lunedì 28 luglio 2025

Le interviste estive - Pino (pagine ingiallite)

Luglio volge ormai al termine e a metà estate eccovi l'ultima delle interviste estive edizione 2025. 
Sono molto contenta di ospitare Pino, del blog pagine ingiallite, del quale leggo molto volentieri i vari post. 
Non ci sono ulteriori richieste di partecipazione, pertanto con questa intervista chiudiamo questa estate dandoci appuntamento direttamente a settembre (ho preparato due post per quando saremo tornati tutti dalle nostre ferie e trasferte). 

Vi auguro buon proseguimento!
In questo momento c'è una pioggerellina fantastica e l'aria è fresca, un'eccezione molto piacevole. 
Buon agosto a tutti e a tutte e buona lettura. 



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1. Hai la possibilità di salire sull’Orient Express e dividere lo scompartimento con uno scrittore o una scrittrice del passato (oppure un artista, un attore, un personaggio storico). Con chi sceglieresti di viaggiare e perché? 
Visti i tempi caotici e standardizzati in cui viviamo, sceglierei Henry David Thoreau, figlio ribelle ed anticonformista dell’America dei primi anni dell’Ottocento, quell’America che si stava affacciando al progresso tecnologico ed ai consumi. Thoreau disapprovava gli ideali mercantili della sua epoca, tant’è che inseguiva un ideale di vita più umano ed equilibrato, a stretto contatto con la natura ed in sintonia con le stagioni. E per dimostrare che l’uomo – rifuggendo la civiltà consumistica – poteva condurre un’esistenza in armonia con sé stesso e con la natura, abbandonò il consorzio civile e si rifugiò sulla sponda del piccolo lago di Walden, nel Massachusetts. Qui, in mezzo al bosco, si costruì una capanna contenente poche cose, tra cui tre sedie, “una per la solitudine, due per l’amicizia, tre per la compagnia”. Diceva che un uomo è ricco in proporzione al numero di cose delle quali può fare a meno. E ci ha lasciato un libro culto che si intitola “Walden o vita nei boschi”.

2. Hai la possibilità di rinascere scegliendo epoca, famiglia, sesso, aspetto fisico, professione, luogo. Descriviti. 
Due luoghi hanno sempre esercitato su di me un fascino misterioso: i castelli e i monasteri. Se io potessi rinascere in un’altra epoca, quindi, mi piacerebbe essere un principe rinascimentale e vivere con la mia corte in una ricca dimora di campagna promuovendo la vita artistica e culturale. Come un discendente dei Gonzaga, signori di Mantova, o dei Medici,  signori di Firenze. Una casata così illustre manca nella mia terra di origine. Ecco, io sarei ricordato come un Principe illuminato, signore e benefattore del Cilento. E per restare in tema, non avrei disdegnato la guida di un complesso monastico: per esempio. essere l’abate della Certosa di Padula, uno dei più affascinanti monasteri d’Italia. Sorrido!

3. Hai il potere di incontrare una volta il tuo te stesso bambino e restare a parlare con lui 10 minuti, cosa gli diresti? 
Diceva Cesare Pavese che non è bello essere bambini: è bello da anziani pensare a quando eravamo bambini. E io penso spesso a quella stagione della vita. E, a differenza dello scrittore piemontese, credo che sia pure bello essere bambini. Cosa direi a quel bambino che sono stato? Gli direi che i bambini di oggi non giocano più per strada a nascondino, a moscacieca, correndo a cavallo di una canna come faceva lui, ma trascorrono il loro tempo con lo smartphone, o parcheggiati davanti a un televisore.

4. Sei fra coloro che avranno l’opportunità di lasciare la Terra e andare a vivere in una splendida stazione su Marte, quale libro porteresti con te e perché? 
Pensare di lasciare la Terra (stiamo facendo di tutto per distruggerla) e “andare a vivere in una splendida stazione su Marte” (con l’aiuto della tecnologia di Elon Musk) per distruggere pure quel pianeta – lo confesso - mi inquieta non poco. Se proprio fossi costretto, ebbene porterei con me i Saggi di Michel de Montaigne, un filosofo francese che alla fine del ‘500 lasciò il consorzio umano (non la Terra) e si ritirò in un castello (non su Marte) a meditare, a scrivere e a leggere. Scriveva in quel magnifico libro che ci ha lasciato che "la vera solitudine si può godere anche nelle città e nelle corti dei re; ma la si gode meglio stando appartati... Bisogna aver donne, figli, beni e soprattutto salute, se si può; ma non bisogna attaccarvisi in modo che la nostra felicità ne dipenda: bisogna riservarsi un dietrobottega tutto proprio, tutto indipendente, in cui possa riporsi la nostra vera libertà e il nostro principale e solitario rifugio".

5. Sei un’allodola o un gufo, ossia preferisci il giorno o la notte? E perché? 
Mah! Direi che sono un animale diurno. Ho bisogno della luce per guardare e osservare, il buio me lo impedirebbe. E poi non mi piace uscire di sera. Di notte cerco di dormire…ma non sempre ci riesco.

6. In base a cosa ti fai un’idea di una persona? 
Mi baso su diversi fattori quali il modo di esprimersi e di rapportarsi agli altri. Il mio giudizio a volte è influenzato anche dal modo di vestire: per esempio, quelle persone che “indossano” solo tatuaggi mi dicono tante cose. E’ chiaro però che certe impressioni iniziali a volte vengono rettificate da una conoscenza più approfondita.

7. Se tu dovessi valutare da 0 a 100 la tua vita finora vissuta, che voto le daresti? In cosa potresti migliorare e in cosa di te sei pienamente soddisfatto/a?
Non saprei dare un voto alla mia vita... Però mi vengono in mente i versi di una celebre poesia di Guido Gozzano che recitano:
“Il mio sogno è nutrito d’abbandono,
di rimpianto. Non amo che le rose
che non colsi. Non amo che le cose
che potevano essere e non sono
state…”

8. Descrivi il momento più imbarazzante della tua vita.
Ricordo un episodio accaduto durante il servizio militare. Mi trovavo nella caserma dei bersaglieri di Avellino. Devi sapere che il primo giorno c’è la cosiddetta “vestizione”: ti danno tutto l’occorrente che comprende il vestiario, le scarpe, le posate, ago e filo per cucire, carta igienica, il fucile, ecc. Quando sono arrivato alla prova dei pantaloni, ho fatto notare al maresciallo che erano almeno di due misure più grandi. Al che il sottoufficiale, senza scomporsi - anziché darmi i pantaloni più adatti alle mie misure - ha detto che bastava andare da un sarto, suo amico – appena fuori la caserma – il quale in pochi minuti li avrebbe sistemati. Il giorno dopo ero lì, dietro un paravento, in mutande, insieme ad altri tre o quattro militari come me, in attesa che il sarto mi restituisse i pantaloni. Più che imbarazzato, mi sono sentito ridicolo.

9. Di cosa hai più paura? 
Ho paura delle malattie invalidanti che rendono estremamente difficile la vita e compromettono la mente di una persona.

10.  Hai l’opportunità di possedere per incanto un potere illimitato per un’ora, cosa faresti? 
Due cose: in primis, distruggerei tutte le armi del mondo; poi preleverei, dai salotti televisivi, i sostenitori del riarmo e li trasferirei in un campo di battaglia dove piovono bombe e missili.

11. Qual è la cosa più avventurosa che hai fatto nella tua vita? 
Non me ne viene in mente nemmeno una. Come diceva una volta un tale: le avventure accadono a chi le sa raccontare. Io non le so raccontare.

12. La cosa più costosa che hai comprato per te o che hai regalato. 
Direi la casa dove abito. 

13. Sei un tipo da bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno? Fai degli esempi. 
E’ una strana metafora, questa, per indicare l’atteggiamento nei confronti della vita. Ma chi l’ha stabilito che chi vede il bicchiere mezzo pieno è un ottimista e chi, invece, lo vede mezzo vuoto è pessimista?  Come se il pieno indicasse la gioia di vivere e il vuoto il suo contrario. Io vedo solo un mezzo bicchiere oppure un bicchiere pieno. E oggi dobbiamo cominciare a preoccuparci perché sta diventando “troppo pieno”. Abbiamo bisogno, invece, di un rigenerante e salutare “bicchiere vuoto” (altro che mezzo vuoto) fatto di silenzi…assenza di messaggi…di telefonate…di social…di video virali…di oggetti…di foto…di musica come sottofondo.

14. Ti guardi indietro: qual è il tuo rimpianto più grande? 
Avrei voluto dedicare più tempo alla mia campagna, ai miei olivi. Il lavoro, purtroppo, mi ha allontanato da questa mia passione. Ora sono qui, in questo mondo, come una reliquia, un mondo che non è più il mio. Sono la testimonianza di un corpo sbriciolato, di un universo esploso le cui schegge si sono spostate in mille luoghi, che non mi appartengono. Mi considero una nuova specie sociale e culturale e mentale, destinata all’estinzione.  A volte mi sento come sradicato, spaesato, tipico atteggiamento di chi resta fermo in posti che cambiano, o di chi si sente estraneo nel posto in cui vive. Ma non posso fuggire, e allora resto, perché – come dice l’antropologo Vito Teti - restare a volte significa anche partire, fuggire. Mi lascio cullare dai ricordi, dal passato, e perché no: dal rimpianto.

15. Se tu vincessi un milione di euro alla lotteria, come li spenderesti? (poi concludi con una domanda da rilanciare a chi leggerà e vorrà commentare) 
Non sono ossessionato dai soldi. Quindi non compro biglietti della lotteria e non mi piace giocare per vincere soldi: non saprei che farmene. Faccio fatica a spendere pure quei pochi soldi che ho. A volte i soldi generano una paura doppia: la paura di non averne, e questa società ti fa sentire molto fragile se non ne possiedi. Ma anche la paura della ricchezza: se mi arrivasse all’improvviso un milione di euro, non mi sentirei tranquillo. Secondo Vittorino Andreoli la ricchezza è una malattia sociale perché suggerisce una visione del mondo e della società distorta. I soldi coprono tutto: volgarità, stupidità, ignoranza. E distruggono ogni sistema educativo. Secondo me sono altamente diseducative quelle trasmissioni televisive che mettono in palio premi in denaro. E i premi delle lotterie andrebbero dimezzati.
Non ho domande da rilanciare. Grazie Luz.

Grazie, Pino!
QUI tutte le interviste estive

6 commenti:

  1. Ho riletto le tue risposte, Pino, questa volta senza l'attenzione di chi deve semplicemente impostare una pagina, insomma mi ci sono abbandonata. E ti ringrazio in modo particolare, perché diverse risposte offrono l'opportunità di riflettere su alcuni aspetti della vita, del mondo come sta cambiando, di come sta cambiando l'umano, di come nostalgicamente guardiamo al passato - benché ci sforziamo di vivere il presente - come un'età dell'oro. È vero, anch'io sono stata una bambina da giochi nel cortile e mi rivedo in molte risposte e punti di vista espressi in questa piacevole intervista.

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    1. Grazie per l’ospitalità che mi hai gentilmente concesso, Luz.
      Si, la nostalgia è un sentimento che mi appartiene, un mio tratto distintivo che si rafforza sempre di più quando osservo il presente, in cui non sempre riesco ad immedesimarmi, in cui faccio fatica a ritrovare la mia giusta dimensione e collocazione. Ma sarei uno sciocco se io pensassi al passato come a un paradiso sulla terra. Io credo che si debba guardare al passato non per ricostituirlo ma per cercare di coglierne i saperi, le memorie e quegli aspetti più autentici ed umani che potrebbero in qualche maniera contribuire a generare, in tutti noi, una nuova consapevolezza del vivere. Stiamo costruendo un mondo uniforme e globalizzato, senza luoghi, senza memoria, senza simboli. Abbiamo forse perduto - mia cara Luz - “la vista familiare del campanile” come ebbe a scrivere l’antropologo Ernesto De Martino, soppiantato da una realtà tecnologica che ci sfugge e cambia in continuazione.
      Grazie di nuovo e buone vacanze.

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  2. Il Pino che conosco e seguo da tempo, pacato, sereno, consapevole; rassegnato in parte alle brutture di questi tempi ma fermamente legato a principi di cose buone, sane, antiche, in parte introvabili, ma con una visione serena e pacata che ne caratterizza curiosità e valori.

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    1. Diciamo che sono meno sereno e pacato di quanto tu possa pensare leggendo il mio blog. :) Sono certamente rassegnato e impotente di fronte alle brutture dei nostri tempi. E poi, devo dire che certi fatti gravi che accadono e diventano uno spettacolo mediatico mi lasciano addosso rabbia e tristezza. Grazie per le tue belle parole, Franco.

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  3. Mi piace pensarti principe benefattore, anche abate: entrambe le figure mi parlano della persona che sei e mi fa piacere che tu sia sempre coerente con le tue idee (che tra l'altro condivido in pieno).

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    1. Grazie per la condivisione, Marina: mi fai sentire meno solo.

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