mercoledì 15 giugno 2016

Libreria. Un mondo in via di estinzione?

Magari il titolo è vagamente "apocalittico" ma la sensazione che ho vissuto un pomeriggio di qualche giorno fa è stata proprio questa: il senso di un'estinzione. Da anni ho l'abitudine di fare una capatina almeno una volta al mese in una libreria Mondadori in zona Roma sud, bellamente incastonata in un grande centro commerciale. Una delle più grandi qui, un megastore che si estende a perdita d'occhio e che ogni volta che vi si entra dà la sensazione di un mondo a sé, ovattato e debordante di volumi d'ogni genere e forma, anche in lingua originale. Da sempre è stato bello perdersi fra i reparti di questo grande negozio, perfino far scorrere lo sguardo su libri non proprio nelle nostre corde, ma che viene spontaneo guardare, obbedendo a quella esigenza di guardarsi proprio tutto prima di uscire. La mia tessera mi permette di accumulare punti e ottenere occasionalmente qualche buono sconto, quindi il luogo ideale per chi acquista libri in modo compulsivo. Ebbene, ci torno qualche giorno fa dopo qualche mese e...

Appena varchi la soglia adesso, la sensazione è quella di pugno allo stomaco, un senso di totale estraneità, al punto che pensi che la libreria lì non c'è più, che è stata spostata altrove e che ne è rimasta solo l'insegna. Al posto dei primi reparti, magari quelli con le novità del momento, o quelli degli editori che stanno facendo il 20% di sconto in quel mese, ecc., mi ritrovo dinanzi a lunghi banconi bianco opalescente, illuminati dall'interno, con sopra gli ultimi prodotti della tecnologia multimediale che fanno bella mostra di sé. Sono tanti, disposti in file perfettamente simmetriche, e ovviamente si deve fare la fila se ti vuoi guardare quei "gioielli" iper-super-ultra-high-tech.
Una delle librerie "in via di estinzione"?
Eh sì, perché la mia libreria preferita è diventata "luogo dove si vendono pc e tablet e smartphone altrimenti rischiava la chiusura". Io, che non ne ho nessuna voglia, bypasso l'assembramento e cerco gli amati tomi, ma non mi ritrovo dinanzi alla disposizione di un tempo, piuttosto dinanzi a colonne su cui sono disposti i detestati Distillati, la romanzistica rosa e i libri invenduti, che adesso pur di essere venduti si offrono al 50% di sconto. Solo a metà percorso - vi garantisco che si tratta di uno spazio davvero enorme - tutto sembra assumere una parvenza di normalità: reparti divisi per genere, libri catalogati per autore e ogni sorta di meraviglia che i bibliofili apprezzano da sempre. Insomma, per ritrovare una vera libreria bisogna spingersi fino in fondo, non arrendersi, non demordere, non dichiararsi sconfitti da questo nulla imperante. 
Cerco "L'ultimo ballo di Charlot" di Fabio Stassi, lo domando a un commesso. Al giovane uomo bibliofilo - raramente se ne trovano fra i commessi delle librerie - si illuminano gli occhi, balbetta emozionato che è uno dei più bei libri che abbia mai letto, mi chiede se l'ho già letto e devo regalarlo a qualcuno o se qualcuno me lo ha consigliato. Un fanciullo travolto da quella Bellezza che i buoni libri sanno conservare e trasmettere, un puntolino pieno di grazia sullo sfondo di questo scenario che mi ha messo il malumore addosso e che mi costringe a rispondere per monosillabi e a occhi bassi. 
Che ne sarà di quei luoghi in cui si vendono libri senza contaminazioni, senza il contagio di oggetti high-tech, merchandising e spazzatura ipermoderna che nulla hanno a che vedere con la carta stampata, con l'editoria perbene, con la creatività "umanista", con l'immaginazione cui il genio ha dato forma sapientemente e per sempre? Rassegnamoci alla loro estinzione. Il digital, l'infinitamente piccolo, il microchip avanzano inesorabili, un'offerta generosa dinanzi alla pressante domanda della stragrande maggioranza. E a noi, bibliofili bibliomani impotenti, non resta che assistere alla disfatta.

18 commenti:

  1. L'ultimo ballo di Charlot lo conosco anch'io. :)
    Io ho avuto un senso straniante entrando nella Feltrinelli di piazza CLN a Torino. Già un tempo era un negozio di dischi storico, Ricordi, mangiato dalla supercatena, ma poi ho pure visto a bancone 20 copie del libro di Lapo Elkann (la CE peraltro fa sempre riferimento agli Agnelli, N.d.A.deluso-frustrato). E lì capisci tante cose.

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    1. Sì, so che anche negozi storici di dischi stanno chiudendo o si stanno trasformando in altro. Insomma, il trionfo del contemporaneo che non sa mettere in risalto il passato.

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  2. Già in un vecchio post avevo parlato di questa amara sconfitta della cultura. Anche io in tante librerie noto i libri relegati in un piccolo angolo, quasi divorati dagli strumenti hi-tech di ultima generazione. Se sei di Roma avrai certo notato una famosa catena indipendente una volta molto rifornita, oggi vende in bella vista libri dell'usato a prezzi come se fossero nuovi. La maggior parte delle persone che leggono (poche ormai), comprano sui vari siti.

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    1. Abito a sud di Roma e mi è capitato di imbattermi in tante di queste realtà. Si tratta anche del moltiplicarsi esponenziale delle vendite online, ciò è innegabile. Però alla base di tutto noto un disimpegno totale nel voler conservare ciò che va tutelato. Tutto quello che per generazioni è stato un luogo deputato alla vendita di libri deve per forza diventare qualcos'altro per poter sopravvivere.

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  3. Mondadori non è più un riferimento per la letteratura da ormai da molti anni. Possiamo equipararla ad un megastore di tecnologia, settore nel quale è però nettamente schiacciata da giganti che nella tecnologia sono davvero specializzati. Per i libri meglio rivolgersi al canale online o, come io faccio spesso, avventurarmi nei negozi "Il libraccio", la cui presenza qui in Lombardia è abbastanza capillare (dovrebbe esserci un punto vendita anche a Roma, mi pare)...

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    1. Il Libraccio resiste, in effetti. Qui ce n'è uno molto ampio in Via Nazionale. Peccato che sia un po' fuori mano rispetto a questo store che avevo a 10 minuti di macchina.

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  4. Sapessi a Milano quante belle librerie hanno chiuso, o si sono trasferite in periferia per combattere contro gli affitti troppo alti! Ricordo con particolare piacere quando molti anni fa andavo in piazza San Babila alla galleria Passarella. C'era uno studente universitario che per guadagnare qualcosa aiutava nelle vendite. Era un piacere parlare con lui, gli si illuminavano gli occhi proprio come al commesso che hai citato, e non lo spaventavano le ricerche più difficili o le domande più assurde.

    Pensa che mio papà aveva sempre lavorato nel campo dell'impiantistica, ma quando era andato in pensione s'era poi messo a lavorare presso una libreria in piazza Diaz. Si occupava dei remainder sotto i portici. Lo conoscevano tutti per quanta passione metteva, e non aveva nemmeno potuto studiare da giovane. Un giorno un signore gli aveva fatto un gran complimento: "Lei non è un venditore. Lei è un libraio." A quanti si potrebbe dire questo, oggigiorno?

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    1. A pochissimi. Ecco, anche questa figura è diventata quasi leggendaria. Te lo invidio questo bel ricordo di tuo padre. :-)

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  5. Io non credo che sia la tecnologia il vero "nemico", bensì tutto ciò che ruota attorno al marketing. Il libro è sempre più considerato come prodotto da vendere, e lo è, non si può negare. Chi vende libri ha necessità di guadagnare. Le grandi catene, che rappresentano direttamente i grandi colossi editoriali devono far soldi, possono decidere della sorte di un libro, di un autore o di una piccola CE, possono decidere di investire i guadagni non portando nel nostro paese nuove traduzioni ma vendendo apparecchiature varie per fare più soldi.
    Non è tutto "male" o "bene"; certamente l'accentrare un potere, che in questo caso dovrebbe passare prima per l'aspetto culturale, in un momento come questo attuale dove Olivetti e Einaudi sono miraggi e forse nemmeno più esempi per molti, non può che danneggiare la Cultura.
    Sai, qui da me nella provinciaProvinciale XD questo tipo di crisi è stato avvertito molto prima dell'avvento massivo della tecnologia, abbiamo poche librerie ancora in grado di soddisfare le esigenze di noi lettori snob e forti, e purtroppo queste realtà non sono supportate nella loro attività. Sono mesi che cerchiamo, io e i miei librai, di avere su ordinazione un libro ediz. Hypnos: ad ora nessun risultato e nemmeno nessuna comunicazione in senso negativo (i distributori non dicono che non sia disponibile eh :D, semplicemente non lo mandano... è 1 libro, vuoi mettere se ordino 50 Riina Jr.?)
    Ciao Luz ^_^

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    1. Mi fai ricordare un'ordinazione mai andata a buon fine che feci diversi anni fa alla grande libreria in Stazione Termini. Una libreria enorme, non so se l'hai mai vista. Era di un editore minore, il secondo libro di una saga fantasy cui mi ero appassionata. Insomma, procedura come di consueto ma... ogni volta che andavo a dare un'occhiata, questi facevano spallucce imputando la responsabilità del mancato arrivo a disguidi e quant'altro. Bella roba!

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  6. Triste vedere le librerie trattate così.
    Bello entrare curiosare annusare leggere... comprare.
    Io ho perso il moo librsio di fiducia. Wuello che mi conosceva
    Ora ibs a gogo per forza di cose. Prima passaparola e poi internet.
    Odio entrare in una libreria e vedere i cellulari

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    1. Infatti questo connubio libri - smartphone è davvero insopportabile.

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  7. Chiaramente un brutto colpo. Per parte mia, apprezzo enormemente gli eReader, li trovo molto comodi, ma continuo a comprare anche molto cartaceo e non è la stessa cosa, per me. Il fatto è, secondo me, che ormai l'unica forma di sopravvivenza del libro è legata alla tecnologia, perchè l'editoria - come tutte le attività commerciali - si nutre di numeri, e non siamo noi bibliofili bibliomani che li gonfiamo. Lottiamo strenuamente, ma l'oggetto libro ha smesso da anni di incantare un'umanità sempre più volta a un consumismo facile, veloce, compulsivo e modaiolo. Un'umanità che viene invogliata alla lettura con l'inganno: è un libro ma non lo sembra! Confezionato in questa esteriorità deliziosamente tecnologica, è la nuova tendenza della cultura: c'è chi lo sfoggia come un accessorio e chi decide che, in questi nuovi termini, leggere un pochino non è poi un male. In definitiva, si vince e si perde, come in tutto nella vita.
    Un saluto:)

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    1. Ciao, Virginia. Sai, non è che sia contraria a queste forme nuove di editoria, supporti digitali, ecc. Magari avrebbe senso che nelle librerie si vendessero accanto al cartaceo proprio questi supporti, tutto quello che gravita attorno al libro, qualcosa di coerente, insomma. Come scrivevo più su, è vederci accanto smartphone e accessori per pc che proprio non tollero. Del resto si tratta di librerie non di ipermercati dove si vende un po' di tutto.

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  8. Io ho abbandonato (o quasi) le grandi catene proprio perché sono diventate ricettacoli dei gadget più disparati e in qualche caso anche negozi tecnologici del genere da te descritto. Tempo fa ho provato la stessa, sgradevole sensazione, che mi ha fatto risolvere per l'abbandono: avevo una Mondadori card che mi aveva convinto a rimanere fedele alla libreria che frequentavo precedente e che dal colosso era stata acquisita; inizialmente non si sono avvertiti grossi cambiamenti, anche perché il personale ha per diverso tempo mantenuto la disposizione che mi aveva fatta innamorare di quel negozio. Poi, all'improvviso, ecco l'odiata disposizione puramente alfabetica tipica dei megastore: io, che andavo sicura fra gli scaffali inseguendo i colori e i marchi delle mie collane preferite, mi sono trovata a ricercare i grandi classici mescolati alla feccia dei libri di tronisti e personaggi dello spettacolo semi-analfabeti. E così ora il mio rifugio libroso è una piccolissima libreria che a queste idiozie non lascia spazio, che accoglie i piccoli editori e la cui proprietaria mi fa sentire a casa, mi lascia spulciare tranquillamente fra gli scaffali ma è disponibilissima a qualsiasi suggerimento o scambio di riflessioni. Sicuramente non c'è la convenienza delle tessere-punti, ma, come per il buon cibo, un piccolo scarificio per salvaguardare la qualità mi rende orgogliosa e, a lungo andare, chissà che questi piccoli paradisi non guadagnino, in un futuro sempre più caotico e uniforme, il posto di valore che oggi si dà ai locali che servono piatti genuini e vini di prima scelta.

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    1. Comprendo perfettamente quello che intendi. Mi sono imbattuta in una libreria molto simile a quel piccolo Paradiso che descrivi proprio a Grottaferrata, la piccola e ridente cittadina sui colli vicino Roma dove insegno. Una passeggiata in ora buca ed antro in questo negozio ricavato nel pianterreno di un palazzetto storico.
      Il bello è che queste librerie indipendenti hanno assai spesso dei titoli altrove pressoché introvabili e hanno come scrivi l'intelligenza di escludere tutta la feccia che circola in giro.

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  9. Io spero che le librerie sopravvivano, non solo come luoghi di vendita di libri, ma anche come luoghi di cultura, di scambio di idee, di presentazioni, riunioni di gruppi di lettura, caffè letterari... Vedo parecchie librerie intraprendere questa strada e tifo fortemente per loro. Anche per questo il libro "solo digitale" non mi convince del tutto.

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    1. Sì, tocchi un aspetto fondamentale. Questi luoghi andrebbero reinventati. Diversi anni fa una piccola libreria indipendente qui a Ciampino faceva letture per i piccoli con un'animatrice vestita da fata. Il negozio era pieno, aveva un qualche successo. Ma non durò molto. Forse anche per l'ambiente poco stimolante di questa cittadina senza una vera identità.

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