martedì 16 maggio 2017

La vana battaglia dell'insegnamento della grammatica.

Stamani ho riportato in classe le prove di uscita di "Riflessione sulla lingua", ossia di grammatica, ai ragazzi di terza. 
Sono tutti un po' preoccupati per gli esami e per quel momento di analisi che richiederanno le Prove Invalsi - per chi non lo sapesse le prove a carattere nazionale che monitorano ogni anno il livello di competenze degli alunni di ogni ordine e grado. 
Ho preso questa classe solo al terzo anno, quindi hanno compiuto con me solo l'ultima parte del triennio delle medie, così ho ereditato una situazione che è comune a tante classi: molta incertezza circa la grammatica, il riconoscimento della funzione logica degli elementi di una frase.
La grammatica è solitamente detestata dagli alunni. 
Questo è purtroppo una verità incontrovertibile. Se altre materie sono detestate perché richiedono la lettura e la memorizzazione di concetti, la grammatica è odiata perché equivale a una logica che li spiazza e li induce ogni volta a fare un passo indietro e ricostruire il percorso. Insomma, la grammatica è faticosa e richiede qualcosa che al giorno d'oggi sta letteralmente scomparendo dagli apprendimenti: il soffermarsi a riflettere a fondo, il non poter fare in automatico un percorso, il pensare attentamente.
Insieme ai risultati dei test, ho svolto una simulazione di analisi sul modello Invalsi e ci siamo soffermati sulla funzione del pronome relativo. Ecco l'esempio.


Simulando la prova, solo un terzo della classe è in grado di dare una risposta corretta. I due terzi invece annaspano in una nebbia fitta, domandandosi cosa abbiano fatto di male per essere sottoposti al supplizio. Va da sé che la simulazione termina qui, perché devi trascorrere il resto dell'ora a fare una lezione di grammatica, come se quell'argomento non fosse stato mai trattato, non fossero mai esistite quelle decine di frasi su cui hanno già fatto analisi né le verifiche in classe. 
Ecco quello che accade la maggior parte dell'anno scolastico - e a cosa sia imputata in parte la nostra stanchezza cronica. Di alunni al di sotto della media c'è una compagine che si ingigantisce sempre più, di anno in anno. E non sto a dirvi quanti di questi si sono iscritti ai licei, nonostante il nostro vivo dissenso. 
Da dove origina questo maldestro modo di approcciarsi alla nobile arte grammatica? Secondo me per molti casi dalla scuola primaria, dove nella maggior parte dei casi non si crea un vero interesse nei bambini attorno alla parola. Se in epoche ormai lontane si dedicavano ore alla lettura in classe, alla calligrafia, la riproduzione delle parole con particolare cura delle maiuscole (oggi, queste sconosciute), si somministravano dettati su dettati, si puntava sulla guida al comporre, insomma si facevano tutte quelle logiche operazioni attorno alla Lingua, oggi questo insegnamento si è assottigliato sempre più. Nella primaria ci sono materie che manco se fossimo alle superiori, a volte mal insegnate e male
apprese, e si trascura la base, ossia materializzare oggettivamente la conoscenza della lingua madre, dei suoni delle parole, del loro legame logico e sintattico. Per non rischiare di generalizzare, dirò che a fronte esistono decine e decine di ottime professioniste, alcune delle quali ho la fortuna di conoscere.
Ora, non possiamo che gioire dinanzi a una scuola "al passo coi tempi", che si apre all'informatica e alle lingue straniere, ma se non gettiamo basi solide e concrete all'apprendimento dei saperi fondamentali, tutto l'insieme di stimoli non farà che confondere le idee.
Sia chiaro, non tornerei certo alla scuola di un trentennio fa. Il punto è che essere al passo coi tempi è un'operazione delicata, che richiede competenza. Strutture, personale aggiornato, mezzi. Il grosso di tutto questo di fatto manca, e se ci si aggiunge la pressoché totale mancanza di impegno da parte dei genitori, allora abbiamo il quadro completo.
Bambini molto incerti alle elementari, ragazzi disorientati alle medie, poi sbandati del tutto alle superiori, molti dei quali frequentano i licei.
Mala tempora currunt. 

19 commenti:

  1. Qualche tempo fa su di un gruppo dedicato alla lettura, un nonno ha simpaticamente - e un po' sopra le righe ammetto - scritto che era in difficoltà col nipote, alla prese col sintagma nominale. Ok, è soltanto una variazione rispetto pure ai tempi miei, però quel che è emerso dai commenti secondo dà misura.
    Il signore è stato soprattutto tacciato di volere una scuola che non insegna, perché i bambini devono usare termini corretti (un tipo ha specificato che ha fatto lezione di biologia alle elementari o.O e che ha usato i termini propri e non farfallina e pisellino, se mi spiego, e che le maestre se ne sono avute a male...), perché sennò scriveranno con le KKK in ogni dove, perché qui e là.
    Ecco, troppa forma forse, poca sostanza? Io a questo ho pensato sinceramente. Non sarebbe meglio "far comprendere" al di là della forma?

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    1. A parte che quello che si scrive nei gruppi, notoriamente frequentati da buontemponi e da gente che usa i social per mettersi in mostra ma senza vivere realmente quelle esperienze, lascia il tempo che trova.
      I bambini sono terreni fertilissimi da coltivare. Uso questa metafora "agricola", va, così rendo un po' l'idea. Il bambino possiede prerogative che già in fase adolescenziale avrò perso: la curiosità, la capacità di apprendere più contenuti, l'approccio leggero e giocoso alle cose. Sta alle maestre lavorare su queste preziose opportunità. Le ore di Italiano alle elementari sono perfino troppo poche. Bisognerebbe lavorare per aree ampie, nelle quali solo col tempo si possono aggiungere nuovi contenuti e spunti e discipline. L'approccio montessoriano, per dirti, è tutto su questo tipo di apprendimento. Lo chiamano "visuo-spaziale", per altro, a significare che il bambino ha bisogno di muoversi nell'ambiente in cui apprende, non di stare legato a una sedia. Insomma, bisognerebbe far leva sulle potenzialità tipiche dell'età primaria. E allora sì che si aprirebbero orizzonti nuovi. Questo non creerebbe dei geni, ma sicuramente dei bambini consapevoli, poi ragazzi alle medie che sanno ciò di cui si parla.

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    2. Io non ho esperienza diretta, ma concordo su quel che scrivi nella risposta e anche nel post!
      Queste riflessioni che ci proponi sulla scuola sono preziosissime!

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  2. Beh, ma se tutti questi si iscrivono ai licei, anche il livello dei licei deve adeguarsi abbassandosi... e lì entrano in gioco i furbastri come me che non volevano studiare un kaiser e stavano a galla che tanto gli altri affogavano :p

    Moz-

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    1. Però questa cosa che i licei devono adeguarsi perché sempre più vengono scelti da alunni con tante lacune, anche di base, non è che mi sconfinferi.

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  3. Io non ho esperienza d'insegnamento se non per esperienza riportata, quindi vorrei sapere che cosa piace ai ragazzi nella materie che affrontano, se c'è. Da quello che sento risulta tutto impegnativo, noioso e fastidioso per loro - dalla lingua italiana alla matematica, dalla storia alle scienze... - e quindi mi pongo spesso questa domanda.

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    1. Brutalmente potrei dirti: NULLA. Però non voglio essere così pessimista.
      A volte capita che li colpisca un periodo di storia, a volte ascoltano assai interessati, e partecipi, qualche argomento di letteratura. Mettiamoci pure che la scuola italiana è ancora aggrappata a metodi e programmi che definire obsoleti è eufemismo. In particolare alle medie io sarei per lavorare a moduli, con un focus su alcuni fatti, argomenti particolari, piuttosto che questo andamento cronologico fitto di eventi e persone di cui non ricorderanno pressoché nulla.

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  4. Penso come te che sia dannoso rinunciare, alle elementari, alla cura di tutto ciò che ruota intorno alla espressione scritta. I ragazzi delle superiori non sanno gestire un periodo complesso perchè probabilmente si preferisce nella scuola primaria anteporre altro alla scrittura. In tal modo le funzioni che dovrebbe svolgere la secondaria di primo e secondo grado non possono aver corso, essere espletate; da ciò ovviamente discende la frustrazione degli insegnanti della secondaria.. La mia è ovviamente un'ipotesi anche perchè penso che il problema sia più complesso, in quanto c'è anche da dire che gli allievi che non hanno i requisiti per poter continuare gli studi speditamente, attualmente sono autorizzati a proseguire regolarmente il loro percorso scolastico, esattamente come i loro compagni che non sono in difficoltà. Se nella scuola primaria ( e non solo ) non si vogliono fermare per un anno i ragazzi che non acquisiscono certe competenzes ( ed io sono dell'idea che la selezione derivante dall'insuccesso di una interazione didattica sia dolorosa e frustante sia per l'allievo che per l'insegnante ), bisognerebbe quantomeno avere tempo, idee e risorse per mettere i ragazzi in condizione di colmare le lacune.

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    1. Giustissimo. Perché parliamoci chiaro, classi con alunni tutti superdotati e con ottime basi non esistono. Il compromesso del recupero e potenziamento è onnipresente, e direi legittimo e sacrosanto. Il punto è che se alle normali fisiologiche lacune di base, che possiamo aver vissuto tutti, deve unirsi una cattiva qualità dell'apprendimento, il guaio è fatto. Ciascuno ha tempi di apprendimento propri, ma se a monte non c'è un approccio profondo con la lingua italiana, allora il problema diventa esponenziale.

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  5. Il problema che poni è effettivamente un grosso problema, c'è un oggettiva caduta libera dell'interesse per lo studio, ma d'altronde ai miei tempi non ricordo che ci fosse tutto questo gran interesse, però tanto alla fine venivano tutti promossi col 6 politico quindi anche quelli che proprio non avevano voglia di studiare erano sicuri di arrivare - bocciatura più bocciatura meno - sino alla maturità per giocarsi la possibilità di strappare un 36 politico (ai miei tempi era la maturità in cui il massimo voto era 60, non so se sia tuttora).
    Certamente molti di questi "diplomati", che poi magari grazie a qualche amicizia politica o "partita a calcetto" (Poletti docet) hanno pure trovato lavoro nell'amministrazione pubblica, non è che abbiano potuto insegnare granché ai loro figli, eh! Ed ecco il peggioramento generazionale.
    E comunque, per dare un colpo al cerchio e uno alla botte, posso dirti che ho sempre odiato la grammatica? Eppure avevo ottimi voti in italiano, i miei temi prendevano sempre il massimo, forse perché io l'italiano lo avevo imparato leggendo, leggendo, leggendo. Non sapevo cosa fosse un pronome, o un complemento oggetto, o quale sia la maledetta regola per l'uso del congiuntivo, però mentre scrivevo sapevo perfettamente dove dovevo scrivere "io", dove dovevo scrivere "me", dove era giusto scrivere "fossi" senza confonderlo con "sarei". Un po' come lo studio delle lingue straniere: ti fanno studiare un mare di regole e zero parole, ti spiegano che esistono tre tipi di futuro in inglese ma a che serve saperlo se per comporre una frase banale di dieci parole sei in difficoltà perché cinque di quelle parole non le conosci?
    Io dico che bisogna insegnare il vocabolario, il linguaggio, le parole, la lettura, e poi DOPO si può passare alla grammatica. Fare il contrario significa insegnare qualcosa di astratto.
    Se poi gli studenti non vogliono leggere, non vogliono apprendere nuove parole, non vogliono studiare, e allora bocciateli, diamine!

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    1. Ariano, tu completi il cerchio egregiamente. Parto dal presupposto che anch'io ho imparato l'italiano leggendo e non attraverso al grammatica, e mi ricordo anch'io di aver detestato la grammatica, anzi ricordo perfino un pessimo compito in classe pieno di errori. Ecco, lì era mancato qualcosa nelle basi (la mia maestra delle elementari passava quasi tutto il suo tempo a far chiacchiere con le colleghe) ma nel momento in cui ricevetti la mazzata alle medie, io mi misi alacremente sotto e scoprii un mondo fino a un anno prima sconosciuto. Ciò che distingueva gran parte (non tutti, certo) di noi ragazzi dei Settanta/Ottanta era che ci rendevamo conto di una cosa e agivamo di conseguenza. Non è un dramma possedere lacune di base - sempre che non siano voragini - ma quello che manca è l'impegno nel momento in cui accedi alle medie, una totale mancanza di giudizio e di intenzione di superare il problema. I programmi vanno avanti e tanti di loro restano indietro. E' vero, siamo noi prof spesso costretti a stare troppo sulle regole, ma per quanto mi riguarda pur lasciando molto spazio alla parola - leggendo, scrivendo, commentando, riassumendo - nel momento in cui torni sullo studio della logica dell'italiano, ecco che trovi il deserto. Non sono dei ritardati, eppure falliscono dinanzi a cose semplicissime. Ora potremmo fustigarci noi insegnanti e criticarci vicendevolmente, ma c'è anche l'amara realtà del fregarsene, da parte loro.
      Noi siamo lì ad aiutarli, a inventarci mille modi per questo recupero di cui ci fanno una testa così in tutte le riunioni dipartimentali, ma manca da parte loro il voler recuperare.
      Non sarei così fiscale con la grammatica se tanti di loro non avessero scelto il liceo , dove troveranno il latino ad aspettarli, per altro.

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  6. Ai miei tempi il sei politico di cui parla Ariano non lo avevano ancora inventato. Le elementari e le medie inferiori le ho fatte nella scuola vecchio stampo, dove se non studiavi non andavi avanti, e faccio davvero fatica a immaginarmi percorsi diversi. Il voto più temuto era comunque il 7 in condotta; equivaleva più o meno al cartello: Ricercato vivo o morto.

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    1. Diciamo che era tutto più serio. Anch'io ricordo una scuola in cui si temevano ancora certe punizioni, e il voto basso in condotta. Non c'erano genitori compiacenti a fare da scudo a noi pargoli, il che rendeva la scuola un ambito credibile.

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  7. Mi hai fatto pensare che la scriminante fra maestre ok e no, ai tempi delle scuole primarie dei miei figli, era la capacità di insegnare la grammatica ai bambinied è vero che le lacune vengono da lontano: certe regole, se non le impari subito a scuola, puoi stare fresco, non saprai applicarle più. Io ho letto cose scritte da medici nelle prescrizioni che Dio ce ne scansi e liberi e mio figlio, ora al liceo, mi racconta episodi che sembrano gag comiche. Uno per tutti, passato remoto verbo "bere", III pers. sing.: besse. 😳
    Un bel mettersi le mani nei capelli, il vostro, da insegnanti! 😱

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    1. Non mi stupisce. Tante le esperienze che confermano ciò che ho imparato a credere fermamente: le primarie sono un ordine di scuola fondamentale per la formazione.
      La lotta continua, costituita da battaglie a volte incoraggianti, molte altre meno, ma mai arrendersi. :)

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