martedì 15 gennaio 2019

Il mestiere dello scrittore - Murakami Haruki

Incipit: L'argomento "romanzo" è talmente complesso, talmente sconfinato, che preferisco parlare del romanziere. Mi sembra un discorso più concreto, più chiaro da riconoscere, e forse relativamente più facile da portare avanti. 

Questo è un manuale molto interessante, perché a mio parere si fonda su un principio di assoluto rispetto per questo mestiere, come già svelato all'inizio. 
Ammiro Murakami - di cui ho recensito Norwegian Wood, Kafka sulla spiaggia e L'arte di correre - quindi non avrei potuto perdermi il suo parere riguardo allo scrivere, sebbene ne avesse lasciato tracce evidenti nell'ultimo dei tre citati. 
Non un manuale qualunque, ma un racconto di vita anche questo, poiché molto di sé lo scrittore racconta nel cercare di ricostruire come sia diventato uno scrittore di successo e come a suo avviso debba essere il vero scrittore. 
Il capitolo dedicato all'editing ha meritato un post a sé, che ebbi l'urgenza di scrivere e che si trova qui.
Lo scrittore è una persona generosa?
Murakami ci dice che la scrittura è una forma di espressione "estesa", è la massima espressione di sé, quindi in pratica tutti siamo potenziali romanzieri. È come un ring sul quale tutti possono salire, consapevoli che in quell'area dovranno mettersi in gioco fra mille difficoltà. 
Altra riflessione: chi ha conoscenze molto superiori alla media non dovrebbe scrivere romanzi. Dinanzi a un'espressione del genere si rimane attoniti, ma aggiunge che scrivere è un atto lento, che si compie "a marcia ridotta", che richiede tempo e fatica, pertanto non occorrono conoscenze smisurate, perché sono tutte da costruire passo a passo e soprattutto da non "inquinare" con una logica stretta. 
Il romanziere, accettando il compromesso di un'attività che richiede lungo tempo, solitudine, grande impegno, non può permettersi di sfornare un romanzo dopo l'altro, qualcosa non torna altrimenti. 

Com'è diventato un romanziere.
Murakami finì gli studi, si sposò e si mise a gestire un bar. Inizi pieni di sacrifici e speranze di poter migliorare la propria posizione economica, fino a quando il bar ingranò e gli affari andarono bene. 
Dentro di sé, suo malgrado, per quanto quel mestiere gli piacesse anche, sentiva l'impulso di scrivere e anche a costo di togliere le ore al sonno, cominciò. 
Era stato vorace lettore di classici americani ed europei, pertanto si sentì pieno di ispirazione e pronto alla scrittura, fino al giorno in cui capì che ciò che aveva scritto assomigliava a quello che avevano già scritto gli altri. Quindi riscrisse. E lo fece cercando, e trovando, dopo lunga fatica, un proprio stile, originale, inconfondibile. I suoi estimatori sanno che è così. 

A proposito dei premi letterari. 
Non li tiene in grande considerazione. Pur avendo ricevuto dei premi nella sua carriera, rifugge la mondanità, non ritiene necessario "farsi vedere in giro", anzi. Si domanda se i premi letterari abbiano un valore qualitativo o se non servano piuttosto a fare della pura propaganda. 
Secondo il principio che si può denigrare o lodare ciò che si vuole, viene a cadere un criterio oggettivo di preferenza. 
Cita a tal proposito un passaggio di Raymond Chandler e del suo parere sul premio Nobel: 
Voglio forse diventare un grande scrittore? Voglio forse ricevere il premio Nobel? Ma che cosa significa, il premio Nobel? Sono fin troppi gli scrittori di secondo livello cui è stato attribuito, scrittori che non ho alcuna voglia di leggere. Oltretutto, dovrei andare a Stoccolma, mettermi in frac, fare un discorso. Vale la pena di prendersi tanto disturbo? No, nemmeno per idea. 
Ma ancora più avanti è chiarissimo il suo pensiero: se uno scrittore crea qualcosa che abbia un significato e milioni di lettori riconoscono il valore di quel significato, allora i premi sono assolutamente inutili, solo conferme, nulla di più. 

Sull'originalità.
Gli viene in aiuto la citazione di un passo di Oliver Saks:
La creatività comporta forti caratteristiche personali, un'identità ben definita, sensibilità e stile individuali, che fluiscano nel talento, si fondano con esso, dandogli corpo e forma. In questo senso, la creatività implica la capacità di nascere, di staccarsi dal solito modo di vedere le cose, di muoversi liberamente nel regno dell'immaginazione, di creare e ricreare mondi interi nella propria mente, e al tempo stesso di controllare tutto questo con un occhio interiore capace di critica. 
Bellissima citazione, per altro, tratta da Un antropologo su Marte
Per quanto Murakami ci dica che nuove forme espressive sono di solito denigrate dall'establishment, bisogna avere il coraggio di essere originali. 
  • Distinguersi permettendo a chi legge di capire subito dinanzi a quale autore si trovi. 
  • Fare progredire il proprio stile, rinnovarlo, col tempo. Non rifugiarsi in uno spazio "sicuro".
  • Darsi la possibilità di essere pensati come un "classico" per le generazioni future.
Insomma, realizzare una propria "linea creativa". Come c'è riuscito il nostro?
"Ho dovuto sottrarre qualcosa da me stesso".
Ha lavorato per sottrazione, rifuggendo dall'aggiungere, cosa che ogni scrittore è tentato a fare. 
Il principio del lavoro per sottrazione ha guidato i suoi passi successivi, uno dei quali è stato "rendere robusta la struttura". E poi, udite udite...
Tutto questo è stato fatto in assoluta libertà, è stato un percorso non pianificato fin dall'inizio, ma scaturito spontaneamente da quella sola intuizione iniziale.  
Nello scrivere, l'autore deve provare una gioia spontanea, un senso di libertà, pur rispettando l'assunto di base. Ecco il motivo per cui Murakami non scrive quando non ne ha voglia. Non risponde alle pressione dell'editore, esige e rivendica continuamente un proprio diritto alla libertà
Torna a scrivere quando dentro di sé ha accumulato un'energia e una tensione ormai incontenibili. Lascia che quella energia e quella tensione si accumulino fino a farlo stare male. 
Dunque, cosa scrivere?
Impossibile diventare romanzieri di livello se fin da giovani non si è letto moltissimo. Leggere, e di tutto, significa "far passare dentro di sé più storie possibili", affinare il proprio sguardo di lettori fino a distinguere l'eccellenza dalla mediocrità. 
Altro principio fondamentale è essere ottimi osservatori di tutto ciò che si ha davanti. E trattenere nella memoria ogni dettaglio significativo. 
Qui c'è un passaggio fondamentale:
Ad aiutarmi a procedere nel lavoro, più di ogni altra cosa, è stata la musica. Componevo frasi allo stesso modo in cui si suona. Soprattutto il jazz mi era utile. Come sapete, nel jazz la cosa più importante è il ritmo. È necessario mantenere un ritmo saldo dall'inizio alla fine. Altrimenti chi ascolta non segue. Poi ci sono gli accordi. Possiamo anche chiamarla armonia. Accordi belli, dissonanti, derivati. 
Ma non si deve trascurare, ci dice Murakami, l'improvvisazione. Riservarsi di essere spontanei, estemporanei. 
I migliori romanzieri saccheggiarono la realtà a loro vicina. 
L'esempio di Ernest Hemingway è significativo. Le prime opere, scritte negli anni della sua partecipazione alla guerra civile spagnola e alle guerre mondiali, hanno una maestosità e una forza che nelle ultime è pressoché scomparsa. Era un tipo di scrittore che "trae energia dal proprio materiale". Col diminuire e poi lo scomparire di quegli scenari fonte di ispirazione, cominciò la sua caduta e poi il suicidio. 
Fortunato è invece lo scrittore che attinge alla propria interiorità, dandosi la possibilità di un materiale inesauribile. Basta loro solo l'immaginazione

Fino a che punto scrivere è un'attività individuale e fisica. 
Qui troviamo alcune osservazioni imperdibili per chi ama scrivere: lo scavo. Se uno scrittore ha talento, deve trovare un modo per portarlo alla luce. Per portarlo alla luce deve pazientemente lavorare di vanga, usando una metafora che lascia capire molto bene di cosa ci sta parlando. 
Perché il talento può anche trovarsi molto in fondo, e dissotterrarlo richiede pazienza e lavoro. 
Ci vuole energia fisica. Se è vero, ci dice Murakami, che alcuni grandi scrittori si autodistrussero nell'alcool, lui porta avanti un'idea "salutista" di questo mestiere. Bisogna prendersi cura di sé. 

Una chicca: com'è stato il Murakami alunno?
Non un granché. Sembrerà incredibile, ma la scuola non gli piaceva affatto, anzi detestava studiare, i suoi voti non erano mai altissimi. Non è mai stato attratto dalle competizioni scolastiche, è stato sempre consapevole dei propri limiti. 
Piuttosto, trascurava lo studio per darsi più tempo per... leggere
Libri di tutti i generi, li divoravo da cima a fondo come se li gettassi con una pala in una fornace. 
Riteneva più utile leggere grandi quantità di libri, piuttosto che imparare regole e strutture. 
Infatti, negli ultimi anni di liceo, era in grado di leggere i romanzi inglesi in lingua originale, mentre i suoi compagni più studiosi, con voti alti, non erano in grado di farlo. 
Leggere gli ha donato capacità ma anche una percezione flessibile del mondo, il che è realmente il frutto più appetibile dell'essere lettori, non c'è dubbio. 

Quali personaggi mettere in scena?
Mi piace questa metafora mutuata dal teatro, e di fatto è uno dei capitoli più interessanti. 
Murakami ci dice che i suoi personaggi sbucano fuori nella narrazione in corso d'opera. All'inizio ha solo un'idea vaga del suo "parco personaggi", alcuni emergono dalle parole e dalle azioni, molti diventano addirittura essenziali all'intreccio. 
Impossibile creare buoni personaggi, saper descrivere l'animo umano, senza aver incontrato tante persone, l'esperienza, la conoscenza diretta è fondamentale per caratterizzarli. 
Senza che io me ne renda conto, i personaggi dei miei romanzi mi spronano, mi incoraggiano, mi pungolano nella schiena per farmi avanzare. [...] Come lo scrittore crea il romanzo, così alcuni romanzi riescono a creare alcuni aspetti dello scrittore. 

Infine... Per chi scrivere?
Nella visione di Murakami, scrivendo, trasformando in letteratura le immagini che si hanno dentro di sé, si migliora se stessi. Hai la percezione di un te stesso che ti sta portando in quel mondo. 
Nella migliore delle ipotesi, catturando un certo tipo di lettore, lo si fidelizza allo stesso tempo, quindi lo si spinge a continuare a leggere te come autore
In sostanza, si deve portare il lettore a sceglierti

Un testo che consiglio, perché in tutto ciò che Murakami scrive non risparmia il racconto di sé, del proprio personale percorso. E in particolare mi piace avervi percepito, oltre allo scrittore, un uomo, un comunissimo uomo giapponese che ha lavorato e continua a lavorare incessantemente su di sé e sulla propria scrittura per restare dove è riuscito ad arrivare. 

Cosa pensate di questo modo di vedere la scrittura? 

29 commenti:

  1. Molto interessante. La cosa che mi stupisce (qua viene accennato nella domanda sui personaggi e che nell'altro post era più escplicita) è la sua progettazione in corso d'opera. Devo dire che mi sembra strano che non abbia una visione più completa dell'opera prima di scriverla. Almeno così ho capito.

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    1. Quello che vuole dirci è: ho un'idea in mente, intendo raccontare di un giovane che lascia la propria casa e si mette a vagabondare in cerca di se stesso. Da qui, non tende a farsi una "scaletta" degli eventi e dei personaggi, semplicemente parte con il racconto - che come descrivo nell'altro post sarà sottoposto a molte revisioni - e man mano crea un intreccio non preconfezionato.
      Sai, non mi meraviglia. Ho avuto modo di conoscere qualche settimana fa Rosella Postorino, autrice di "Le assaggiatrici" vincitrice del Premio Campiello. Ha detto più o meno la stessa cosa. Non ha un quadro preciso, non si divertirebbe neppure a scrivere, perché il bello della scrittura è anche questo, un suo svelarsi lentamente.

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  2. Ho il libro Luz, ma non l'ho ancora letto.
    Quello che hai scritto però mi stuzzica non poco.
    Lo stile di MUrajami? Per me, unico. Unisce realtà e irraltà, la dolcezza orientale alla "crudezza" occidentale. Mescola bene le dosi e sa tirar fuori dei capolavori che sotanto lui può scrivere.

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    1. Esattamente, perché è originale, ha trovato una sua "chiave", un suo modo di esprimere il suo mondo interiore e dare sfogo alla sua immaginazione. Può anche non piacere, me ne rendo conto. Io lo apprezzo molto, un suo libro è sempre un'esperienza particolare. Devo recuperarlo e leggerne altri suoi.

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    2. Hai ragione Luz!
      Ogni suo libro è un'emozione particolare, un viaggio di cui non si conosce nè la meta nè la destinazione ma che si preannuncia ricco di tutto.
      Capisco anche chi non lo apprezza però a me ha dato molto davvero :)

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  3. Non ho ancora letto niente di questo autore e tu così mi incuriosisce molto

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    1. Comincia, Giulia, con "Norwegian wood", te lo consiglio. :)

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  4. Mi piace molto il suo modo di intendere la scrittura, così ricco di buonsenso, ma non per questo terra terra. Quanto al suo scarso rendimento scolastico (o piuttosto al suo disinteresse per la scuola), è in abbondante e pregiata compagnia. ;)

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    1. Infatti, ce ne sono esempi di raffinati intellettuali e perfino scienziati con un passato di alunni mediocri. Fermo restando che, e lo dico come insegnante, è facile distinguere chi potrebbe e non vuole fare da chi non sa proprio arrivarci e ha bisogno di tanto lavoro. Ciò che allontana dalla scuola è spesso la noia.

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  5. Di Murakami ho letto Il segno della pecora e non mi ha convinto, ma se non sbaglio Marina Guarneri aveva parlato bene di questo manuale in cui consigliava pratiche semplici e metodiche per diventare scrittori.Di certo, in comune con altri manuali simili, il concetto di leggere moltissimo per affinare il proprio grado di sensibilità nei confronti del mondo ritorna, ma devo ammetterlo a renderlo umano è l'ammissione dei suoi limiti da ragazzo che me lo fanno sentire simpatico
    Credo che il lavoro interiore e di perfezionamento che ha portato avanti quest'uomo sia stato profondo e costante e lascia margine di speranza a tutti, altro punto a suo favore!

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    1. Nadia, se ti va, inizia da Norwegian Wood. Per passare poi a Kafka sulla spiaggia. La scrittura di un giapponese contemporaneo, che ha in un certo lirismo magico il suo leit motiv, è comunque utilissimo da lettori e scrittori.
      :)

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    2. Proverò, perché credo proprio di avere iniziato con il libro sbagliato!

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  6. Torniamo a Murakami dunque, dopo le segnalazioni di Grazia sul suo blog ora questo "manuale" che non conoscevo e che mi intriga molto, proprio per l'approccio che utilizza. di questo autore mi incuriosisce molto la biografia. Credo che per scrivere occorra vivere intensamente, e mi pare che lui ci sia riuscito. La cosa più complicata a mio avviso è cercare e definire un proprio stile e pensare al romanzo come a un classico.
    Una bella sfida che ci riguarda tutte

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    1. E forse anche l'aspetto del lavoro certosino su se stesso e sulla propria scrittura.
      In sostanza fa di sé uno strumento per scrivere, dopo essere arrivato alla conclusione che per scrivere bene serve necessariamente molta perizia, sacrificio di sé.
      Grazie!

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  7. L'ho letto e nel 2017 ho scritto un post in cui parafrasavo liberamente il primo capitolo, l'unico che mi era sembrato degno di nota: mi aveva colpito la faccenda del ring e di chi può fregiarsi del titolo di "romanziere." Tu hai fatto una riflessione più ampia. Io, però, e sai quanto ami Murakami, non ho trovato il testo di grande respiro, anzi, a parte qualche chicca, (come ha iniziato a scrivere, il suo rapporto con la scuola, il suo primo approccio con la traduzione in lingua inglese), ho pensato che non si potessero trarre grandi insegnamenti dalla sua esperienza, proprio perché fortemente soggettiva, legata al suo modo di essere, al suo carattere, alle sue concezioni (vedi come parla del Nobel: dio non voglia decidano di assegnarglielo, prima o poi, sarei curiosa di mettere alla prova la sua coerenza! ;))

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    1. Secondo me potrebbe anche accadere, che gli attribuiscano un altissimo riconoscimento letterario... E poi ci va, Marina, dai, che fa, dice, no no, io non lo voglio che mi scoccio di venire e non sopporto il frac?? :DDD ci va, ci va...

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    2. Decisamente non è un comune manuale di scrittura, infatti è un libro sul mestiere di scrittore. C'è un passaggio in cui annuncia a chi leggerà che non troverà dritte tecniche sul genere "come fare a". Murakami stesso ammette di essere un esempio singolo e forse singolare di scrittore.
      Quello che mi ha colpito di questo libro, e del suo bellissimo L'arte di correre, è la sensazione di essere dinanzi a un uomo che ha lavorato in maniera certosina a costruirsi come scrittore, pur lasciando spazio all'istinto, ha seguito passo a passo la sua trasformazione a romanziere. Ne è venuto fuori un percorso consapevole.
      Riguardo ai premi, è evidente che li disprezzi perché ne prese solo uno, un premio in Giappone che lo incoraggiò a continuare, e che probabilmente non ne prenderà altri, ma in particolare non li ama perché è lontano da ogni tipo di competizione. Non "gioca per vincere" è un uomo in pace con se stesso e rifiuta forme di esibizionismo lontane dal suo modo e dal suo mood. :)

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  8. Finalmente trovo il tempo adeguato per leggere con cura questo tuo post che avevo già adocchiato ma che volevo assaporare a dovere.
    A me piace moltissimo Murakami, il suo Norwegian è di certo nella lista dei miei romanzi preferiti. Non ho letto questo suo lavoro, ma dalla tua analisi so che mi troverei d'accordo con tutti i suoi punti di vista, in toto. Addirittura appurare che rientra tra quegli scrittori che compongono frasi allo stesso modo di come si compone la musica, mi ha fatto sorridere di piacere; io scrivo per un impellente bisogno personale, ma quasi tutti i miei scritti hanno sempre una musica di sottofondo, persino quando mi diverto a creare dei racconti per me stessa questi possiedono di norma ed in via naturale una precisa colonna sonora. Mi ritrovo nel pensiero di Haruki, insomma. Per quanto concerne la necessità di uno scrittore di aver letto e di continuare a leggere tanto, per la maniera di assecondare l'energia necessaria a far scattare la parola ed anche per i sacrifici che lo scrivere comporta, fermo restando che la scrittura non può prescindere dal proprio Io e dalla propria personalità più intrinseca.
    Un articolo interessante, il tuo, sono felice di non averlo mancato...
    Un abbraccio

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    1. Grazie per il tuo apprezzamento, Irene.
      Anch'io ho amato tutto il passaggio riguardante la somiglianza fra la scrittura e il jazz. Fa riflettere, e fa ridere di bellezza il pensiero di questa metafora perfettamente calzante.
      Il jazz, per quanto abbia nell'improvvisazione il suo assunto più importante, richiede comunque un'attenta preparazione, competenza. E lo stesso esige la scrittura.
      :)

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  9. Hai trasmesso molto bene il pensiero di Murakami sulla scrittura, credo che presto farà parte della personale raccolta di manuali di scrittura dei big. Ho trovato interessante che una buona idea non abbia bisogno di una progettazione minuta e che un aspirante scrittore non possa prescindere dalla lettura dei classici;)

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    1. Murakami vuole essere un esempio di romanziere, senza dare veri e propri consigli di scrittura.
      Sono sincera, rifuggo i manuali di scrittura. È un'attività che non può seguire un "manuale di istruzioni per l'uso". Alla scrittura si arriva in modo istintivo, facendosi una corazza sui classici, leggendo il più possibile, riservandosi una certa curiosità verso il mondo. Ecco. Poi se si possiede attitudine vera, o solo puro desiderio, è tutto da vedere.
      Murakami dice chiaramente "a me è andata bene", pur essendoci arrivato in modo così... naturale.

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  10. Molto interessante. Il libro l'ho lì, nella pila dei libri da leggere. Arriverà (spero) anche il suo momento.

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  11. La lettura gli ha donato una visione flessibile del mondo, mi piace molto questa sua considereazione in cui in parte mi riconosco. Bello anche il concetto dello "scavo" e del "prendersi cura di sé".

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  12. C'è tantissimo materiale su cui riflettere in questo articolo e tanti punti che sento molto vicini. Mi sembra che emerga la figura di un autore che cerchi di sollevarsi dal comune modo di vedere, a qualsiasi prezzo. Mi ha colpito molto il discorso della sottrazione... sarebbe da approfondire. Immagino che per farlo dovrei leggere il libro :)

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    1. Non so se ti è capitato di leggere un suo romanzo. Ecco, si nota questo stile "per sottrazione". Si percepisce una scrittura "pulita", essenziale. Credo che sia un merito non da poco per chi lavora di fino sulle parole. :)

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  13. Ho letto L'arte di correre proprio perché mi incuriosiva uno scrittore anche maratoneta (e che maratoneta! ha partecipato anche a un'ultra-maratona di 100 km a Hokkaido!) e come tu dici in quel libro già si lascia andare a pensieri sulla scrittura, perché è difficile distinguere nettamente l'uomo, lo scrittore, il runner.
    Il mestiere dello scrittore ce l'ho lì sul comodino da allora, ma sono indecisa se leggermi prima Norwegian Wood (consigliatomi anche dal mio mozzo Federico, è uno dei suoi preferiti) per capire il suo stile.

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    1. Io ho cominciato proprio con Norwegian Wood. Meglio prima imbattersi in un suo romanzo e poi leggere questo manuale sullo scrittore. Immagino come ti sia piaciuto il bellissimo L'arte di correre, ecco, è un libro notevolmente bello in effetti.

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