Questo è un episodio accaduto qualche mese fa nella mia terza classe delle medie, una di quelle manciate di minuti che ti fanno pensare che non tutto è perduto riguardo all'interesse dei ragazzi per la letteratura.
Mi è tornato in mente perché mi è passata dinanzi l'immagine dolente di una donna, una madre probabilmente, che tiene fra le braccia una bambina priva di sensi; lo scenario è quello della Siria dei giorni dell'attacco ad Aleppo, della tragedia degli ennesimi attacchi chimici ai danni di popolazioni inermi e innocenti di un paese martoriato.
Preferisco non pubblicarla, per pudore e rispetto.
Come la madre siriana, la madre di Cecilia del celebre brano de I Promessi Sposi, è il simbolo di tutte le madri straziate dal dolore.
Sembrerebbe un paragone azzardato, eppure la forza che emana dalle parole di Manzoni è innegabile e rappresentativa.
Uno dei compiti di un insegnante di Italiano dovrebbe essere quello di far comprendere quanto la letteratura sia universale e trasversale. Non v'è letteratura lontana dalla realtà in cui prende forma. Manzoni, strenuo ricercatore di dettagli in fase di preparazione di quelle che saranno le diverse stesure del suo capolavoro, attinge alle cronache della peste che decimò Milano nel XVII secolo.
Era la mattina in cui avremmo chiuso l'argomento Manzoni, ma i brani che presenta il nostro testo non esauriscono il discorso sulla bellezza di certi passaggi. E meno male che comprende l'addio monti e la descrizione della Monaca di Monza.
Non si potevano perdere le righe della madre di Cecilia, così le ho cercate sul mio tablet e ho richiamato la loro attenzione intanto descrivendo il momento.
La madre di Cecilia ha un portamento dignitoso, nobile, nell'atto di consegnare la propria figlia ai monatti, gli incaricati pubblici di portare i cadaveri nei lazzaretti. La descrizione di Manzoni è minuziosa, solenne, è il punto di vista di un autore che può ben definirsi "realista" e allo stesso tempo partecipe di ciò che narra.
La mia lettura quella mattina è stata accorata, il mio tentativo è stato quello di far entrare idealmente i ragazzi in quei minuti narrati. E loro sono stati silenziosi, rispettosi, alcuni hanno detto che era un passaggio bellissimo.
Eccolo qui di seguito. Mi sento di dedicarlo alle madri che non hanno voce, raccontate solo dalle immagini di reporter di guerra.
Un'immagine di Aleppo, oggi |
Scendeva dalla soglia d’uno di quegli usci, e veniva verso il convoglio, una donna, il cui aspetto annunciava una giovinezza avanzata, ma non trascorsa; e vi traspariva una bellezza velata e offuscata, ma non guasta, da una gran passione, e da un languor mortale: quella bellezza molle a un tempo e maestosa che brilla nel sangue lombardo. La sua andatura era affaticata, ma non cascante; gli occhi non davan lacrime, ma portavan segno d’averne sparse tante; c’era in quel dolore un non so che di pacato e di profondo, che attestava un’anima tutta consapevole e presente a sentirlo. Ma non era il solo suo aspetto che, tra tante miserie, la indicasse così particolarmente alla pietà, e ravvivasse per lei quel sentimento ormai stracco e ammortito ne cuori.
Portava essa in collo una bambina di forse nov’anni, morta; ma tutta ben accomodata, co’ capelli divisi sulla fronte, con un vestito bianchissimo, come se quelle mani l’avessero adornata per una festa promessa da tanto tempo, e data per premio. Né la teneva a giacere, ma sorretta, a sedere su un braccio, col petto appoggiato al petto, come se fosse stata viva; se non che una manina bianca a guisa di cera spenzolava da una parte, con una certa inanimata gravezza, e il capo posava sull’omero della madre, con un abbandono più forte del sonno: della madre, ché, se anche la somiglianza de’ volti non n’avesse fatto fede, l’avrebbe detto chiaramente quello de’ due ch’esprimeva ancora un sentimento. Un turpe monatto andò per levarle la bambina dalle braccia, con una specie però d’insolito rispetto, con un’esitazione involontaria. Ma quella, tirandosi indietro, senza però mostrare sdegno né disprezzo, «no!» disse: «non me la toccate per ora; devo metterla io su quel carro: prendete». Così dicendo, aprì una mano, fece vedere una borsa, e la lasciò cadere in quella che il monatto le tese. Poi continuò: «promettetemi di non levarle un filo dintorno, né di lasciar che altri ardisca di farlo e di metterla sotto terra così».Il monatto si mise una mano al petto; e poi, tutto premuroso, e quasi ossequioso, più per il nuovo sentimento da cui era come soggiogato, che per l’inaspettata ricompensa, s’affacendò a far un po' di posto sul carro per la morticina.
La madre, dato a questa un bacio in fronte, la mise lì come su un letto, ce l’accomodò, le stese sopra un panno bianco, e disse l’ultime parole: «addio, Cecilia! riposa in pace! Stasera verremo anche noi, per restar sempre insieme. Prega intanto per noi; ch’ io pregherò per te e per gli altri». Poi, voltatasi di nuovo al monatto, «voi», disse, «passando di qui verso sera, salirete a prendere anche me, e non me sola». Così detto, rientrò in casa, e, un momento dopo, s’affacciò alla finestra, tenendo in collo un’altra bambina più piccola, viva, ma coi segni della morte in volto. Stette a contemplare quelle così indegne esequie della prima, finché il carro non si mosse, finché lo poté vedere; poi disparve. E che altro poté fare, se non posar sul letto l’unica che le rimaneva, e mettersele accanto per morire insieme? come il fiore già rigoglioso sullo stelo cade insieme col fiorellino ancora in boccio, al passar della falce che pareggia tutte l’erbe del prato.
Un brano bellissimo. Grazie di avermelo fatto scoprire, visto che ho conosciuto il Manzoni solo per i pochi brani proposti a scuola, e forse per una lettura completa non molto sentita. :)
RispondiEliminaÈ stata un po' l'esperienza di tutti, purtroppo.
EliminaIo stessa, ho scoperto I Promessi Sposi da insegnante. :)
Ottimo spunto, collega.
RispondiEliminaNoi, parlando di Ulisse trovato da Nausicaa abbiamo ragionato sul fatto che Ulisse è a tutti gli effetti un profugo e quando trovi qualcuno su una spiaggia non puoi mai sapere se è un malintenzionato o un eroe.
Grazie, collega.
EliminaBello spunto anche il tuo. A ben guardare la letteratura offre una miriade di strade a chi sa guardare bene.
Il momento drammatico si presta sempre particolarmente a suscitare emozioni profonde. É importante che i ragazzi sappiano cogliere l'intensità di una descrizione e, purtroppo, l'esistenza reale del dramma descritto come esperienza esistenziale di quelle persone che, sfortunate loro, lo hanno vissuto.
RispondiEliminaI ragazzi sono sensibilissimi. Sono come nervi scoperti alla ricerca di stimoli giusti. Sanno approfondire, hanno bisogno di buoni maestri.
EliminaGrazie! Appena girato a mio figlio sedicenne. Ieri la sorella di 13 raccontava di come avessero parlato della guerra in Siria con l'insegnante di geografia e lui si rammaricava di discutere "solo" di Manzoni;
RispondiEliminaa me è venuto in mente subito lo stesso brano e la sua universalità. Perché una professoressa brava come me te ne ha parlato con passione a scuola!
Scusa ho invertito due parole "Brava come te me ne ha parlato"
EliminaGrazie, Sara!
EliminaSai che ho avuto alle superiori un'insegnante di letteratura così brava che mi ha fatto innamorare dei Promessi Sposi? Sai che leggendo come hai conquistato i tuoi alunni me lo hai fatto tornare in mente? Sai che sono gli insegnanti e la loro passione, il trasporto che ci mettono nel loro mestiere a trascinare gli alunni? Ecco tutto per dirti brava, di cuore.
RispondiEliminaGrazie, Nadia. In realtà non è semplice riuscire sempre e non si riesce sempre, di fatto. Questo spunto è stato come una folgorazione. Purtroppo, fra mille scartoffie burocratiche, non sempre è facile che me ne vengano. ;)
EliminaE come allora in classe mi si forma un groppo in gola. Se questo non è pure un esempio di Show don't tell...
RispondiEliminaSì, è come vedere lo scorrere dell'intera scena dinanzi...
EliminaCi sono dei passi dei promessi sposi che trovo bellissimi e strazianti. La madre di Cecilia mi ha sempre commosso tanto, ricordo le letture a scuola e il magone che mi procurava. Stasera nel rileggere questo brano non ho potuto frenare alcune lacrime. Se penso poi al martirio di donne e bambini in Siria mi sento spaccare il cuore.
RispondiEliminaStrano e bello come il racconto dello strazio nel grande romanzo manzoniano si accordi allo strazio vero di madri che stanno soffrendo. Grazie per averne colto la profondità.
EliminaQuesto brano mi ricorda sempre mio padre, che era un appassionato lettore di Manzoni. E' un passaggio celeberrimo, vivo e attuale ancora oggi come bene hai scritto. Ci sono anche delle fotografie di madri che tengono tra le braccia figli morti, e sembrano la Pietà di Michelangelo, a dimostrazione come tutto sia ripeta e sia trasversale. Spero soltanto che i nostri cuori non siano ormai troppo "ammortiti".
RispondiEliminaDeve essere stato bello cogliere la bellezza del romanzo già dalle parole del proprio padre. E la Pietà di Michelangelo è un'altra icona che rappresenta in modo perfetto il dolore della madre.
EliminaUna delle pagine più belle di sempre. La scorsa estate, quando ho riletto I Promessi Sposi ho sottolineato due momenti unici che mi hanno messo i brividi addosso e commosso nello stesso tempo: la conversione dell’Innominato e questo paragrafo si Cecilia uccisa dalla peste. Indimenticabili entrambi! Parlarne a dei ragazzi dev’essere appagante, quando sai come arrivare alla loro sensibilità. Non ho dubbi che tu ci sia riuscita.
RispondiEliminaI ragazzi colgono meglio un contenuto quando li si avvicina alla realtà, quando capiscono quando possa essere dietro l'angolo ciò che accade in un celebre romanzo. Insomma, se I Promessi Sposi sono ancora un baluardo dei programmi scolastici, un motivo dovrà pur esserci. :)
EliminaLa madre di Cecilia fa accapponare la pelle. Sempre. Grazie di aver dato spazio ed enfasi a questo passaggio narrativo e di averlo collegato ai giorni nostri.
RispondiEliminaDal 28simo capitolo il Manzoni inizia a descrivere, in crescendo, lo squallore della città. I tumulti, le impiccagioni, la carestia, la fame e la peste. Da qualche anno a Milano si tiene la Maratona Manzoni, alla quale ho partecipato più volte e che è aperta a chiunque voglia farsi carico della lettura ad alta voce di un singolo brano, o più capitoli, in un punto preciso del centro cittadino. Ciò che sembrava scritto per un'epoca remota sembra più attuale che mai, soprattutto dinanzi allo strazio che via via ha coinvolto varie zone del Medio Oriente.
Cosa sia accaduto di preciso in Siria nessun occidentale sa dirlo, dato che l'ingresso è interdetto a giornalisti e osservatori, però l'angoscia e la sofferenza di quel popolo è certa.
Trovo lodevole la sfida di sensibilizzare i ragazzi. Inoltre, vale sempre la pena di sfatare il mito che li vuole tutti bulli e apatici. Non nego il fenomeno, tutt'altro, ma preferisco prendere le distanze dal giudizio. Preferisco osservare.
Ancora grazie di questo post.
Grazie a te, Clementina, per averlo apprezzato.
EliminaOttima l'iniziativa di questa Maratona Manzoni. Così come ammirevole è la sensibilità che a volte si coglie negli enti locali quando inventano modi per richiamare l'attenzione su qualcosa che intimamente appartiene al territorio.