martedì 21 febbraio 2023

Il caffè di Luz e Marina: abbiamo letto insieme La tua assenza è tenebra di Jón Kalman Stefánsson

Non esisto se non riesco a scrivere.

LUZ
   Cara Marina, eccoci al nostro appuntamento periodico. Dopo il nostro lungo viaggio nei Sette vizi capitali, siamo tornate a condividere la lettura di un libro. Lo scorso dicembre ci aggiravamo fra gli stand di Più Libri Più Liberi e, capitate dinanzi alle meraviglie di Iperborea, abbiamo deciso di acquistare 
La tua assenza è tenebra, di Jón Kalman Stefánsson. Un romanzo corposo, più di 600 pagine, oltretutto stampate in quel formato particolare (scomodo, trovo, quando le pagine sono tante). Conoscevo questo autore per aver letto un paio di anni fa "Crepitio di stelle", recensito qui. Ho ritrovato il suo stile e quel particolare modo di raccontare, in poche parole: un poeta prestato alla narrativa. 
Sono arrivati anche a te questi echi "poetici"? 

MARINA Sì, mi sono arrivati e con un’intensità forse anche maggiore rispetto a quelli lasciati dalla lettura di un’altra opera dell’autore: io, di Stefánsson, anni fa, lessi “Luce d’estate ed è subito notte”, un romanzo che  mi è piaciuto moltissimo e ti consiglio. Ti dico subito che io sono affascinata dai libri appartenenti alla categoria “mai una gioia”, però il dramma non deve scivolare nel patetico e nemmeno nella tragedia senza speranza, altrimenti non li apprezzo granché. Qui entrambe queste connotazioni negative mancano, dunque ho amato questa storia drammatica, soprattutto il modo in cui è stata narrata. 
Intanto raccontala, come sai fare bene tu.

LUZ    Sintesi che non permetta di spoilerare troppo. Lo sfondo è l'Islanda, con i suoi meravigliosi scenari, il mare, i fiordi. Un uomo si ritrova, privo di memoria, in una chiesetta nei pressi di un cimitero. A pochi passi, un altro uomo, un'entità che rimarrà mai rivelata ma che genera con lui uno scambio dialettico, un dialogo in cui l'altro pare svelare, lui deve mettersi in ascolto e ricostruire il passato non di uno ma di più personaggi, un insieme di destini legati fra loro. Oltretutto una caratteristica di tanta scrittura di questo autore, la ricostruzione di vite passate e interconnesse, l'annullamento dei gradi di separazione fra persone che si rivelano essere più vicine di quanto pensino. 
Quanto potremmo dire di questo romanzo? Io non toglierei né aggiungerei una parola, anzitutto. A volte può sembrare prolisso ma Stefánsson sa il fatto suo. Ti vorrei domandare: come ti pare il fatto che i due elementi portanti della narrazione restino nel mistero? 
Credo che l'oblio, ho detto con prudenza, con lo stomaco annodato per il timore di dire qualcosa di sbagliato, sia un buco nero assopito in mezzo a tutte le galassie, che annienta la luce emanata dai ricordi.
MARINA  All’inizio ho pensato che avrei voluto uno sviluppo diverso dei due elementi di cui parli, poi invece mi sono ricreduta, perché alla fine questi sono solo serviti all’autore da pretesto di fondo per narrare tutta l’epopea dei fatti ed eventi che si intrecciano. Sono serviti come da anello di congiunzione fra le tante storie, tutte una più bella dell’altra. Hai notato anche tu come Stefánsson, quasi per dare al lettore uno strumento che lo aiutasse a tenere sempre il filo, facesse come dei mini riassunti delle cose narrate? Anche in questo caso, all’inizio ho pensato che si ripetesse, che in fondo molte cose potessero essere eliminate, invece ogni passaggio è risultato essenziale e indispensabile alla complessità del romanzo.
Quale vicenda e quale personaggio ti hanno colpito di più? (Poi ti dirò i miei)

LUZ     Ecco, io per esempio i riassunti non li ho notati. Tu hai quell'occhio da editor che ti contraddistingue. :) Mi sono approcciata a questa storia in modo empatico, mi sono messa in sintonia in particolare con la storia di Pétur e Gudridur (lo scrivo con le "d", non trovo quelle lettere), di cui ho sentito tutta l'ineluttabilità. All'inizio però mi aveva colpito molto ciò che legava Haraldur e Aldís, quell'epitaffio così struggente. L'assenza come tenebra è un'immagine molto forte e rende molto bene l'angoscia della perdita. Ecco uno degli aspetti di questo scrittore che mi colpisce di più. Nella traduzione dall'islandese Silvia Cosimini fa un lavoro egregio, riesce a rendere perfettamente il senso di questo intreccio, le sue motivazioni. C'è anche da dire che Stefánsson è un autore molto istintivo, come ha spesso detto nelle sue interviste. Non ha mai un "totale" della storia che va a raccontare, scrive a braccio, e questo un po' emerge. Sento dietro alle sue parole uno scrittore istintivo e istintuale, che ha però molto chiare alcune intenzioni. Il tema è una sovrapposizione fra memoria e destino. Le persone rispondono a un richiamo che le porta a porsi domande dirette sull'esistenza. La conquista di una visione fa soffrire ma è anche un trionfo sulla vita, un darle senso. Che Gudridur fosse il fulcro di tutta la vicenda, malgrado vissuta più di un secolo prima, è straordinario e bellissimo. E i destini di chi verrà dopo in certo senso si rifanno all'ineluttabile, alla vita che si fa strada travalicando convenzioni, obblighi, doveri. 
Ora tocca a te, vicenda e personaggio tuoi prediletti? 

MARINA  Io ho amato la storia di Eiríkur, che poi, secondo me, è il vero protagonista del romanzo: il modo in cui entra in scena con un fucile e una chitarra: è un uomo in parte irrisolto, deluso, con una verità che scopre tardi e lo condiziona in tutto. Mi è piaciuta la costruzione della sua immagine ripetuta per rimarcare il personaggio e l’importanza che ha nel quadro d’insieme: “Eiríkur di Oddi. L’uomo che possiede una chitarra elettrica, tre cuccioli morti, una carabina per sparare ai camion oppure al destino”. Sparare al destino: il suo parte da lontano e approda a un finale a mio avviso perfetto. 
La scena più bella, per me, è quella in cui lui, bambino, festeggia il suo ottavo compleanno con il padre e lo zio, che lo portano in mare con la barca chiamata Sankti Maria: “una delle giornate più belle del mondo, che non avrebbero mai dimenticato” Tre marinai, gli attrezzi da pesca e la musica, quella di Paul McCartney che canta “My Love”. Ecco una delle tante cose che ho amato di questo romanzo: è una storia narrata con una colonna sonora di sfondo; a ogni brano citato, di Nick Cave, Bob Dylan, Leonard Cohen, Elvis Presley, mi precipitavo su spotify ad ascoltarlo e le pagine del libro mi sembravano ancora più belle. A parte i tratti poetici, che mi hanno più di una volta fatto venire il magone. E ce ne sono parti commoventi! Quali sono secondo te i temi dominanti del romanzo?
E Ómar cosa ha fatto per meritarsela? Dove sono sepolti i draghi che ha sconfitto per conquistarla, quali montagne ha spaccato in due, quali tempeste ha vinto, e al mattino, quando si sveglia dal sonno, si ricorda di inviare agli dei, al destino, un telegramma per ringraziare? 
LUZ   Sì, Eiríkur è l'asse sul quale si gioca tutta la narrazione, un uomo che come dici tu all'inizio resta indistinto, appena abbozzato, e poi emerge in tutta la sua complessità. Mi ha colpito di questa generazione e quella precedente la mancanza di dialogo fra padre e figlio. La difficoltà di parlarsi, di capirsi, con la musica che è il solo loro linguaggio. Ma Halldor non riesce a parlare perché soffoca in ogni intenzione il segreto che si porta dietro. E la menzogna nella quale Eiríkur vive buona parte della sua vita. Mi chiedi il tema. Come avevo scritto sopra, direi la sovrapposizione fra memoria e destino, ma anche il tempo è una componente fondamentale. Lui scrive "il passato ce lo portiamo costantemente dentro. È un continente invisibile". Trovo siano parole molto vere. Ricordi che proprio alla fiera dell'editoria ti dissi che sono diventata molto sensibile ai romanzi che problematizzano il fattore tempo/passato inevitabilmente coniugato al presente? L'uomo che si sente non definito, irrisolto dinanzi alla propria vita, le domande che si pone, come Stefánsson ci insegna: "le domande sono la vita, le risposte sono la morte". Nella domanda il senso di tutto, come se fosse inevitabile porsi il problema dell'esistenza stessa. In fondo è un grandissimo romanzo filosofico questo. Ha una sua complessità. Il passaggio sui dettagli e il contesto, roba da restare fermi dinanzi alla pagina e mettersi a pensare. 
Ecco, da ciò traggo la mia domanda per te: ci sono state pagine che ti hanno posto dinanzi a dilemmi della tua stessa esistenza? 

MARINA  Ti dirò, ho sottolineato molti passaggi e molti brani per me significativi: durante la lettura avevo la sensazione di attraversare grandi verità, ma di coglierle con delle sfumature, cioè, percepivo l’esistenza tra le pagine di qualcosa di profondo legato a me, al mio modo di essere, di pensare, ma molto sfuggente. Più che parlare di dilemmi della mia esistenza, direi che ho sempre vissuto con grande attenzione e curiosità la mia fede rispetto alla sua negazione, dunque ogni riferimento al rapporto Dio/diavolo, in questo libro, mi ha colpito:
“Forse, ho detto io, è stato il diavolo a creare l’uomo e quando Dio si è accorto che era troppo tardi per tornare indietro, ci ha regalato la musica e il senso di colpa”.
Ecco, il senso di colpa verso una mancanza, verso scelte che hanno ferito le persone, la capacità di sapersi perdonare: ho riflettuto su tutto questo e il romanzo mi ha fatto sentire il peso di certi rimpianti. “L’errore si paga per tutta la vita. La cosa più difficile è non poterselo perdonare”. Invece occorre trovare un compromesso fra ciò che siamo e le conseguenze collegate al modo in cui abbiamo agito in un determinato momento. Accettare l’errore, senza giustificarsi e pensare che le cose spesso vanno come devono andare anche a prescindere da noi. 
Invece, volevo una tua opinione sull’universo femminile: queste donne/mogli/madri che si sacrificano, tradiscono, ma rimangono salde nei principi. Qual è, secondo te, il messaggio di Stefánsson a riguardo?
Il tempo, che ci facciamo con il tempo? Credo che il tempo sia una pistola carica, una frana che sta per abbattersi sulla vita, un giorno di ieri che non è mai arrivato. 
LUZ   Bellissima domanda, te ne ringrazio. Ho avuto una certa debolezza per Gudridur. Così come per Svana e Tove, che per certi aspetti vivono una situazione simile, ma molto meno "romantica". Svana e Tove sono donne moderne con mariti depressi, finiti, l'amore finisce come può esaurirsi per noia, affinità che muore col tempo. Gudridur invece è un'eroina proprio. Per destino nasce intelligente, ha un padre che affina il suo talento prima di svanire, e poi si ritrova moglie e madre. Gísli la toglie dal mondo per tenerla tutta per sé, ma è una lotta vana, perché il talento di Gudridur si fa strada fra le strette maglie della sua esistenza piatta e monotona. Gudridur urla il suo desiderio di comunicare, raccontare, osservare la natura e trarne insegnamenti. E fa quello che sarebbe impensabile per una donna appena istruita, e questo le attira lo sguardo di chi, dall'altra parte, si ritiene un uomo irrisolto, finito, infelice, che parla con un poeta sepolto e immagina di tesserne un dialogo. Ah, quanta straordinaria bellezza in tutto questo! Stefánsson scrive diffusamente di senso di colpa, sì. Questa componente umana che appunto ci rende umani, che attanaglia lo stomaco perché fare del male a chi ti ama è davvero fuori natura, è presente e palpabile nel romanzo. Stefánsson ci dice però che non c'è condanna verso l'amore vero, questa forza trainante che rende inevitabile il destino. La vita in sé, questa straordinaria Natura che rende gli esseri umani suoi strumenti, governa il mondo. "Io esisto perché gli universi sono usciti dai cardini" dice chi è arrivato alla verità. C'è da rimanerne incantati, non trovi? E questo passaggio, poi: "Allora potremmo dire che Eiríkur Halldórsson sia il punto finale e malinconico di una lunghissima frase che il destino ha cominciato a scrivere quando Gudridur si è seduta sul letto che condivideva con Gísli, con le ginocchia come scrittoio, per lavorare al suo articolo sul lombrico?". Il nucleo del racconto sta tutto lì. L'effetto farfalla che crea tempeste. Straordinario! 
Un'ultima domanda: quanto ti affascina quella lontana terra, l'Islanda? 

MARINA  Sì, è tutto affascinante. Alla fine, per rimarcare (e semplificare) quello che scrive Stefánsson da te riportato, potremmo anche dire che i centoventi anni di storie ricostruite partono da un lombrico. Incredibile, vero? Un insignificante esserino che prospera nel buio del suolo, nell’assoluto silenzio e diventa “il pensiero di Dio”, nelle parole di Gudridur. Ma quanto ci sarebbe da dire ancora! E, in ultimo, la tua domanda, che sembra la cornice ideale di questa bella chiacchierata: l’Islanda, per me, è una terra ai confini del mondo, l’ho sempre vista e immaginata così, lontana, immensamente diversa da tutte le altre terre europee. Quando lessi “Luce d’estate”, ricordo, mi colpì la naturalezza con cui gli abitanti di questa terra vivevano la luce infinita dell’estate e la notte lunghissima dell’inverno e quel paesaggio sotto la neve. In questo romanzo ho trovato affascinanti la brughiera e le fattorie confinanti, dove la vita da contadini è centrale, ma soprattutto il cielo descritto in modi diversi ma con un’unica costante: le stelle, così nitide e luminose da sembrare a contatto con la terra. Leggere Stefánsson aumenta la mia curiosità su questa isola dove in estate la temperatura sfiora i 17 gradi. Ma te lo immagini, Luà, che meraviglia, invece dei nostri 35 gradi? 
Ah, che peccato chiudere questo caffè! ma almeno lo facciamo in bellezza, consigliando a tutti la lettura di “La tua assenza è tenebra” e offrendo i miei bon bon all’arancia, semplici come la campagna islandese e freschi come le estati scandinave. Aggiungo il mio personale “grazie” per questa magnifica esperienza condivisa. Alla prossima!

25 commenti:

  1. Il tentativo dei vivi di trovare un dialogo con il mondo dei morti, di raggiungere piani di comunicazione possibile.
    Non credo esista un mondo dei morti. A meno che l'anima non sia un'invenzione delle religioni.
    La maggior parte delle sedute spiritiche più famose nella storia recente spesso si sono rivelate delle semplici bufale e vere e proprie truffe.
    Dovrò leggere questo libro.

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    1. Questo però è solo un aspetto del romanzo e appartiene a un personaggio che è perfettamente consapevole di stare scrivendo lettere a un poeta "estinto". I morti qui sono il passato, chi vive nell'oggi non può fare a meno di riannodare i fili guardando indietro. Non c'è nessuna seduta spiritica nella narrazione.

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    2. Secondo me, questo libro potrebbe piacerti: il legame con i morti, come dice Luana, esprime la continuità con il presente, gli intrecci sono tutti belli e le vicende, nei vari momenti storici in cui si dipanano, tracciano un percorso coerente con ciò che poi accade nel futuro.
      Un'invenzione meravigliosa, quella dell'anima, per la mia religione! :)

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  2. L'Islanda è stata a lungo una terra inospitale, la peggior isola in cui si potesse vivere, in un certo senso non mi attira (neanche a livello letterario) proprio per il suo passato, quantunque sia ormai un luogo dove si vive bene (entro certi limiti perché io odio il freddo).
    Comunque, da come lo descrivete sembra un libro interessante. Lo metto nell'elenco delle possibili letture quando ritroverò la capacità di affrontare opere corpose con molte centinaia di pagine.

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    1. Ormai sono anni che non leggi romanzi corposi, ne hai scritto diverse volte. Eppure questo è un romanzo perfetto per l'età matura. Ci sono cose impigliate dentro che dai 50 anni si possono non solo apprezzare ma tendenzialmente hanno un certo potere di identificazione, il che le rende una pietra preziosa, un'occasione di riflessione. È come un grande racconto, a tratti epico, che stai guardando dall'alto di una rupe, forse proprio verso i fiordi fra i quali è ambientato. Io, come Marina, adoro invece questo fresco estivo, la temperatura che non supera i 12 gradi in pieno agosto... ah! Stupendo. L'Islanda in me esercita un certo fascino. Terra difficile. Ho visto un documentario su You Tube in cui si parla dell'alto tasso di depressione e addirittura di suicidi. L'Islanda è come tutte le terre in cui non puoi fare a meno di sapere dove stai vivendo e come stai vivendo. Ciò è anche nel romanzo.

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    2. Io, invece, proprio perché così lontana e inospitale, sono affascinata da questa terra. Non amo viaggiare (per dire, mi mette in crisi pure partire per andare a fare una gita), dunque non organizzerei mai un viaggio con tappa Groenlandia e paesi limitrofi. L'islanda, poi, è un'isola... peggio mi sento! Eppure, questa diversità in tutto m'incuriosisce e già leggere un romanzo ambientato in tali luoghi soddisfa la mia curiosità e appaga il fascino che su di me essi esercitano. Del resto leggere non è forse anche viaggiare in terre che non avremo mai l'occasione di scoprire?

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  3. Mi hanno molto colpito i passaggi riportati in questa vostra splendida recensione: c'è della poesia ai massimi livelli, tutta giocata sull'interiorità e le sfumature del sentimento e del pensiero. Già i titoli dei romanzi di questo autore sembrano degli haiku.
    Prendo senz'altro nota del titolo!

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    1. Hai colto la preziosità del romanzo: poesia, interiorità, tutto espresso con uno stile magnifico. Va letto, senz'altro.

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  4. "Io esisto perché gli universi sono usciti fuori dai cardini" è una citazione shakespeariana! Amleto si domanda perché sia toccato proprio a lui mettere a posto un modo uscito fuori dai cardini. Chi sa se il personaggio del romanzo da voi letto ha qualcosa del principe di Danimarca!
    Complimenti per la formula maieutica con cui raccontate il romanzo. Molto piacevole e avvincente seguirvi nel vostro confronto

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    1. Ho trovato: "Il tempo del mondo è fuori dai cardini; ed è un dannato scherzo della sorte ch’io sia nato per riportarlo in sesto". In altre traduzioni è "la natura è uscita dai cardini". Che meraviglioso riferimento! Grazie, Giacinta, non me ne ero assolutamente accorta. E sì che Amleto è la mia opera shakespeareana preferita. Un'opera in cui, sotto certi aspetti, troviamo un fondersi molto simile fra il mondo dei vivi e quello dei morti. Lo spettro del padre su tutti, ma anche l'accidentale morte di Polonio e poi quella della dolente Ofelia. Per non dire della tragica commedia (ossimoro voluto) che si inscena a corte, perché la finzione racconti la verità. Mi chiedi se Eiríkur abbia qualcosa del principe di Danimarca. Le due storie sono molto diverse, ma i caratteri sono simili. Eiríkur è un giovane tormentato dall'ignoto che avverte nel proprio vivere, sente un vuoto incolmabile, l'assenza della madre, ha col padre un rapporto irrisolto. Ma se devo trovare dei richiami, sì, il tormento, l'incomunicabilità.

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    2. Neanch'io avevo colto la citazione del grande Shakespeare! Sicuramente Stefansson aveva ben chiaro il modo in cui voleva caratterizzare Eirikur, attrezzandolo della giusta dose di malinconia, distacco, sofferenza... magari Amleto era il suo punto di riferimento.

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  5. p. s. Atto primo, scena quinta ( durante il colloquio con lo spettro del padre)

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    1. Lo avevo letto e recensito anni fa, ma mi hai fatto venire il desiderio di rileggerlo. :)

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  6. È una citazione che riconosco subito perché era molto cara a Giuliano. È grazie a lui che mi sono avvicinata con più consapevolezza a Shakespeare.
    Buona giornata!







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    1. Giuliano, quanto ci manca. Una persona colta e gentile. Avrebbe amato questa recensione.

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  7. Devo dire che la trama mi attrae e mi piacerebbe leggere il romanzo, diventa per me anche un modo per conoscere l’Islanda un paese così differente dal nostro. È un momento in cui sono indietro con tutto anche con le letture, però spero di recuperare un po’ di tempo per me nelle prossime settimane, sistemate un po’ di scadenze sul lavoro che mi fagocitano anche il week end.

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    1. Quello che mi spinge verso questi autori nordici è proprio il fascino di quelle terre lontane. E c'è da dire che la terra influenza molto il loro modo di pensare e di scrivere.

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    2. Questo libro mettilo in cima alla lista, però, Giulia, scavalca pure le altre letture. Fidati. ;)

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  8. L'islanda mi affascina moltissimo. Ma, forse, proprio perché la percepisco come una terra ostile e aliena la sua letteratura mi intimidisce. Mi segno anche questo libro e vediamo se prima o poi vincerò la mia ritrosia.

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    1. Anch'io la sento come un territorio non proprio facile. Basti pensare ai rischi, alle temperature proibitive, alle lunghe strade che segnano ampi deserti di terra nera, ma forse proprio questo vuoto è così "pieno" di qualcosa che non conosciamo. Questi romanzi ci parlano da un ignoto, ecco perché tendono ad affascinarmi.

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    2. Il fascino di terre non solo lontane, ma anche diverse sotto tutti i punti di vista da quella in cui viviamo: questi posti mi catturano, ma solo sui libri oppure nei documentari, perché per il resto non li raggiungerei nemmeno se mi regalassero il viaggio! :)

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  9. "E' molto lontana l'Islanda... è vicina a Padova l'Islanda!" La mia citazione preferita, dallo Zecchino d'Oro del 1994 :D :D :D
    Non ho letto ancora nulla di Stefánsson (e ancora nulla nelle edizioni Iperborea, che in effetti sono belle, particolari, ma non proprio comode). Capisco che questo è un romanzo ricco, sia di storie che di concetti, ma non so se in questo momento riuscirei a immergermi, sento ancora necessità di leggerezza. Comunque lo tengo in lista.

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    1. Sì, in certo senso ci si deve predisporre. Per esempio, penso che in estate un romanzo del genere non costituirebbe per me un'attrattiva. Meglio gustarselo d'inverno e sotto una bella coperta, come ho fatto io. Poi la lettura condivisa è un bell'incentivo. :)

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    2. Sì, ha ragione Luana: è una lettura da inverno (giusto per rimanere, perlomeno, in sintonia, con i luoghi di riferimento), però non è impegnativa come potrebbe essere chessò un volume di Proust o "Infinite Just" di Wallace (per fare esempi di opere corpose) e, secondo me, vale proprio la pena leggere questo romanzo, anche cominciando dall'inserimento in una lunga lista. ;)

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