martedì 9 aprile 2019

Mattatoio n. 5 - Kurt Vonnegut

Incipit: È tutto accaduto, più o meno. Le parti sulla guerra, in ogni caso, sono abbastanza vere. Un tale che conoscevo fu veramente ucciso, a Dresda, per aver preso una teiera che non era sua. Un altro tizio che conoscevo minacciò veramente di fare uccidere i suoi nemici personali, dopo la guerra, da killer prezzolati. E così via. Ho cambiato tutti i nomi.

È il primo libro che leggo di Vonnegut, un autore che mi prefiggevo di leggere da un po'. Mesi fa mi imbattei nell'annuncio di uno spettacolo teatrale tratto da questo libro e fui colpita anzitutto dal titolo. 
Mi informai sul suo contenuto e seppi che lo avrei letto perché unisce un tema tragico a una scrittura originale, ironica, provocatoria, punzecchiante. 
Per certi aspetti, assomiglia a Paul Beatty e al suo romanzo maggiore, Lo schiavista, che ho recensito qui. I fatti sono tragici, ma vengono narrati in maniera che definirei, banalmente, "leggera". 
Ma così è troppo riduttivo. 
Il libro, pubblicato nel 1969 (con una trasposizione cinematografica nel 1972), ha come suo nucleo il bombardamento angloamericano sulla città tedesca di Dresda, avvenuto nel febbraio 1945. In tre giorni di devastazione, tonnellate di bombe ridussero in macerie una delle città più affascinanti d'Europa, che era fino ad allora stata risparmiata dal fuoco della Seconda Guerra. 
Negli ultimi mesi di un conflitto che causò più di 50 milioni di vittime nel mondo, la distruzione di Dresda rientrò nel vasto piano di accerchiamento della Germania, e per certi aspetti fu la risposta alla devastazione causata dai tedeschi a Coventry nel 1940 (da cui il termine "coventrizzare", come è riportato nel libro di Storia che adopero in terza).
Vonnegut visse direttamente questo evento e il libro ripercorre i tragici fatti di quei giorni sulla falsariga di un'autobiografia "romanzata", largamente ispirata alla sua esperienza diretta. 
Come il protagonista, Billy Pilgrim, Vonnegut venne fatto prigioniero dai tedeschi durante l'offensiva delle Ardenne e poi portato a Dresda, dove assieme ad altri prigionieri fu utilizzato per lavori pesanti. Il gruppo di americani veniva fatto alloggiare in un sotterraneo sul quale sorgeva il mattatoio cittadino, che poi si rivelerà un luogo sicuro e dal quale in molti usciranno vivi, per aggirarsi in una città devastata, disseminata di cadaveri e rovine.


Un'immagine di Dresda dopo l'attacco angloamericano

Vonnegut affida alla scrittura il ricordo di una esperienza scioccante che neanche il tempo riesce a sanare. Vent'anni dopo, scrive il Mattatoio presumo con l'intenzione di oggettivarne la portata, liberarsi dalla frustrazione di un ricordo che appartiene poi a tutti i reduci di guerra. 

Tipico di molti scrittori e intellettuali dell'epoca il dibattito e la critica alla guerra, quella che viene a ragione definita "controcultura", per altro in anni in cui gli Usa mandano i loro giovani a morire in Vietnam (nella finzione letteraria, il figlio di Billy è un commilitone inviato in quella guerra), quindi argomento ancora attuale e scottante.
Il Mattatoio pertanto è oggettivazione di un ricordo, ma anche, attraverso una feroce ironia (ossimoro voluto) che percorre tutto il romanzo, critica della politica americana "guerrafondaia" e spietata. 
Non è un caso che Vonnegut ci faccia dono del discorso di Roosevelt all'indomani della devastazione causata dall'attacco nucleare in Giappone, per dirne una. 
Si può anche guardare alle pagine in cui il soldato americano viene aspramente descritto dai prigionieri inglesi e i tedeschi - che Vonnegut immagina armonizzarsi fra loro - come un rozzo commilitone malvestito e ottuso. 

Billy non è portato per "fare la guerra" e appare come un disadattato, non ha nulla di eroico, è uno spettatore passivo degli eventi, subisce le angherie dei suoi stessi compagni e cerca solo di sopperire alla mancanza di beni primari. 
Il paradosso della guerra in cui è immerso suo malgrado lo porta a essere una maschera tragica, diventa lo zimbello di tutti, indossa con nonchalance un cappotto minuscolo e degli stivali di scena argentati (trafugati in un teatro nel campo di prigionia). 
Quando Billy scopre che esistono dei libri di fantascienza - la scoperta è del tutto casuale, come ogni sua esperienza - quella finzione letteraria, creata da un fantomatico scrittore che legge solo lui, diventa uno strumento di fuga dalla realtà con salti temporali che gli fanno rivivere all'infinito i giorni di prigionia, ma anche alcuni momenti (anche privi di importanza) dei decenni successivi.
L'immaginazione porta Billy Pilgrim a figurarsi rapito dagli alieni - non antropomorfi ma piccoli sturalavandini con una mano in cima munita di occhio - e portato su Tralfamadore, dove viene messo per l'infinità sotto "osservazione".
Billy si domanda "perché proprio lui", eppure non c'è una risposta. "Non c'è nessun perché, è così e basta". Le cose accadono perché devono accadere, esattamente per lo stesso motivo per cui quell'insetto è rimasto incastonato nell'ambra

L'uomo, il terrestre, solo apparentemente ha libertà di scelta, in realtà è un prodotto del sistema. Lo sa l'alieno, il terrestre lo ignora. 
"Se non avessi passato tanto tempo a studiare i terrestri, non avrei la più pallida idea di cosa intendete per 'libero arbitrio'. 
Vonnegut compare nello svolgersi del racconto, improvvisamente, descritto da qualcuno come uno degli americani che scaricano nelle latrine il contenuto di una lauta surreale cena offerta dai prigionieri inglesi. 
Ero io. Era l'autore di questo libro. 
Ma anche in un passaggio che trovo bellissimo:
Quasi non ci sono personaggi, in questa storia, e quasi non ci sono confronti drammatici, perché la maggior parte degli individui che vi figurano sono malridotti, sono solo trastulli indifferenti in mano a forze immense. Uno dei principali effetti della guerra è, in fondo, che la gente è scoraggiata dal farsi personaggio. Ma il vecchio Derby diventò personaggio in quel momento. 
Segue il solo atto eroico di tutto il racconto.

L'assurdo e il paradosso, attraverso una scrittura vivace, semplice, ironica, sono una monumentale metafora della critica al sistema, alla Storia, all'uomo ottenebrato dal potere, alla costrizione dell'uomo comune a piegarsi al volere di un potere superiore, allo Stato. 
Per Vonnegut la scrittura ha un gusto gradevole, è un gioco intelligente, sottile, per certi aspetti vicina al genio di chi sa destreggiarne i significati infiniti, senza il bisogno di una sintassi complessa. 

Un'immagine tratta dal film: Michael Saks nel ruolo di Billy Pilgrim 
Lo avete letto? Avete letto altri libri di Vonnegut?

17 commenti:

  1. Vonnegut viene considerato un nume tutelare della fantascienza anche se la maggior parte dei suoi libri sfiorano il genere solo in maniera laterale.

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    1. Mi piace che lo sia diventato "per caso", e in modo originale, cercando di vestire i panni del grottesco scrittore Kilgore Trout. Mi piace questo nascere qualcosa da una costola di qualcos'altro.

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  2. Non l'ho letto, ma mi hai messo una voglia irrefrenabile di leggerlo con la tua splendida recensione. Quando si parla di esseri umani travolti da forze impari, la mia curiosità è alle stelle, specialmente quando si tratta di eventi vissuti sulla propria pelle. Penso che, per questi sopravvissuti dell'ultima guerra, dimenticare fosse impossibile.

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    1. Per quanto decisamente singolare, apparentemente quasi insignificante, questo libro è immenso.
      Come si può raccontare quell'abominevole evento con leggerezza e facendo che sia quella cosa "immobile e immutabile" contro cui va a cozzare la misera umanità che vi si muove contro?
      Vonnegut ci riesce perfettamente. Sono curiosa di dare un'occhiata al film.

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  3. Ho voluto leggerlo, nonostante il solito mio pregiudizio sul genere. Ma l'ho superato (come in molte altre letture di quest'ultimo periodo) e ne sono stata contenta: ho scoperto un libro geniale nella sua costruzione, con questi continui salti temporali che non mi hanno mai fatto perdere di vista la linea centrale della storia: la condanna di un sistema di guerra, presa quasi in giro attraverso il paradosso e l'ironia.
    Per me è stata una piacevole sorpresa, non escludo di leggere altro dell'autore.

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    1. Anch'io credo che leggerò qualcos'altro di suo.
      Sono attratta da "Quando siete felici fateci caso", da alcuni discorsi tenuti nelle università americane. :)

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    2. E sono attratta anche da "Cronosisma".

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  4. Ho finito di leggere da poco "Revolutionary Road" di Richard Yates e ho scoperto (rimanendo affascinata da Yates) che Vonnegut si ispirò nello stile e nei temi al primo, quindi questa tua approfondita e bella recensione mi ha portato a dover per forza comprarne un testo. Devo ancora decidere se questo che hai letto tu o il quello che hai citato sopra, "Quando siete felici fateci caso", vedrò... Comunque grazie, veramente particolare questo romanzo e che reca ancora tante riflessioni.

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    1. Grazie, Michela! Sono attratta anche da quel notissimo romanzo di Richard Yates. Lo avevo visto recensito in un gruppo di lettori su Fb, se lo hai recensito anche tu, vado a leggere.

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  5. Il fatto che l'autore abbia vissuto in prima persona gli eventi che narra è un valore aggiunto. Prendo nota, dopo questa bella recensione.

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  6. La tua recensione trasuda rispetto e ammirazione e quando libro e autore riescono in questo intento ci sono i presupposti per un'ottima lettura.

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    1. È una lettura diversa dalle altre ma... è un'esperienza particolare. Bisognerebbe leggere un po' di tutto, sempre fra libri di valore, ovviamente. :)

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  7. Dici bene: l'assurdo e il paradosso, e una scrittura semplice e ironica, che è sempre una caratteristica da grande Scrittore. Un capolavoro da brividi.

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    1. Gli estimatori lo hanno venerato letteralmente, è così.

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  8. E' uno scrittore che voglio leggere in futuro, ma mi hanno consigliato "Quando siete felici fateci caso" per iniziare.

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