sabato 4 giugno 2022

Educazione siberiana - Nicolai Lilin

Incipit: Lo so che non andrebbe fatto, ma ho la tentazione di iniziare dalla fine.
Ad esempio, da quel giorno in cui correvamo tra le stanze di un edificio distrutto sparando al nemico da distanza così ravvicinata che potevamo quasi toccarlo con la mano. 
Eravamo sfiniti. I paracadutisti si davano i turni, noi sabotatori invece non dormivamo da tre giorni. Andavamo avanti come le onde dell'acqua, per non dare al nemico la possibilità di riposare, di eseguire le manovre, di organizzarsi contro di noi. Combattevamo sempre, sempre. 

Terminare questo romanzo - che poi tanto "romanzo" non è - è come uscire da un viaggio, da una lunga serie di sequenze in cui questo autore, con estrema lucidità e destrezza, scaraventa un lettore stupefatto e affascinato. Questa non è una storia per tutti. 
Anzitutto è una storia per stomaci forti, per lettori che non esprimono giudizi morali sui personaggi, che possiedono una buona dose di curiosità verso luoghi inesplorati. E questo "luogo" di criminalità, violenza, male, davvero non lo avevo mai esplorato prima.
È stata un'esperienza interessante, illuminante. In particolare se si parte dalla constatazione che tanta parte di materia narrata è frutto di esperienza dello stesso autore, tanta narrata dagli "attori" di una realtà che non possiamo immaginare, dobbiamo solo predisporci a lasciare che qualcuno ce la racconti.
Pubblicato in Italia nel 2009, ricordo di averne sentito parlare alla madre di un alunno, insegnante universitaria, che mi chiedeva se fosse adatto a suo figlio. Io, che non lo avevo letto, potei solo informarmi in rete e venne fuori la descrizione di un romanzo crudo, realistico, a tratti tragico. 
Lo sconsigliai, troppo per un ragazzino di 13 anni. 
Oggi potrei dare lo stesso consiglio, perché Educazione siberiana è un "romanzo di formazione" che ha bisogno di strumenti per essere affrontato, perché non possiamo guardarlo come un romanzo scaturito da una fervida fantasia, ma ispirato a fatti veri o verosimili. 

L'"etica criminale" siberiana.
Se così è, allora è necessario partire dal suo autore. Lilin nasce in Moldavia, in una regione incuneata fra questa e l'Ucraina, la Transnistria. Naturalizzato italiano ormai da diverso tempo, ha portato nel nostro paese il racconto della sua etnia, di origini siberiane, fuggita dalla Russia durante lo stalinismo. 
Nei decenni dell'Unione Sovietica, i metodi governativi comunisti dilagano in tutto il paese, che comunque è ai margini della grande Russia dei soviet. Al punto che in un'ampia parte del territorio si sviluppa e consolida una vasta comunità divisa in etnie e clan. 
È proprio questa realtà radicata e scomposta che viene narrata nel romanzo, un sistema durissimo e con regole molto precise, quella dei "criminali onesti", non scritte ma tramandate di maschio in maschio in varie generazioni. Sì, è appena il caso di riferirsi al fallocentrismo di questo sistema, in cui le donne sono mogli e madri ossequiose e non prendono parte alcuna nelle decisioni, tantomeno nell'educazione dei piccoli. Siamo a Bender, nella comunità siberiana Urca, nel quartiere di Fiume Basso. 

Nicolai, protagonista e voce narrante, racconta il lungo "training" che lo porta dall'essere un bambino che muove i primi passi in questo mondo strano e difficile, a giovane parte di un sistema nel quale trova un ruolo preciso, importante. 
Il suo mentore è nonno Kuzja, come ogni "nonno", al vertice della famiglia e depositario dell'antica saggezza clanitica. C'è qualcosa di estremamente forte in questa figura al vertice, un affetto ruvido e concreto, la certezza di trasmettere il proprio sapere a un ragazzino sensibile e capace di assimilarlo. 
Come ogni nonno del sistema, Kuzja non si ritaglia il ruolo di custode del ragazzo, ma dei suoi insegnamenti. Ogni bambino e adolescente deve imparare il resto dalla strada, da esperienze anche molto forti, in cui il pericolo viene percepito ma anche gestito, in cui la sola vera certezza è la piramide di norme che nessuno, di altro clan o di clan avverso, oserebbe infrangere, a meno di subire punizioni letali. Ecco, la violenza è una parte fondamentale del sistema. 

Nicolai Lilin
Basterebbe questo aspetto per farci inorridire, vero? Ma qui come ho detto più sopra bisogna liberarsi del giudizio morale. La violenza, inflitta con ogni mezzo, dal coltello al tirapugni, alla spranga alle armi da fuoco, rientra nel sistema di relazioni fra i vari clan. Colpire e se occorre uccidere coincide, paradossalmente, con la difesa della morale. 
La giustizia all'interno del sistema è un'entità creata dai gruppi stessi, che impongono il loro codice a chi infrange alcune norme morali ritenute sacre. Alcuni esempi: tutte le persone ritenute innocenti non devono essere toccate (come il giovane ebreo Lyëza o la fragile Ksjuša), lo stupro non è tollerato, si deve portare rispetto a tutti gli esseri viventi, a eccezione di poliziotti, banchieri e usurai. 
L'ossimoro criminali-onesti che si scontra con i criminali-disonesti. 
Gli strumenti più importanti della violenza regolatrice del codice sono la pistola e il coltello. Alla prima in ogni casa viene dedicato una specie di altare, sotto la custodia di immagini sacre - il crocifisso e la preghiera sono leit motiv ricorrenti in tutta la narrazione. 

Il dono di un coltello particolare o ancora di una pistola, rappresenta l'ingresso in una fase di crescita nuova, in cui chiameranno nuove missioni, un rituale di passaggio. 
Nicolai 'Kolima' compie i suoi passi nel sistema acquisendo via via le sue regole, mentre queste diventano anche storie e immagini da tatuare sulla pelle. Il tatuaggio assume un'importanza rituale fondamentale nella comunità, non è un elemento estetizzante ma un segno identitario e sacro, un segno che non può essere profanato mediante sofisticazioni, un linguaggio muto eppure vivissimo. 
Kuzja e tutti i vecchi al vertice del sistema ne sono disseminati, le loro storie sono scritte sulla pelle. Lo stesso Lilin porta su di sé i segni di questa ritualità, anzi è diventato come il protagonista del romanzo un Kol'sik, un "pungitore", oggi la sua attività è pienamente avviata a Milano.
L'arte del tatuaggio si apprende da un maestro tatuatore che trasmette all'apprendista il valore rituale del segno, riversa in chi impara un'arte antica, è un depositario di saggezza, come un confessore. 

Se dovessi individuare le pagine più crude del romanzo, direi quelle del carcere minorile e della lunga missione con a capo Gagarin per vendicare uno stupro. I mesi in cella, mesi di carcere duro, in una realtà senza tutele né diritti, sono il racconto di un'umanità abbandonata a stessa, in cui la custodia è inesistente e la violenza dilaga seguendo logiche di rivalsa fra clan che covano un odio antico. 
Anche in questa realtà estrema, da un lato si accettano i soli metodi che permettono la sopravvivenza, dall'altro si scava nel solco di una "giustizia" criminale che si muove secondo rituali sempre identici, riconoscibili. La violenza del carcere è estrema, i più deboli soccombono nelle più crudeli atrocità, difendersi è possibile solo riconoscendosi affini e lì non solo scatta il rispetto reciproco ma anche la difesa contro il sopruso. Lo stupro, come scrivevo più su, non è tollerato dai siberiani, vi lascio quindi immaginare cosa possa accadere fra lo commette e chi impone giustizia. 
La missione di vendetta capeggiata da Gagarin, negli anni di libertà, è un lungo racconto in cui il branco cammina in una città sconosciuta e insidiosa, in cui gli accordi sono necessari per uscirne vivi. Mi è piaciuto il racconto di ogni personaggio incontrato durante la vendetta, un flashback che è anche un focus sulle tante realtà disseminate in questa terra difficile e martoriata. 

Un romanzo da leggere e forse continuare a leggere nella trilogia che tuttora è parte dei libri più venduti e celebrati di Nicolai Lilin. Io per ora mi fermo al primo dei tre. 
Avete mai letto un romanzo in cui si raccontano atti particolarmente efferati? Vi affacciate ogni tanto su queste realtà così crude e lontane da noi?

Qui sotto il trailer del film tratto dal romanzo. 



16 commenti:

  1. Le narrazioni efferate non sono il mio genere preferito, dalla lettura devo trarre anche un certo "relax", diciamo così, e dunque tendo a evitare. Ho comunque letto libri noti per i contenuti forti come "Trainspotting" e diversi romanzi di Houellebecq in cui il degrado morale viene esplorato quasi con compiacimento, o - ancora peggiore perché relativo a eventi accaduti davvero - il memoriale "Brevissima relazione della distruzione delle Indie" di Las Casas in cui vengono descritte con tremendo realismo le atrocità commesse dai soldati spagnoli in America ai tempi di Cortez e anche dopo. Letture che lasciano un senso di disagio a volte particolarmente forte.

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    1. Comunque hai al tuo attivo letture "estreme" che forse io non farei mai. Fra quelli che hai citato, direi mi incuriosisce Houellebecq, proprio per l'aspetto del degrado morale, di queste ombre dell'animo umano che vengono raccontate a tinte forti. Mi concedo una lettura del genere se è più vicina possibile alla realtà, se mi aiuta a capire una realtà di cui non so nulla, ma anche perché queste storie vanno oltre la finzione e permettono di arrivare a scenari per lo più ignorati. Insomma, per quanto mi riguarda sono spinta da un desiderio di conoscenza. Però non potrei mai fare di questo genere uno dei miei prediletti, anzi. Come te, ho bisogno di tutt'altro tipo di letture.

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  2. Questo libro ce l'ho in eBook da diverso tempo, regalatomi da un amico, grande lettore, ai tempi in cui uscì il film. Non l'ho ancora letto, ma non escludo di farlo più avanti. Di romanzi efferati ho letto Zero, Zero, Zero, di Roberto Saviano, è molto crudo e parla del narcotraffico colombiano, quindi storie vere, un pugno nello stomaco. Saviano però ha il grande pregio di farti leggere storie vere come se fossero romanzi, solo dopo capisci che è la realtà, io lo trovo molto utile, anche se faticoso, va alternato con qualcosa di più leggero...

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    1. Di Saviano ho "Vieni via con me", acquistato tanti anni fa e mai letto (fa parte della pila di libri che non si sa come né perché acquistiamo e non abbiamo mai realmente il desiderio di leggere). Lo apprezzo da sempre come oratore, so che è un ottimo conoscitore del fenomeno mafioso e immagino quanto crudo sia il suo racconto... che poi racconto non è. Ecco, questi libri, lungi dal diventare il leit motiv del nostro essere lettori, ogni tanto devono ritagliarsi un loro posto fra i libri che leggiamo. Lo sento quasi doveroso.

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    2. Saviano non è semplice, però se cominci a leggere non smetti, io ho letto Gomorra appena uscito, in tempi in cui Saviano era uno sconosciuto, ho pensato allora, leggendo il libro, che fosse un pazzo perché scrivendo quelle cose avrebbe messo a rischio la sua vita. Non mi sono sbagliata infatti. Gomorra è un libro che vale la pena leggere perché ti mostra qualcosa che non riguarda solo la camorra di Napoli, ma tutta l'Italia e, per certi aspetti anche il mondo, quindi ci riguarda tutti.

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    3. Sì, è un libro di pregio proprio per questi aspetti. Io ricordo che fece un intervento sulle origini della mafia, addirittura citando una leggenda di tre briganti che al sud spadroneggiarono. Ecco, cercherei volentieri questa cosa se ci fosse una pubblicazione.

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  3. mi ha molto colpito il film tratto da questo romanzo, visto al cinema alla sua uscita. Ho comprato il libro poco dopo, ma non è riuscito a "prendermi", mi ha dato l'impressione che ci fossero dentro tante cose forti, che l'autore avesse tante cose da dire, ma non avesse le redini della narrazione. Non lo riprendo in mano da allora, quindi può essere che, semplicemente, avendo amato il film, mi aspettassi qualcosa che il romanzo non poteva essere. Non ricordo di essere rimasta colpita da parti troppo forti. Ma io ho il problema che quando leggo mi sconvolgo raramente (mentre sono molto impressionabile quando si tratta di pellicole) e quindi quando poi consiglio i libri agli alunni controllo mille volte che siano adatti, perché ho il terrore di fare errori e di trovarmi poi con i genitori con i forconi.

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    1. Ah ah ah quella immagine dei genitori coi forconi... conosco bene. Io propino solo film storici e documentari, e vado sul sicuro. Di fatto questo è un tema troppo forte per pargoli fra gli 11 e i 14 anni. Riguardo al tuo non aver percepito le "redini della narrazione", ho capito quello che intendi. Lilin non è uno scrittore raffinato, non lo metterei fra i grandi, assolutamente. Forse proprio questa sua immediatezza è stata la sua forza. A parte che narra in prima persona, io ho visto una certa coerenza fra materia e voce narrante, mi ha convinto. Probabilmente l'aver visto prima il film ha caricato in te questo libro di aspettative poi non mantenute.

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  4. Di Lilin ultimamente si parla più come ospite di trasmissioni nelle quali cerca di spiegare l'anima russa e russofona agli italiani in occasione della guerra in Ucraina che come scrittore. Il suo testo su Putin infatti viene impiegato in questo senso. Il che per me è un peccato, poichè si trascura il talento dello scrittore.

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    1. Eh sì, io ne ho sentito un'intervista e poi ho approfondito un po' su YouTube, dove trovi decine di suoi interventi sulla questione russa. Una voce certamente da prendere in considerazione. Mi chiedo come mai abbia scelto di vivere in Italia, pur restando molto legato alla terra d'origine.

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  5. Non ricordo letture particolarmente efferate e violente, forse perché un libro lo puoi sempre chiudere quando la parola scritta è troppo forte. Riesco a staccarmene senza problemi. Diversamente dalle immagini, per cui non riesco a fermarmi anche se il film è cruento e sanguinario (l'ultimo visto solo una settimana fa: L'uomo con i pugni di ferro, regia di Rza, con Russell Crowe, Cung Le, Lucy Liu, Byron Mann, Dave Bautista, presentato da Quentin Tarantino; un mix tra La tigre e il dragone e Kill Bill, molto splatter, gli dev'essere costato più di sangue finto che di costumi e armi d'epoca... o forse gli è costato più di acqua e ramazze per pulire tutto! XD ). Non ho letto questo romanzo, anche se ne ho sentito parlare.

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    1. Ultimamente ho visto un film con un Russell Crowe nel ruolo di "cattivo". Terribile. Un sociopatico che uccide ex moglie e nuovo compagno e poi si aggira nel traffico in preda a una furia cieca. Si scontra con una ragazza che ha fretta di accompagnare il proprio figlio a scuola, lei è totalmente ignara dell'uomo con cui cerca di avere ragione di un piccolo tamponamento. In lui scatta qualcosa e comincia a tallonarla ovunque, diventa la sua ossessione, fino a uno scontro finale che è un autentico cliché. Ecco, questo tipo di film (o libro) non mi piace, non mi lascia nulla. :)

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  6. Ho amato molto il film, per cui non ho acquistato il libro. Lo faccio sempre, anche all'inverso (quando leggo prima il romanzo, lo adoro, poi non vedo il film). Buona la prima :)

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    1. Ti capisco, si può anche non essere spinti dalla curiosità. :)

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  7. Di solito non leggo libri che raccontano storie violente perché sono molto sensibile. Avrei voluto leggere Gomorra, ma fino ad ora ancora non l’ho fatto. Ho commesso l’errore di vedere prima il film, che mi ha fatto sentire male, quindi ho desistito quando mi si è presentata l’occasione di comprare il libro. Non ho letto nemmeno il libro che hai recensito e so che difficilmente lo leggerò anche se devo ammettere che la trama e l’ambientazione storica sono davvero interessanti. Sono una finestra per conoscere meglio quel mondo che appare così lontano dai noi anche se fisicamente è molto vicino. Ci penserò se acquistarlo, lascio uno spiraglio aperto perché ammetto che con la tua recensione mi hai incuriosita.

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    1. A me è capitato di vedere la prima mezz'ora del film "Romanzo criminale" e di aver sentito la forte esigenza di uscirne. Non l'ho retto. Forse perché senti che certa malvagità, certa mancanza di scrupoli, fa parte del vissuto vero di alcuni. Fa impressione pensare che esistano cose del genere. Ed è il pochissimo che conosciamo.

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