giovedì 24 novembre 2022

Il caffè di Luz e Marina: i sette vizi capitali... l'accidia



LUZ   Cara Marina, eccoci giunti all'ultima tappa di questa lunga disamina dei Sette vizi capitali: l'accidia. Prima però dimmi cosa gusteremo durante la nostra chiacchierata. :)

MARINA  Il settimo e ultimo vizio capitale! Che dire, è quello meno “peccaminoso”? Qualcuno lo reputa il peggiore dei sette; noi lo semplifichiamo pensando all’atteggiamento indolente di chi non ha voglia di “agire” in nessun modo e in nessun senso, ma è qualcosa di molto più profondo della pigrizia (che credo non risparmi nessuno). Che ne pensi tu? Cos’è esattamente l’accidia? Siamo tutti “peccatori?”
Intanto lasciamoci viziare da questi tartufi al cioccolato.

LUZ    Forse di questo vizio c'è una versione "soft" e una che è di fatto grave. Analizziamole entrambe una per volta. Per quanto riguarda la prima versione, io per esempio mi reputo pigra. O meglio, potrei avere giornate in cui mi sento addosso l'argento vivo e altre in cui davvero non ho voglia di fare nulla. La mia voglia di fare è nel mio caso legata all'entusiasmo. In questo sono molto umorale. Se ne ho voglia e sento dentro di me una "passione", allora potrei smuovere le montagne. Se devo, ma senza sentire alcuna spinta, allora mi trascino con scarsa volontà. Ho il brutto vizio di procrastinare, poi. Sono l'esatto opposto rispetto alla dolce metà. Lui è legato all'oggi, cerca di fare più cose possibili nel tempo che gli è dato in giornata, io invece se so che è rimandabile... rimando. Ci sono pomeriggi, domeniche anche, di una pigrizia assoluta. La mia scrivania a periodi è un campo di battaglia - e io detesto il disordine! Poi ci sono periodi in cui, gambe in spalla, compio vere e proprie missioni che vanno oltre l'umano. Per esempio, a fine agosto ho letteralmente svuotato, pulito e ricomposto due armadi, selezionando pezzo a pezzo. Mi ha cambiato la vita. XD 
Dimmi tu adesso come sei messa quanto a pigrizia quotidiana. :)

MARINA  Ti dirò, non mi reputo pigra, anzi la pigrizia mi innervosisce: sapere che ho del tempo a disposizione e non volerlo riempire in modo costruttivo mi agita. Dunque, quando il momento  mi suggerisce di non fare niente, mi forzo e trasformo quel “niente” in qualcosa, anche piccola, purché mi porti a “fare”. Voglio dire che la tentazione all’indolenza esiste, soprattutto la domenica, sì,  un classico, quando va tutto al rallentatore e ti viene di assecondare quella linea fiacca: è proprio in questi momenti che mi pongo uno obiettivo da conseguire, un’attività anche poco impegnativa che mi faccia muovere, anche solo mentalmente: progettare un “lavoretto” manuale, pensare a un dolce da fare cercando la ricetta adatta, persino scegliere uno smalto da mettere sulle unghie, per dire. Non sopporto di rimanere inerte, buttata sul divano (se non per leggere) o, peggio, davanti alla (pessima) tv. Tra parentesi, mi avvicino più al modus agendi di tuo marito in fatto di procrastinabilità 😁
Tutto sommato questa pigrizia, perfettamente umana, è perdonabile. In cosa questo atteggiamento diventa “peccato”? e quando possiamo dargli l’eccezione di “accidia”, che già nel suono della parola porta in sé un sentore di negatività?

LUZ   Secondo me nella sua accezione più negativa l'accidia coincide con l'indifferenza. La mancanza di spinta ad agire a fin di bene. Il lasciarsi scivolare addosso tutto, comprese problematiche che investono l'uomo, magari l'ambiente, aspetti di questo genere. L'accidioso me lo immagino come uno di quei misantropi senza contatto umano, egoisti e molto lontani dalla solidarietà, dalla compassione. Se elimino l'aspetto della pigrizia e della noia, l'accidioso come misantropo è un tipo umano di cui ho un altissimo esempio in un mio vicino. Ha dimostrato molte volte assoluta mancanza di solidarietà, di comprensione, resta del tutto indifferente alle problematiche altrui, della sua vicina testarda in primis. Impossibile un confronto ragionevole. La sua indifferenza lo investe in toto, non gli permette di guardare al di là dei propri interessi. Uno che potremmo classificare come "brutta persona", hai presente? Io lo rispetto a prescindere perché è molto anziano, ma resta una persona con cui non si può neppure trattare. Andando oltre il perimetro personale, direi che l'accidioso per eccellenza è colui che dinanzi alle grandi piaghe registrate dalla Storia si è voltato dall'altra parte. Non ha deciso di muovere nulla di sé a vantaggio altrui. È rimasto nel caldo della propria bolla. C'è anche una versione romantica dell'accidioso, il protagonista di Delitto e Castigo penso parta da accidioso per inventarsi un modo di agire da criminale per modificare una realtà impossibile da cambiare. 
Quando è negativa secondo te? 



MARINA  Recentemente ho letto Oblomov di Gončarov e anche lì abbiamo un grande esempio letterario di accidia, ma quella è un’accidia che fa male più a se stessi, come dici tu, il pessimo modus vivendi di chi si fa scivolare tutto addosso e si perde le più belle occasioni della vita. L’accidia negativa è un disagio esistenziale che, nel Cristianesimo, diventa indifferenza verso Dio (per questo è considerato un vizio capitale), è un non occuparsi del bene per noia e anche disprezzo verso tutto ciò che è spirituale. Non a caso gli accidiosi, spesso, sono atei o sono persone in cui la fede è debole. Tolto il carattere religioso, l’accidia diventa un vuoto interiore, che, quando incolmabile, sfocia nella depressione, un male molto moderno, direi. Nella società odierna mi sembra di riscontrare questo stato in molti giovani, attratti dal nulla, apatici, con scarso slancio verso il futuro (ne abbiamo parlato anche in altre occasioni). Ti è mai capitato di verificare questo atteggiamento a scuola, tu che sei a contatto con il mondo giovanile quotidianamente? Saresti in grado di dare consigli utili a riguardo?

LUZ  Ne hai descritto perfettamente tutte le accezioni. Riguardo alla tua domanda, se do al termine una definizione di apatia grave, mi è capitato un caso del genere. Per apatia grave intendo un disinteresse pressoché totale verso tutte le attività, una partecipazione minima se non nulla, e allo stesso tempo una tristezza profonda, quasi una forma di depressione evidenziata in sonnolenza e malumore. Si tratta di un caso limite, verso cui abbiamo usato il massimo tatto, ma in questo come in diversi altri casi in tanti anni di insegnamento si nota uno scarso aiuto da parte dei genitori. C'è come uno scollamento fra l'alunno e il ragazzo fuori dalle mura scolastiche, una demotivazione grave. Quando i genitori si schierano su un fronte di mancata collaborazione, in questi casi preferiscono parlare di un figlio troppo dotato e pertanto annoiato, mi è capitato anche di sentire un abominio di questo tipo. Ed è grave perché il ragazzo è dunque solo, non si muove in un perimetro di aiuto incrociato fra gli "attori" in questa comunità educante. C'è un'interferenza che non permette soluzioni, anzi favorisce il fallimento. Non so quale strada abbiano preso gli alunni che sono stati così fra i 13 e i 14 anni, posso solo augurarmi che qualcosa sia arrivato di buono per loro, che si siano salvati. 
Io invece ti chiedo, cosa ne pensi dell'accidia come resa totale? Quando si tratta di abbattimento e mancanza di stimoli, pensi che ci sia un dovere verso l'azione? 

MARINA  Sì, ne sono fermamente convinta, anche se mi rendo conto che non sempre sia facile, a tutti i livelli, sociale, scolastico, familiare. Anch’io ho un esempio di resa totale: ho un’amica giù a Caltanissetta che ha un figlio che soffre di questa nuova malattia di derivazione giapponese che si chiama Hikikomori (conosci?): è la sindrome “accidiosa” di chi si isola dal mondo, escludendo se stesso dalla vita sociale. Questo ragazzo, dell’età di mio figlio (ventun’anni), è totalmente privo di stimoli, si lascia vivere, non si fa coinvolgere in nessuna iniziativa, ha pure smesso di studiare, perché anche quello è divenuto un peso per lui. È una situazione disperante per la madre (il padre sembra non accorgersi di nulla!) e raccogliere i suoi sfoghi è una gran pena per me. Se parli del “dovere verso l’azione” di chi è vittima di un tale stato, penso che sia comunque necessario l’intervento di qualcuno in grado di indurre la persona apatica a considerare proprio come un “dovere” (verso se stessi, verso il prossimo) il riaversi per essere operativa e propositiva e ciò mi porta a credere che, a sua volta, anche chi “osserva” dal di fuori questo fenomeno abbia un dovere (se non altro morale) di agire affinché certi casi estremi siano recuperabili. Per me questa deriva, che stiamo collegando all’accidia, ha un riflesso fortemente negativo nella società. Tu la trovi pericolosa alla stessa maniera o, nel confronto, con gli altri “vizi” già trattati, pensi che l’accidia sia meno “peccaminosa”?

LUZ   Conosco bene quella sindrome, è terribile. Ne è affetta la figlia di una mia conoscente e al momento la cosa non si è ancora risolta. È come se questi giovani fossero chiusi in una bolla e uscirne è per loro impossibile. Possiamo solo immaginare come la fase di lockdown abbia aggravato certe situazioni. Penso che l'accidia, in fondo, sia un vizio che più degli altri si presta a più interpretazioni. Possiamo concepirla proprio lungo una gradazione molto ampia, il che mi pare sia emerso dal nostro caffè. Sta a noi collocarla entro un orizzonte di vizio "irrecuperabile" o se in effetti è il solo dal quale si può emergere. Forse nella sua scala più tenue di gradienti, è un vizio "superabile", ma resto dell'idea che gli accidiosi a livelli gravi, quelli in malafede, difficilmente possano cambiare, prendere atto. E allora l'accidia diventa un vizio come i precedenti. 
In questa lunga maratona, iniziata nell'ormai lontano 22 settembre 2021, abbiamo fatto una disamina divertente ma anche seria di questi vizi, abbiamo avuto occasione di fare una riflessione a due e lasciami dire che è stato bellissimo. Confrontarsi con te è sempre bello, gratificante e importante. Dunque grazie, cara Marina, perché questo "viaggio" resta fra le cose più preziose di questo blog. Al prossimo caffè, alla prossima avventura! 

Potete trovare la nostra lunga maratona a questo tag:

La parola ai nostri lettori: cosa pensate di questo vizio?

28 commenti:

  1. Sono d’accordo, è stato bellissimo. Grazie a te per queste splendide occasioni di chiacchiera. Mi dispiace solo chiudere in “anonimato” 😁, ma vabbè, ci sono sempre e ci sarò ancora. Alla prossima!

    Marina

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    1. Risolveremo questo problema, ce lo siamo promesse. Alla prossima, cara compagna di deliziosi caffè!

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    2. Marina, ho visto che non c’è il link a questo post sul tuo blog e commenti come anonima, hai problemi con il blog? Facci sapere 😀

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    3. Assolutamente sì, Giulia, ho problemi di identità :) però ho potuto pubblicare il post di collegamento nel mio blog solo oggi.

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  2. Certamente è un vizio in cui talvolta (solo talvolta per fortuna) indulgo.
    Da un punto di vista teologico se rammento bene viene considerato come una sorta di noia esistenziale, una persona che non apprezza nulla della vita, che si astiene dalle maggior parte delle azioni ritenendole sostanzialmente inutili. Una specie di rassegnato fatalismo che va anche al di là della semplice "indifferenza" nell'accezione di Gramsci, che si riferiva a quelle persone che accettano passivamente gli eventi ma magari continuano a lavorare, andare al bar, godersi la vita nel loro piccolo, salvo poi accorgersi che "l'indifferenza" verso certe situazioni ha poi causato delle conseguenze irreparabili che influenzeranno le loro vite (trovarsi con una dittatura, limitazioni della libertà, guerra, etc.)
    Quindi credo che l'accidia in senso religioso coincida effettivamente con una sorta di depressione come avete giudicato anche voi, uno stato d'animo tale in cui l'ozio non viene percepito come un piacere ma solo come un noioso "non-fare", scelto solo perché meno complesso di qualunque altro "fare" che però appare inutile e ugualmente noioso. Un caso clinico insomma.
    Certamente è bruttissimo esserne affetti.

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    1. Su uno scaffale della mia libreria c'è proprio quel piccolo libro di Gramsci: Odio gli indifferenti. Nel quale però non sono ancora entrata "a dovere", perché andrebbe studiato e valorizzato.
      A proposito dell'ozio, mentre in epoca latina si sosteneva un otium salvifico dalle pressioni esterne, poi in epoche successive l'inerzia è stata condannata, in particolare proprio dalla chiesa, sia cattolica che protestante, perché l'ozio non coincide col riposo ma proprio con lo scegliere di non essere operosi e accettare che le cose restino quelle che sono. Ci sarebbero da approfondire i tanti aspetti connessi con questo modo di concepire il non-agire.

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    2. Dal punto di vista religioso-cristiano l'accidia è un rimanere indifferenti e passivi riguardo al bene, il catechismo lo definisce proprio come un peccato contro l'amore di Dio, dunque l'accidioso è colui che respinge il bene divino, rifiuta ogni cosa che venga da Lui, come dicevo a Luana. Questo è il vero peccato capitale, perché poi diventa un vizio comune a molti, se lo consideriamo nel suo semplice significato di pigrizia. Mi piace l'accezione che ne da Gramsci.

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  3. Commento veloce (devo ancora leggere tutto). Dal post di Marina su Facebook per caso ho scoperto che era uscito questo vostro articolo. Arrivo qui e scopro di avere in arretrato 4 post di cui non ho ricevuto alcuna notifica. E poi ho capito: la tua vecchia newsletter non funziona più. Mi sono anche iscritta ai Lettori fissi, ma non arriva niente. Come è successo per altri su blogspot, credo vada abilitato un altro servizio/plugin. Ho visto che per la maggiore funziona follow.it
    Scappo, ma poi torno ;)

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    1. Sto cercando di capire, ma non sono venuta a capo di nulla. Considera che pubblico più o meno una volta a settimana. :)

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  4. Rieccomi. Caspita, avevo letto tempo fa un articolo sul fenomeno "Hikikomori", come ci fossero anche giovani giapponesi chiusi letteralmente in casa (e da loro le case in città sono anche piccolissime in confronto alle nostre in Italia, meno di un monolocale), con questa forma di depressione verso tutto e tutti. Il loro unico contatto col mondo è la rete, ma anche da quella a volte si isolano. Non pensavo avessimo dei casi anche in Italia. In effetti mentre leggevo cercavo di ricordare chi tra i miei conoscenti potrebbe rientrare nella categoria dell'accidioso, ma no, non lo trovo un vero indifferente. Anche il più apatico, ha comunque i suoi hobby e le sue passioni, diverse dalla mie, ma comunque qualcosa che lo tiene "vivo". La pigrizia del fine settimana non la contemplo, è inversamente proporzionale alla rottura di bipbipbip al lavoro in settimana... :D :D :D
    Infatti in questo periodo sto collezionando record di piani di scale in un giorno (ufficio al quinto piano e detesto l'ascensore), ma i miei post sul blog e tutti gli altri progetti sono rallentati...

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    1. Purtroppo sì, i casi di "hikikomori" in Italia esistono e sono in crescita. Il periodo del lockdown e quello successivo, durato quasi due anni (ricordo che abbiamo cominciato ad allentare in maniera significativa le misure solo fra marzo e aprile di quest'anno), ha causato il fenomeno in molti giovani e lo ha inasprito in tanti che già lo vivevano. L'inerzia di questa patologia purtroppo non è semplicemente accidia ma mancanza di capacità di reagire. Parrebbe una posizione sulla quale i tanti che ne sono affetti si arroccano ma studi specifici hanno appurato che non dipende dalla volontà, qualcosa nel cerebro di questo giovani si interrompe e altro va in corto circuito. È una piaga terribile, posso solo immaginare il dramma delle famiglie.

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    2. Una piaga sociale, ma un dramma per le famiglie, soprattutto quelle che non capiscono a fondo il problema e trascurano di prendere provvedimenti. Conosco genitori che sono più "accidiosi" dei figli in stato di hikikomori. Parlavo della mia amica, che mi racconta di questo figlio che vive la sua totale inerzia come normalità e il padre che vive con lui (sono separati) che lo asseconda perché la separazione lo ha traumatizzato al punto da "usare" i figli come scusa per darsi ragione. Sono entrata in un altro campo, ma solo per dire che le cause di certe condizioni esistono e se esistono delle cause si può ben agire su di esse per eliminarne o quantomeno arginarne le conseguenze.

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  5. Credo che l’accidia dannosa sia quella del “disfattista” che denigra qualsiasi soluzione tu possa proporgli e ricevi risposte del tipo: “tanto non serve a niente, non cambierà mai niente” e cose del genere. È un alibi comodo che legittima a non impegnarsi per cambiare le cose che non vanno.
    Poi ognuno di noi può essere preso da una sorta di pigrizia che può fare anche bene, io per esempio dopo periodi di superlavoro mi regalo un giorno di relax totale, senza far niente (anche se poi qualcosa faccio sempre ma scelgo qualcosa di leggero...).
    Comunque tornando all’accidia, non so se c’entra molto ma ieri mi è capitato di vedere la replica di Report, era un servizio sulla Pizza napoletana, un servizio di qualche anno fa aveva criticato il fatto di usare sempre le stesse farine, da quel momento molti pizzaioli hanno “studiato” e hanno provato nuove farine arrivando a fare delle pizze molto più digeribili. Molti pizzaioli napoletani hanno aperto diverse pizzerie in Italia e nel mondo con le nuove ricette e quindi da quel momento di critica è nato un cambiamento importante con una crescita notevole. Si pensa a Napoli sempre con un pregiudizio invece hanno fatto un salto di qualità. Questo è quello che io considero l’antitesi dell’accidia.

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    1. L'atteggiamento di cui parli è tipico del territorio a sud da cui provengo. Il paesino che si affaccia sul mare, trascurato e con mille problemi, non ultimo l'inquinamento delle acque della costiera, governato da incapaci e indifferenti ma... il peggio è l'atteggiamento della popolazione. "E che ci possiamo fare?", facendo spallucce. L'inerzia, il voltarsi dall'altra parte, il restare immobili, mentre le generazioni precedenti fecero ben altro. È stata la rovina di tutto. Ogni volta che torno è una pena guardare alle strade rotte, lo stadio abbandonato, la fatiscenza di palazzi che richiederebbero manutenzione e decoro. Sì, mi hai riportato alla mente una grave forma di accidia.

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    2. Aggiungo alla realtà del tuo paese, Luana, quella di Caltanissetta, ridotta al nulla proprio per questo atteggiamento lassista e disfattista dei suoi abitanti, anche se molti si tirano indietro e non propongono semplicemente per il fatto che nessuno li sta a sentire. Da noi sono battaglie perse in partenza e tutto ciò che funziona finisce per fallire.
      La pigrizia ci sta, Giulia, e certe volte ci vuole: è una pausa, come dici tu, dalla stanchezza accumulata nel lavoro, ma impigrirsi, invece, può essere deleterio, se questo comporta il lasciare che tutto accada, senza offrire un contributo attivo. Le belle iniziative vanno premiate e premiano: grandi, i pizzaioli napoletani!

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  6. Non penso che l'accidia sia in tutti i casi un vizio, magari è il frutto di una scelta. Forse accidiosi e apatici si diventa per eccesso di sensibilità, per mancanza di disponibilità a competere, a farsi largo costi quel che costi. Ho incontrato nella mia vita diversi Oblomov.

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    1. Probabilmente fra i vizi è quello che sappiamo meno identificare come tale. Un vizio va e viene, fluttua, l'accidia è uno stato permanente. Grazie per questa riflessione.

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    2. Il vizio si manifesta quando l'atteggiamento accidioso ha delle ripercussioni su persone, situazioni o altro. Puoi fare male a te stesso, ma il malessere può riflettersi nel mondo che ti circonda, famiglia, amici, nella società e allora diventa davvero problematico. Io non lo considero il peggiore fra i peccati capitali, ma ho letto le opinioni di chi, invece, lo considera tale.

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  7. Ma davvero siamo alla fine? E finiamo alla grande direi, con l'accidia. Come vorrei ammalarmi di questo vizio, almeno un po' di giorni al mese! Apatia, incapacità o mancanza di volontà di muoversi... capisco Marina che ci spinge a reagire. Mi vengono in mente i ragazzi (che Luz conosce bene) durante la pandemia. Come si combatte, dal punto di vista sociale, l'accidia? Coinvolgendo di più le persone in ciò che sono chiamate a fare. Altra cosa è la pigrizia. Ma non ne farei una questione morale. Ps: Marina non ho visto il post da te sull'accidia, non so se è sparito. Ti ricordo che ogni vizio ha il suo dolcetto e io sto aspettando quello accidioso!!! Ciao a entrambe, kiz

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    1. Eh, Elena, sono stata fuori sede e soltanto oggi ho pubblicato il post nel mio blog. Corri a vedere come puoi confortarti nei momenti di pigrizia! :D
      Vero, la pandemia è stata una bella mazzata per chi, già, soffriva di problemi di socialità; è stata una mazzata per tutti: il recupero sarà lento, molto più complicato per queste persone. Per il resto, i momenti di ozio ci sono, ma se non sono patologici, sono tutto sommato ben graditi. :)

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    2. Anche a me capita di pensare, al culmine della stanchezza, vorrei potermi regalare giorni di fannulloneria (esiste?) assoluta. Proprio stamattina mi dicevo, fra i milioni di passaggi che replico ogni mattina per prepararmi e uscire "sì sì, hai tutta questa energia come al solito fino alle feste di Natale, poi fra gennaio e febbraio cominci a calare, poi da marzo anche solo spegnere la sveglia è faticoso". Noi insegnanti arriviamo a fine anno sfatti proprio (almeno quelli che lavorano, eh eh) ma poi pensi che questa fatica è meglio del non fare nulla. Io anzi sto pensando a tante nuove cose, ne scriverò sul blog.

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  8. Purtroppo capisco bene la sindrome del ventunenne. L'ho avuta anch'io e non sapevo minimamente come venirne fuori.
    Per quanto riguarda il vicino misantropo, capisco anche lui. Io sono un po' meno anziano, ma non ho mai sopportato la solidarietà "sbandierata". Credo molto più nei piccoli gesti.

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    1. Sì, ma anch'io non amo la solidarietà sbandierata, ci può stare. Qui mi riferivo proprio a mancanza totale di disponibilità a capire, anzi assurde pretese precedentemente mai avanzate verso il vecchio proprietario (che era suo amico e sodale, generazione affine). Volontà di ferire, indisponibilità all'ascolto, egoismo inoppugnabile. Poveri noi!

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    2. Quindi cattiveria anche nelle piccole cose. Sì, capisco. Io mi riferivo in verità alle accuse di insensibilità o di egoismo che ho ricevuto perché non credo nelle manifestazioni di piazza, o meglio nella solidarietà che viene gridata nelle manifestazioni di piazza. (Più nello specifico, non credo che i governi si occuperanno maggiormente di ecologia perché degli studenti saltano scuola qualche venerdì.)

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    3. Pure io, Marco, non amo le manifestazioni di piazza. Fanno solo folclore, perchè poi concretamente non smuovono nulla (come gli scioperi, che creano solo disagi senza arrivare a niente)

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    4. Ho dimenticato di firmare: il commento sopra è mio. Marina

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  9. Arrivo soltanto ora a commentare l'ultimo articolo sulla carrellata dei vizi, dedicata all'accidia. Proprio ieri ero a teatro a vedere l'immenso Gabriele Lavia alle prese con "Il sogno di un uomo ridicolo" tratto da un racconto di Fëdor Dostoevskij. Nel testo il protagonista parla a più riprese di un'indifferenza nei confronti delle persone e delle loro sofferenze, e una mancanza di senso della vita che lo porta sull'orlo del suicidio. Penso che l'accidia sia una sorta di congelamento dell'anima, forse dovuta a reazioni sempre più accentuate di fastidio, che si concretizzano nel cinismo. C'è sottinteso il pensiero: "Non reagisco al male e alle ingiustizie, perché tanto non si può fare nulla". Forse è questa l'accidia intesa in senso contemporaneo.

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    1. Volendo cercarne una definizione "nobile", quel "congelamento dell'anima" si presterebbe benissimo. Bellissima definizione, Cristina. :)

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