venerdì 31 marzo 2023

Childless/childfree: una chiacchierata fra tre blogger.



In Italia le donne fra i 18 e i 49 anni senza figli sono più di 5 milioni. Donne in età fertile che decidono coscientemente di non generare figli e donne in avanti con l'età ma ancora potenzialmente in grado di concepire e mettere al mondo un figlio che dichiarano di stare bene così. Affermare "non mi interessa" riguardo alla maternità è oggi un tema molto dibattuto, un diritto di opinione violato, pure se riguarda la propria vita, il destino di ciascuna. 
Secondo molti, ma soprattuto molte, dire "non mi interessa" è contro natura, ritengono che la donna, in quanto dotata di un apparato riproduttore, ha in certo senso un dovere morale: mettere al mondo almeno un figlio. Non conta la scelta personale di non averne, la sensazione di non averne vocazione, ma soprattutto è inconcepibile che chi non ha figli non soffra, non si strappi i capelli sentendosi defraudata di un diritto. Se non sei madre ma soffri per questo, hai tutta la mia solidarietà, diversamente sei una persona inqualificabile. 

Io sono una donna impegnata. Sono un'insegnante, faccio parte di una comunità educante. Spesso mi fregiano di un ruolo che travalica la mia professione e i miei doveri, un ruolo guida che abbraccia diverse questioni e problematiche. Dai libri, al teatro, al lavoro di insegnante, la mia vita è piena di stimoli, passioni, progetti che sento "edificano" continuamente nuovi lati del mio Sé. La mia vita, insomma, è in fieri, non l'ho mai concepita al di fuori di un percorso "in progress". Nella mia esperienza di vita non c'è la maternità. Non la sento come un elemento "mancante", ma semplicemente come una possibilità non divenuta realtà. Esattamente come il non stare facendo il lavoro che mi sarebbe piaciuto fare, il non vivere nel luogo ideale, il non avere una faccia piuttosto che quella che ho, ecc. 
Da donna e non madre coltivavo da tempo l'idea di dedicare un post alla cosa, coinvolgendo due fra le mie amiche blogger che so non avere figli. 
Elena Ferro, del blog Volpi che camminano sul ghiaccio, e Giulia Mancini del blog Liberamente Giulia, hanno accettato il mio invito a fare una chiacchierata a tre sul tema. Le ringrazio per questo confronto al quale hanno partecipato raccontandosi con molta disponibilità, mettendo a fuoco un argomento al quale oggi guardiamo con tutta serenità. 
Buona lettura. 
*****

1. Andiamo direttamente al cuore della nostra conversazione, con una domanda che probabilmente fino a qualche tempo fa ci hanno posto: perché non hai figli? Non puoi non averci pensato, non puoi non esserti immaginata come madre. Racconta. 

LUZ    Non ho figli perché ritengo che, semplicemente, non era nel mio destino. Come tante, mi sono immaginata come madre, c'è stato un periodo da giovanissima in cui ho dato per scontato che lo sarei stata. È fisiologico ancora oggi, a maggior ragione nel mestiere che svolgo, di insegnante ed educatrice. Mi sono sposata con la certezza che lo sarei stata, quell'evento naturale che prima o poi arriva, invece non è stato così. Non ho mai vissuto il segmento di tempo in cui lo credi come una speranza a cui mi sono disperatamente aggrappata né mai con disperazione, anche perché mio marito ed io non abbiamo fatto indagine alcuna a riguardo. Il desiderio forte, potente, di essere madri, è una sorta di vocazione, una "chiamata" alla quale, se arriva, non puoi sottrarti. Chi sente questa vocazione e poi ha la sfortuna di non poterne concepire, è destinata alla sofferenza, a sentirsi donna a metà. Ecco, per quanto mi riguarda, non ho mai sentito dentro di me questo richiamo. Il che mi ha portato a non indagare sul perché non abbia concepito un figlio. 

GIULIA: non ho figli perché non sono arrivati, ma c’è stato un lungo periodo in cui li ho desiderati con tutta me stessa, mi sono sposata, a 29 anni, quasi al solo scopo di averne, altrimenti forse avrei optato per una convivenza. Purtroppo mio marito era indeciso al riguardo, voleva dei figli ma non si sentiva mai pronto e, quando dopo sei anni di matrimonio, ha deciso che era il momento giusto, il desiderato figlio non arrivava mai. Dopo due anni di tentativi inutili alcuni esami hanno rilevano problematiche risolvibili con qualche cura. Nonostante tutto l’agognata gravidanza non è arrivata, così pensavamo di ricorrere alla fecondazione artificiale, ma qualcosa dentro di me si era rotto, perché mi sono ammalata e così, dopo aver affrontato la malattia e averla superata, abbiamo divorziato.  Come scrisse Daria Bignardi in un suo romanzo: “scoprire di avere una malattia catapulta in una dimensione più libera. Non puoi programmare più nulla, a parte le cure. Improvvisamente hai più spazio nel disco rigido del cervello. Il buono di una malattia è che capisci cosa viene prima. Lo senti senza più incertezze ed esci dalla ruota del criceto.” Io grazie alla mia malattia ho capito che volevo essere felice e che potevo esserlo anche senza figli, e la mia felicità non comprendeva quel matrimonio. 

ELENA La mia vita l'ho sempre immaginata così, senza figli miei. Da ragazzina facevo l'educatrice nei centri per adolescenti e bambini e mi è sempre parso che il mio ruolo potesse essere solo quello, sempre donna, amica, sorella maggiore, educatrice ma mai madre. Non so se sia la mia grande indipendenza o se abbiano influenzato questa scelta le mie riflessioni sul tema della maternità.
Vedevo intorno a me donne che procreavano per ragioni che mi inorridivano: lasciare qualcosa di se stessi, avere la certezza di non essere mai sole , specie da anziane, o perché costrette dalle famiglie e consuetudini. Su un binario si può solo arrivare dove i binario finisce. Altrimenti si deraglia. 
Io ho deragliato. 
C'è stata una sola occasione nella mia vita in cui abbia davvero pensato a un figlio: avevo 24 anni e una relazione stabile da 4 anni con il mio primo fidanzato, un uomo buono con un'ottima posizione ma terribilmente insicuro e privo di obiettivi. Il rapporto era a una svolta. Venne fuori quella parte di me che aveva sempre desiderato essere conforme e pensammo a un figlio. Non ci provammo mai davvero però perché a quei tempi non avevo un lavoro fisso e pianificammo di farlo più avanti. Non venne mai un secondo tempo. 
Quel pensiero di un figlio durò dentro di me appena due, tre mesi. Lo riconobbi per quello che era: conformità, non desiderio di dedicare la propria vita interamente a un altro essere umano.
Dopo qualche anno ci separammo. 


2. C'è stato chi, nel tempo, ti ha fatto sentire incompleta, una specie di "donna a metà" per il fatto di non essere madre?

LUZ  C'è stato eccome. In particolare è accaduto in famiglia. Essendo originaria del sud, da quelle parti si dà molto per scontato il binomio matrimonio/maternità. Per molti è inconcepibile restare senza figli. Usano proprio questa espressione "restare senza figli", piuttosto che "non avere figli", perché per questo modo di pensare una coppia sposata è automaticamente di serie B se non concepisce figli. Mi riferisco al sud, ma il maggior peso l'ho sentito da una parente acquisita con una mentalità tipica di quelle "tradizionali". Col tempo, la mia posizione di nipote ha subito un inevitabile mutamento. I primi anni molto ben accolta e coccolata, poi sempre più ai margini. L'etichetta di serie B viene attribuita anche inconsapevolmente, i miei stessi genitori, pur avendomi voluto molto bene, era inevitabile per forma mentis e livello culturale che dessero maggior peso agli altri due figli, che sono diventati genitori. 
C'è stato chi, al di fuori della famiglia, alla domanda "ma tu hai figli?" che può essere del tutto normale, al sentirsi rispondere "no" assumeva un atteggiamento accorato, dando per scontato che fosse un evento tragico, costato sofferenze. Almeno cinque persone su dieci sono pronte a giurare che tu sia una donna a metà, che ti manchi un pezzo, che sia incompleta. Vagli a fare capire che non averne è un modo come un altro per avere un progetto di vita del tutto normale. 

GIULIA “Restare senza figli” che brutta espressione, purtroppo è successo anche a me di sentirmi rivolgere delle domande inopportune sul “perché” non ci fossero ancora figli, quindi oltre al mio dolore personale, perché io avrei tanto desiderato un bambino, si aggiungeva la terribile domanda di persone della famiglia che ferivano la mia sensibilità. Una mia parente affermò che una donna senza figli era una donna inutile, lo disse con mia sorella che si arrabbiò tantissimo incrinando la serenità familiare, lo scoprii per caso perché dopo tante insistenze mia sorella fu costretta a raccontarmi l’episodio, per fortuna avevo già raggiunto una mia serenità al riguardo. Oggi, molto egoisticamente, sono quasi sollevata all’idea di non avere figli di cui preoccuparmi, visto il mondo che ci ritroviamo. 

ELENA Ho avuto molti momenti della mia vita in cui il fatto di essere donna senza figli mi è stato fatto pesare, specie quando si parla di educazione dei bambini o adolescenti. Come se una donna adulta e matura non possa avere una opinione in tal senso se non è madre.
Devo precisare però che nessuna di queste affermazioni/atteggiamenti mi ha fatto sentire "una donna a metà". Non ci sono riusciti. Io mi sento una donna a tutto tondo e la mia maternità la vivo anche senza avere figli.


3. Descrivi tutti i vantaggi che oggi percepisci nel non essere madre.

LUZ   Io sono insegnante e lavoro anche nella mia associazione teatrale orientata verso l'educazione dei ragazzi. Va da sé che un contatto continuo, quotidiano, col loro mondo lo posseggo a prescindere. Se ho mai sentito l'esigenza di rapportarmi con un piccolo essere umano (perlomeno fra gli 11 e i 14 anni e oltre) so di averne l'opportunità attraverso il mio mestiere e la mia "missione" di educatrice. Di conseguenza non mi manca questo aspetto. Avverto nelle madri, tendenzialmente, un'ansia a volte distruttiva, il che mi suggerisce che esserlo espone in modo automatico a una preoccupazione che appartiene al genitore forse per sempre. Ecco uno dei vantaggi che sento di possedere. Chiusa la porta sulle problematiche con cui vengo a contatto ogni giorno, posso pensare alla mia vita e dedicarmi a me stessa in maniera esclusiva. 
Il lavoro della madre è tale in tutto quello che riguarda la logistica quotidiana, almeno fino a quando i figli non sono abbastanza grandi da essere autonomi (ma lì ci si busca l'ansia che accada qualcosa, è fisiologico). Nel momento in cui la madre cessa il suo rapporto simbiotico con il figlio, inizia un altro tipo di problema. Ecco, il non avere niente che assomigli a questo problema mi è di conforto. La variabile tempo poi è preziosissima. La madre impegnata, in particolare le madri lavoratrici, che non terminano la loro giornata se non nel tardo pomeriggio, quando l'ultima mansione (spesa, accompagnare, andare a riprendere, ecc.) si conclude. Il mio tempo è esclusivamente per me, come se fossi "figlia" di me stessa. Posso dedicarmi, da sempre, a tutto quello che mi piace fare, posso coltivare me stessa, scoprire quello che realmente sono senza aver mai disperso il mio tempo in altro. Perché avere un figlio è una missione vera, la presenza è fondamentale, la cura, la dedizione, devono essere totali. 

GIULIA   I vantaggi di non essere madre, non saprei, uno è quello a cui ho accennato nella risposta precedente, il sollievo di non dovermi preoccupare per loro, considerato il mondo che ci ritroviamo e la sfiducia nel futuro che mi ha assalito: tra pandemia, guerra, precarietà del mercato del lavoro e il cambiamento climatico, non mi sento molto ottimista. Poi però quando guardo i bambini di mia nipote mi sembra che valga sempre la pena scommettere sul futuro.
Altri vantaggi? La libertà di occupare il mio tempo libero nel modo che voglio, sono sicura che, se avessi avuto dei figli di cui occuparmi, probabilmente non avrei scritto nessun romanzo, tantomeno avrei avuto un blog; l’esigenza della scrittura è tornata fuori prepotente dopo il mio divorzio, accantonata per sempre l’idea della famiglia sono riemersi nel mio cuore i miei vecchi sogni legati alla scrittura. Non so se questo può considerarsi un vantaggio o un ripiego, è un’esigenza in qualche modo “creativa” che ho sentito di dover colmare. Magari con i figli sarebbe rinata lo stesso dopo vari anni, non saprei.

ELENA   A questa domanda è difficile rispondere, dovrei aver vissuto  come madre  almeno in una vita precedente per poter rispondere!
Posso usare l'immaginazione e dirti che probabilmente se fossi stata madre avrei organizzato la mia, la nostra vita, in modo tale da non dover rinunciare troppo alle cose che considero importanti, come realizzarmi come persona. Sono sicura che ci sono molte donne che si sentono realizzate pienamente e persino libere anche da madri. 
L'ipotetico vantaggio di avere tutto il tempo da dedicare solo a noi stesse è dal mio punto di vista velleitario, almeno lo sarebbe nel mio caso. Nella mia realtà quotidiana di non madre c'è sempre stato uno spazio ampio dedicato agli altri. Mi sono sempre considerata una non madre con una punta di orgoglio proprio perché l'ho scelto senza mai dover pensare di me come una donna senza istinto materno, anzi. Penso di possederlo e che influenzi le scelte nella mia vita, a partire dal mio modo di relazionarmi con le persone. Non come madre di tutti, non sono una santa né cose del genere, ma come donna che sente la gioia di  prendersi cura di ciò che intorno a me lo merita. Sono madre delle persone che amo quando hanno bisogno di attenzione, madre di un bambino sfuggito ai legittimi genitori che attraversa la strada incauto e che afferro per mano, accompagnandolo. Sono stata madre di mia madre nell'ascolto e nell'incoraggiamento, così come nella cura e nella sopportazione.
E' nella mia natura. Non sono madre perché ho scelto di dedicare la mia vita agli altri in modo diverso. Il tempo e la mia vita non sono mai per me soltanto.



4. Il diritto di non essere madre, la scelta di non avere figli, è uno degli argomenti più dibattuti della contemporaneità. Cosa risponderesti a chi esprime il proprio dissenso, un'aperta antipatia nei riguardi di chi sceglie di non essere madre e dichiara di stare bene così? 

LUZ     Anzitutto mi dispiace che questa critica feroce arrivi proprio dalle donne e per la maggior parte dalle madri. Conosco decine di madri che sono anzitutto donne molto intelligenti e non si sognerebbero mai di vedere nella non madre una donna di serie B, ma anche molte altre disposte all'atteggiamento opposto. Se appartenere a una generazione precedente (vedasi mia madre, inconcepibile per una donna nata negli anni Quaranta non esserlo) rappresenta un'attenuante, leggere o ascoltare oggi negli anni Venti del Duemila donne molto critiche nei riguardi di chi non vuole, deliberatamente, essere madre o non mostra di soffrire per non esserlo, è davvero osceno. Carlotta Vagnoli scrive "il mondo non è pronto ad accogliere la pluralità del concetto di maternità, perché non lo sa leggere come processo individuale. Lo intende bensì come missione del genere umano tutto". 
Una sorta di missione civilizzatrice che una donna - attenzione, una donna e non un uomo - deve abbracciare in quanto donna e procreatrice. A maggior ragione quando si tratta di nazioni, come la nostra, in cui la natalità è ai minimi storici. Che ne sarà di noi se gli italiani spariranno dalla faccia della Terra??? Lo spauracchio di tanta parte di questo mondo complesso oggi. Essere stigmatizzate per non avere avuto figli è un atto di profonda cattiveria e ignoranza. Non saprei definirlo in altro modo. 

GIULIA   Risponderei che ognuno deve fare le sue scelte in piena libertà, si può scegliere di avere figli, ma in quel caso é necessario assumersi la responsabilità di farli crescere nel migliore dei modi, oppure scegliere di non averne, ma non per questo ci si deve sentire sminuiti, ci sono donne, come Rita Levi Montalcini per esempio, che hanno scelto di dedicare la loro vita alla scienza scegliendo consapevolmente di non avere figli perché non avrebbero potuto dedicare le giuste energie a loro. Tuttavia anche senza arrivare al premio Nobel si può essere delle donne dalla vita piena anche senza figli, quello che è importante è la consapevolezza del proprio valore come persona.

ELENA   Madre è colei che dona, che accoglie, che nutre in molti modi possibili. Non è un figlio che ti rende madre ma ciò che senti, che sei che puoi donare gratuitamente che ti permette di diventarlo. Accogliere un altro diverso da sé è il dono che una madre fa al proprio figlio  e a sé stessa. A chi esprimesse antipatia a donne come me direi "Cara amica, non provo che ammirazione per ciò che fai e che sei. Sarebbe bello se tu potessi farmi lo stesso regalo". 

La nostra chiacchierata termina qui. 
Grazie ancora a Elena e a Giulia per averla condivisa e costruita assieme a me. 

Ci piacerebbe sapere cosa pensate di questo tema così importante. 

49 commenti:

  1. I casi di donne che decidono di non aver figli non sono tanti. Queste donne vogliono dedicare la loro vita a un progetto e un figlio potrebbe creare problemi.
    La maggior parte delle donne che non hanno figli dipende dalla casualità. Quando vorrebbero averlo non c'è l'uomo con cui legarsi. Nei momenti con desiderio scarso di avere il figlio incontrano l'uomo giusto.
    È sbagliato accusare un senso di colpa per il fatto di non aver procreato. Non esiste la possibilità che si esaurisca la specie.

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    1. Grazie Guz, in effetti è così, credo che la maternità non sia solo una questione legata alla donna, un figlio prima di tutto si fa in due, è una scelta d’amore. Può esistere il desiderio di essere madri ma bisogna incontrare l’uomo giusto (in questo senso vale anche per l’uomo). Inoltre credo sia anche una questione sociale e politica, non possiamo combattere la denatalità senza creare delle misure a supporto delle famiglie, non bastano pochi giorni di congedo concesse anche ai padri, serve un sistema (incentivi veri mensili, asili nido, flessibilità nel lavoro ecc), esattamente il contrario di quello che abbiamo in Italia dove ci ritroviamo dei giovani a cui si offre solo un lavoro precario e mal pagato, in che modo questi ragazzi dovrebbero far nascere dei figli?

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    2. Non credo non siano tanti, invece questa forbice si allarga sempre di più. A fronte di moltissime donne che, pur desiderandolo, non riescono ad averne (non portano a termine una gravidanza o non riescono a concepire, ecc.), molte altre non sentono questo richiamo biologico e non comprendono la gravidanza nel loro progetto di vita. Ho un caso in famiglia. Una giovane donna ormai quarantenne, ingegnere in carriera in quel di Milano, ambiente molto competitivo e difficile, che deliberatamente non ha concepito col suo compagno un figlio. Questo può comportare anche conseguenze nel rapporto a due, perché in due si deve essere a volerlo, va da sé. Lei è una tipica donna di spiccato senso pratico molto orientata verso la carriera che non ha mai sentito il tic tac biologico e il richiamo verso la maternità.

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    3. Ciao Gus, dici che non sono tanti i casi di donne che decidono di non avere figli, ma come sei arrivato a questa conclusione? Come mai parli di casualità quando nell'articolo si parla di scelte? Grazie per esserti affacciato a questa conversazione

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    4. Elena, ho parlato di donne che non vogliono figli per dedicarsi a qualcosa di importante che richiede la massima applicazione. Luz ha parlato della Montalcini.
      La casualità non è in contrasto con la scelta perché la determina.
      Una donna vuole un figlio ma non trova l'uomo della vita.

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    5. Ora è più chiaro il tuo pensiero grazie per la specificazione. Tuttavia resto dell'opinione che la casualità non ha nulla a che vedere con la scelta. Una donna che vuole un figlio non si arrende di fronte al fatto di non trovare l'uomo della sua vita. Si accontenta dell'uomo che ha trovato. Punto. La casualità riguarda forse incontrare o non incontrare la persona giusta, ma mai la scelta, né in una direzione né nell'altra...

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  2. Buongiorno Luz. Che bello questo confronto tra voi. Mi è piaciuto molto. Grazie.
    Spesso si fa un grande errore, quello di voler catalogare tipologie basate su motivazioni della mancata maternità. Credo che sia un errore perché siamo diverse, uniche. C'è unicità nella nostra vita , singola o di coppia che sia. A volte semplicemente si accetta il percorso di una lunga esistenza, non si soffre, si prova a realizzare una semplice possibilità (apparentemente ovvia) e non si decide proprio nulla. Lo si accetta serenamente.
    Maternità poi ha così svariati risvolti. Dall'adozione all'insegnamento, fino al volersi dedicare al cari anziani. Anche in questo caso c'è un sentimento materno di cura e protezione. Persino di rieducazione.
    Magari bisognerebbe che si guardasse oltre l'ovvio e l'evidenza e ci potremmo rendere conto che in ognuno esiste il vivere la maternità, come anche la paternità, in modo differente ma con la stessa intensità e magari criterio. Ti abbraccio forte e lo estendo alle tue amiche che ne hanno discusso con te. Ciao.

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    1. Ciao Pia, sono contenta che ti sia piaciuto questo confronto, hai ragione la maternità ha molti risvolti, il sentimento di cura e protezione caratterizza molto le donne e, anche senza figli, possono esprimerlo molto efficacemente. Grazie dell’abbraccio che ricambio di cuore.

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    2. Grazie a te per avere letto e apprezzato questo nostro scambio di idee. Sì, ci sono mille modi per estendere a un altro essere umano la propria inclinazione alla cura. A me capita, dal mio ruolo di insegnante e maestro di laboratorio, ma anche come zia di un nipote al quale tengo tantissimo, di pormi come fossi una madre anche molto severa. La "fortuna" di questo ruolo sta nel fatto che la maggior parte delle volte ti riserva un certo margine di autorevolezza e credibilità. Mentre la madre biologica è una figura per molti adolescenti da "oltrepassare" e con la quale porsi in posizione di contrasto, verso l'educatrice e maestro si ha quella particolare tendenza a voler andare, è una figura di riferimento. In sostanza, per destino e per scelta, io paradossalmente sono "madre" in tante occasioni.

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    3. Grazie dell'abbraccio Pia, ricevuto! Sono d'accordo con te, si può essere madri in molti modi, tutti per me sono ugualmente degni

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  3. Mi è piaciuto molto il modo in cui hai voluto affrontare questo tema nel blog, leggere questa intervista a tre donne senza figli è stato interessante e ricco di stimoli per approfondire questo aspetto, grazie. Visto che anch'io faccio parte del "gruppo" non è chiaramente che non abbia mai pensato alle motivazioni della mia scelta che per me confinano anche con la casualità, ma è stato bello comunque ritrovarmi nelle parole tue e delle amiche. Me l'hanno chiesto in tanti come mai non ne avevo avuti e ogni volta mi sembrava quasi di dover giustificare il perchè...una cosa spiacevole, a una madre non le si chiede il contrario... Sono stata un'educatrice fino a due anni fa, nella mia vita ho lavorato con bambini e ragazzi dai tre ai diciotto anni e non so se sia stato per questa attività così appagante oppure per come sono io, ma questa mancanza non l'ho avvertita, mi sono sentita madre ugualmente. Ciao, buon fine settimana.

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    1. Ciao, Ninfa, grazie per il tuo commento prezioso. Come te, che hai lavorato nell'educazione per tanti anni, anch'io mi sento "appagata" nel mio bisogno di rappresentare qualcosa per qualcuno. Non faccio parte della schiera di donne che non hanno avuto figli per scelta, avrei accolto volentieri un figlio, quindi ho sempre ritenuto che in me ci fosse perlomeno il bisogno di essere qualcosa per un essere umano bisognoso. Il mio lavoro e la mia attività di maestro di laboratorio, quest'ultimo qualcosa di diverso, a volte di molto difficile da mandare avanti per tutte le implicazioni anche emotive che comporta, rispondono a questa mia inclinazione, quindi esattamente come te, non avverto questa mancanza. Grazie ancora.

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    2. Mi unisco ai ringraziamenti di Luz, Ninfa. Una donna può svolgere comunque una funzione materna come educatrice, anzi forse il fatto di non avere figli propri consente una maggiore presenza e dedizione in un certo ambito, come può essere quello di Luz nel teatro o in altri. Quello che invece colpisce è la “domanda” che viene fatta a una donna solo in quanto tale sul perché non ci siano figli, non mi pare che accada altrettanto per gli uomini, ma forse mi sbaglio.

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    3. Ciao Ninfa, abbiamo esperienze convergenti. Unn abbraccio

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    4. Grazie ancora a tutte e tre, è stato un piacere conoscervi. Un abbraccio!

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  4. Credo che una persona debba essere libera di seguire le proprie inclinazioni senza pressioni ambientali. Purtroppo la vita può anche togliere, quindi ci sono anche donne che i figli li avrebbero voluto ma non gli sono venuti. In quel caso posso citare mia zia, vissuta in tempi in cui una donna senza figli era compatita come se fosse menomata. Lei mise tutta se stessa nel lavoro (con molto più impegno del marito, in quanto mio zio era buono come il pane ma non era ambizioso, si accontentava di poco) e si prese cura di mio padre (che le era "solo" nipote) e gli ha creato una strada nella vita portando avanti il negozio che poi gli ha lasciato.

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    1. Anch'io ho un esempio simile. Una zia, sorella di mia madre, nubile e senza figli, che si votò totalmente a noi, otto nipoti, amandoci visceralmente. Fra i ricordi più belli fino alla mia prima giovinezza c'è lei, l'amatissima zia Teresa faro della famiglia con la sua disponibilità e generosità. Adesso è purtroppo affetta da demenza e praticamente è rimasto solo l'involucro del suo corpo, la sua progressiva malattia ce l'ha tolta e ne sentiamo moltissimo la mancanza. Se penso a lei, ho l'immagine perfetta della Madre.

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    2. Purtroppo in tempi più remoti le donne che avrebbero voluto avere dei figli e non li hanno avuti venivano trattate come povere disgraziate, per non parlare poi delle “zitelle”, se una donna non si sposava era una disgrazia perché la sola realizzazione poteva essere nella famiglia e soprattutto nei figli. Oggi questo atteggiamento è più mascherato, ma credo ci sia ancora.
      Ammetto che anch’io ho dedicato molte energie ai miei nipoti, i figli di mia sorella, per loro sono stata spesso un punto di riferimento soprattutto per il mondo del lavoro (in termini di consigli per lo meno)...

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  5. Non ho parlato di donne che desiderano figli che non arrivano dovuto a problemi, non è la mia esperienza. Conosco donne che vivono questa condizione come una grande sofferenza e le comprendo. Il desiderio di maternità, qualunque senso abbia, è così forte da fare molto male se non può essere soddisfatto. Giulia mi ha ricordato però una cosa che non vi ho raccontato: a me, scherzosamente per carità, mi hanno per molto tempo epitetato zitella. E non ho nemmeno il porro al naso!

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    1. Quello della zitella poi è un cliché abbastanza diffuso. Una donna DEVE avere un compagno/marito accanto, come puoi esistere senza, ma scherziamo? ah ah Ecco, almeno questa me la sono risparmiata, perché la mia storia di vita è cominciata a... 15 anni. :)

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  6. Luz, mi riferivo a situazioni tipo la scelta della Montalcini.

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  7. Quella di avere figli è sempre stata una possibilità che consideravo aperta, ma non avevo fretta di realizzare. Non mi piacevano particolarmente i bambini, perciò dubitavo un po' del mio senso materno. Lo stesso avevo la sensazione che sarebbe stata una bella esperienza, quando fosse arrivato il momento, e così è stato. Questo nonostante nessuno, ma proprio nessuno, mi mettesse sotto pressione in un senso o nell'altro. Credo che la mancata maternità non debba essere vista come una carenza dalla famiglia e dalla società. Ogni vita ha in sé la possibilità di fiorire, perché è integra e non mancante.

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    1. Grazie per la tua testimonianza. È vero, ogni vita ha in sé la possibilità di fiorire, perché è integra e non mancante. Mi piace molto questa definizione.

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    2. Non ricevere pressioni in un senso o nell’altro è senza dubbio positivo, in tal modo la scelta è del tutto libera.

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  8. Questo è un argomento che ormai sta a cuore e avete fatto bene a raccontarvi, perché i giudizi e i pregiudizi sono sempre dietro l’angolo e, purtroppo, ciò che manca sempre di più nella società moderna è l’empatia, la capacità di immedesimarsi nelle persone per cercare di capirle. Mi ricorda tanto una situazione analoga (non della stessa portata ovviamente) in cui mi trovo spesso io: a proposito del lavoro (che non ho), il solo fatto di essere madre laureata porta taluni a pensare che io sia infelice automaticamente perché vorrei lavorare ma sono rimasta ingabbiata nella prigione della casa. Vai a fare capire a queste persone che ho fatto una scelta di cui non mi sono mai pentita e che essere madre è per me stato il dono più bello che non mi ha mai fatto rimpiangere altro! Una cosa triste che noto è questo porsi, da una parte e dall’altra, dietro una barricata, come se si stia combattendo una battaglia ideale fra chi vanta più ragioni. Ho sempre considerato la libertà individuale un valore unico e inalienabile, dunque il volere essere madre o il non volerlo diventare rientra in questa libertà assoluta e io mi astengo da qualunque giudizio. Però, se devo essere sincera, mi viene spontaneo giudicare un atteggiamento ormai dilagante, verso cui nutro un profondo biasimo, quello per cui avere figli è diventato un peso da cui tenersi alla larga. È come un pregiudizio di ritorno: adesso si pubblicizza la bellezza di non avere prole perché ti impedirebbe di viaggiare, di vivere tutte le libertà che vuoi. Allora dico okay, se non vuoi figli sei liberissima di fare le tue scelte e se sei contenta perché così hai più tempo per te e non vivi tutte le preoccupazioni legate alla genitorialità, sono d’accordo: è vero, ti ritagli più spazi per te, ma non è triste (oltreché di cattivo gusto) promuovere i vantaggi di non avere figli mostrando una coppia etero su una barca, felice di godersi la vacanza che da genitori non potrebbero permettersi? Volevo una vostra opinione a riguardo.







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    1. È assolutamente come dici. Da una parte e dall'altra, la situazione dettata da una scelta è sacrosanta e va difesa contro "attacchi" di ogni tipo. Ed è vero che esiste il fronte opposto, quello di un'immagine di donna che sceglie di non essere madre e magari difende la propria immagine facendosene un vanto. Io credo che non ci sia niente da vantarsi né da una parte né dall'altra. Vantarsi di essere madre, come tutte le donne che per difendere la loro scelta criticano quella altrui ritenendola "contro natura", è una cosa in realtà tristissima e non poche volte ho assistito a questa vanteria. Per esempio, mi sono sentita dire "non c'è niente da fare, ti cambia la vita", con tono da vanto da parte di una donna e madre con cui camminavo un pomeriggio e con la quale mi imbattei in un'amica comune che aveva in quel momento avuto da pochissimo la sua bambina (neonata nel passeggino). Quella battuta fu una stoccata contro di me, che in quegli anni cominciavo a dire "probabilmente non è nel mio destino e non me ne faccio un cruccio". Lei invece difendeva strenuamente l'essere madre e pensò bene di esprimere quella battuta, alla quale risposti "te la cambia sì!". Non c'era bisogno certo che me lo dicesse lei. Te la cambia in tutti i modi, totalmente, non sono solo rose e fiori, era il sottotesto della mia risposta. Ma proprio io dovevo darle quella lezione di vita? Paradossalmente sì. Io che possedevo l'obiettività di potermi pensare anche non madre in via definitiva e non mi faceva paura alcuna. Mi sono sentita di difendere una mia posizione, di pormi in quella posizione. Ben triste.
      Comprendo come possa infastidirti l'immagine della donna che difende la sua vita da non madre calcando la mano sulla libertà, è fisiologico. Però è ben altro l'attacco dall'altra parte. Perché comunque, volente o nolente, l'accusa di essere donna a metà per non aver generato è una cosa incommensurabilmente più grave. Tocca un nervo scoperto, tocca una parte talmente intima del nostro essere donna, da essere insopportabile. E te lo dico da questa mia età ormai matura. Diciamo che col tempo mi sono sentita fare sempre meno certe illazioni, in proporzione a quanto, pure le madri conformate all'estremismo ideologico, mi hanno vista "vincente" da un punto di vista professionale e artistico. Questa immagine non restituiva niente di drammatico né di squallido, e quelle voci hanno taciuto sempre di più.

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    2. Credo sia importante non sbandierare come un trionfo il fatto di avere figli oppure il fatto di non averne e quindi “che bello sono libera di fare viaggi e cose così”, mi sembra peraltro un’assurdità perché la libertà di viaggiare o di godersi la vita puoi averla solo se hai una solida possibilità economica, in quel caso puoi avere anche dieci figli ma puoi permetterti l’aiuto di una tata o una baby sitter a tempo pieno.
      Mi arrabbio tutte le volte che qualcuno sbandiera il vantaggio di qualcosa “dal suo punto di vista”, ci sono situazioni che possono essere capite soltanto da chi le vive sulla propria pelle.
      Per il lavoro Marina hai fatto la scelta di non lavorare e hai fatto bene, hai una laurea e avevi la possibilità di lavorare volendo, ma hai scelto di dedicare il tuo tempo alla famiglia, sono sicura che molte madri invidiano la tua scelta perché magari loro non hanno modo di farlo per motivi vari. Io stessa, se potessi, manderei all’aria il lavoro, figli o non figli, ma vivo del mio stipendio e posso solo sognare di vincere la lotteria.

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    3. Sono con te cara Marina, madre felice. Il tema è il giudizio come dici ma anche l'egoismo. Le scelte suggerite da moti egoici sono a mio avviso pericolose: per sé e per gli altri. Ma spesso non ce ne si rende conto e si celebra la singletudine come una condizione di assenza di responsabilità, di pieno possesso di sé stesse, quando è il senso del possesso il vero problema. Ti abbraccio

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  9. Molto bello questo post con il dialogo a tre che ho letto con piacere.
    Vi chiedo pazienza perché il mio commento è un po' articolato.

    Faccio una breve premessa. Per quanto mi riguarda, come uomo che oggi ha 62 anni, questo post mi ha fatto ripensare a quando avevo fra i 30 ed i 35 anni (quindi fra il 1990 e il 1995) avevo riflettuto a fondo sul fatto di assumere il ruolo di padre e sono arrivato alla stessa considerazione che hai scritto tu Luz nella prima parte del post: ad un certo punto ho sentito dentro di me che non era il mio destino.

    Ma, allo stesso tempo, oltre alla mia ex moglie (con cui vivevo in quegli anni) e le altre donne con cui ho avuto delle relazioni (inclusa la mia attuale compagna che ho conosciuto quando poteva ancora avere figli) sono tutte donne che non volevano figli. Quindi la questione viene da lontano e oggi come oggi le nuove generazioni hanno questo retaggio oltre a tutti i problemi contingenti che esistono in Italia al momento.

    Il fatto è che la nostra società è peggiorata se esistono le problematiche citate in questo post. A livello pratico basta che i reazionari vincano le elezioni per cambiare le leggi dello stato, e lo vediamo con la scelta fatta di recente dalla Cassazione (se non sbaglio) che obbliga i comuni a non riconoscere più i figli delle coppie omosessuali. Quindi anche a chi vorrebbe non viene più riconosciuto un diritto che tutti i paesi Europei riconoscono (a parte Ungheria e Polonia come ben sappiamo).

    La libertà di scelta deve essere veramente libera soprattutto senza far pesare quelle che definisco "morali da quattro soldi" di coloro che alzano il dito accusatore contro le donne che non vogliono avere figli o che sono single per scelta (per fare solo alcuni esempi). Esistono dei veri e propri cliché che detesto: esseri belle e belli, sempre sorridenti, sempre ben vestiti, spesso e volentieri al supermarket a comprare, con lo smartphone ultima generazione, macchina scintillante...un mondo vuoto! Ciò che conta è dentro di noi, non fuori di noi o come gli altri vorrebbero o come una società vuole imporre in vari modi. Peggio ancora quando la questione degenera in ideologia politica.

    Molto bello il riquadro che hai postato con le parole di Lilli Gruber.
    Voglio fare una citazione che rischia di essere utopia:
    "Saremo liberi solo se tutti lo sono" donne e uomini aggiungo
    (F. Hegel)

    Un salutone a te e a tutti coloro che hanno partecipato
    a questo posto, grazie per lo spazio e alla prossima

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    1. Grazie per queste osservazioni in cui hai incluso il te stesso di quegli anni, le tue riflessioni al tempo e quello che poi la vita ti ha riservato. Anche essere padre può essere frutto di una riflessione sulla propria vita, ma per fortuna l'ideologia estremista non addita gli uomini quanto può farlo con le donne. Mi hai però fatto venire alla mente che proprio mio marito è stato oggetto di osservazioni maligne a riguardo. Sempre quel parente molto vicino a noi e con il quale per molto tempo abbiamo armonizzato, lo ha trattato come un menomato nel momento in cui il fratello di mio marito ha avuto il secondo figlio. La sua osservazione fu "e tu a questa notizia come ti sei sentito?". Mio marito è caduto letteralmente dalle nuvole, rispondendo che per lui era una gioia immensa, cos'altro poteva essere? Ecco, in quelle parole abbiamo letto il suggello di tutta la cattiveria possibile. Il disprezzo anche. E da questa tossicità devi correre lontano, a gambe levate. Aver eliminato certi personaggi dalla nostra vita ci ha donato il bene della serenità. Noi amiamo i nostri nipoti - io in particolare il figlio di mia sorella, del quale sono madrina orgogliosissima - e ci basta così. Amiamo i figli altrui, ci piacciono tutti i giovani di cui essere fieri, anche i figli degli amici amiamo, come fossimo zii di tutti. Forse proprio perché non abbiamo figli restiamo incantati dinanzi alla bellezza dei giovani, in particolare quando sono luci nel buio di questo presente così vuoto di valori.

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    2. È molto interessante sentire il parere di un uomo sul desiderio di paternità. In effetti anche gli uomini possono trovarsi nella condizione di desiderare un figlio ma non trovare la donna giusta che abbia il suo stesso desiderio. Per cui può accadere che “non sia destino” quello di avere dei figli. Come affermavo sopra, nel commento di risposta a Gus, i figli si fanno in due e dipende dall’incontro tra due anime che abbiano lo stesso desiderio. Tra l’altra l’Italia, nonostante il gran parlare al riguardo, “non è un paese per figli”, i giovani combattono troppo a lungo per avere un lavoro, spesso mal pagato anche se hanno lauree e master con il massimo dei voti, se manca la stabilità è difficile che si decida di mettere al mondo un figlio, salvo avere un supporto forte dalla propria famiglia, perché un figlio non solo lo metti al mondo ma poi lo devi crescere e non lo cresci solo con l’amore ma serve anche il “vile” denaro. Poi c’è la deriva reazionaria dell’Italia che colpisce coloro che invece i figli li hanno voluti e non si vedono riconoscere i propri diritti.

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    3. Mi piace sentire questa affinità con un uomo, anche se percepisco che la tua maturità sia non solo nell'età ma anche nell'anima, e non è poco. Come immagini non credo nel destino ma nelle scelte che compiamo per determinarlo. Così io ho compiuto una scelta, tu anche e come te le donne con cui sei stato fino ad ora. Mi piace molto l'estensione che hai dato della definizione di Hegel di libertà, tanto più che sono molto molto affezionata allo Hegel. Ma penso che sia importante per essere liberi e non libertari considerare la libertà degli altri. Molto spesso ci sono coppie che si raccontano una stessa storia ma che, in fondo, non la condividono. Grazie per il tuo commento

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  10. Riporto il commento lasciato da Giulia: "Sono un maschietto, ma non papà, manca un figlio a mia moglie e me, inutile negarlo, ma non viviamo affato depressi e orfani. E' qualcosa che può accadere e non ci sentiamo affatto incompleti, ci godiamo i nipoti e la vita costruita a nostra misura. Ogni altro rammarico sarebbe e rimpianto sarebbe una inutile mancanza di rispetto a quello che siamo, e alla bellezza che doniamo e che ci doniamo in due"
    Aggiungo che giustamente non c'è da vantarsi né da disperarsi. Sono situazioni di vita e con l'avanzare degli anni si acquisisce consapevolezza. Ci sono casi estremi, certo, chi non si arrende e chi finisce per odiare bimbi altrui, ma credo rientrino nell'ordine delle cose.. e di quel "destino" chiamato in causa a volte siamo artefici, il mio varicocele, ad esempio, è stato diagnosticato tardi e operato in ritardo, quindi non è che possa prendermela troppo col fato.. ;)

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    1. Grazie Franco, rispondo anche qui con quanto detto nel mio blog i figli sono un dono, un dono che può quindi arrivare, per questo non bisogna farsi travolgere dall’ossessione del volere un figlio a tutti i costi. In ogni caso se c’è l’amore tra due persone si può essere felici con o senza figli, perché anche la vita e l’amore sono un dono ed é bello apprezzarli. Giulia

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    2. "...ma non viviamo affatto depressi e orfani. E' qualcosa che può accadere e non ci sentiamo affatto incompleti, ci godiamo i nipoti e la vita costruita a nostra misura. Ogni altro rammarico sarebbe rimpianto e sarebbe una inutile mancanza di rispetto a quello che siamo, e alla bellezza che doniamo e che ci doniamo in due". Fra le parole più belle che abbia letto, che descrivono perfettamente anche il mio rapporto di una vita assieme alla mia metà. Grazie, Franco.

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  11. Io ieri avevo commentato, sarà per caso finito nello spam? Ad ogni modo, ci riprovo. Prima di tutto vi ringrazio per aver affrontato l'argomento, soprattutto in questi tempi, dove la narrazione maschilista e falsamente romantica, che vede uniti forzatamente i concetti di donna e madre, sta tornando di nuovo in auge. Io ho 36 anni, ho un compagno ma non sono madre semplicemente perché fino ad ora non ho sentito in me questo desiderio. Non escludo che accadrà, tutto può succedere, ma in ogni caso nella mia visione una donna non deve essere madre per sentirsi completa. Diciamo che questa è soprattutto una costruzione culturale, perché se è vero che le donne sono dotate di utero per concepire la vita, è anche vero che è stata la società a stabilire i ruoli di padre e madre. Non tutte le donne sentono questo desiderio, così come ci sono uomini con un lato molto materno. Secondo me ogni donna deve sentirsi libera di scegliere come vuole, la maternità è una scelta e la cosa più importante è che sia fatta per amore, per donare la vita e non per dare un senso alla propria, in quel caso stiamo parlando di egoismo più che di maternità. E non mancano donne che fanno scelte egoistiche, come fare un figlio per solitudine o per costringere il proprio compagno a sposarle, a volte sono condizionate dalla società, fanno un figlio per adeguarsi al modello sociale. Secondo me questi non sono buoni esempi. La maternità anche se è una scelta, alla fine ci può essere anche quando non hai figli tuoi. Ci sono madri che non hanno mai partorito e donne che hanno partorito che non saranno mai madri ( senza inoltrarci nelle storie violente), si può anche amare un figlio e non sentirsi madri. Insomma la natura umana è complessa, le visioni culturali e sociali vogliono ingabbiarci in preconcetti, in pregiudizi che non fanno altro che creare sofferenza.

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    1. Molto bello il tuo commento Caterina, una donna non deve necessariamente fare un figlio per sentirsi completa, è vero, ma la società ha un atteggiamento tale che sminuisce le donne senza figli. Poi è anche vero che ci sono madri che hanno partorito che non hanno nulla di materno (penso per esempio a quella donna che ha lasciato sola la bambina di 18 mesi facendola morire di stenti la scorsa estate) che dire, forse la società dovrebbe porsi non solo la questione delle madri che partoriscono ma anche quello di accogliere i bambini, perché diciamocelo - una volta nati - è tutto nelle mani di chi li ha generati compresi eventuali problemi.

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    2. C'è un amore più grande di quello materno? Questa è la domanda che sottende molte discussioni. Io penso di sì, l'ho sempre pensato. E per certi versi è più libero, perché riguarda tutte e tutti. Concordo, ma solo se siamo capaci di declinare questo amore per gli altri. In un mondo di solitudini egoiste io, come te, non ci voglio proprio stare

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  12. Caterina, ciao! Non ho trovato niente nello spam.
    Mi piace molto il tuo commento, perché amplia ulteriormente la visione d'insieme. La maternità è un concetto molto ampio, complesso, ritenerlo una condizione univoca, legata a obblighi e aspettative sociali è veramente fuori luogo. Essere madri è difficile. È un lavoro durissimo e non tutte sono in grado di affrontarlo. Dal mio punto di osservazione come insegnante, assisto da anni al fallimento di moltissime madri (a fronte di esempi virtuosi che ammiro moltissimo), e mi sento di condannare solo le donne affette da insano egoismo. Le madri che trascurano i propri figli, prese dalla loro vita al punto da metterli in secondo piano di continuo, le madri che non vogliono "sporcarsi le mani" nell'educare - che è un'impresa titanica - quelle che usano i propri figli contro l'ex marito (ho esempi agghiaccianti), quelle che fanno il pessimo lavoro di sostenerli in maniera sbagliata, anche quando commettono errori di grave maleducazione. Insomma, questa categoria è senz'altro condannabile. Poi ci sono madri che in tutta onestà dicono "sono stanchissima, non ce la faccio più a stargli dietro, ho i miei limiti" e io, ecco, verso queste madri non mi sento di puntare il dito, se dietro c'è un lavoro, se il prodotto del loro lavoro si vede. In particolare quelle donne che non hanno sostegno alcuno da parte dei loro compagni e mariti. Donne che in tutta solitudine devono inventarsi l'impossibile per offrire ai figli un perimetro sereno.
    Ne parlavo giusto ieri in sala prof con due colleghe che conosco da poco. Si sono raccontate con molta onestà, riconoscendo di aver commesso errori, di aver trascurato in momenti cruciali, di non essere perfette. Hanno detto di essere atterrite se i loro figli si annoiano. Eppure la noia, ho risposto loro, è una condizione umana. Devono andare anche incontro alla noia. Se il problema è riempire il loro tempo, perché non andare verso la creatività? Un discorso che può apparire banale, ma... fare puzzle 3D, cucinare insieme, costruire forme con il Das, fare lavoretti in casa, occuparsi insieme di qualcosa, fino a poco prima, fino a quando non vorranno fisiologicamente staccarsi dalla madre (e dal padre) sono cose che riempiono il loro tempo, senza gettarli dinanzi a smartphone e schermi tv. Mi sembra che a volte non si sappia davvero cosa fare, come essere.
    La maternità è uno stato di vita con mille sfaccettature, partorire un figlio non rende persone migliori. Esserlo deve scaturire da una scelta che investe anche e soprattutto il "dopo".

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    1. Hai centrato il punto, Luz. Partorire non rende migliori le donne. Tutto dipende da come si svolge il proprio ruolo di genitore, di educatore. Vedo tante ragazze, donne, concentrarsi esclusivamente sulla gravidanza, vivendo in maniera esasperata, a mio avviso, l'aspetto romantico dell'evento. Sono focalizzate sulla procreazione, più che sulla crescita del bambino. Ho sentito dire alle donne cose tremendamente egoistiche, tipo che a loro mancava la gravidanza perché il bambino non era più dentro di loro, soffrire tremendamente per lo svezzamento, il non accettare che il bambino si stacca dal seno, ho sentito donne che avevano partorito con cesareo, perché il bambino non sarebbe potuto nascere, dirmi di non essere veramente soddisfatte perché non avevano provato i dolori del parto. Io non mi permetto di giudicarle, per carità, ma vedo che sono molte le donne che seguono questa narrazione.Sono concentrate sull'aspetto della procreazione, del possesso del bambino. Poi sono le stesse, o quasi, che mettono un cellulare tra le mani dei loro figli per non sentirli piangere. Manca il lavoro sull'educazione. Molti insegnanti mi hanno detto che gli alunni di oggi non hanno educazione e che devono anche fare il ruolo dei genitori per formare i bambini e spesso restano indietro con i programmi. Questo non fa che confermare che la maternità noi coincide con il partorire e come diceva mia nonna, i figli non sono di chi li fa ma di chi li cresce.

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  13. Ho letto con molta attenzione e interesse il tuo post Luz e tutti i relativi commenti e mi trovo in perfetta sintonia con Marina quando dice che oggi manchiamo di empatia,quella umile capacità di calarsi nei panni dell'altra in questo preciso caso.Spesso noto che non è possibile un confronto garbato ed educato nonché civile, nemmeno in questi spazi virtuali tra donne soprattutto quando ci si erge a giudici supremi e intoccabili quando si scende nel personale e nel vissuto di ognuna di noi ,con la sfacciataggine di dire e ridire e ribadire verità che non si conoscono affatto verso stesse donne ,dimenticando di essere figlie generate in primis e venute TUTTE alla luce,la stessa luce da poter consapevolmente far porre questa domanda :mi sento di accogliere si o no questo dono?Rispetto per il si e rispetto per il no! Ovviamente ogni caso poi è a se ,nel senso che si esiste eccome anche una realtà dove non si riesce ad avere un figlio per cause indipendenti dalla nostra volontà,ma non deve essere né condannabile né vissuto come tale,ed è interessante aver letto chi qui possa essere anche di buon esempio, trasportando l'amore che si ha dentro in modo gratuito e altruisticoSi tratta di "empatia" verso altre donne .. Facile poi dire "io non giudico "quando lo si è fatto già a priori senza rendersene conto perché la maternità ha un filo conduttore tra processi - chimici psicologici - fisici e soprattutto di
    di Amore che Nessuno deve confondere o distorcere da altro,ricadendo in quel modo squallido che ci rende inequivocabilmente migliori o peggio giudici di una parte esteriore che non tange minimamente con quella interiore di ognuna di noi. Ho conosciuto donne che hanno scelto il cesareo per il timore di non riuscire a sopportare i dolori di un parto naturale e ospedali che speculano su queste fragilità femminili,ho conosciuto donne che con dolori atroci sono riuscite a partorire in modo naturale sapendo e accettando che quella sofferenza facesse parte di un processo fisiologico e naturale,vogliamo farne una colpa a queste ultime?Ma scherziamo!.Possiamo definirle libere scelte?L'allattamento al seno è una fase delicatissima uno scambio nutrizionale e di amore tra bambino e madre che non può e non deve essere messo sotto processo o catalogato come forma di possesso o egoismo da parte di altre donne.Luz perdonami se mi ripeto ma ho davvero molto apprezzato questo scritto e le vostre interazioni,mi premeva lasciare un punto di vista mio interiore più che esteriore.Grazie e auguro a tutti buona domenica di Pasqua .

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    1. Grazie per il tuo apprezzamento e per questo commento articolato. Fra i casi che citi, ogni volta resto molto stupita del giudizio che si abbatte sulle madri che non riescono o non desiderano protrarre l'allattamento oltre i canonici tre mesi. Così come resto basita dinanzi alle feroci critiche nei riguardi di chi viene giudicata perché preda di depressione o senso di angoscia dopo il parto. È davvero cattiveria pura infilarsi nell'intimo di chi si sta vivendo sulla propria pelle un'esperienza così forte. Questo "pensiero unico" è agghiacciante. Ogni donna, anche madre, ha il sacrosanto diritto di viversi la propria maternità senza vestire un abito o essere per forza quello che non si è in natura.

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  14. Da uomo, spesso, cerco di riflettere sulle tematiche femminili, a me sfuggenti, e mi piace molto ascoltare le donne in silenzio, capire, interpretare.
    Grazie a tutt'e tre per questa splendida conversazione sulla maternità.

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    1. Tu, Marco, con la tua gentilezza d'animo rappresenti quello che dovrebbe essere. Mettersi in ascolto, senza giudizio, senza additare niente e nessuno. Grazie.

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  15. Mi è piaciuto moltissimo questo confronto a tre su un tema “da maneggiare con cura” come la maternità. Da ragazza avevo sempre pensato che non mi sarei sposata e non avrei avuto figli, perché nessuno mi avrebbe voluta: la mia autostima era talmente bassa da pensarla così.
    La maternità è un dato biologico, ma è anche e soprattutto un dato culturale, nel senso che da sempre alla donna si fa molta pressione sia perché si sposi (ed ecco comparire la classica "zitella" di un tempo, termine dispregiativo per fortuna oggi abbandonato) sia perché metta al mondo dei figli, e se ne occupi dal momento della loro nascita fino alla morte propria. Il punto è che alla donna si associa sempre il concetto di sacrificio di sé, quindi se non sono i figli a entrare in gioco sarà qualche altra cosa di cui la donna, in quanto tale, si deve per forza occupare: il genitore anziano, il parente che vive da solo, la suocera e via discorrendo. Non c'è nessun tipo di equilibrio tra la realizzazione di sé e la famiglia, la donna sembra comunque sempre la vittima sull'altare sacrificale: deve annullarsi in toto e mettere a disposizione fino all’ultimo minuto del proprio tempo in favore degli altri.
    Peraltro anche chi si sposa e ha figli, come nel mio caso in cui ne ho avuto uno, non è finita! Mi chiedevano: “Quando fai il secondo?” come se tu, comunque, non avessi fatto abbastanza e la condizione di figlio unico cui destini il tuo solo virgulto sia triste e deprimente. Insomma, la donna sembra essere sempre dalla parte del torto se non risponde al ruolo confezionato per lei dalla società.
    Io ho tante amiche, sposate o meno, che non hanno figli, e sono persone a tutto tondo, che hanno moltissimi interessi e sono aperte al mondo che le circonda, tramite la professione o semplicemente per la loro curiosità intellettuale o la loro bontà d’animo. Non mi sono mai sognata di giudicarle mancanti di qualcosa solo perché non hanno figli, lo trovo profondamente ingiusto.

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    1. Grazie del bellissimo commento Cristina, è vero la donna è sempre in qualche modo colpevolizzata, deve sposarsi, fare figli, meglio se più di uno perché sennò il figlio unico si sente solo. Viene caricato tutto sulle spalle della donna, come se la donna potesse fare queste scelte da sola, invece c’è un insieme di situazioni che vanno considerate, come l’incontro con la persona giusta con cui creare una famiglia, oltre anche alla situazione economica e al mercato del lavoro oggi sempre più precario

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    2. Cristina, anche da parte mia il mio grazie per il prezioso commento. Accidenti se è vero. La donna deve immolarsi sull'altare sacrificale dell'altro da sé. Marito, figlio, accudimento di un genitore. Se non risponde a questo standard, in moltissimi casi viene tacciata di egoismo, mancanza di sensibilità, ecc. Ma la cosa realmente assurda è la stratificazione: come tu scrivi, se hai un figlio, avranno la sfacciataggine di vederti comunque incompleta perché hai generato una sola volta e tuo figlio è destinato alla solitudine. Per non dire di chi è madre una o più volte e manifesta la propria stanchezza, si prende il sacrosanto diritto di parlarne. Allora le si fanno esempi di un tempo... eh, oggi vi lamentate tutte. Osceno, una cosa davvero ignobile. Forse è una delle poche cose che riesce a indignarmi davvero. Perché non c'è sfumatura di giustificazione possibile. È una subcultura infame e miserabile.

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    3. Aggiungerei a quanto detto sopra che alla donna compete anche la cura dei nipotini, il va sans dire. Per luogo comune è impensabile che una donna non si occupi anche di questo, e a tempo pieno! Peccato che proprio quando una persona avrebbe diritto a riposarsi, entrino in gioco questi altri obblighi: curare i nipoti è un atto d'amore, ma anche un impegno e una responsabilità. Ricordo che molti anni fa vi fu una nonna che, dopo aver lavorato tutta la vita, disse che non voleva occuparsi della nipote h24 perché voleva finalmente essere libera di fare dei viaggi. Apriti cielo! Fu tacciata di essere un mostro di egoismo e di mettere la famiglia in difficoltà perché in questo modo avrebbero dovuto pagare una baby sitter.
      Per combinazione ho appena pubblicato la terza parte degli articoli su Virginia Woolf con il concetto di avere "una stanza tutta per sé" da difendere con le unghie e con i denti.

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    4. Affrancarsi dal ruolo di fattrice comporta anche l'affrancarsi da una serie di costrizioni (o sensi di colpa, come giustamente hai segnalato) che riguardano le donne. Per me ogni scelta ha un senso oltre che per la mia dimensione personale anche per quella politica. Dunque il tema che hai toccato, il lavoro di cura e la scorretta distribuzione dei compiti di accudimento familiare oggi imperante, mi rende una donna attenta e sensibile a tutti quei percorsi che sono tesi a spezzare le convenzioni e le convinzioni per cui le donne siano solo e soltanto una cosa. Quella che fa meno paura.

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