, c'è di che congratularsi con sé stessi e con tutti quelli che hanno creato l'evento. C'è di che essere grati e quindi un salutone e complimenti.

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    1. Mi è piaciuto fare questa esperienza anche perché mi avrebbe dato l'opportunità di entrare in quel tempio. Voglio scriverne. Oltretutto ho una bellissima biografia di Paolo Grassi da leggere. Casualmente mi imbattei anni fa in un documentario che lo raccontava e mi piacque quel suo modo rivoluzionario di vedere il teatro, di farlo arrivare alla gente.

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  5. Ho letto il link con la recensione de l'Espresso ed è molto buona.
    Ariciao

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    1. Un po' striminzita come recensione ma l'ho apprezzata anch'io. :)

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  6. Una rielaborazione simile al film con Di Caprio mi sembra di capire. Certo che è davvero una bella soddisfazione per te aver visto un "tuo" ragazzo arrivare a livelli così alti. Certamente talento naturale, ma sono sicuro che tu hai avuto un ruolo importante nel fargli amare il teatro al punto di impegnarsi tanto e, bellissimo premio, ottenere una ribalta così importante.

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    1. Qualcosa sì, può esserci, ma non del tutto. L'opera di Martone mi è parsa molto originale in molte trovate, finale compreso che, come ho scritto nel post, è lontano anche da quel film.

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  7. Molto bello quello che è successo! Sono felice per te. Non è proprio usuale un atto di riconoscenza e affetto autentico come quello che hai raccontato! :-)

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    1. Sì, la gratitudine è uno dei maggiori pregi di Francesco. È talmente rara nei ragazzi. La gratitudine è rara a prescindere ed è uno dei motivi per cui questo ragazzo ha il mio cuore.

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  8. Che meraviglia questo tuo resoconto dell'esperienza! A parte che le fotografie sono stupende, ma poi il trailer fa venire voglia di vedere lo spettacolo. L'allestimento, la scenografia, le luci, sembra tutto perfetto. Complimenti! ma soprattutto complimenti a te, che hai saputo tirare fuori da questo ragazzo tutto il talento che ha dimostrato negli anni. Dev'essere un'emozione incredibile per te seguire il progresso di un ex allievo ed è commovente l'affetto che lui prova per te. Bravo. Chissà se un giorno riuscirò a vederlo al teatro, magari in uno spettacolo qua, a Roma. Non sai quanto mi piacerebbe!

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    1. Peccato che tu non abbia visto quel Peter Pan del 2018. Ci conoscevamo, ma in effetti non eri stata ai miei spettacoli di laboratorio. Lo facesti dal 2019, quando portai in scena Sherlock Holmes. :) E poi anche lo scorso anno, che bella sorpresa mi faceste!
      Spero anch'io che Francesco torni in palcoscenico qui a Roma. Non so come, con chi né quando ma spero accada, ha una bella forza scenica. E ti piacerebbe moltissimo.

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  9. Che bello percepire nel tuo racconto tutto l’entusiasmo e l’orgoglio per questo ragazzo, un fiore che é sbocciato e che tu con il tuo primo insegnamento a teatro hai seminato.

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  10. Sicuramente una gran bella soddisfazione per te vedere un tuo allievo arrivare a un così grande successo, inoltre faccio i miei complimenti a Francesco per il suo talento ma anche e soprattutto per la sua riconoscenza e gratitudine nei tuoi confronti. Una gran bella persona oltre che un talento del cinema e del teatro italiano.

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    1. Grazie, Caterina. Io posso solo augurargli di continuare su questa strada. :)

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  11. Sono così felice per Francesco e per te. Questo post, come gli altri qui o altrove, che di tanto in tanto scrivi per parlare di questo giovane e straordinario attore, trasuda entusiasmo, orgoglio, amore per l'arte, per la tua funzione di insegnante, per i tuoi allievi e per il teatro. La scena finale è spettacolare, è il caso di dirlo. Il buio della disperazione. Grazie per questo racconto

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  12. Ci sono persone che lasciano il segno, ce le portiamo dentro tutta una vita per quello che ci hanno insegnato, per come ci hanno sostenuto, per come hanno condiviso difficoltà e glorie. Tu qui hai lasciato il segno, alla grande anche. Penso non ci sia niente di più meraviglioso! :)

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    1. Ci vuole questo ma anche la sensibilità, dall'altra parte, di riconoscerlo. Ahimé, accade raramente. Grazie, Barbara. :)

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  13. Commenti da Facebook.
    Lo spettacolo è di grande impatto, scene iniziale e finale da far cascare la mandibola all'ombelico, luci gestite con perizia, ritmo e fluidità abbastanza buoni, anche se gli ultimi 40 minuti sono un po' in calando, mentre avrebbero voluto una tensione in crescendo. l'apocalittica pioggia finale fa dimenticare il prima. dell'albero (e non solo dell'albero) già sapevo, perché mi ero preparata per assecondare gli imperativi della mia pignolaggine, ma l'impressione comunque è stata forte. la posizione dei diversi interpreti sul ramo in aggetto sul proscenio, con la conseguente necessità delle imbragature, non mi ha convinto, specialmente per Giulietta, coi cappi che scendono e la sua vestizione e svestizione: certamente è stata una scelta registica precisa, ma a mio giudizio non inevitabile. forse anche per un altro ooooh degli spettatori, ma l'ho trovata una forzatura. sono io che non l'ho capita? Peut-être. ho apprezzato la riscrittura del testo per forma e contenuto, come diremmo noi prof, ma con un errore imperdonabile: quel Tempo immemore che nun se pò sentì per quanto è abusato e soprattutto per quanto è sbagliato. errore con sotto uno sfrego con matita blu che deve suonare come un URLO. le migliori recitazioni: la zia e Mercuzio, ma anche il frate Lorenzo, le peggiori: i due signori Capuleti, specialmente lui, sempre con le mani in tasca, entrambe o comunque una quando la parte richiedeva una certa concitazione nei movimenti. è una cosa che io detesto perché la ritengo un indice di misere capacità e disinvoltura di stare in scena e di scarsa professionalità, ancor più grave per un attore non giovane. Giulietta ha pagato la freschezza della sua età e della sua interpretazione con una certa piattezza delle intonazioni nella recitazione delle parti liriche col testo originale, a causa delle sue pregresse preparazione e esperienze come attrice? ne ho ravvisato comunque un buon talento. Gheghino era Romeo come tutti ci aspettiamo che Romeo sia, anche un Romeo di questa nostra epoca incerta, forse un po' troppo blando nelle sue prime scene, ma poi più convincente e sicuro. bravo Gheghello! conferma il suo talento e le sue diverse esperienze precedenti non sono passate come acqua fresca. sa assorbirle, ne fa tesoro e mette in bagaglio. diciamo che la capa del professionista ce l'ha, eccome. i dialoghi dal testo originale hanno penalizzato un zic anche lui, ma la scelta di Martone è stata una trovata registica vincente. talento e esperienza ci sono e si vedono, altroché se si vedono. forse un po' troppi i ragazzi inesperti da gestire? comunque bravo Martone! meno vanto della nostra conterraneità

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    1. Grazie a Maria Carmela e sua figlia per questo scambio. Quello qui sopra è di MaC, questa è la risposta di Julie:
      concordo in tutto tranne che sulle mani in tasca: un Capuleti avarissimo di sentimenti, se li tiene ben ficcati nelle tasche, in un gesto che impedisce il movimento e che è funzionale alla trasposizione contemporanea del personaggio. Al contrario di te, ho avvertito la potenza di una scelta interpretativa che toglie all'attore tutta una serie di opportunità gestuali ma che rappresenta i limiti sociali ed emotivi del personaggio.

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    2. E ancora Julie:
      leggo autorevolissimi commenti e recensioni avverse alla trasposizione in chiave iper-contemporanea, con strenua difesa del testo del Maestro. Tu che ne pensi? Io dico che Romeo e Giulietta è una storia che tutti conoscono, ma proprio tutti-tutti!! È come quando riguardi da capo una serie TV che sai a memoria e alla primissima scena fai la conta dei personaggi e: tu muori ammazzato, tu muori avvelenato, tu muori dietro a quell'altra che non ti fila, tu salvi il mondo, ma poi tanto alla fine è tutto un sogno. Allora la "storia" non serve quasi più, le forme classiche di narrazione non funzionano più, non puoi certo contare sullo stupore incondizionato dello spettatore. E allora del Sacro Testo del Maestro cosa rimane? Rimane inalterata la struttura, in una riscrittura formale che secondo me in questo caso è stata magistrale. Con un lavoro di tecnica immenso ma mai soverchio, il regista ha citato anche altri Shakespeare (una scenografia arborea onirica dalla quale da un momento all'altro poteva apparire Puck, o certi tagli di luce dal sapore amletico...) dando vita a un testo che oggi, tenuto nella versione originale, sarebbe lettera morta. Certo, la mia naturale avversione per qualsiasi maestro con la emme maiuscola, e il mio progressismo sfrenato nel quale i mostri sacri non trovano altro scopo se non quello di essere abbattuti sotto i colpi del nuovo che avanza ineluttabile, beh non aiuta l'obiettività del mio giudizio.

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