"Giungo nelle vostre terre natie per dirvi di persona che sono addolorato, per implorare da Dio perdono, guarigione e riconciliazione".
In questi giorni è in atto un evento di grande importanza, un evento storico che passa nei telegiornali e fra le notizie in rete forse più come una notizia di folklore, ma che merita di essere meglio compreso e approfondito.
Papa Francesco, il pontefice che fin dalla sua nomina scelse per sé un nome che richiama in perpetuo la missione verso gli ultimi e su di sé l'umiltà del porgersi e dell'andare incontro ai fedeli e ai bisognosi, ha risposto all'appello del premier canadese Justin Trudeau, un appello accorato per un atto non più rinviabile: le scuse da parte della chiesa cattolica ai popoli nativi canadesi, vessati con l'intento di cancellare la loro cultura a beneficio dei principi culturali e religiosi dei conquistatori, di quell'uomo bianco che ha distrutto intere civiltà nelle Americhe.
Se pensiamo ai nativi americani tutti - quelli che erroneamente vengono chiamati "indiani" perfino su documenti giuridici, per la solita visione bianco-centrica - annoverando in questo termine tutti i nativi, compresi i popoli precolombiani, nordamericani e sudamericani, abbiamo dinanzi una delle più vaste operazioni di genocidio mai perpetrate.
Una di quelle abnormi operazioni di cui non si parla nei nostri libri di Storia, preferendo una narrazione filo-occidentale che li vede relegati nell'iconica immagine dei pellerossa contro i cowboy o l'esercito, oppure rappresentati seminudi su canoe che scivolano sul Rio delle Amazzoni, o ancora avvolti nei pastrani multicolore e con bombetta in testa. Folklore.
Poco o nulla si sa della loro storia, delle differenze culturali fra i nativi a tutte le latitudini, e soprattutto poco si sa della sofferenza di questi popoli dinanzi alla sistematica cancellazione delle loro culture.
I nativi canadesi non sono quelli delle praterie nordamericane né quelli dei deserti a ridosso del Messico, sono altri popoli, con usanze e destini differenti. Sono i nativi della Columbia Britannica, della regione del Saskatchewan, del Québec, ecc.
Insomma, non stiamo parlando di Lakota, Cheyenne, Navaho, Apaches, ma di popoli che portano i nomi Athabaska, Tlingit, Tsimshian, Haida, Inuit. I popoli canadesi non vivevano i tipi, le classiche tende coniche e non erano una cultura a cavallo, ma erano anche stanziali, si dedicavano alla caccia e all'allevamento, costruivano città e avevano una gerarchia sociale molto importante.
Se il genocidio dei nativi delle pianure è quello che tanto bene conosciamo almeno per come alcuni film lo hanno raccontato fedelmente, basti pensare a Soldato blu e Balla coi lupi, uno scontro aperto e violento, fatto di massacri e deportazioni, l'attacco ai nativi canadesi è avvenuto in forme e modi differenti, in sordina, accuratamente celato sotto nomi altisonanti e "incoraggianti".
Per esempio, la Legge sulla graduale civilizzazione, che prevedeva l'accesso perfino al diritto di voto per i maschi di 21 anni in grado di dimostrare un "affrancamento" totale dalla propria cultura, quindi il rinnegamento sistematico della lingua d'origine, del nome, degli usi, di tutto quello che possiamo comprendere nel termine "cultura".
Altra, la Legge sugli indiani - scritta al tempo in cui i nativi canadesi non erano più necessari per la conoscenza accurata del territorio e nel vasto commercio delle pellicce - che offriva ai bianchi campo libero per poter legiferare di volta in volta a vantaggio dei discendenti dei coloni, sempre più invadenti in un territorio vasto e ricco di risorse. In particolare colpiva gli "indiani non civilizzati", quelli non affrancati, pertanto vietava la celebrazione di rituali, l'indossare un certo tipo di abbigliamento, i matrimoni misti, l'accesso al diritto di studio, al voto.
In pratica: puoi mantenere viva la tua cultura, ma perdi tutta una serie di diritti. Il paradosso è che la legge era scritta perché passasse per una serie di emendamenti atti a emancipare i nativi.
La fase più crudele: il Sistema di scuole residenziali indiane.
Veniamo alle responsabilità della chiesa cattolica in tutta questa vasta operazione di cancellazione culturale. Fra il 1863 e il 1998 - ebbene sì, fino a pochi anni fa si può dire - il Canada ha messo in atto una legge che mirava all'ottenimento dell'affrancamento culturale puntando sui bambini.
L'intento era quello di educare i più piccoli alla cultura occidentale, cancellare dalle loro coscienze l'appartenenza alla cultura nativa, e farlo adoperando metodi violenti e coercitivi. Gli istituti erano gestiti per il 60% da religiosi cattolici, dipendenti direttamente dalla Santa Sede, i restanti erano anglicani.
Non che il fenomeno della violenza fosse una novità, se pensiamo ai missionari cattolici e gesuiti e ai loro metodi non proprio cristiani fra i popoli sudamericani - basti guardare alla storica denuncia del vescovo Bartolomé de Las Casas per farsene un'idea - ma qui si tratta dell'applicazione sistematica di una legge che prevedeva l'allontanamento forzato dalla famiglia, l'obbligo di frequenza dei collegi e tutto il corollario di un "sistema educativo" che di educativo non aveva nulla.
A parte la sospensione della legge alla fine degli anni Novanta, l'evento scatenante che ha catalizzato l'attenzione verso questo fenomeno è stato il rinvenimento, fra maggio e giugno 2021, di 215 tombe di bambini nei pressi dell'ex collegio per nativi nella Columbia Britannica e altre 761 piccole salme rinvenute vicino a una scuola di questo tipo in Saskatchewan.
Cimiteri di piccoli corpi senza nome, di cui nulla si sa, solo la certezza che si tratti di salme di bambini nativi che frequentavano queste scuole. Ma veniamo ai metodi utilizzati. I bambini venivano sequestrati, quindi tolti con la forza alle famiglie, e portati in queste scuole, poste appositamente in luoghi molto lontani dagli insediamenti.
Nel 1907 viene pubblicata una prima denuncia ai danni del sistema, perché è evidente che il 42% dei bambini non riesce a raggiungere il 16esimo anno di età.
Nel 1922, Peter Bryce, ispettore medico del Dipartimento degli Affari Indiani di Ottawa poi allontanato dalla funzione, scrive un libro-denuncia sulle condizioni di salute dei bambini e dichiara che il tasso di mortalità si aggira fra il 30% e il 60%. In particolare, Bryce denuncia mancate cure verso bambini malati di tubercolosi, nessuna iniziativa di profilassi e di miglioramento dell'igiene, il rinvenimento di tracce di percosse, abusi anche di natura sessuale, di malnutrizione, sterilizzazione, l'indifferenza dello stato verso la gestione degli istituti. Oltre a ciò, fa un chiaro riferimento alla condotta dei religiosi e di tutto il personale di queste scuole, che insabbiano i casi e manomettono i registri. E non sono sottoposti ad alcun controllo.
Se il fine ultimo era quello di un'integrazione delle nuove generazioni, è fallito totalmente. Ancora oggi, nella maggior parte del territorio canadese, la comunità nativa è distaccata dal resto, divisa da incongruenze inconciliabili.
Nel 2008, oltre a pubbliche scuse da parte del governo, è stata istituita in Canada una commissione per indagare su quanto è stato perpetrato per più di un secolo. È stato un primo passo fondamentale per prendere atto di questo grave abuso ai danni della cultura nativa e allo stesso tempo creare la possibilità di una memoria degli eventi e di una riconciliazione fra nativi e governo.
Un'operazione di riavvicinamento iniziata alla fine degli anni Novanta, con l'intento di lasciare a questi popoli la libertà di autodeterminarsi e dimenticare per sempre il progetto di distruzione della loro memoria e identità culturale.
Qui il reportage da Raiplay, Purgatorio Canada.
Chiedo perdono per i modi in cui, purtroppo, molti cristiani hanno sostenuto la mentalità colonizzatrice delle potenze che hanno oppresso i popoli indigeni. Sono addolorato. Chiedo perdono, in particolare, per i modi in cui molti membri della Chiesa e delle comunità religiose hanno cooperato, anche attraverso l'indifferenza, a quei progetti di distruzione culturale e assimilazione forzata dei governi dell'epoca, culminati nel sistema delle scuole residenziali. Le scuse non sono un punto di arrivo. Concordo pienamente: costituiscono solo il primo passo, il punto di partenza.
Se queste scuse siano state ritenute sufficienti è tutto da vedere. Ci sono comunità native che non le ritengono tali, perché non bastano e perché il rischio è che il caso venga archiviato.
I nativi vogliono di più, per esempio che si prenda atto della mistificazione contenuta nella Dottrina della scoperta, l'atto ufficiale del 1823 che ha sancito il diritto degli europei (chiesa compresa) e dei nuovi americani di ritenere le terre scoperte come "di nessuno" e quindi conquistabili, "civilizzabili", legittimando così tutto quello che era stato compiuto, e che sarebbe stato compiuto, nel "nuovo mondo". Una dottrina inaccettabile, perché sottende la superiorità di una civiltà rispetto a un'altra e il suo diritto di distruggerla.
Problematiche di certo peso, oggi sempre più discusse, di difficile se non impossibile risoluzione, ma che ormai non possono essere più ignorate.
Tutto ciò è agghiacciante. Io posso capire che a metà dell'800 si potesse pensare che togliere i bambini ai villaggi dove "vivevano in capanne, nutrendosi di animali selvaggi" per istruirli in istituti fosse visto come fare del bene. Era terribile, un vero genocidio culturale, ma con gli di allora molti pensavano che fosse il meglio che si potesse fare. Non voglio giustificare, ma inserire la questione nel mondo culturale dell'epoca. La cosa sconvolgente è che tutto questo è andato avanti. Ben oltre gli albori del 1900. Già ero rimasta sconvolta nel capire che in australia ci sono aborigeni miei coetanei che hanno vissuto l'allontanamento forzato, ma qui si è andati avanti anche oltre, quando davvero la scusa di "fare il bene dei bambini e toglierli dalle capanne" non era più credibile per nessuno.
RispondiEliminaIl discorso della missione civilizzatrice, che ha preteso di giustificare anche il neocolonialismo a cavallo fra Ottocento e Novecento, è oggi un alibi senza fondamento. Ogni sopruso ai danni di popolazioni in tutto il mondo è stato giustificato alla luce di questa "opera buona" che avrebbe migliorato le loro condizioni, ma quando in realtà in partenza il fine vero era quello di dividere, far disperdere le famiglie, indebolire le nuove generazioni senza vera intenzione di integrazione - quello che oggi chiamiamo inclusione. E poi, oltre il fine, nel momento in cui questi istituti sono andati a regime, tutto quello che ne è conseguito. Oltretutto ho letto in rete che questi comportamenti erano comuni anche in istituti italiani in cui venivano ospitati orfani. A parte l'enorme mole di severità, anche la mancanza di cure, la trascuratezza nel metodo. Altro che messaggio cristiano, non è stato applicato nessuno dei principi cristiani. Una delle grandi beffe del Cattolicesimo, una religione vessata da incapaci e veri e propri diavoli in abito religioso. Se penso al messaggio di don Bosco, che ha riportato in questa religione il vero, purissimo messaggio di Cristo, ecco, appare un lume di consolazione.
EliminaVengono i brividi a leggere di queste storie. L'Olocausto si perpetua ogni giorno ma non fa notizia. Sicuramente quello di Papa Francesco è un gesto importante, ma è solo un punto di inizio, si dovrebbe dare di nuovo onore alla cultura dei nativi canadesi e delle singole culture dei nativi americani. Non possono bastare le scuse, bisognerebbe rimediare, ma non è facile. Io credo che Francesco sia solo quando intraprende questi tipi di iniziative. Certe idee non sono morte, sono ancora vive, considerando che queste oscenità si sono compiute anche negli anni più recenti. Un grande senso di ingiustizia pervade il pianeta. Tendiamo a notare le ingiustizie compiute dalle altre culture, ma la cultura occidentale e cristiana non è meno violenta. Speriamo si faccia veramente qualcosa per queste popolazioni.
RispondiEliminaÈ proprio così, certe idee non sono morte. Diciamo che oggi sarebbe impensabile l'esistenza di un istituto a gestione religiosa che applicasse questi metodi (e in cui fossero all'ordine del giorno stupri e abusi di ogni genere; nell'articolo ho volutamente omesso certi particolari). Fenomeni che si sono smantellati solo quando la chiesa ha cominciato a prendere atto di queste violenze, ai tempi di Giovanni Paolo II (che a detta di molti avrebbe potuto fare di più in questo terribile ambito). È un po' come quando si insabbiano eventi gravissimi nell'ambito di una istituzione importante, la scuola, le forze dell'ordine. Bisogna invece fare emergere certe oscenità, proprio per prendere le distanze dalla parte marcia dell'istituzione, per fare emergere quello che è giusto e buono.
Eliminagrazie, Luz, per invitarci a saperne di più e a costringerci a riflettere. anche quando vorremmo sottrarci e evitare (per rassegnazione? per pigrizia?) argomenti dolorosi o scomodi e le problematiche connesse, comprese quelle relative alla nostra personale posizione etica
RispondiEliminaHo pensato da giorni a questo articolo, volevo scriverlo perché serviva anche a me entrare in queste storie. E poi ho messo da parte un po' di materiale per lezioni a scuola. Impossibile ignorare certi fatti e molto importante che un pontefice abbia manifestato la propria costernazione e la propria distanza da queste aberrazioni.
EliminaGrazie Luz, hai fatto delle ottime considerazioni! La nostra cultura si basa su visioni etnocentriche, purtroppo, e sull’incapacità di metterci dalla parte dell’altro. Anche in Africa moltissime etnie si sono estinte in nome del colonialismo e imperialismo di fine ‘800. Quanta cultura avremmo avuto in più.
RispondiEliminaÈ proprio anche una questione di perdita di opportunità. L'aspetto grave degli abusi subiti dai nativi canadesi è che queste vaste operazioni erano travestite da opere di bene. È gravissimo e oggi più che mai bisogna fare emergere gli ultimi, quelli dimenticati dalla Storia.
EliminaLa colonizzazione stessa delle Americhe è partita come un "mandato" dell'allora papa che per evitare una guerra fra Spagna e Portogallo tracciò sulla carta una linea che separava le due aree di influenza, stabilendo che "in nome di Dio" ciò che stava a ovest spettava alla Spagna e quel che stava a est spettava al Portogallo. La conversione forzata dei popoli amerindi in quel contesto avvenne in modo crudele, ricorrendo anche al "principio" che le terre (e i relativi popoli) erano stati "assegnati" ai due paesi iberici dal papa, quindi ritenevano di agire per "mandato divino" giustificato dal fatto che si trattava di convertire "selvaggi pagani".
RispondiEliminaNon che certe chiese riformate abbiano fatto di meglio eh, soprattutto in Polinesia e in Australia.
Diciamo che, in generale, le religioni sono spesso state il braccio "spirituale" delle invasioni. In tempi recenti sono sostituite sempre più spesso dalle ideologie, ma lo scopo è sempre uguale: assimilare il popolo invaso. Con tutti i mezzi, anche con una violenza fisica e psicologica mascherata da "insegnamento culturale".
Ci sono passi del Deuteronomio che incitano proprio alla distruzione di popoli, alla rapina di quello che si incontra sul proprio cammino distruttore. In generale, molti versetti dell'Antico Testamento sono stati presi a prestito dalla Chiesa per legittimare atrocità (dalle Crociate fino alla conquista e alla sottomissione dei popoli nativi di ogni parte del mondo). Dimenticando, e ciò fu il grande limite della Chiesa, il messaggio evangelico, che invece sovverte totalmente i principi dell'era precristiana (fatti salvi alcuni capitoli per esempio di Paolo, che scrive dell'assoggettamento della moglie al proprio marito, ecc.). Insomma, si chiama Cristianesimo, ma per molti secoli questo immenso impianto religioso ha tradito il messaggio di Cristo, che è talmente semplice, puro e straordinario... Non esiste altra religione al mondo che celebri l'abbraccio verso il proprio fratello, la solidarietà verso gli ultimi, l'accoglienza del peccatore, come il Cristianesimo. La sua gestione ha falsificato e tradito nel profondo il suo altissimo messaggio umano e umanitario.
EliminaIo calcherei la mano sulla mancanza di tempismo. Tra duecento anni, forse, un Papa chiederà perdono per gli immigrati che muoiono di stenti ammucchiati dentro risicati hotspot. Quand'è che si farà qualcosa di buono nell'esatto momento in cui deve essere fatta?
RispondiEliminaLe responsabilità di ogni istituzione, di ogni potere, saranno sempre grandi. Sulle grandi problematiche odierne, posso dire che ci sono molti istituti religiosi e molti religiosi che fanno il proprio dovere, compiono missioni ai limiti dell'estremo e in luoghi impensabili. Che poi la Chiesa resti quella grande istituzione, ricchissima e con un largo potere, in grado di poter fare molto più di ciò che fa, questo purtroppo sarà per sempre. Questo papa, così umile e aperto verso le genti, è ciò che ci voleva. Una strada aperta dai due papi Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, con quella umanità e apertura che li ha contraddistinti, che dovrà essere sempre percorsa se la chiesa intende realizzare realmente il messaggio cristiano.
EliminaQuesta è una delle terribili storie terrificanti di cosiddetta “civilizzazione” perpetrate ai danni di popolazioni indigene aventi la sola sfortuna di trovarsi in luoghi di interesse espansionistico occidentale. Fa rabbia pensare a quello che questi bambini hanno subito, è stato un genocidio consapevole con la complicità della chiesa (certo non il primo, di crimini la chiesa cattolica ne ha commessi tanti). Questo gesto del Papa ha il pregio di aver portato l’attenzione su questa storia, ancor più terribile perché continuata quasi fino ai nostri giorni, non credo che queste scuse bastino, ma forse è un primo passo...
RispondiEliminaPurtroppo, come tu scrivi, la Storia è disseminata di queste tristi vicende, e sono quelle che sono giunte fino a noi. Penso al sommerso, al non raccontato. Bisogna prendere atto di queste vessazioni e riflettere attentamente in particolare nell'educare le generazioni future.
EliminaLa storia è piena di nefandezze, ma l'entità di questa che racconti è quasi incredibile. L'annientamento delle culture ha spesso utilizzato la scuola come strumento. Penso anche al divieto di uso della lingua gaelica in Scozia dopo le Clearances e l'Education Act, quando nelle scuole doveva essere insegnata soltanto la lingua inglese.
RispondiElimina(Ovviamente questo è niente al confronto delle atrocità subite dai nativi.)
EliminaLa cancellazione di un elemento culturale così importante come la lingua è stato tipico degli abusi subiti da queste civiltà. Non mi stupisce che la cancellazione avvenga proprio a partire dal principale strumento di comunicazione, come ad annientare parte della forza di un popolo e assimilarlo forzatamente al conquistatore. Dalle mie ricerche dei tempi della tesi di laurea sui nativi americani, ricordo che trovai il numero esatto delle lingue parlate prima della conquista dell'ovest e del Canada (risultava da un lungo lavoro di studi etnologici effettuati nella prima metà del Novecento) e quello che risultava a metà del XX secolo. Due terzi di lingue falcidiate dalla conquista. Terribile. Tanto più che fu un'operazione del tutto innocente da parte dei governi americani e canadesi.
EliminaRicordo di aver sentito la notizia del rinvenimento al telegiornale e di essere rimasta inorridita. L'ennesimo scempio compiuto dall'Uomo in nome di un Dio che dovrebbe essere amore, verso se stessi e verso il prossimo, di qualsiasi etnia, religione, cultura, nazione sia quel prossimo. E non è finita. Anche ai nostri giorni si continuano a compiere atti di prevaricazione in nome dello stesso Dio. Magari non così terribili, lo spero, ma se non teniamo alta la guardia ci vuole poco perché degenerino nella stessa tragicità.
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