Niente di più futile, di più falso, di più vano, niente di più necessario del teatro.
Così scriveva Louis Jouvet, stigmatizzando la contraddizione insita nel teatro.
C'è dell'ottimo teatro fra professionisti e amatori, così come c'è del pessimo teatro in entrambi gli ambiti. Vi è mai capitato di assistere a uno spettacolo teatrale in cui vi sia venuta la sana voglia di alzarvi e andarvene?
A me è capitato di assistere a più di uno spettacolo teatrale noiosissimo: questo è un giudizio da spettatrice. Se ci aggiungo che li ho guardati anche con l'occhio un po' esperto di chi pratica il teatro sul palcoscenico e fuori, direi che erano oggettivamente brutti.
Quello che ho imparato vedendo del brutto teatro è che vedere del brutto teatro serve.
Parrebbe una contraddizione in termini, invece è un paradosso assolutamente utile.
Vedere del brutto teatro può offrire la cifra di ciò che non va fatto, perché il giudizio scaturisce assistendovi da una platea, e se si fa del teatro occorre tenere presente anzitutto il rispetto del pubblico. Non possiamo farci illusioni: il teatro non può permettersi di essere un atto di puro egocentrismo. Tutto ciò che si muove e viene raccontato in palcoscenico non può né deve essere il momento di un tronfio narcisismo.
Sia chiaro, c'è anche un teatro a uso e consumo locale che non ha bisogno d'altro che di ciò che già conosce, per divertire amici e parenti, ed è perfettamente bastevole a se stesso.
Voglio invece riferirmi a un teatro autentico, quello destinato a un'ampia platea, che vuole uscire da determinati confini, che si sente pronto ad andare incontro a spettatori d'ogni luogo.
The Laughing Audience by Edward Matthew Ward (1816-1879) |
Gli errori più comuni di chi mette in scena un brutto spettacolo:
1. Una brutta drammaturgia: lo si nota in particolare coi testi inediti. Il teatro amatoriale pullula di autori, io ne sono parte. Moltissimi registi amano scriversi i copioni da soli, questa può essere cosa buona e giusta ma anche un errore grossolano. L'ultimo brutto spettacolo che ho visto era una drammaturgia inedita in cui sovrabbondavano citazioni intellettualoidi e battute vagamente riferite al repertorio brillante anglosassone, col pessimo risultato di un cicaleccio fra attori e attrici, sovraccarichi di battute e gag, in cui emergeva tutto l'autocompiacimento di chi ha scritto quel pessimo testo. Non si riusciva a individuare il tema, non ho capito dove volesse arrivare. Lo spettatore era disorientato, molti non sono arrivati a fine spettacolo.
2. Troppo di tutto: una brutta drammaturgia di solito presenta questo errore grossolano. Troppi personaggi, troppe parole, troppe situazioni, molte delle quali totalmente inutili. Il che mi fa pensare che alcuni si mettano a scrivere senza conoscere nessuna regola fondamentale della drammaturgia. La scrittura drammaturgica non ammette errori del genere. La vera scrittura drammaturgica lavora tutta per estrazione, sottrazione.
3. Attori e attrici "fuori ruolo", non "in parte": assegnazioni fatte per accontentare amici, magari... Pessima idea! A ogni attore il proprio ruolo, questo è un principio fondamentale. Una parte va assegnata considerando tutto, oltre alla capacità interpretativa è necessaria una credibilità fisica, e assieme a questa anche la scelta di ogni costume deve essere coerente. Mi è capitato di trovarmi dinanzi a interpreti in maglione e altri in prendisole, nella stessa scena e senza alcuna motivazione. È spiazzante e non solo, infastidisce proprio. Lo spettatore dinanzi a un dettaglio del genere sposta la mente continuamente su ciò che lo infastidisce, è un classico.
4. Uso scorretto degli arredi di scena: la cosa va dal non decidere da dove si entri e si esca per intendere la soglia di casa, all'infilarsi dietro una quinta in uscita senza che questa sia effettivamente la stanza che prima si intendeva. Fino a recitare tutto lo spettacolo dietro un divano posizionato a centro scena. Senza motivazione alcuna.
5. Assenza di una vera regia: se la storia è già pessima, figuriamoci cosa diventa quando è mal diretta. Anche qui, devo ripetermi. Alcuni non solo non scrivono correttamente ma non dirigono neppure. Non conoscono le norme fondamentali del dirigere un lavoro perché di fatto non hanno inventiva. Il regista firma anche metaforicamente il lavoro, è la sua visione personale.
Fare regia richiede conoscenza, studio, esperienza. La regia nasce da un lampo, qualcosa che arriva e che richiede di essere raccontata. Personalmente ho delle vere e proprie visioni, il che mi ricorda un bellissimo racconto di Fellini a riguardo, quando disse che da bambino gli bastava mettere la testa su ogni angolo del suo letto perché quella visione si diversificasse.
L'assenza di una vera regia guasta totalmente uno spettacolo, anche dinanzi a una buona drammaturgia. Mai affidare un racconto in palcoscenico a chi si millanta regista senza esserlo.
Probabilmente anche altri aspetti rendono brutto uno spettacolo, ma questi cinque mi paiono quelli più evidenti. In definitiva, i brutti spettacoli cui ho assistito erano tutti il prodotto di un certo autocompiacimento che non giova al teatro, come lo spettatore sa assai bene.
È necessario disporsi perennemente nella posizione di chi apprende. Sapere di avere ancora tanto da imparare aiuta, e l'umiltà è una fonte cui bisogna attingere sempre, dubitando e ancora dubitando.
Avete mai assistito a un brutto spettacolo teatrale?
Se sì, cosa avete trovato particolarmente intollerabile?
Proprio brutto in senso stretto no, sono stato fortunato. Mi è capitato di assistere a lavori teatrali di quelli che tu definisci "a uso e consumo locale" e magari talvolta ho notato un eccesso di approssimazione: va bene la messa in scena dilettantesca in cui regista e attori sono i primi ad ammettere i propri limiti e a invitare gli spettatori a essere comprensivi, però almeno metterci l'impegno è doveroso.
RispondiEliminaIo ho iniziato proprio nel teatro a uso e consumo locale, in una parrocchia, tanti anni fa. A parte che finiva con l'essere un contenitore in cui si infilavano tutti, era di fatto un'esperienza di puro divertimento. Ovviamente la platea era composta esclusivamente da parenti e amici e il tutto si concludeva in una prima e un paio di repliche. :)
EliminaIl bello era il gran da fare in cui si calavano un po' tutti, in particolare nonni e genitori dei ragazzi più giovani. In tal senso era un'esperienza aggregante assai interessante. Sì, ma questo è proprio teatro amatoriale locale, ecco. Approssimato a dir poco. Tenero, diciamo. :)
certamente. l'ultimo è stato La guerra dei Roses con Ambra Angiolini protagonista, che pur vantava lusinghiere presentazioni e recensioni che puoi trovare facilmente in rete. perché? perché, come dici tu, di tutto un po' c'era troppo o troppo poco
RispondiEliminaMi fai ricordare di aver visto uno spettacolo con Antonella Elia, una sera d'estate durante una rassegna molto bella per altro, ad Ariccia.
EliminaIl richiamo era dovuto tutto al personaggio televisivo (non per me, semplicemente mi interessava come avessero reso La venexiana), ma si confermò uno spettacolo insipido. Lei fuori parte. Molto ma molto migliore una delle attrici comprimarie, sconosciuta per altro.
la Angiolini non era il peggio. credo, però, che sia soprattutto adatta al cinema: scene brevi che possono essere anche più volte rigirate. a controprova ti cito Elena Sofia Ricci, bravissima in Vetri rotti di Miller, con un altrettanto bravo Maurizio Donadoni, ottima recitazione di entrambi, scenografie essenziali ma efficacissime, regia sicura e consapevole del testo. la perdonabile pecca era Gianmarco Tognazzi, attore di cinema, che recitava pressoché sempre con le mani in tasca
EliminaUna delle pecche del teatro "professionistico" è l'inclusione di personaggi televisivi, la maggior parte dei quali poco ha a che vedere con la recitazione su palcoscenico. Del resto, molta parte del pubblico di teatro è attratto dal nome del personaggio televisivo. E spesso questi spettacoli sono scadenti.
EliminaLo spettacolo di ieri al Teatro "Lo Spazio"..."Disturbo della quiete pubblica". ..non mi è piaciuto Errore ne. 2 Troppo di tutto. ..forse..non mi sono sentita per niente coinvolta
RispondiEliminaTeresa, finalmente con un account in tutto il tuo splendore. :)
EliminaEcco, tu che sei fine spettatrice e vedi tantissimo teatro, puoi ben dirlo.
Sai che pensandoci penso proprio che no, non mi è mai capitato di assistere ad un spettacolo particolarmente brutto?
RispondiEliminaPoi certo, ce ne sono di più belli e di meno belli, ma proprio brutti fino adesso no, per fortuna!
Fortunata tu! Ammetto che anche in uno spettacolo molto brutto ci sia qualcosa da salvare. :)
EliminaImmagino che anche nel teatro si riscontri quella convinzione, propria anche di molti scrittori (e non solo), che un lavoro artistico richieda solo talento innato e nessun esercizio, nessuno studio. Non ho la competenza per lanciarmi in un'analisi accurata come la tua, ma credo che i tuoi siano tutti argomenti validi per individuare dei difetti. Penso sia valida soprattutto la critica all'assenza di una direzione, che provoca confusione e produce un messaggio annacquato.
RispondiEliminaFino a qualche decennio fa, le accademie di teatro facevano un lavoro molto molto serio. Basti pensare alla Silvio D'Amico di Roma, che annoverava fra i maestri della drammaturgia lo stesso Camilleri. Oggi le accademie pullulano di giovani che spesso non trovano uno sbocco dopo l'accademia, e magari vanno avanti le starlette solo per un'apparizione televisiva. È anche l'epoca a inficiare l'arte drammatica, il rigore di un tempo non esiste praticamente più.
EliminaNon ho assistito perché è proprio raro che io vada a teatro.
RispondiEliminaMa ho letto comunque con piacere. In fondo, al di là degli esempi concreti, ogni cosa brutta va vista per... evitare di replicarla.
L'assenza di regia significa l'assenza di tutto, e immagino che possa sembrare qualcosa allo sbando^^
Moz-
Perché ci vai raramente? C'è un certo teatro da contro cultura che invece potrebbe piacerti molto.
EliminaLa tua analisi puntuale è frutto di tanta competenza, complimenti. Io amo il teatro, per assistere a degli spettacoli seri come La tempesta di Shakespeare o Sei personaggi in cerca d'autore per la regia di Giulio Bosetti, vivendo in un'isola, mi sono sottoposta a trasferte faticose. In genere il teatro amatoriale delle compagnie della mia isola è dignitoso, anche se le sviste di costumi di scena e di arredamento non si contano :D
RispondiEliminaRosalia, ci conosciamo da pochissimo quindi ignoro questo dettaglio: scrivi che vivi su un'isola, precisamente dove?
EliminaVivo all'Isola d'Elba;)
Eliminain campo professionale, a me disturba quando si annuncia in locandina un testo e poi ti trovi davanti a tutt'altro. Mi è capitato diverse volte: vado per vedere Amleto di Shakespeare, o Woyzeck di Buchner, e mi trovo davanti a un'elaborazione del regista. Nel teatro d'opera è ormai diventata la regola, anche nei teatri più importanti fanno spettacoli che non hanno più niente a che fare con l'originale (il prossimo passo sarà cambiare anche la musica, suppongo). Si possono fare tagli, perché i nostri tempi sono diversi dal teatro elisabettiano, si possono fare riletture purché intelligenti, ma Amleto di Shakespeare deve essere Amleto di Shakespeare, e se non è così lo si dica chiaramente in locandina: rilettura libera di Amleto a cura di.
RispondiEliminaPoi sugli spettacoli brutti si può discutere, a volte sono impressioni personali che non tutti condividono, ma il rispetto per l'autore ci deve sempre essere.
Sul piano delle compagnie non professionali, prima di tutto si valutano l'impegno e la simpatia - come capita con Bottom e soci, insomma, che alla fine dei conti Piramo e Tisbe la mettono in scena per davvero, e finiscono per essere applauditi nonostante tutto :-)
Le riscritture drammaturgiche di solito vengono dichiarate apertamente allo spettatore, mi meraviglia che ci siano registi che non lo fanno. Hai perfettamente ragione. Lo spettatore non può essere in qualche modo "ingannato", non è giusto, a maggior ragione se conosce un determinato repertorio e si aspetta ciò che conosce già.
EliminaQuanto all'impegno e alla simpatia delle Compagnie amatoriali, concordo. Importante è non millantare una ciofeca in un grande spettacolo. :) Shakespeare ha messo alla berlina l'inettitudine con il gruppo di Bottom e soci. Ha strizzato l'occhio rendendo risibile il loro "danno" ma la critica risultava feroce. Si riservò quel bellissimo passaggio anche nell'Amleto per criticare l'inettitudine in palcoscenico.
Ammetto che per fortuna non mi è mai capitato, però non sono così frequentatrice di teatro. Gli spettacoli a cui ho assistito corrispondevano sempre alle aspettative, anzi spesso le hanno superate. Credo che sia un po' come nel cinema dove esistono tante pellicole non proprio riuscite, ma comunque prodotte, che paiono più soldi e tempo buttati al vento, specie agli occhi di un professionista. Quindi comprendo il fastidio che deve procurare un lavoro non troppo curato e pieno di pressapochismo, come quello che hai elencato. Un vero piacere, perché in effetti chi assiste a certi spettacoli e lascia la sala prima del tempo difficilmente ripete l'esperienza.
RispondiEliminaInfatti si va a creare un precedente che danneggia assai il teatro tutto. Molti spettatori vanno pochissimo a vedere spettacoli, e se capita di vederne uno scadente, magari andrà a teatro sempre meno.
EliminaQui in Germania mi manca proprio il teatro. Finché ci ho lavorato me la cavavo assistendo alla prova generale. Erano quasi tutti testi di Brecht, dio ci salvi, recitati secondo me troppo tedescamente. Qualche volta Shakespeare, con il che ci siamo capiti riguardo il repertorio, niente affatto moderno né modernissimo.
RispondiEliminaUn paio di testi li ho buttati giù da solo ma non ho provato nemmeno a parlarne a uno dei nostri registi giovani. Alla fine ero convinto di aver bucato due gomme. In teatro se non hai santi in Paradiso non esci fuori.
Buona serata Luz.
Perlomeno i tedeschi valorizzano il loro Brecht. Mi domando in effetti come sia Shakespeare recitato in tedesco (o adoperano l'originale?).
EliminaPeccato per non aver tentato ai tempi di presentare un tuo testo, Enzo, magari invece sarebbe stato un successo.
Shakespeare è tale solamente se recitato in originale, altrimenti è Scespir oppure Schekspiar. Comunque tutt un'altra minestra.
EliminaUno dei due me lo ricordo. Potrei inviarti lo schema in privato. Ci penso.
Ecco, autocompiacimento. Non c'è parola migliore per definire il genere di spettacoli pretenziosi che aborro. Purtroppo ne ho visto uno alcuni anni fa che era inerente proprio al periodo che mi appassiona di più, cioè la Rivoluzione Francese. Per farlo avevo anche rinunciato ad altri eventi interessanti. Lo spettacolo si intitolava "Lettere di Lucile Desmoulins" per la drammaturgia e regia di Paolo Bignamini. Alla fine dello spettacolo, se avessi avuto tra le mani questo signore, lo avrei fatto a fette. I problemi erano innumerevoli, a partire dal fatto che non si capiva nulla di quello che stava accadendo in scena, dove c'era una sola attrice. Non lo capivo io che so a memoria tutta la storia, figuriamoci gli altri spettatori, che peraltro non sono tenuti a sapere niente (in sala eravamo in quattro... i classici quattro gatti). Coglievo dei rimandi qua e là, ma incomprensibili, affogati com'erano in un testo-minestrone che mescolava elementi come la stregoneria (?) e l'incidente di Fukushima (??). Che messaggio volesse veicolare l'autore-regista, io non l'ho ancora capito. E sì che l'attrice era anche brava!
RispondiEliminaSono molto più indulgente, invece, quando vedo che c'è un testo amatoriale, ma tanto impegno dietro.
Ho guardato qualche sito riferito allo spettacolo che citi e ho visto che si trattava di una produzione che pretendeva di essere di certo livello. Alcuni registi e drammaturghi hanno mezzi che io potrei solo sognare e gettano al vento delle ottime opportunità di arrivare a quanto più pubblico possibile. Peccato.
EliminaL'autoreferenzialità è terribile in teatro. Anche lo spettatore più inesperto sarebbe in grado di coglierla. Visioni personali, troppo particolari di una determinata storia, contaminazioni cervellotiche. No... capisco perfettamente il tuo fastidio.
Avendo pochissima esperienza di spettacoli teatrali, mi è difficile dire se ho visto qualcosa di davvero brutto, però l'analisi che fai mi sembra molto sensata. Tra tutti gli elementi che hai citato, intuisco poi che la regia possa fare davvero la differenza. E l'autocompiacimento è un veleno terribile in qualsiasi storia, teatrale o scritta.
RispondiEliminaEh sì, vedo che tu e Grazia Gironella avete fatto un riferimento che condivido in pieno. Può adattarsi anche alla narrazione fuori da un palcoscenico e ha un sapore molto simile.
EliminaLe tue osservazioni si adattano bene anche ai romanzi di scarsa qualità. Anche in quel caso, l'autocompiacimento dell'autore è una delle cause principali di fastidio per il lettore. In effetti leggere qualcosa di pessimo riattiva il campanello di allarme personale, quello che, da autore, ti fa drizzare i capelli in testa quando stai commettendo un errore grossolano. Molto utile!
RispondiEliminaInfatti, come guardare del cattivo teatro finisce con l'essere utile, così anche leggere qua e là qualcosa di scritto malissimo aiuta. :)
EliminaDi solito apprezzo le riscritture drammaturgiche, a patto che siano dichiarate esplicitamente. Invece, un paio d'anni fa, circa, ho assistito a una versione decisamente insolita del capolavoro eduardiano, Natale in casa Cupiello, interpretato e diretto da Fausto Russo Alesi e sono uscita dal Piccolo con la sensazione di aver visto una vera ciofeca. Intanto era stato trasformato in un monologo, pensa, e poi era tutto così tetro e angosciante che sarei scappata fuori se non fosse stato che mi trovavo in compagnia di amici. Insomma, è vero che il giudizio è soggettivo, però, mi sento più benigna e tollerante (nei limiti del possibile) con le compagnie amatoriali!
RispondiEliminaGià gli "assoli" li lascerei a chi davvero li sa fare, a chi ha carisma da vendere (e Russi Alesi, mi spiace molto per lui, non è certo Carmelo Bene) e poi basta con questi che si vogliono spacciare per geni vendendoti aria fritta! E mi spiace pure per il Piccolo che ha toppato miseramente.
Ripeto, la modernità a teatro è sempre la benvenuta, purché sia a di qualità ;)
Ritengo Eduardo fra gli intoccabili. Già mi spiazzò la versione italiana di "Filumena Marturano", pur sapientemente recitata dalla compianta Mariangela Melato. Eduardo è un'icona del teatro non solo italiano, rappresenta una realtà ineludibile, trasformarlo o adattarlo lo snatura irrimediabilmente.
EliminaConcordo, non tutti possono permettersi questi atti arditi.
Una quindicina di anni fa mi è capitato di veder rappresentato a teatro il romanzo Trilogia della città di K di Agota Kristof e ho trovato lo spettacolo francamente imbarazzante, tanto che a metà sono dovuta uscire (vergognandomi come una ladra, perché di base rispetto il lavoro di chi si mette in gioco su un palco, ma proprio non ce l’avrei fatta ad arrivare alla fine). Non so se hai mai letto il romanzo, comunque gran parte della storia ha per protagonisti due gemelli; ebbene, non avendo evidentemente a disposizione non dico due gemelli ma nemmeno due attori bambini, la parte è stata assegnata a due ragazze, e anche se il regista ha avuto il buon senso di scegliere due tipi androgini e di ricoprirle di vestiti informi, il risultato è stato spiazzante. A parte questo non ho apprezzato molto la recitazione, troppo sopra le righe, quasi cartoonesca, mentre il libro a quanto ricordo ha uno stile asciutto e con pochi fronzoli, ma neanche la scenografia mi ha convinto… (il che credo rientri nel punto 4). Dopo tanti anni non sono in grado dire qualcosa di più, ma ho avuto l’impressione che il progetto fosse destinato al fallimento fin dall’inizio… perché per mettere in scena una storia così complessa bisogna avere delle qualità eccezionali e credo che un attore o un regista dovrebbe avere l’umiltà di riconoscere se le possiede o no, altrimenti è meglio che si dedichi a progetti meno ambiziosi. Sono crudele, lo so. XD
RispondiEliminaCiao, Simona. Non sei affatto crudele, anzi, sei esigente e hai l'intelligenza di individuare quello che sul palcoscenico non funziona.
EliminaQuesti progetti ambiziosi quando sono fallimentari sono il frutto di registi che si credono in grado di affrontare "mostri" della narrazione, intrecci complessi, per giunta senza averne gli interpreti giusti.
Uscire da un teatro a metà spettacolo può sembrare un atto crudele ma a volte è necessario per non infliggersi del male (in senso metaforico, ovviamente:-). Vorrei tu vedessi un mio spettacolo, mi piace sottoporlo a spettatori anche molto esigenti. Io finora pare non abbia fallito, a parte un incidente di percorso di due anni fa, con un progetto che chiusi dopo tre repliche perché messo in piedi con le persone sbagliate.
Sono passati diversi anni, ero a San Benedetto del Tronto con un'amica, era uno spettacolo con l'attrice principale abbastanza nota (ma non ricordo il nome) a un certo punto ho cominciato a ballare sulla poltrona, non vedevamo l'ora che finisse. Se fosse durato meno forse l'avremmo tollerato meglio, era inutilmente lungo, perché quello che era da capire, si capiva dopo la prima mezz'ora...forse c'era un po' di autocompiacimento nel testo, troppe parole inutili.
RispondiEliminaDici bene, lo spettatore insoddisfatto e annoiato comincia subito a trovare molto scomoda la poltrona su cui siede. È un principio che mi fu insegnato durante il Corso di Drammaturgia di tanti anni fa che mi aprì le porte di questa "avventura".
EliminaAbbiamo fatto oltre una decina d'anni di teatro amatoriale con mia moglie, conosciuta proprio sulle tavole del palcoscenico (conosci qualcosa di più romantico, che non leghi indelebilmente alle atmosfere di una quinta?). Poi sempre frequentato, abbonamenti annuali, spettacoli a campione, ma sempre curiosi ..e anche clementi (sarà l'età..), ora pronti per questo tuo Pinocchio.. e curiosissimi!! ;)
RispondiEliminaFranco, leggo solo adesso il tuo commento. :)
Elimina