Quando ho cominciato questo libro mi
trovavo sulla spiaggia di Barceloneta, in Spagna. Avevo bisogno di un
piccolo libro da portare con me in vacanza e da cominciare, nel caso mi
fossi trovata a dover riempire il tempo.
Mi trovo dinanzi al racconto, immediato e senza fronzoli, di un padre che dinanzi al caos del figlio adolescente lascia intendere subito di non essere assolutamente capace di farvi fronte. E' un padre divorziato e questo figlio condivide la sua casa in qualche fine settimana in cui il ragazzo non ha di meglio da fare. Sulle prime, in questa lettrice in vacanza all'estero sotto sole di luglio monta un senso di fastidio.
Mi ritrovo a pensare che si tratti dell'ennesima storia di questi genitori contemporanei, inabili al loro mestiere, privi di talento, educatori mancati. Ci sono tutti gli ingredienti che occorrono per costruire la storia di un uomo di mezza età che fa i conti coi propri sensi di colpi e l'incapacità di instaurare un dialogo col proprio figlio. Ma io stimo troppo Michele Serra per credere che si tratti semplicemente di questo. E difatti, man mano che ci si addentra nella storia, si scopre che si tratta di una provocazione alla riflessione.
Mi trovo dinanzi al racconto, immediato e senza fronzoli, di un padre che dinanzi al caos del figlio adolescente lascia intendere subito di non essere assolutamente capace di farvi fronte. E' un padre divorziato e questo figlio condivide la sua casa in qualche fine settimana in cui il ragazzo non ha di meglio da fare. Sulle prime, in questa lettrice in vacanza all'estero sotto sole di luglio monta un senso di fastidio.
Mi ritrovo a pensare che si tratti dell'ennesima storia di questi genitori contemporanei, inabili al loro mestiere, privi di talento, educatori mancati. Ci sono tutti gli ingredienti che occorrono per costruire la storia di un uomo di mezza età che fa i conti coi propri sensi di colpi e l'incapacità di instaurare un dialogo col proprio figlio. Ma io stimo troppo Michele Serra per credere che si tratti semplicemente di questo. E difatti, man mano che ci si addentra nella storia, si scopre che si tratta di una provocazione alla riflessione.
Sentirmi chiamare papà, e da lontano, e in quella esposta porzione del
mondo, in quella incerta dimensione del tempo dove la mia infanzia
ancora galleggiava, quasi mi atterrì. Come un’accusa. Un richiamo
all’ordine. Io – non altri – sono quelle due sillabe.
Questo padre guarda al mondo adolescenziale con spirito d'osservazione e
senso critico.
Non giudica, ma riferisce con stile il vuoto nel quale questi giovani si muovono, la povertà di contenuti del loro mondo, la superficialità con cui lo affrontano. Loro sono "gli sdraiati", quelli perennemente pigri e demotivati, assorbiti nel loro ipermondo tecnologico, vivi solo dinanzi ai loro pseudoeroi o nella corsa all'acquisto dell'ultima felpa costosissima.
Lo scenario è avvilente ed è tale ancor più nella misura in cui un adulto vuole capire e cercare una soluzione. La domanda che ci si pone è se esiste la possibilità di un punto di incontro e non resta che la speranza, tenace, che qualcosa possa cambiare.
Non giudica, ma riferisce con stile il vuoto nel quale questi giovani si muovono, la povertà di contenuti del loro mondo, la superficialità con cui lo affrontano. Loro sono "gli sdraiati", quelli perennemente pigri e demotivati, assorbiti nel loro ipermondo tecnologico, vivi solo dinanzi ai loro pseudoeroi o nella corsa all'acquisto dell'ultima felpa costosissima.
Lo scenario è avvilente ed è tale ancor più nella misura in cui un adulto vuole capire e cercare una soluzione. La domanda che ci si pone è se esiste la possibilità di un punto di incontro e non resta che la speranza, tenace, che qualcosa possa cambiare.
La proposta di un'escursione in montagna, che il figlio si è sempre
rifiutato di fare, lo induce a non mollare, a non arrendersi, a
insistere, a sperare a oltranza. Il lieto fine è un po' quello di una
favola moderna, che ritengo poco credibile ma efficace da un punto di
vista narrativo.
Forse c'è un barlume di speranza di recuperare questi ragazzi e probabilmente il solo modo è essere genitori che sappiano realmente esserlo, creativi nella loro funzione, presenti e non passivi.
Forse c'è un barlume di speranza di recuperare questi ragazzi e probabilmente il solo modo è essere genitori che sappiano realmente esserlo, creativi nella loro funzione, presenti e non passivi.
Avevo già letto altre opinioni su questo libro e, ti dirò, l'impressione è sempre stata quella che leggerlo mi avrebbe solo fatto prudere le mani.
RispondiEliminaTrovo, dopo tutto, che sia un po' troppo comodo che gli ultimi baby boomers chiamino sdraiati i propri figli. Farebbero meglio a togliersi realmente le fette di prosciutto dagli occhi e andare al di là di quello che credono di vedere: tecnologia e pseudo-eroi.
Non voglio essere polemica e mi dispiace se suono tale in qusto commento.
Cara Ludo, la tua veemenza mi incuriosisce non poco. Cosa pensi di questi "sdraiati"? Credi anche tu come me che in fondo lo sono perchè hanno genitori inadeguati al loro ruolo?
EliminaMah, senza per forza analizzare il ruolo parentale, direi che i genitori di ogni tempo hanno sempre trovato il modo di lamentarsi della generazione dei figli.
EliminaSdraiati perché? Perché non sono diventati faccendieri con le mani in pasta come era più facile diventare venti anni fa?
Non credo che gli adolescenti di oggi abbiano meno dignità di quelli di ieri, sono semplicemente figli del loro tempo e si ritrovano a reagire al mondo di oggi in modo diverso da come i loro genitori reagivano al mondo di ieri.
Il punto è che in questa posizione orizzontale molti di essi sembrano trovare il loro elemento. Sdraiarsi per guardare la tv o giocare alla play per ore, sdraiarsi per digitare sul tablet, in un tempo dilatato e privo di contenuti reali. Noia, pigrizia, indolenza. E' vero, non tutti sono così (per fortuna!) ma questa immagine parrebbe ritrarre perfettamente il giovane comune, con idee non molto chiare, ma fondamentalmente con alle spalle genitori remissivi, magari separati e per questo pervasi da sensi di colpa.
EliminaSì, le tue argomentazioni hanno un senso e non mi fanno prudere le mani come la sinossi del libro di Serra che, purtroppo, per come è scritta, mi fa partire prevenuta in partenza. Sta di fatto che negli anni Settanta c'erano i genitori che si lamentavano dei figli rockettari e tra la fine dei Settanta e gli Ottanta dei figli contestatori solo per il gusto di esserlo... e via dicendo.
EliminaSì, in effetti il gap generazionale ha creato sempre conflitti e critiche.
EliminaOggi mi capita di pensare che negli anni Ottanta prof e genitori si lamentavano di noi, per poi constatare oggi che ci rimpiangono se paragonati ai giovani di adesso. Negli Ottanta sentivamo ancora il peso dell'autorità, oggi questa "entità" è completamente annullata.