giovedì 10 novembre 2022

Laurearsi prima del previsto. Del chiacchierato merito e altre amenità.

È notizia dibattuta in questi giorni: Carlotta Rossignoli, 23enne influencer da più di 40.000 followers su Instagram, il 26 ottobre scorso pubblica un carillon di foto con tanto di tailleur minigonna rosso e corona d'alloro, annunciando di avere conseguito la
Laurea magistrale in Medicina e Chirurgia, 110 e lode e menzione d'onore
E fin qui. Aggiungiamo: consegue la laurea - quella laurea! - 11 mesi prima rispetto ai 6 anni canonici occorrenti per il titolo. 
Alla domanda: come hai fatto? La nostra risponde: "Non ho perso tempo, non perdo mai tempo. È stata impegnativa anche perché il corso era tutto in inglese". 
Il punto è che la nostra influencer è una seguitissima e la notizia diventa tale, la sua eco rimbalza fra le aule dell'università San Raffaele (università con retta da 20.000 euro all'anno) dove il titolo è stato conseguito e in molte altre, fa il giro del web, diventa virale sui social e orde di studenti, medici laureati, giovani e di tutte le età, si scagliano contro la fanciulla brandendo lo stigma del "si vergogni", del "così siamo capaci tutti", del "com'è possibile che abbia raggiunto tutti i crediti?" ecc. 

Questo è uno di quei casi in cui la cosa fa notizia per diverse ragioni: 
- perché suscita fastidio che una ragazza impegnata a farsi fotografare in pose da pin up in costume da bagno riesca a conseguire una laurea del genere;
- perché si pensa che se ci è riuscita non è merito suo ma della sua posizione da privilegiata (a onor del vero lei stessa non fa mistero della sua famiglia borghese);
- perché si pensa che se è privilegiata giacché borghese allora è automatico che abbia forzato il sistema e ottenuto dei vantaggi;
- perché si pensa sia obiettivamente impossibile possedere tutti i crediti, "e che è, un genio?".

Insomma, Carlotta Rossignoli non è credibile. Sembra sia il prodotto di un sistema corrotto che bypassa regole, tempistica, per ottenere quello che vuole. Sì, perché ci si domanda: come fa una che da quello che si vede sui social sta parecchio tempo in saune, palestre, chalet di montagna, fa servizi fotografici di qua e di là, pubblica una storia Instagram al giorno, conduce un programmino sportivo in una tv locale a laurearsi in Medicina e Chirurgia a 23 anni? Mannaggia, pure premiata da Mattarella come Alfiere del Lavoro! Il fatto che Burioni difenda la nostra non parrebbe poi così rilevante, perché essendo un docente della stessa università, hai voglia ad appellarti all'invidia sociale. Vago il sospetto che difenda una posizione.
La nostra ribatte: "Sono determinata e mi organizzo. Mi aiuta poi il fatto di dormire poco, per me il sonno è tempo perso, e una buona memoria. Quando ero in sessione, sotto esame, studiavo dalle 6 del mattino fino anche alle 2 di notte". Salvo poi aggiungere che le sue pause durante tutta la sessione di studio quotidiano "diventavano corsa, palestra, pianoforte e trasmissione televisiva. Questo sotto esame". 
Se andate a leggere i commenti sotto i suoi due ultimi post, c'è del raccapriccio. Disprezzo conclamato, non c'è dubbio. Una buona dose di invidia? Può darsi. Una come lei suscita invidia ma anche sdegno. Ne prendo uno a caso:
Tutta questa storia puzza di marcio, cosa c'è di così degno di nota da meritare innumerevoli articoli di giornale? Cosa c'è da ripetere in ogni rivista se l'unico contenuto è l'autocelebrazione? Cosa si nasconde dietro questa vicenda così finta e grottesca? Spero esca fuori al più presto, perché far passare che in Italia una roba del genere è da apprezzare è vergognoso. Ostentazione, arrivismo, autocelebrazione, rilevanza mediatica immotivata. Devi dare qualche spiegazione, cara Carlotta! O le spiegazioni arriveranno prima di te!
Ed è quello più "elegante". In altri commenti si fa riferimento a voci che svelano la scorrettezza di diversi suoi esami svolti a porta chiusa, di come il suo relatore prima avesse rifiutato la sua proposta di tesi e poi l'avesse accettata senza motivo apparente. Altri fanno riferimento ai calendari rigidissimi della facoltà e dell'inspiegabile ottenimento di una sessione anticipata. C'è di fatto un iter molto rigido fra quinto e sesto anno, fatto di tirocini e frequenza obbligatoria. E via discorrendo. 
L'orda della tastiera la sommerge di fango. Come sempre accade, chiunque sente smuoversi un sentimento di antipatia e disprezzo scrive, e scrive davvero brutte cose. 

Come appare a me la vicenda? 
Carlotta Rossignoli 
Anzitutto, come ogni storia che suscita un polverone, diventa odio social e questo non mi piace. Non è dignitoso scrivere quello che leggo, non capisco come non ci si arrivi. Mi rifiuto di accettare che il dissenso debba avere questo tono, questo lessico. Ecco perché sto scrivendo questo post.
Con ogni evidenza, si tratta di uno di quei casi in cui il privilegio guida gran parte del percorso. La ragazza è certo molto intelligente e si applica, ma infastidisce chi non può permettersi una vita comoda e facilitata e non può godere degli stessi privilegi, ed è comprensibile. 
Se guardiamo ai dati della popolazione universitaria, constatiamo come sia pericolosamente ampio lo scarto fra iscritti e laureati. Nell'anno accademico 2020/2021, a fronte di quasi due milioni di iscritti in tutti gli atenei italiani, neppure 345.000 sono arrivati al termine degli studi. 
Le motivazioni sono innumerevoli. Facile pensare che si tratti di giovani che non studiano, che bighellonano, demotivati, svogliati, ecc. Io credo fermamente che questo quadro non descriva la situazione. È una semplificazione pericolosa. E il paradosso è che se pure la stragrande maggioranza di studenti "falliti" corrispondesse a questa visione, le responsabilità non si limiterebbero al singolo. 
Il fenomeno riguarda anche, e forse soprattutto, la necessità di entrare prima nel mondo del lavoro, pertanto una buona percentuale di studenti non arriva alla laurea perché già impiegato a tempo indeterminato in lavori cui si arriva con corsi di formazione ad hoc. 
Ho un esempio in famiglia. Corso di studi abbandonato al secondo anno per un percorso di formazione direttamente qualificante. 

La mia esperienza.
Un altro dei problemi legati all'istruzione di alto profilo: a fronte di una media UE del 25%, solo il 12% di studenti universitari italiani dispone di una borsa di studio. Le spese universitarie, che non si limitano alle tasse annuali, riguardano anche mantenimento, alloggio, libri. Lo stretto indispensabile. 
Teniamo presente che in Italia di famiglie monoreddito ce ne sono a migliaia. La mia è stata una di queste. 
Mio padre, quando terminai il liceo, fu molto diretto a riguardo: se intendevo continuare, non sarei potuta andare a Perugia (università che vagheggiavo da anni), sarei rimasta a casa, sarei stata pendolare. Dovevo "accontentarmi" di ciò che offriva l'Unical (Università degli Studi della Calabria). La fortuna fu di abitare a una sessantina di km dalla sede, ma se fossero stati 200 km? Non mi sarei laureata? Forse avrei studiato da privatista. Un percorso che non auguro a nessuno. 

Essere pendolare e non avere l'opportunità di fermarmi a dormire mi sottrasse decine di occasioni di formazione. L'ultimo treno utile si aggirava attorno alle 20 e la stazione era lontana, le corse dei bus erano scaglionate, perdere l'ultima corsa era un problema serio. 
Molti incontri, dibattiti, workshop si tenevano in orari per me impossibili da gestire con lo sguardo sull'orologio. Per non dire dei testi, che non potevo acquistare in quantità eccessiva, accontentandomi di fotocopie spesso scadenti. Non avevo diritto alla mensa con ticket di favore e un pasto regolare si sarebbe aggirato intorno alle 9-10.000 lire, ergo panino, per tutto il giorno un paio di panini. 
Ho vissuto molti momenti difficili. Mi ricordo che una volta, in preda alla disperazione, gettai la borsa in mezzo al fango. Ero uscita da lezione sul tardi, folle corsa verso i bus (la fermata non era accanto alle aule, sia chiaro), l'ultimo se ne parte sotto il mio naso. Le scarpe infangate perché avevo avuto la felice idea di prendere una scorciatoia. Questo disperato disagio era quotidiano e mi causò ritardi, scoraggiamenti, pianti. 
Ce ne sono migliaia di studenti in queste condizioni. E con problemi anche molto più gravi. 

Mi è capitato di assistere a irregolarità in ambito universitario. In certe sessioni, in corridoi stracolmi di studenti in attesa dell'esame, vedevi una di queste passare magari accompagnata da un docente infilarsi nell'aula e ottenere il privilegio di essere esaminata prima (ovviamente il 30 era assicurato). Potrei ricordarne di casi e modalità. Ma il peggio del peggio mi si è parato dinanzi il giorno degli orali del concorso per la cattedra di Italiano e Latino. Esami che non potevano essere condotti a porte chiuse, quindi sfacciatamente facilitati, domande ridicole, sorrisetti fra gli esaminatori che si passano foglietti con indicazioni precise. Se la cosa accade anche in facoltà blasonate come Medicina, non mi stupisco. Non so cosa sia accaduto alla Rossignoli, questa è un'ipotesi plausibile lette le molte testimonianze di colleghi di facoltà amareggiati per non aver ricevuto lo stesso trattamento. 
In fondo, però, la questione non è tutta qui. 
La vicenda Rossignoli irrita per un altro motivo, anche più grave.  

L'immagine che restituisce questa ragazza, il messaggio di cui è portatrice è: visto? io ce l'ho fatta bruciando le tappe, accorciando i tempi. Come se fosse un valore assoluto. Come se tutto il resto, l'effettiva preparazione, la competenza, non avesse bisogno di essere assimilata, ma fosse un elemento talmente fluido da far valere piuttosto l'idea di una "gara di velocità". Intelligente, brillante, vincente. Un modello che non giova alle migliaia di studenti e studentesse che studiano alacremente e magari con enormi problemi da affrontare nel frattempo. 
Rossignoli diventa, anche forse inconsapevolmente, l'emblema di una competitività non costruttiva, rampante e riservata ai pochi che non possono porsi sullo stesso suo piano partendo dalle stesse opportunità. Il problema è che tutti, è inevitabile, si pongono sullo stesso piano. Tutti si sentono, e a ragione, studenti e studentesse come lei, ma ritenendo pure di non aver nulla di meno quanto a intelligenza. 
Concordo con chi ha detto che il caso Rossignoli non riguardi il genere - la criticano perché è femmina, giovane, bella - ma piuttosto la classe sociale. 
In sostanza, se adoperi gli stessi strumenti di tutti e raggiungi obiettivi che oltrepassano quelli altrui, allora si tratta di eccellenza. Se invece si tratta di strumenti derivanti dal privilegio della classe sociale, e quindi ci si giova di risorse inaccessibili ad altri, non si tratta di eccellenza ma di eccezione. 
Si è proposto come modello l'eccezione spacciandola per eccellenza, è stato detto. 

Chiudo pensando a mio nipote, al suo ultimo anno di Liceo Scientifico quadriennale con indirizzo chimico/biologico - e già lì, avrei preferito che facesse un regolare percorso di cinque anni - pronto già a guardare a cosa lo attende all'università. 
Lui che ha studiato senza risparmiarsi in questi anni, suppongo continuerà a farlo, si ritroverà in un ambiente altamente competitivo, inseguirà un sogno. Non vorrei vederlo continuare a bruciare le tappe, non vorrei saperlo quell'eccellenza che smania per voti altissimi e per i primi posti in tutte le categorie. Vorrei fosse sereno, che non si sentisse sotto pressione, abbastanza maturo da non ambire a modelli irraggiungibili o dal valore molto relativo. Vorrei che un giorno occupasse il posto che gli spetta, arrivandoci con la maturità di chi preferisce assimilare, consapevole di non aver avuto risorse e privilegi dei figli di. 

Cosa pensate di questa vicenda? Cosa significa per voi "merito"? 

20 commenti:

  1. La scopro leggendola sul tuo blog, onestamente non la conoscevo.
    Cosa ne penso? Penso che in Italia quando mostri di ottenere qualcosa, subito devono insinuare. Era un classico quando ero bambino io che, già alle elementari, chi prendeva bei voti era "il cocco della maestra". In questo caso si aggiunge il fatto che, come giustamente dici, una studentessa privilegiata sul piano economico suscita invidia, e i social sono lo sfogatoio dell'invidia.
    Non posso esprimere un giudizio poiché in realtà non credo ci sia molto da giudicare. E' una storia figlia di questi tempi in cui l'esposizione pubblica è diventata quasi un obbligo. Personalmente, quando mi laureai, non feci né feste né pranzi, ero semplicemente contento di avercela fatta, non la consideravo una cosa da pubblicizzare. Questa tizia si è vantata pubblicamente sui social della propria laurea, però, oggettivamente ormai è una cosa che fanno in tanti. Anche non famosi.

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    1. Il punto è piuttosto che il potere dei social oggi è innegabile. Si tratta di modelli che non corrispondono poi alla realtà, perché sono in conflitto con la vita durissima di chi non può godere di privilegi dovuti alla posizione. Lei era già una modella di alto profilo, aver sciorinato questa laurea, oltretutto presa in circostanze ancora da chiarire, non fa bene a prescindere.

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  2. Condivido pienamente il tuo pensiero quando dici " se adoperi gli stessi strumenti di tutti e raggiungi obiettivi che oltrepassano quelli altrui, allora si tratta di eccellenza". Premetto che non ho tollerato gli insulti che le hanno rivolto ( purtroppo i social sono feroci da questo punto di vista, danno libero sfogo alla rabbia) perché la violenza è inaccettabile. Detto questo, quel che non ho condiviso è stato il modo in cui si è fatta pubblicità di un'eccezione ( per usare la tua espressione). Non condivido che la nostra società proponga questo modello, ovvero che per poter laurearti ancora prima dei tempi devi nascere in una famiglia benestante che ti consentirà di avere tutti i comfort. Tralasciando la questione della poco chiara situazione riguardo a questi presunti privilegi ottenuti e restando solo su quella dei comfort, non posso non pensare a tutti quei ragazzi che vivono in ristrette condizioni economiche, che sono fuori sede e che magari devono anche lavorare ( e di sera se i corsi sono obbligatori) perché i genitori non possono sostenerli economicamente, a cui di certo non si può dire che perdono tempo. Quante eccellenze ci sono tra questi ragazzi che poi magari una volta laureati sono costretti ad andare all'estero. La società li ha messi da parte se mostra come modello solo quello della Rossignoli. Questo è proprio quello che non mi piace di tutta questa vicenda.

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    1. Eh sì, chi rappresenta la stragrande maggioranza di coloro che affrontano gli anni universitari fra mille difficoltà? Ma anche solo coloro che semplicemente non possono permettersi di frequentare l'università che vorrebbero perché soldi non ce ne sono? Si usa spesso il termine "tossico" in questi casi, ed è proprio così. Notizie sbandierate ai quattro venti come fosse la cosa più naturale del mondo non fanno bene ai tantissimi giovani che non possono ricevere lo stesso facile applauso. Grazie anche per il tuo contributo, Caterina.

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  3. Credo che questa sia una storia dei nostri tempi in cui tutto viene messo on line.
    Una mia amica su laureò in 3 anni e 3 sessioni in economia con 110 e lode (con il vecchio ordinamento servivano 4 anni per la laurea magistrale), fu la prima in assoluto del mio corso di laurea, eppure non passava tutto il tempo a studiare, usciva spesso e andava in discoteca con gli amici, lo so perché la frequento dal secondo anno di università. È una persona molto in gamba con una grande intelligenza che sicuramente si é meritata il voto di laurea.
    Questo però è solo un esempio perché anch’io mi sono laureata in 4 anni con 110 e lode, ma non voglio parlare di me, io studiavo molto perché dovevo mantenere la borsa di studio da studentessa fuori sede che faceva le acrobazie per poter studiare in pace (abitavo con altre studentesse con le problematiche del caso). All’epoca non c’erano i social e non si sbandieravano i propri “successi” on line, direi, per fortuna, perché l’invidia esisteva anche allora e mi è capitato di assistere a vari assurdi comportamenti di persone invidiose...
    Giustamente Carlotta Rossignol (che sicuramente è molto brava nello studio, ma sa anche organizzare bene il suo tempo) vive con i social e racconta se stessa, nel bene e nel male, lo fa a suo rischio e pericolo, perché se ti esponi rischi anche di essere oggetto di essere presa di mira dai leoni da tastiera; c’è chi vive di questo traendo dalla denigrazione altrui sollievo per la propria vita che magari sentono come insoddisfacente. Ovviamente tutto questo è molto triste, però è molto pericoloso ostentare successi e felicità.

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    1. Il punto è che per una laurea come quella in Medicina e Chirurgia c'è un iter preciso, fatto di anni in cui non si possono saltare periodi di tirocinio e frequenza obbligatoria. Da quanto si sa, non si può bypassare un percorso che è debitamente lungo per l'alta complessità della materia in sé. La questione è tutta lì, c'è anche chi scrive di aver fatto espressa richiesta di poter anticipare sessione e laurearsi prima, ma quella stessa università ha sempre risposto che non si può aggirare un iter obbligatorio. Questa fanciulla, inspiegabilmente, ha potuto.

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  4. All’inizio ho pensato alla solita invidia, quella che qualcuno non riesce proprio a trattenere di fronte alla bravura o alle fortune altrui, però avevo solo visto la foto di una bella ragazza che si era laureata con il massimo dei voti. Poi ho approfondito, per curiosità, la faccenda e devo dire che anch’io sono rimasta perplessa, soprattutto una cosa mi sono detta fortemente: ma che bisogno aveva , questa ragazza, di sbandierare il proprio successo? Non so se abbia seguito il percorso canonico, se sia stata agevolata da qualcuno, non m’importa francamente, però fare “marameo” agli studenti che faticano o, come racconta la tua esperienza personale, che hanno fatto enormi sacrifici per ottenere quella corona d’alloro sulla testa... insomma, non è molto di stile! Ci sono altri modi per fare parlare di sé e fra i tanti, questo, a mio parere, è stato il meno appropriato.

    Marina

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    1. Comprensibile, ma... l'invidia non avrebbe generato questa sollevazione. Qui c'è stata proprio una protesta e a ragione. Là per là sembrava una delle ennesime questioni in stile social, poi leggendo e documentandomi, è venuto un certo fastidio perfino a me, a più di venticinque anni dalla laurea. Perché in fondo tutte le epoche si assomigliano. Oggi migliaia di ragazzi vivono quelle stesse difficoltà descritte nel post. Questa divisione manichea fra chi è meritevole e chi non lo è affatto, ma tutto attorno a chi finisce prima, chi ci arriva bello fresco e riposato e chi in ritardo e stremato, è davvero una pessima cosa, insopportabile.

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  5. Ciao Luz, conoscevo un pò la vicenda, con tutto il clamore che ha fatto! Non avevo un'opinione ma leggendoti mi è venuto in mente che forse ciò che ha più infastidito non è la classe sociale e il fatto di essere benestanti. In Italia questa è sempre stata una condizione abilitante cui si perdona tutto persino le cose più orribili. Mi colpiscono invece due cose di questa vicenda : è una giovane donna piena di vitalità che fa qualcosa che nessuno fa più : si impegna, studia, non bighellona, è organizzata e non si pone limiti. Questo sì che in una società di approssimatori seriali, nelle scuole ma anche altrove, che fanno il minimo indispensabile e a volte anche meno, dà fastidio.
    Alle superiori andavo in una scuola pubblica e avevo ottimi voti. Le mie vicine, figli di borghesi industrialotti, furono bocciate e frequentarono i due anni in uno (esistono ancora?) pagando cifre per me inarrivabili. Furono diplomate. Non aggiungo altro non tutti i percorsi sono uguali.
    Ma questa ragazza sembra davvero preparata e molto bella per giunta. Deve fare una grande invidia agli odiatori social! Leggevo che ha chiuso i suoi profili. Meglio che torni in quel piccolo ma non trascurabile numero di persone che ce la fa ma che per non infastidire i mediocri se ne sta zitta zitta. Ps :continuo a non ricevere le newsletter del tuo blog e non mi riconosce più quando commento. Hai fatto qualche aggiornamento?

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    1. Però nella seconda parte del post si analizza quello che c'è dietro. Mi piacerebbe un tuo parere su questo, perché vedi io non credo affatto che sia una questione di genere ma una lettura del tutto sbagliata della realtà.
      Non ho fatto nessun aggiornamento! Io vado nei blog altrui dal mio blogroll oppure dall'elenco lettura dell'amministrazione, altrimenti neppure io ricevo notifiche. :)

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  6. Buongiorno Luz, arrivo qui da un altro blog che seguo. Sono insegnante anch'io.
    Avevo orecchiato la notizia da quel poco che mi affaccio ai social, ma non avevo perso tempo a leggere i commenti, dopo aver capito che aria tirava.
    Di favoritismi all'università sono fortunato ad averne visti pochi, per quanto anche uno solo sia troppo.
    Personalmente, non mi scandalizza il basso numero di laureati. Anzi, in alcune facoltà secondo me sono anche troppi. Già mi basta vedere certa gente che arriva alle superiori, e alla quale guai a negare il pezzo di carta.
    Invece, è vero che per una buona fetta della popolazione l'università è un privilegio.
    Per quanto riguarda la ragazza, è per l'appunto una figlia dei social. Una delle pochissime figlie privilegiate, in un mare di miseria.
    Sono fuggito dai social, giusto affacciandomici ogni tanto, proprio per questa ragione. Tutti devono mostrarsi felici, ricchi, in posti da sogno, circondati da persone che contano. E, guardando le foto, sembra che tutti ci riescano. Ma solo pochi effettivamente ci riescono: gli altri non possono fare altro che imitare. È emblematica, per me, la figura di una mia conoscente: infermiera, single, nella tarda quarantina. Vive sola, in un appartamento in affitto. È capace di parlare tutta una sera di Chiara Ferragni, che è quanto di più lontano dal suo mondo possa esistere. Io credo che, sotto l'apparente ammirazione, ci sia una fortissima invidia.
    Ed è il mondo che i mass media attualmente propinano: un mondo dove pochissimi privilegiati possono permettersi la Tesla, la casa super ecologica, lo sformato di riso integrale, zucchine a km zero e formaggio bio, da latte munto personalmente da Cracco... e una stragrande maggioranza di gente che se lo può solo sognare, e che viene pure sbeffeggiata dai pochissimi privilegiati, perché "non si organizza abbastanza".

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    1. Ciao, Marco. Lo scenario è innegabilmente questo, ma personalmente ho una certa riserva nel guardare ai social come esclusivo ambiente dei cosiddetti "influencer". Ne è riprova forse il caso in oggetto. La ragazza lo è, ha migliaia di followers, un "feed" pieno di pose ammiccanti su sfondi da jet set, sulla falsariga del Ferragni style, la sovraesposizione con tanto di pargoli al seguito in questo caso. Però c'è anche tanta normalità, questo lo percepisco senza problemi. Proprio su Instagram ho modo di seguire quotidiani, scrittori e scrittrici, giornalismo di qualità, editoria, arte, arredamento. Esiste anche un lato buono e sano dei social, almeno questo a me risulta evidente. Poi, è vero, conta l'immagine, ma per fortuna non tutti si lasciano "influenzare". Ho alunne molto attratte dal versante Kardashan, ma molte altre nemmeno interessate a guardare quelle immagini finto/patinate.
      Penso che la bufera qui si sia scatenata perché una di queste starlette si è permessa di toccare una dolente nota: il merito. Facendo passare il proprio esempio come obiettivo possibile ma non alla portata di tutti. Imponendo una narrazione che non risponde alla realtà. Ecco, a parte i modi che sono sempre estremi e a tratti esecrabili, tutta questa protesta è perfettamente compatibile con l'inopportunità del messaggio. Forse doveva succedere, per mettere una distanza tra la realtà e queste finzioni riservate a pochi "eletti".

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  7. I social sono luoghi pericolosi, delle vere giungle, dove non bisogna sbandierare troppo i propri successi perché ti attiri davvero le bordate dell'invidia altrui. Dietro tutta questa ostentazione non vedo la voglia sana di condivisione ma il tentativo di costruire quello che non si è: un'immagine fasulla. Conosco tante belle ragazze laureate con il massimo dei voti che non hanno avuto nessun bisogno di sciorinare a destra e a manca i propri successi con pose ammiccanti. Dipende da come ti poni: io ho condiviso spesso la mia felicità per la laurea a 110 e lode, sia sul blog che sui social, e non ho mai ricevuto nessun commento acre e corrosivo, anzi. Qualcuno mi ha anche scritto in privato rivelandomi di avere seguito il mio percorso da quando è iniziato, ed esultando man mano per i miei successi. Addirittura dicono che sono un modello, e la cosa mi ha stupito!

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    1. Sì, il punto è: come si fa a farsi un vanto di essere arrivati prima del previsto? Mia nonna avrebbe detto "non sono cose da dirsi". Quando gli altri percepiscono che dietro c'è un lavoro certosino, un impegno serio e vero, allora scatta la stima. Nel tuo caso, anche per me tu sei un grandissimo esempio, Cristina. Hai compiuto un'impresa. La mia ammirazione è grandissima. :)

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  8. Non ho un'opinione specifica in merito. Non conosco la ragazza, l'università specifica né le caratteristiche del corso di Medicina. Però pongo una domanda: se fosse stato un ragazzo a fare quel post se ne sarebbe parlato così tanto? In tanti si sarebbero scagliati contro di lui, si sarebbero permessi dei commenti così malevoli, si sarebbe insistito così tanto sul fatto che è di famiglia benestante? Secondo me no. Ci sono probabilmente dei punti oscuri nella vicenda, ma molti di quelli che si lamentano semplicemente non credono che una bella ragazza, influencer possa essere anche una studentessa esemplare.

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    1. Forse in effetti nemmeno se ne sarebbe parlato se fosse stato un maschio. Ma il punto è che difficilmente troveremo un "influencer" e maschio che mette in giro questi post. Non è femminismo al contrario, è proprio la realtà.

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  9. Magari fosse invidia dei social... Ho scoperto questo "caso" da un'inchiesta di Selvaggia Lucarelli, e da lì sono andata a leggermi quella poca stampa che invece di osannare questa ragazza laureata senza dormire andava un po' a farle le pulci. Ma soprattutto sono andata a leggermi i commenti, compresa quella lettera che già i suoi colleghi di corso avevano mandato mesi e mesi prima al rettore di quell'università chiedendo delucidazioni sia sul percorso facilitato di lei sia sulle motivazioni perché ad altri studenti, con le medesime capacità, quel percorso "veloce" di laurea è stato negato. Quindi, potenzialmente avremmo molte più eccellenze?
    I compagni del suo corso affermano di non averla mai vista in corsia, nei turni di tirocinio, obbligatori, come pure sollevano la questione degli esami a porte chiuse, senza testimoni. Considerando poi la laurea stessa, Medicina, beh, mi crea davvero qualche difficoltà pensare a un medico, abilitato alla professione, che ha fatto di tutto, e forse troppo, per accorciare i tempi di formazione. Detta papale papale: preferirei farmi operare da un medico che ha sudato le sue giornate in corsia, che ci ha messo anche un anno in più a laurearsi, ma che di è formato, e bene, sul campo. Quel che mi consola, è che con tutte le opportunità di cui gode questa ragazza e la sua famiglia, non la vedremo mai esercitare in un ospedale pubblico.
    Quel che mi ha colpito è come buona parte della stampa, anche quella di "sinistra", l'abbia portata in palmo di mano, nemmeno fossero stati tutti pagati profumatamente da uno sponsor... mah!
    In quanto alla persona, in realtà penso non ci sia proprio niente da invidiare. Non ha tempo per dormire, non ha tempo per le relazioni, probabilmente non ha tempo nemmeno per gli amici (che non siano party esclusivi da pubblicizzare sui social... gli amici veri sono altra cosa, ma forse nemmeno conosce la differenza, perché non ha avuto tempo per impararla). Anche le attività extra scolastiche sembrano tutte studiate a tavolino per osannare ...l'eccellenza. Sinceramente, le lascio volentieri tutti quei privilegi e tutti i followers, non credo che la sua sia una vita "ricca", probabilmente nemmeno così "libera".

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    1. Cara Barbara, il tuo ritratto completa ogni nostro discorso. Perché a guardare a tutta la storia, partendo anche dalle testimonianze e dalle lettere inviate dai colleghi di corso (vorrei proprio vedere, sono tutti invidiosi e falliti? ma chi potrebbe credere a una cosa simile?), è davvero una di quelle che non può diventare un paradigma, un esempio di eccellenza. È tutto molto triste, perché i giovani fra i 20 e i 25 anni non se la passano tanto bene quando a speranze per il futuro. Anche i miei piccoli virgulti fra gli 11 e i 17 non sono gli stessi di un tempo. Sta cambiando tutto. E non in meglio.

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  10. Non sapevo di questa vicenda, la leggo ora sul tuo blog.
    Sono uno di quegli studenti che ha mollato l'università al secondo anno. Lo ammetto senza vergogna: non avevo desiderio di studiare all'epoca. I miei amici e conoscenti di più nuova data danno per scontato che io abbia una laurea perché mi dedico a saggi e studi sugli argomenti più disparati (antropologia e letteratura sono solo due dei miei preferiti), leggo articoli di riviste specialistiche e ho una buona memoria per ciò che mi interessa. In realtà mi piace molto leggere, apprendere e sono di natura curiosa. Fino a qualche anno fa vedevo la mia rinuncia come un grande fallimento, mi chiedevo perché non fossi riuscita lì dove altri eccellevano. Forse la risposta è solo che non era il momento giusto per me, che non ero pronta a dare il grande impegno che l'università richiede. Nonostante questo non mi sono privata della cultura e ho alcuni amici laureati con i quali posso parlare di argomenti interessantissimi senza sentirmi persa. La differenza sta nel fatto che la loro conoscenza è al servizio di una carriera, la mia riguarda solo le mie passioni.
    Su questa vicenda ci sarebbe modo di discutere per ore, ma se c'è una cosa che penso grazie alla mia esperienza è questa: l'università è impegnativa, richiede dedizione e molti sacrifici. Oggi siamo ossessionati da fare tutto alla perfezione e il più in fretta possibile, meglio ancora se nel farlo non traspare la fatica. Ma è che faticoso eccome. E nasconderlo è sbagliato.
    Chi lo sa come questa ragazza è riuscita a laurearsi così bene e così in fretta, onestamente non è questa la parte della storia che mi preoccupa di più. Mi preoccupa il fatto che da molti venga posta su un piedistallo perché, come hai fatto notare, diventa un esempio non costruttivo. Complice la sua carriera di influencer, sembra aver raggiunto questo ottimo risultato senza sforzo, senza tralasciare passioni, lavoro e persino l'attività fisica. Inoltre pare voler dire che se lei ci è riuscita, allora tutti possono, basta l'impegno, il che significa automaticamente affermare che chi non ce la fa non si impegna abbastanza.
    Penso che sia molto pericoloso continuare a pubblicizzare questa cultura dell'impegno ad ogni costo. Alcune persone vogliono far sembrare di ottenere risultati senza sforzo. Altre invece si vantano degli esaurimenti nervosi avuti ad ogni singola sessione di esame e di come, alla fine, sono riusciti a laurearsi con voti eccellenti. Penso che il primo genere di persone non raccontino tutta la verità, perché siamo esseri umani e facciamo fatica fisica e mentale, nasconderlo non ha alcun senso. Il secondo genere di persone invece mi sembra così addentro alla cultura dell'impegno ad ogni costo, che non si rendono conto che avere un esaurimento nervoso, perdere peso, isolarsi dagli amici, pur di conseguire un buon risultato, non è una cosa positiva ed è ingiusto che debbano farlo.
    Penso di aver scritto abbastanza, in ogni caso il tuo articolo è stato interessantissimo da leggere, grazie mille per averlo pubblicato!

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    1. Grazie a te, Patty, per averlo letto e commentato e bentornata. Scrivi che dopo due anni hai mollato e non ti sei più laureata, a leggerti non si direbbe, ha ragione chi ti dice che sembra l'esatto opposto. Ma questo conferma quanto penso da tempo: ci sono fior di laureati che non "sanno", non hanno competenze adeguate, hanno ancora tutto da imparare, e non laureati che invece sono perfino colti. Tutto sta alla persona, e proprio la tua curiosità e la passione verso letteratura e antropologia ti hanno spinta a saperne di più (in certo senso studiarle) senza la prospettiva di una spendibilità di queste tue conoscenze.
      È possibile e tu lo confermi. Certo, sono propensa a credere che sia comunque un peccato non terminare, perché è comunque un percorso da fare a prescindere da ogni interesse utilitaristico. L'università è un'esperienza di vita, la formazione probabilmente è altro. Grazie ancora per questo tuo prezioso commento. :)

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