mercoledì 3 gennaio 2024

C'è ancora domani (o "il film della Cortellesi")

Ieri pomeriggio ho visto il film di Paola Cortellesi, il film di cui si parla moltissimo sui social, il "caso" della stagione con quasi 33 milioni di euro al botteghino, il più visto del 2023 ma anche il quinto più visto di tutto il cinema italiano, dopo aver superato perfino La vita è bella di Benigni. 
Mi sono accostata a questo film armandomi di aspettative, ma anche di una certa dose di scetticismo. Non volevo mi piacesse prima di averlo visto, per paradosso, semplicemente perché la storia era di quelle che a naso erano degne di essere narrate. 
Perché si sapeva già questa trama, si coglieva dal bianco e nero della locandina e delle immagini viste nei tg o sui social, se ne sapevano l'ambientazione e l'epoca.

Paola Cortellesi è un'attrice italiana di cui riconosco il talento. Nata nella tv comica come imitatrice, ma in realtà anche doppiatrice, cantante, attrice comica dai ritmi molto interessanti. Cortellesi è anche sceneggiatrice, ma in questo non sopraffina, se si pensa a film perdibili (Come un gatto in tangenziale e il suo seguito, o Gli ultimi saranno gli ultimi, film che non mi hanno lasciato un buon ricordo).
Non sono riuscita a perdonarle di aver partecipato a pessimi film all'italiana (su tutti vedasi Nessuno mi può giudicare, ma si sa, non riesco a sintonizzarmi sui film di questo tipo, ne vedo raramente).
Saperla adesso regista e sceneggiatrice di un film di enorme successo mi faceva sentire scettica. Non chiedetemi perché, non si tratta di sfiducia a prescindere. Diciamo prudenza.
Quando poi ho letto il nome di Furio Andreotti (anche noto drammaturgo) e di Giulia Calenda (figlia di Cristina Comencini) nel team sceneggiatori, la cosa mi è parsa più chiara. 
Il "cosa" di questa storia è il quadro perfetto della famiglia patriarcale italiana: due generazioni di uomini che vessano nuora e moglie, giovane figlia femmina destinata a un matrimonio conveniente. 
Lo scenario è il 1946, i giorni precedenti al referendum del 2 e 3 giugno, quello in cui votarono per la prima volta le donne. 
Delia (Cortellesi) è la donna vessata da marito e suocero, rispondente all'immagine della donna così come ce la immaginiamo ai tempi, prima della grande rivoluzione femminista. Accudisce la famiglia (incluso il suocero intrattabile), fa lavoretti dai quali ricava danari che passa al marito, subisce le angherie di questo, che alla più piccola occasione le riserva mazzate e umiliazioni verbali. Sola consolazione, l'amore per i figli e l'affetto per la carissima amica Marisa, una bravissima Emanuela Fanelli. 
La figlia Marcella, bella e nel fiore degli anni, assiste al triste spettacolo quotidiano sviluppando una disistima per lei, accusandola di subire senza reazione alcuna, e nel frattempo si fidanza con un ottimo giovane, Giulio, adorante e benestante, che la vuole sposare. 
Il racconto scorre in tutta la prima parte esattamente con questo ritmo, che si ripete presentando puntualmente quello che lo spettatore si aspetta. Sappiamo già le reazioni del brutale Ivano, le paure e lo stoicismo della sommessa Delia nell'affrontare la violenza quotidiana e i mille modi per far fronte alla crisi seguita alla guerra. 

Ivano (Valerio Mastandrea) e Delia (Paola Cortellesi) in una scena del film

Roma sullo sfondo è presidiata dagli americani, tutti vi si muovono cercando di arrivare a fine mese, compreso Nino, antico amore di Delia, un elettrauto che non riesce a ricavare dal suo lavoro quel tanto che basta per vivere e che pertanto decide di prepararsi a partire per "il settentrione". 
Lo scenario di buona parte del film non mi pare eccezionale. È evidente che per raccontare questo particolare quadro sia necessario virare spesso verso il grottesco, l'esagerazione. 
Il racconto vuole essere esagerato, lo si comprende dalla primissima scena, da quello schiaffo senza motivo al "buongiorno" di lei. Si capisce che Ivano è il problema, tutto sta in quel marito violento ma anche superficiale, ignorante, opportunista, infedele. 
Ivano è il maschio-padrone, il padre-padrone, l'archetipo del peggiore patriarcato. "Peggiore" perché incarna anche l'elemento della violenza fisica, mentre in altri personaggi il fenomeno affiora in piccoli atteggiamenti, apparentemente innocui eppure violenti anch'essi: il padre borghese che dice alla figlia intelligente e studiosa "non ti immischiare, non ti compete", il padre del "bravo ragazzo" Giulio, borghesi arricchiti e proprietari di un bar, che ribatte alla elegantissima moglie "non sono affari che ti riguardano", il fornitore di cerniere lampo che dice alla proprietaria della merceria "sulla consegna serve la firma di un uomo". 
E sì che a fronte di questo ruvido maschilismo, c'è anche l'altra parte della medaglia. 
Prima nota molto positiva del film: nella storia si muovono altri uomini che sono l'esatto opposto di Ivano e degli altri. L'antico amore Nino, il buon vicino Alvaro, l'amorevole marito di Marisa, William l'americano e altri sono uomini buoni, giusti, laboriosi, rispettosi, non si può temere nulla da questi, anzi se ne riceve sostegno e aiuto. 
Un elemento a favore, perché parlare di patriarcato non significa dire "tutti gli uomini erano e sono così", come erroneamente crede chi nega il fenomeno, ma riconoscere piuttosto l'esistenza di un fenomeno culturale molto radicato, e ancora esistente, che va al di là del nostro orizzonte esperienziale. Ma a questo aspetto sarà necessario dedicare un post a parte. 



Veniamo a quando il film ha cominciato a piacermi sul serio. 
Attenzione, spoiler.
Due sono stati i momenti in cui mi sono emozionata nel profondo ed entrambi sono stati molto interessanti, perché inaspettati, insospettabili. Inevitabile lo spoiler, decidete voi se leggere (se avete visto il film) o evitare di farlo se invece volete vederlo. 

Il primo dei due è una scena in certo senso anticipata da un ricordo di Delia, il ricordo di una postura. Delia e Ivano da giovanissimi, lui devoto, corteggiatore infaticabile e pieno di attenzioni, lei del tutto presa e innamorata, gioisce di tutto l'amore ricevuto. 
Mentre rientra a casa da una giornata di lavoro, vede Marcella e Giulio nell'esatta postura, fuori dalla porta di casa, la stessa espressione sognante, lo stesso atteggiamento guascone e amabile in lui. In Delia si accende un fastidio, ma non un sospetto. Uno scricchiolio, niente di più. 
Il momento in cui mi sono emozionata fino alle lacrime arriva qualche tempo dopo. Delia è alla macchina da cucire, i due fidanzatini sono in casa, a pochi passi da lei. Lui stuzzica lei, ridono, ammiccano, si fanno coccole. Fino a quando lo scricchiolio diventa una crepa. 
Giulio cambia espressione e chiede a Marcella perché abbia messo il rossetto. Marcella, ingenuamente, risponde per andare al lavoro (come stiratrice), lui comincia a inalberarsi, sottilmente, fino a quando la incalza di domande e le stringe in volto con una mano. Lei ribatte di averlo messo solo per lui e Giulio glielo toglie con un dito, premendole forte le labbra e dicendole che d'ora in avanti lo metterà solo quando vedrà lui. 
Su Delia scende il gelo. L'espressione dell'attrice mi ha sconvolta, da lì è nata la mia commozione. Delia sa, adesso sa, lei che ha investito tutto il proprio riscatto sulla figlia, che Marcella è destinata a una vita molto simile alla sua e ordisce un piano perché il fidanzamento abbia fine. 

Sembra che la nostra sorpresa di spettatori debba limitarsi a questo cambio di rotta, ma la storia ha in serbo per noi un finale diverso da quello che ci aspettiamo. Sul finale avviene a mio parere una di quelle "cadenze d'inganno" di cui ho scritto qui
Se la narrazione del destino di Marcella si riserva un suo posto centrale per buona parte del film, sembriamo dimenticare che è Delia il centro della storia e lei sta organizzando qualcosa, un finale tutto per sé di cui una lettera ricevuta è il fulcro. 
Delia ha messo da parte dei soldi ma non per sé, sarebbero stati per l'abito da sposa di Marcella (suo padre avrebbe voluto si usasse il vecchio abito di Delia). Quando il matrimonio di Marcella salta, li riserva comunque a lei, perché si costruisca un futuro da sé, studiando. 
Intanto Delia va verso il proprio destino, il gran finale. Mentre la lettera viene intercettata da Ivano, che esce fuori di casa furioso al suo inseguimento - ovviamente per ucciderla con le sue stesse mani - siamo tutti certi stia correndo verso la stazione, da dove Nino sta partendo per il nord. 
Invece siamo tutti fuori strada, Delia sta andando a votare, a esercitare questo suo diritto per la prima volta. Non si trattava di una lettera di Nino, ma dei documenti di identità necessari per votare, che vengono restituiti in tempo da Marcella. La ragazza, per la prima volta, guarda con stima la propria madre. Ivano, rabbioso, la raggiunge alle urne, ma uno sguardo di Delia, forte di avere esercitato un diritto fino a poco prima negato, lo intimorisce e torna indietro. 
Non sappiamo se Delia resterà con Ivano, se continuerà a essere vessata. Siamo portati a credere che quello sguardo sia l'inizio di una nuova vita per lei, che sceglie di non lasciare la famiglia ma di tornarvi con uno spirito nuovo. Vogliamo essere ottimisti, credere nell'happy end. 


Un'immagine molto "neorealista" del film

C'è ancora domani potrebbe significare un nuovo inizio per il cinema italiano, un nuovo filone narrativo forse. Abbiamo bisogno di valorizzare il nostro passato storico, raccontarlo, ma anche soffermarci a riflettere su fenomeni sociali ormai distruttivi, anacronistici. 
Questo film potrebbe fornire un buon punto di partenza, perché è evidente sia stato concepito per arrivare alle scuole. Basti pensare alle scene di violenza domestica - girate come un vaudeville danzato in cui ogni livido o goccia di sangue compare per poi scomparire - e a tutti i richiami alla guerra, alla fame, narrati con delicatezza, senza alcuna volontà di scioccare. 
Se fosse un film sul modello neorealista, la regia sarebbe diversa, meno "indulgente", ma forse rifare un vero neorealismo oggi sarebbe una prova fallita in partenza. 
Oggi serve utilizzare modelli per rendere il cinema più vicino alla realtà (e dopotutto questo è l'ennesimo film che utilizza il bianco e nero e il formato 4:3) ma anche sviluppare linguaggi, e racconti, che arrivino ai giovanissimi offrendo un'opportunità di identificazione. 
Oggi più che mai questo è necessario. 

Avete visto questo film? Potrebbe piacervi?

20 commenti:

  1. Ne ho sentito parlare bene, pensa che la tua recensione comunque positiva è quasi la più "tiepida" fra quelle che ho letto, perciò sicuramente è un film che merita la visione. Io non l'ho ancora visto ma conto di colmare la lacuna appena possibile.

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    1. Ho letto commenti molto più entusiastici del mio, c'è chi urla al capolavoro, ma questo film obiettivamente non lo è. È un film italiano buono, da vedere, un buon prodotto per le scuole, qualcosa di positivo di cui parlare negli ultimi tempi.

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  2. Bellissimo ciò che hai scritto, grazie Luz.
    Ho visto il film appena entrato nelle sale cinematografiche. Sapevo quasi istintivamente che non potevo perderlo e che doveva essere visto lì e non in tv.
    Condivido ogni tua descrizione come anche ogni tua opinione, tranne una: quel vuole essere esagerato quando descrivi la prima scena del film con lo schiaffo dato a Delia. Non è esagerato ma è vero, dannatamente vero. Anzi, credo che sia stato molto soft per ciò che la storia vuole mostrare.
    Per il resto condivido anche le scene che ti hanno più colpito. Molto belle. Ma sono tante quelle che hanno colpito me. (Attenzione spoiler). Come quella delle amiche nel cortile che sentono le violenze che subisce Delia, oppure la sigaretta che fuma con la sua migliore amica di nascosto, oppure ancora la delicatezza del soldato che le regala la cioccolata e lei che vorrebbe festeggiare il fidanzamento della figlia con essa ma poi... E tutta la parte finale, stupenda.
    A me il film è piaciuto sin dal principio. Ma ero scettica anch'io per la Cortellesi, che invece mi ha fatto cambiare opinione su di lei sin dalle prime scene. E questo mi rende felice (cambiare opinione vuol dire anche crescere e maturare).
    Abbraccio carissima e buon 2024.

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    1. Sì, le scene che citi certamente rientrano fra le buone cose del film. Quelle che ho citato nel post sono quelle che mi hanno mosso qualcosa dentro e anche commosso. Sullo schiaffo iniziale, non so, mi ha lasciato un po' perplessa. Probabilmente è una macchina anche "simbolica" quella messa in atto nel racconto. Mi sono piaciute quelle cose non così basilari, ma proprio si vede snodi che nella sceneggiatura poi dovevano diventare il nucleo della narrazione. Un abbraccio a te, Pia, e ancora buon anno! :)

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  3. Ho apprezzato molto le tue impressioni sul film Luana che condivido.

    Forse io ho visto il film quando ancora non aveva sbancato e non avevo input su aspettative di nessun genere da nessun fronte.

    Le mie nonne (del sud, Puglia) mi hanno sempre raccontato delle diverse realtà che si potevano vivere, in funzione dei valori delle persone, cultura, educazione..
    Situazioni lontane, per fortuna, alla loro quotidianità.
    La violenza fisica credo sia l’ultimo miglio della totale mancanza di rispetto verso la persona, che non è nulla per il violento se non una cosa posseduta.
    Un oggetto funzionale ad altro..

    La questione che secondo me ha un confine invisibile agli occhi delle donne …passive, vittime, impotenti ..è la cultura maschilista tramandata da sempre che le pone sempre un gradino sotto, in maniera subdola da giustificare tanti comportamenti e condizionamenti pesanti.
    Sono cose che restano nel DNA…per quanto ci si professi femministi/e (sia donne che uomini ).
    Ragionavo su quanto fossi stata fortunata nell’avere degli esempi di comportamento paritario ed incentivante alla totale uguaglianza fra uomo e donna, per quanto è indiscutibile che noi donne come base culturale siamo cresciute con tanti esempi sbagliati.
    Solo un giudizio critico sempre attivo e comprendere l’importanza all’indipendenza in primos mentale, in secundis pratica, reale può rendere la donna libera,
    Perché potrà sempre avere la possibilità di scegliere.
    Base di tutto, sempre, la conoscenza di sé stesse.

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    1. "La violenza fisica credo sia l’ultimo miglio della totale mancanza di rispetto verso la persona". Prendo a prestito questo passaggio, Barbara, perché mi fa venire in mente il fatto evidente dell'esistenza di quel patriarcato che oggi è diventata una parola in auge.
      Anch'io ho mille esempi da fare, molti di questi potrebbero essere dichiarazioni troppo franche su aspetti della mia parentela, quindi preferisco non scendere nei particolari. Il patriarcato ha mille modi di determinarsi, e negarlo è davvero un gravissimo errore. Esiste da generazioni, è radicato nella nostra cultura in modo molto evidente o anche subdolo. Subdolo quando certi fatti avvengono in maniera non sospettabile. Ce ne sono decine di esempi che potrei fare. L'aver sempre sospettato violenza domestica laddove dal di fuori si percepiva grande armonia, l'averla perfettamente saputa laddove la donna in questione raccontava quanto accadeva fra le mura di casa. Famiglie insospettabili, situazioni alle quali si stentava a credere ma tant'è. Posso citare il caso di un vicino, io ero bambina. Mio padre disse che chiudeva a chiave sua moglie in casa, eppure era così rispettabile. E noi apparimmo stupiti ma non eravamo affatto impressionati. O ancora il caso di un'amica di una mia zia, un'amica di lungo corso che vedeva raramente perché con la famiglia si era trasferita in altra regione. Quest'amica le raccontò che suo marito aveva cambiato la serratura di casa in sua assenza, per farle trovare la pessima sorpresa di essere lasciata fuori dopo una lite. Nostra zia ce lo raccontò molto arrabbiata ma anche con quel pizzico di consapevolezza che questo era, che non poteva essere cambiato. Ho sentito donne a me vicine dire "io sarò libera quando lui morirà". O ancora uno zio che disse che suo padre (non era del sud) picchiava regolarmente sua madre quando era nervoso. "Ne ha prese mia madre", con questa espressione se ne uscì tanto tempo fa. Ricostruendo tante testimonianze, mi rendo conto di stare dentro una realtà, un sistema, che ha "normalizzato" certi comportamenti, li ha fatti percepire come del tutto legittimi.
      Ecco, le tue nonne sentivano di queste storie, io le vivevo attraverso i racconti di persone note alla famiglia, e per questo oggi le rievoco nei miei ricordi con una certa impressione.
      Lì si trattava di violenza fisica, poi c'era un altro tipo di violenza. Quella subdola, inimmaginabile. Il maschilismo/patriarcato insito in tante realtà che forse un tempo si credevano tipicamente del sud e invece sono comuni a ogni latitudine, oggi si traduce in nuove forme, si trasforma in abitudini che possono portare alla rovina, ne esistono infinite variabili. Laddove ci sono relazioni consolidate, serene, non si coglie questa emergenza, ma è come essere ciechi ed è una cosa anche dannosa nel dibattito. Bisogna starci a contatto anche solo ascoltando i racconti di generazioni che hanno vissuto aberrazioni domestiche per capire. O perlomeno non negare quella che è una tragica evidenza.

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  4. Ciao a tutti
    Luana, mi piace come hai esposto le tue impressioni ma come averne dubbi...
    Comunque l'ho trovato un film duro da digerire.
    Narra di una realtà che grazie a Dio non è mai appartenuta alla mia famiglia di donne guerriere da sempre, eppure, un'amica parecchio avanti negli anni, con cui ho parlato questa mattina, mi ha confermato fosse una situazione comune per ciò che ricorda, raccontandomi aneddoti raccapriccianti.
    Ma quanto piacciono, ancora oggi, questi uomini duri e talvolta brutali, vogliamo pensare al successo di "Cinquanta sfumature di grigio", libro riferimento sexi di molte ragazze, da me per curiosità comprato e lasciato a metà... altro che violenza e soprusi...
    Abbiamo nel DNA la ricerca di un maschio forte che provveda alla sussistenza del nucleo famigliare? Su certe cose non ci siamo del tutto evolute
    Cosa dire? Forse solo che dobbiamo fare attenzione a questi ragazzi e a che non si ripropongano certi stereotipi pessimi, ma noi, qui, sono convinta che già ne siamo più che consapevoli.

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    1. Cara Alessandra, abbiamo fatto insieme questa esperienza di visione del film. Ci sono stati momenti in cui eravamo attonite, amaramente consapevoli di quanto fosse veritiero il racconto, per quanto, torno a dire, la sceneggiatura abbia qui e là virato verso il grottesco.
      Appartenere a una famiglia di donne volitive e con spirito di iniziativa deve essere stato bello, l'esempio è fondamentale. Purtroppo anche in questo tipo di modello può annidarsi lo "scricchiolio", perché ho esempi anche a riguardo. Posso dire che a sud è molto radicato questo duplice aspetto: possono trovarsi donne dal fiero carattere, ma non toglie che queste stesse donne pongano il maschio su un piedistallo. Mi fermo, però. Perché vorrei dedicare delle riflessioni più approfondite sul fenomeno, con un post a parte cui sto pensando. :)
      Nel quale inserirò anche questa tendenza delle nuove generazioni di vedere nel maschio "cattivo" un modello che affascina.

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  5. Ho letto con grande interesse la tua recensione, cara Luana, mi ritrovo negli elementi di scetticismo di cui parli inizialmente e poi nel riconoscimento di alcuni aspetti di originalità del tessuto narrativo.... tuttavia per me l'opera della Cortellesi resta imperfetta. Personaggi delineati in maniera troppo elementare: Delia tutta-santa, Ivano tutto-cattivo, il suocero tutto-lercio (ed è il personaggio comunque più centrato ed interessante), i due figli piccoli tutti-scemi, sempre impegnati come burattini nella giostra delle parolacce e delle botte reciproche.... figure bidimensionali nel quadro di un cinema italiano che ha già scritto queste storie, ha già letto queste pagine e ha fatto scuola nel mondo, perché tutto questo è stato già fatto e scritto meglio. In sintesi, come non cadere in frantumi davanti a "Bellissima" di Visconti, di cui questa piccola opera non è che un pallido riflesso? Quello sì grido urlato di liberazione e di rivalsa di una generazione di donne che avevano visto scorrere la loro giovinezza durante la guerra e che Anna Magnani ha rappresentato con tutta la sua forza e il suo vitalismo disperato. Questa piccola opera, alla quale non nego alcuni momenti poetici e ispirati, soprattutto per l'uso intelligente della musica, non aggiunge nulla al messaggio del Neorealismo, anzi, ha completamente disinnescato la potenza di quella voce.

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    1. Concordo su tutto, ma del resto lo avevo riportato nel finale del post: un nuovo Neorealismo sarebbe una contraddizione in termini, anche perché se fosse possibile dovrebbe piuttosto raccontare questa realtà contemporanea e con linguaggi inediti, originali. Invece si va ad attingere al passato e lo si racconta con forme che strizzano l'occhio al passato. Un vero film neorealista avrebbe fatto percepire la crepa, l'odore nauseabondo del sudore dei vinti, qui c'è uno spettacolo che rifà quelle forme, o pretende di fare ciò, senza effettivamente averne i mezzi e la capacità. Ma sarebbe poi possibile o anche preferibile tentare?
      Ci sono oggi registi di calibro che fanno ottimi film sul modello realista, penso ai fratelli Coen, a film come Nebraska di Alexander Payne, a film come Nomadland. In Italia non ci sono registi né sceneggiatori in grado di raccogliere la grande eredità neorealista.

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  6. Una recensione attenta e precisa di un film del quale, solo per aver fatto discutere mezza Italia, non si possono non tessere elogi. Poi ci sono i ma, ovvio. Il mio principale parte da una constatazione semplice: paradossalmente, a film terminato, ho avvertito il fastidioso peso dei fin troppi disinneschi a salvaguardare dalla storia il potentissimo segnale finale, fulcro della pellicola. Fuorviare lo spettatore un bel gioco, ma bisogna conoscere le regole. Poi tratti didascalici fin troppo a livello spiegone, tra quelli che ti hanno emozionato molto - come evidenziare le posture - , o sottolineature caratteriali forzate (lo schiaffo ingiustificato iniziale) a voler instradare l'utenza più recalcitrante con una messaggistica acerba e stereotipata. Ciò non toglie comunque valore alla Cortellesi, costantemente in scena, che offre un’opera prima capace di imbrigliare e sedurre, coinvolgendo con la scelta del bianco e nero, un mix di musiche, d’epoche e moderne, a creare ritmo e atmosfera, una scenografia frizzante che non teme neanche i campi lunghi.
    Rimane una prima prova superata alla grande, e se poi la Cortellesi piace (ed è il mio caso) si perdona anche qualche ingenuità..

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    1. Disinneschi e spiegoni sono evidenti, è vero. È la cifra del film, che evidentemente è stato pensato anche per un pubblico di bambini e adolescenti. Sento in giro che, infatti, ha acchiappato parecchie scuole e ne sono contenta, perché è occasione di discussione. Oggi la scuola ha sempre più bisogno di una narrazione per poter arrivare ai ragazzi. Ha bisogno di immagini, perché l'astrazione è prerogativa molto rara negli alunni oggi. Perfino nelle cosiddette "eccellenze".

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  7. Non l'ho ancora visto e non so se riuscirò a vederlo, anche se leggo recensioni importanti. E non metto in dubbio che il film sia interessante e bello, anzi...di più non posso dire. Ho letto diversi articoli e mi sembra lo specchio di un periodo difficile e tremendo per le donne e su questo capisco in parte il messaggio del film.

    Un salutone e alla prossima

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    1. Nel post ho evidenziato anche i tanti limiti del film, sono curiosa di sapere poi cosa ne penserai tu.

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  8. Ho visto il film e credo che sia il film italiano più bello degli ultimi 30 anni. Io amo il grande cinema italiano e bisogna ammettere che non c'è il più il cinema italiano di una volta, ma questo film io l'ho reputato stupendo. Io mi sono commossa più volte durante il film e devo dire che ha descritto perfettamente la realtà di quel tempo, non dimenticando di salvare gli uomini buoni. La tecnica dell'inganno è stata perfetta, e io mentre guardavo il film speravo che il film non fosse così scontato, se Delia fosse scappata via il film non avrebbe più rispecchiato quell'epoca. La Cortellesi è stata davvero eccezionale anche nei panni della regia, è un'attrice molto talentuosa anche se come te, a volte, ha fatto dei filmetti, ma la perdoniamo. Succede quasi a tutti i grandi attori, in fondo.

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    1. I diversi punti che mi hanno entusiasmato mi hanno donato le stesse emozioni. Non sono però d'accordo sulla definizione di film italiano più bello degli ultimi 30 anni. Negli ultimi tre decenni ci sono state produzioni indimenticabili, opere d'arte come Il ladro di bambini, La vita è bella, Il postino, I cento passi per citarne alcuni. Film con un approccio narrativo e registico del tutto diverso e di grande pregio. Però è ugualmente molto bello che una spettatrice esca dal cinema con l'emozione che ne hai tratto tu.

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  9. Sì, ho visto il film appena uscito e mi ritrovo molto nella tua recensione. Il film mi è piaciuto ma come te ho mantenuto una piccola dose di scetticismo, la scena in cui la madre capisce che la figlia sta per avere il suo stesso destino matrimoniale ha colpito anche me, credo sia la scena più bella del film.
    Anche il finale a sorpresa mi é piaciuto, avevo capito che non poteva essere che lei scappasse con il primo amore (anche se il mio cuore romantico un po’ lo sperava) sarebbe stato troppo banale, ma il referendum sullo sfondo di cui ogni tanto si accennava mi aveva fatto intuire il finale. Sarebbe utile portarlo nelle scuole.

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    1. Come ho scritto più su, so di molte scuole che hanno scelto la visione. Purtroppo nel caso della scuola in cui lavoro io le uscite devono essere concordate entro ottobre e devono essere precise e definitive, non si può aggiungere nulla in corso d'opera. Un grande limite, ma purtroppo è così.

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  10. Come un gatto in tangenziale e il suo seguito a me sono piaciuti, perché giocano sugli stereotipi da entrambe le parti, dimostrandone l'assurdità da qualsiasi punto di vista ci si trovi immedesimati, anche solo per un secondo. Con lo stesso intendo, ma di meno impatto, anche Nessuno mi può giudicare. Non l'ho ancora vista in Petra, mi sono persa la prima stagione e devo recuperarla con calma, ma sono altrettanto curiosa perché c'è Andrea Pennacchi, attore padovano di cui andiamo fieri.
    Non ho ancora visto il film per intero, quindi non ho letto il tuo spoiler, sebbene tante scene mi hanno incuriosito tra televisione e rete. In quei spezzoni, compresa la sberla al Buongiorno, non ci scorgo né esagerazione né grottesco, ahimè è tristemente vero. Sberle del genere sono nei miei ricordi di bambina, anche nell'ultima domenica in cui vidi mio nonno paterno (perché poi tagliammo qualsiasi legame con quel ramo di famiglia). Era usuale per lui picchiare moglie e figlie, ma anche i figli maschi, quando pretendevano di lavorare fuori e fuggire al controllo del padre padrone. Si poteva facilmente dare la colpa all'alcool, ma in realtà era la cultura con cui egli stesso era cresciuto. Forse la parte peggiore era sapere che certo clero, del resto costituito per lo più di uomini, concordava con questa linea della donna sottomessa ad ogni costo. Come dici tu, non erano (e non sono) tutti uguali gli uomini. Però dobbiamo ancora lavorare duro per arginare questa violenza. Gli ultimi casi di cronaca, anche sulle giovanissime, insegnano.
    Credo che il successo straordinario di questo film sia più che altro un appello delle donne, un chiaro segnale che ieri è di nuovo oggi, "ma c'è ancora domani".

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  11. Aggiungo: se non l'hai già letto/sentito, recupera il testo/video del discorso integrale di Paola Cortellesi alla Luiss due giorni fa. Meraviglioso.

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