A me è capitato di studiarne alcuni ai tempi dell'università, per due esami in cui venivano esaminati i linguaggi, la loro "semiologia". Erano gli anni in cui approfondivo in particolare alcune materie di indirizzo, ai tempi in cui mi ero incanalata in esami di arte - ne ebbi all'attivo 12 prima di essere folgorata dall'antropologia culturale e modificare in extremis il mio piano di studi.
Un grande esperto di semiotica, come saprete, è stato Umberto Eco, che completò diversi studi in merito - basti citare il noto Trattato di semiotica generale. In diversi testi, Eco teorizza la sua visione di "opera flessibile" e "scrittore empirico".
Se ne resta avvinti. Deformazione da lettori accaniti.
Quante volte facciamo sui nostri blog discorsi inerenti al successo di alcune opere di narrativa, alla ricetta perfetta per scrivere un buon libro, a come arrivare al successo o perlomeno a un minimo di popolarità, magari in una nicchia di lettori fedeli?
Se ci inoltriamo nella semiotica applicata al "romanzo di successo", impariamo che questi studi fanno un'opera di "smontaggio". Una cosa molto particolare, rendono la scrittura un gesto privo di ogni sovrastruttura, facendola diventare un atto finalizzato al target giusto.
Esattamente come per uno spettacolo teatrale: durante tutta la fase di costruzione del testo e poi delle prove, si individua lo spettatore ideale per quell'opera e per di più si mettono in atto alcune pratiche per acchiapparne un buon numero.
Tutti gli scrittori, di successo e non, ripetono incessantemente un'operazione di costruzione di sé. Sono degli autori empirici che cercano il proprio lettore ideale, ossia tentano di dare di sé l'immagine di autore modello. Nel cercare di individuare il proprio lettore ideale, puntano in altri termini al lettore modello. Non vi è però garanzia che il libro giunga nelle mani del lettore modello.
È anzi assai probabile che arrivi nelle mani del lettore empirico che non corrisponde al lettore ideale per quel libro, piuttosto il suo opposto.
Il bravo scrittore saprà arrivare non semplicemente al suo lettore modello, ma a più lettori empirici. Ci avevate mai pensato? Accade ogni volta in cui ci appassioniamo a un autore fuori dalla nostra comfort zone, o magari leggiamo un genere che non ci piace particolarmente ma quel libro riesce a conquistarci lo stesso. Un lettore empirico potenzialmente è un lettore modello.
Mettiamo che il romanzo giunga nelle mani del lettore empirico.
Questo tipo di lettore accetta di leggere il libro per alcune ragioni:
- non appartiene al genere che gli è più congeniale, ma "va a fiducia";
- appartiene a un autore di successo di cui ha sentito e letto un gran bene;
- stabilisce con l'autore un patto immediato di accettazione della finzione letteraria.
Non è detto però che questo lettore empirico diventi poi lettore modello di quell'autore. Qui sta la difficoltà del conquistare ogni nuovo potenziale lettore, ogni lettore empirico.
Quel testo, nelle mani del lettore empirico, verrà percepito come opera di un autore empirico, non di un autore modello. L'autore resterà empirico nella visione di un particolare tipo di lettore non del tutto conquistato dall'autore.
Ammesso che quel romanzo abbia un buon potenziale narrativo, potrebbe non possederne in massimo grado, quanto ne serve perché un lettore empirico non resti tale. Questo potenziale narrativo deve possedere quella necessaria flessibilità per conquistare il lettore empirico.
Il filtro utilizzato dal lettore empirico per interpretare questa potenzialità dipende dal suo background culturale, dalla sua particolare sensibilità, dal suo livello di conoscenza.
Carver, io e te siamo destinati a non piacerci.
Questo spiegherebbe perché romanzi di successo possono anche non piacerci. D'altra parte, però, si potrebbe dire che quegli stessi romanzi non abbiano quella necessaria flessibilità per persuadere anche il lettore più "recalcitrante".
Lo confessavo qualche mese fa a Marina Guarneri, sono stata lettrice empirica di Raymond Carver e sono rimasta tale, non sono riuscita neppure a finire uno dei libri acclamati da schiere di estimatori che urlano al capolavoro: Di cosa parliamo quando parliamo d'amore.
L'argomento è scottante e meriterà un approfondimento a parte. Sono propensa a spiegare perché Carver non mi sia piaciuto, o perlomeno quel Carver. Voglio dargli una seconda possibilità con Cattedrale.
Avevo già sperimentato l'insofferenza con un altro capolavoro, questa volta di Calvino. L'ho raccontato qui.
Quando non diventiamo lettori modello tendiamo a sentirci sollevati ogni volta che chiudiamo il tomo, sentiamo uno spasmo alla bocca dello stomaco a ogni pagina, qualcosa che avviene al livello fisico, che ha a che vedere con emozioni negative, capaci di spegnere l'entusiasmo e creare frustrazione.
Esattamente l'opposto di quando siamo lettori modello di quello stesso libro o lo stiamo diventando attraversando quella fase "empirica".
Se è vero che ogni libro d'autore merita di essere letto del tutto anche se non ci piace, possiamo appellarci al diritto di non leggere, semplicemente perché sarebbe una forzatura. Manca la nostra sintonia coi personaggi, fatichiamo a ritagliarci una dimensione temporale e spaziale nel libro, l'immaginazione muore annegata nella noia.
Non siamo dunque lettori modello di tanta letteratura - sorvoliamo sui libroidi - ma possiamo definirci lettori empirici, e in definitiva lettori tout court, bibliomani che al solo pensiero di tornare a quel libro si sentono sollevati ed emozionati, come in sostanza scrivevo qui. C'è da sentirsene privilegiati.
Avete mai avuto la sensazione di restare inevitabilmente lettori empirici di un romanzo anche importante? Cosa pensate di questa "legge" della semiotica?
Penso sia capitato un po' a tutti. Ho letto Il dottor Zivago e mi sarei sparato a ogni pagina, mentre Guerra e Pace l'ho divorato.
RispondiEliminaLa semiotica è fondamentale per i chimici, ma sulla "legge" in questione si potrebbe dire che l'autore empirico è quello anche un po' "furbo" che ha la capacità di giocare di farsi leggere anche da chi non è lettore forte, magari con la banalità, mentre l'autore modello è quello che scrive ciò che vuole scrivere senza preoccuparsi di raggiungere la grande platea.
Mi piace questa ulteriore definizione, Marco. È perfettamente accettabile.
EliminaNon è un caso che autori modello come Roth, Steinbeck, Bukowski, Arneaux, Auster e altri non arrivino a schiere immani di lettori ma a quella nicchia spalmata su decenni e più generazioni e siano pertanto fra gli autori più letti di tutti i tempi malgrado non siano "commerciali" o del tutto "commerciabili".
Con questo post e i relativi commenti le virgolette si sprecano. :)
Condivido il commento di Marco Lazzara, soprattutto quando dice che l'autore modello è quello che scrive ciò che vuole scrivere senza preoccuparsi di raggiungere la grande platea.
RispondiEliminaCerto, come dire, la legge base è quella che un autore scrive un libro e sono i lettori a determinare il successo o il contrario. Il resto è marketing di vario genere, incluso mandare l'autore a qualche talk show televisivo per far salire le vendite.
Noi in Italia conosciamo questo tipo di marketing ma ho amici che vivono all'estero che mi confermano che, ad esempio, in Francia o in Germania non è sempre così. Gli autori vanno in televisione ma cercano di selezionare il dove e il quando. In Italia, l'avrai notato, quando esce un libro l'autore lo vedi su La7 dalla Gruber, qualche giorno dopo da Fazio su Rai3, poi ne parlano su Rai2 ecc. sino a quando ad un certo punto lo vedo tante volte da non poterne più!
La semiotica è una gran bella materia. Cerca nei mondi della comunicazione, esplora linguaggi, trova significati nascosti o chiarisce una serie di aspetti che possono sfuggire e Umberto Eco (che giustamente hai citato) era molto esperto nel ramo, forse uno dei migliori in generale.
Un salutone e alla prossima
Sì, il marketing ha falsato non poco questa dinamica. Sono da quasi un anno fissa su Instagram, nel flusso degli appassionati di libri (hanno creato il termine ad hoc, bookstagram) e vedo un florilegio di libri che hanno una spinta pubblicitaria molto forte, spinti anche dai "bookstagrammer" più seguiti (ce n'è una da 58.000 follower che è ritenuta un punto di riferimento per decine di editori). Questione di visibilità. Un libro Fazi schizza ai primi posti nelle vendite almeno per un paio di settimane quando questi influencer del libro mandano avanti la notizia più e più volte, per fare un esempio, e in tantissimi finiscono per comprarlo. Questo per dire che se in tv c'è quel tam tam immaginiamo quanto sia esponenzialmente più grande in rete e in questi canali social dedicati.
EliminaIl tutto a discapito della qualità di libro e contenuto, accade anche questo.
Si mi è capitato di essere lettrice empirica di romanzi importanti. Mi è successo con " Il rosso e il nero", con " La lettera scarlatta", quest'ultimo mi ha provocato il blocco del lettore, e alla fine con grande fatica, dopo mesi senza più leggere, l'ho portato a termine perchè sono una che non accetta di abbandonare un libro. Mi tuffo in una relazione complicata con quell'autore. Sapevo che se avessi iniziato un altro libro, avrei finito per abbandonare e mi sarebbe comunque dispiaciuto. E' come se togliessi poi all'autore la possibilità di poter esprimersi, non trovo giusto chiudere il libro solo perchè non mi piace. Sono una lettrice un pò particolare. Per cui quando chiudo un tomo che non mi piace , per collegarmi a quello che hai scritto, mi sento sì, sollevata, ma allo stesso tempo avverto un senso di amarezza perchè non entro in sintonia con quell' autore.
RispondiElimina"Mi tuffo in una relazione complicata con quell'autore". Questa espressione mi piace moltissimo. :) Capisco il tuo rammarico quando capita che non scatti quell'innamoramento. È frustrante. E un tempo facevo come te (sei giovanissima, credo), non mi arrendevo. Ora penso che non si possa perdere tempo a soffrire dietro un libro che proprio non è nelle nostre corde.
EliminaL'ultimo libro che ho letto soffrendo fino all'ultima pagina fu "Baudolino", proprio di Umberto Eco, una ventina di anni fa. Ero giovane, me lo potei permettere, oggi sto male fisicamente a immergermi in un testo che non gradisco. E gli do molte possibilità di riscattarsi, arrivo sempre a un centinaio di pagine.
Lo trovo abbastanza naturale: essere appassionato di libri non significa che qualsiasi libro tu legga ti piacerà sicuramente. È ovvio che se parliamo di libri acclamati il mancato apprezzamento può essere sorprendente, ma rientra nella nostra individualità: apprezziamo in base alla nostra indole.
RispondiEliminaIo non sono riuscito a finire e non proverò mai più a leggere "Il nome della rosa", non mi prende proprio per niente. Non riesce a piacermi nulla di D'Annunzio e ho abbandonato per sfinimento "L'idiota", cosa strana perché altri libri di Dostoevskij mi sono piaciuti parecchio.
L'autore, benché modello, abbandona l'opera nelle mani del lettore, sia esso empirico o modello. L'autore cioè sparisce e resta l'opera, che può avvincerci o no, dici bene, dipende dalla nostra indole, ma anche da tutta una serie di altri elementi. Un accanito lettore di gialli, per dirne una, magari di gialli d'autore, classici e non, come potrebbe appassionarsi di un Murakami, se è vero, com'è vero, che trattasi di un autore che pratica quel genere definito "realismo magico"? Ecco, si tratta anche di indole, di gusto, anche di apertura. Se siamo aperti a voler scoprire un repertorio nuovo, inedito per noi. Ma anche la più nobile delle intenzioni crolla dinanzi a un autore empirico che resta tale. Faccio l'esempio di Murakami perché moltissimi si sono appassionati al realismo magico proprio perché lui ha destreggiato egregiamente la materia, l'ha curata, cesellata, cullata perfino, prima di lasciarla al mondo.
EliminaDunque ho fatto un po' fatica entrare in questa faccenda del "lettore empirico" lo confesso. Provo a seguire i tre punti che hai indicato per definirlo e mi ritrovo nell'ultimo quasi sempre, nel secondo quasi mai e nel primo.. dipende. Mi spiego meglio. Vado a fiducia anche quando il libro non è nel mio genere o zona di comfort quando è il libro di qualcuno che conosco e che voglio sostenere. Non è detto che vada bene la scommessa, ma capisci che la motivazione è altra e si regge da sé. Il secondo caso, l'autore di successo che piace a tutti, genera in me una reazione allergica. Quindi niente letture nel flusso. Il terzo caso avviene sempre: da parte mia c'è sempre la piena accettazione e fiducia nell'autore e nella sua storia e dunque accettazione della finzione che ha costruito. Se poi non funziona, il problema non è il mio non essermi affidata, ma la sua abilità scrittoria o narrativa.
RispondiEliminaNon ho mai letto un trattato di semiotica ma sono una lettrice di Eco (sono, perché di tanto in tanto lo riprendo, continuamente, perché è un gran Maestro della parola). E sono assolutamente convinta che amerai Cattedrale di Carver come l'ho amato io. Siamo veramente sul tetto del mondo letterario.
Mi dirai. Buona domenica
Da quello che scrivi invece sei entrata bene in argomento.
EliminaDa lettori, diciamo lettori "forti", anche, perché no?, esperti della materia, possiamo ritenerci lettori empirici di qualsiasi autore o qualsiasi genere. Le motivazioni che ci spingono a leggere sono varie, appunto fiducia oppure simpatia. È il dopo lo snodo. Se il testo non riesce a conquistarci, ne restiamo lettori empirici, non passeremo nella categoria di lettori modello. Qualcosa non ha funzionato, non ci avvince, non ci cattura.
Colpa nostra? Chissà. Se Carver non dovesse conquistarmi neppure con Cattedrale, sarebbe colpa mia? Oppure c'è qualcosa nel suo meccanismo che non riesce oggettivamente ad arrivare a tutti? Ecco, sarei più propensa per questa versione.
Ci mancherebbe che fosse colpa tua! non esistono i gusti apposta perché siano liberi di esprimersi? Comunque sono curiosa di conoscere l'esito della lettura...
EliminaOh sì, di empirico ho tutto, quando leggo: sono esigente perché in primis voglio soddisfare le mie esigenze e poche volte sono disposta a scendere a compromessi: il libro, anche del più grande autore, di quello conclamato, se non mi arriva in base ai miei “canoni” (avevi ragione sull’uso delle virgolette :)) è una lettura abbandonata. Mi è successo con Cèline, Viaggio al termine della notte o, per ragioni diverse, con Le Benevole di Jonathan Littell o con la famosa vincitrice dello Strega con la Leica (manco titolo e nome mi ricordo, povera me!). Eppure, prendi quella “palla” di Proust e se osi parlarne male ti tolgo l’amicizia! :)
RispondiEliminaAutori empirici, invece, ce ne sono tanti. Lì, guardo con maggiore stima quelli modelli, spesso mi hanno dato di più, nella loro unicità.
Ecco, forse in fondo si tratta solo di canoni del tutto personali, anche se non è un caso se grandissimi classici dalla bellezza indiscussa arrivano a tutti, indistintamente. Se Proust non arriva, è perché effettivamente vale il vecchio modo di dire "non è per tutti" (viva le virgolette :)), ma nel senso che non tutti posseggono quella sensibilità e quella tenacia nel comprendere una scrittura impeccabile, classica appunto, lasciandosene immergere.
EliminaA me è capitato di abbandonare Tolkien, diversi anni fa, ma non perché non mi arrivasse, perché quella scrittura e quella storia non sono adatte ai pomeriggi d'estate torrida. E ne sono sollevata. :)
Credo che sia normale, credo anche che in fondo tutti nasciamo come lettori empirici, tutti noi che leggiamo intendo. Poi col tempo diventiamo lettori modello di determinati autori. C'entrano i gusti personali e quelli sono per fortuna diversi da persona a persona.
RispondiEliminaÈ esattamente così.
EliminaIo sono decisamente una lettrice empirica! Leggo solo quello che mi piace leggere e lascio perdere tutto quello che non mi cattura dalle prime pagine, pazienza se chi ha scritto suddetto libro è un "must"! La lettura per me è uno svago a 360° e se devo costringermi a portare a termine una lettura per forza automaticamente non lo è più! Sicuramente sono una lettrice modello per alcuni autori che sono i miei capisaldi preferiti (Dan Brown, Neil Gaiman, Sophie Kinsella per citarne alcuni a caso) ma mi lascio le porte aperte per qualunque cosa mi capiti tra le mani, indipendentemente da chi l'ha scritto o dalla fama che ha ;)
RispondiEliminaÈ lo spirito del lettore "elastico", viva le virgolette!, una categoria che mi sento di inaugurare io stessa. Il lettore elastico è apertissimo a qualsiasi esperienza, è un lettore empirico perfetto e fiero di essere tale. :)
EliminaSono d'accordo con chi afferma che lo scrittore modello è colui che scrive liberamente senza farsi condizionare dalle esigenze del mercato.
RispondiEliminaQuanto a me, sono decisamente una lettrice empirica. Se un testo non mi piace,lo abbandono, mentre sono un'accanita rilettrice dei libri che amo. Faccio un esempio. Per anni ho riletto i romanzi di Gina Lagorio, ma - a parte "L'arte di correre" - non riesco a finire un testo di Murakami. Non mi dice niente...
E ci può stare, perché in effetti il romanzo di genere "realismo magico" può anche non può piacere, può essere totalmente lontano dalle nostre corde. Ecco, io amo Murakami, ma posso capire perfettamente chi non lo ama. Invece detesterei sentirmi dire "non capisci" oppure "non sei particolarmente sensibile per potere apprezzare" dinanzi a uno scrittore particolare, fuori dai canoni, che oggettivamente non mi arriva.
EliminaIo mi considero variegato. Leggo a fiducia, ma posso innamorarmi delle prime due pagine di un qualsiasi autore letto in piedi in libreria. Odiarne uno amato fino al giorno prima, annoiarmi con chi mi aveva tenuto sulle spine nel libro precedente. Diffido molto di modelli e parametri. Mi sento eclettico sia scrivendo sia leggendo, sfuggo alle casistiche, forse proprio per sfida. In pochissimi nutro fiducia estrema. Ma non fanno altro che confermare la regola su esposta dell'estrema variabilità.
RispondiEliminaMi piace la tua elasticità. Anche a me capita di restare incantata dalle prime righe di un autore sconosciuto. Una volta mi innamorai della quarta di copertina di un romanzo che all'apparenza non sembrava nulla di che. Invece poi si rivelò uno dei più belli che abbia mai letto. Autrice sconosciuta: Rachel Joyce. Titolo: L'imprevedibile viaggio di Harold Fry. Ecco, non mi capita praticamente mai di comprare libri simili. E invece è un piccolo gioiello indimenticabile.
EliminaA me capitò con Il profumo di Suskind. ;)
EliminaHo iniziato a leggere Outlander di Diana Gabaldon da lettore empirico, anzi, ostile proprio! "Un romanzo storico? Io? Detesto la Storia, detesto gli storici, perché questo dovrebbe piacermi?" Ma me lo consigliò un'amica di penna, ora amica in Facebook, che mi conosce da vent'anni e probabilmente mi conosce anche bene. Oh, resto ancora contro i romanzi storici (ma non i classici, bada bene), ma di Outlander sono ora lettore modello, per non dire fanatico. XD
RispondiEliminaPoi in realtà non ricordo di aver sofferto un romanzo, di stare male ad ogni pagina, di volerlo buttare dalla finestra. Con qualcuno magari ho avuto delle difficoltà (tipo, indovina un po'? Cattedrale! :D ) ma ho sempre pensato che, al di là dello stile o della storia, fosse perché mi mancava qualche informazione per "interpretare" bene l'autore. Non ho capito cosa mi voleva comunicare e arrivo alla fine con un "Embè??"
PS. Adoro le vignette di Grant Snider, lo seguo su Instagram. :)
Mi piace questa terza categoria. In effetti definirti lettore modello di Outlander è davvero troppo riduttivo. XD
EliminaIo voglio che mi piaccia Cattedrale, giuro che mi predisporrò perché mi piaccia davvero. Speriamo di non odiarlo come l'altro. :D
Meno male che ho recuperato questo bellissimo articolo ricco di spunti! ^_^ Faccio due considerazioni:
RispondiElimina1. La frase "tutti gli scrittori, di successo e non, ripetono incessantemente un'operazione di costruzione di sé" mi ha colpito moltissimo, vi riflettevo in tempi recenti e credo che per ogni scrittore sia un percorso inevitabile. Più che di costruzione di sé che potrebbe ricordare la solita operazione di marketing a tavolino, parlerei di un processo di aggregazione di tipo interiore, come se la materia venisse calamitata poco o tanto per volta fino a costruire una sorta di humus. Di recente mi capita spesso di volgere lo sguardo all'indietro al mio percorso, e di notare una specie di "destino" in quello che scrivo, che mi ha portato inevitabilmente a imboccare una strada definita e al contempo inesauribile. Non è stato un percorso consapevole, ma una specie di attrazione!
2. Il concetto di lettore empirico è interessantissimo. In effetti c'è sempre una forte diffidenza anche come lettori nei confronti delle novità, specialmente dopo che si sono prese le classiche "sole" anche con nomi eccellenti a livello di premi nobel. Sono diventata molto restia ad approcciare la narrativa contemporanea, a parte alcune eccezioni. Tra gli autori che non mi hanno conquistato completamente c'è senz'altro Philip Roth, non so perché ma c'è qualcosa che non è del tutto nelle mie corde. E ho detestato "L'arte della gioia" di Goliarda Sapienza, che non ho nemmeno terminato a venti pagine dalla fine.