Nel
suo libro "La vita del teatro", Julian Beck racconta riguardo alle
origini del Living Theatre, una conversazione col famoso scenografo
Robert Edmond Jones:
"Quanti soldi avete? 6000 dollari, risposi. Peccato, disse, vorrei che non aveste proprio denaro, assolutamente niente, allora forse potreste creare il nuovo teatro, costruire il vostro teatro con spaghi e cuscini di poltrone, farlo in studi... e soggiorni. Dimenticate i grandi teatri, disse, là non succede niente, niente altro che istupidimento, non verrà mai fuori niente di li. Se volete prendetevi questa stanza, disse, offrendoci il suo studio, se volete iniziare di qui potete averla." Solo quattro anni più tardi, incapaci di trovare un teatro in cui lavorare, decidemmo di dare alcuni lavori nel nostro soggiorno. Funzionò, aveva ragione".
"Quanti soldi avete? 6000 dollari, risposi. Peccato, disse, vorrei che non aveste proprio denaro, assolutamente niente, allora forse potreste creare il nuovo teatro, costruire il vostro teatro con spaghi e cuscini di poltrone, farlo in studi... e soggiorni. Dimenticate i grandi teatri, disse, là non succede niente, niente altro che istupidimento, non verrà mai fuori niente di li. Se volete prendetevi questa stanza, disse, offrendoci il suo studio, se volete iniziare di qui potete averla." Solo quattro anni più tardi, incapaci di trovare un teatro in cui lavorare, decidemmo di dare alcuni lavori nel nostro soggiorno. Funzionò, aveva ragione".
Quando
si comincia a fare teatro, si pensa di dover allestire grandi scene, si trema dinanzi ai limiti, ai costi esorbitanti, ai tanti "no"
che si riceveranno. E invece questa "arte totale" possiede una
prerogativa unica: può nascere dal nulla. Non è forse vero che il teatro
di qualità alla fin fine è quello essenziale?
Mi piacerebbe un giorno trovare un piccolo magazzino, dismesso, cadente, oppure un sotterraneo. E immaginarci tutto ciò che può diventare. Costruirlo pezzo a pezzo, tavola a tavola, affondando chiodi, cucendo stoffe, incollando pezzi. E creare l'incanto dal niente. E' il mio vero grande progetto.
Mi piacerebbe un giorno trovare un piccolo magazzino, dismesso, cadente, oppure un sotterraneo. E immaginarci tutto ciò che può diventare. Costruirlo pezzo a pezzo, tavola a tavola, affondando chiodi, cucendo stoffe, incollando pezzi. E creare l'incanto dal niente. E' il mio vero grande progetto.
La tradizione dimostra ampiamente che il teatro più autentico è esattamente quello che non può beneficiare di grandi finanziamenti. Quel "niente" con cui abbiamo a che fare stimola la creatività di chi deve inventare uno scenario possibile, anche se alla fin fine solo immaginato dallo spettatore. L'attore è autenticamente tale solo sul suo palcoscenico di assi scricchiolanti, riproduce egli stesso l'immaginario e lo realizza col gesto e la parola.
Il mio teatro degli ultimi anni è andato sempre più in questa direzione. Le migliori prove sono state quelle in cui con una sedia e un tavolaccio soltanto abbiamo raccontato una storia. Di conseguenza, c'è un progressivo allontanamento da quel teatro puramente e banalmente "amatoriale" costruito su grandi scenografie - in particolare di interni. Diversi anni fa commissionai dei pannelli ad un falegname durante l'allestimento di "Twist" di Clive Exton ma li utilizzai solo in una stagione e adesso sono in vendita. Ho bisogno di un teatro povero, che ricorra alle prerogative più vicine all'interpretazione attoriale, un teatro vicino a ciò che vidi tanti anni fa, in una messa in scena originale di "Cyrano" - uno straordinario Gianluigi Pizzetti nel ruolo di protagonista - il cui mondo era... un cantiere edile. Un teatro coraggioso ed estremo, forse, ma il solo vero teatro possibile nell'ottica di un recupero e una reinvenzione dell'intento ultimo di questa arte: arrivare al cuore dell'uomo e toccarlo.
Penso che questa, così come l'hai raccontata, sia la vera essenza del teatro puro, quello che tocca lo spettatore, che a sua volta diventa parte stessa dello spettacolo. Probabilmente, in tanti casi, i grandi e sfacciati allestimenti servono per mascherare alcune mancanze o difficoltà.
RispondiEliminaBello davvero il tuo sogno *__*
Grazie, Glò. E' proprio questo che vorrei si cogliesse nel mio fare teatro. Sono legata a un'idea di rigorosa "essenzialità". In questo mio preferirla, di conseguenza non tollero chi esige di entrare nei miei progetti per fare la "primadonna" (sia esso uomo o donna), perchè è evidente che sfugge il fine ultimo dei miei progetti. Il lavoro sull'attore è fondamentale. Sono convinta che per fare del vero teatro ci si debba armare anzitutto della ferma volontà di rispettare questa arte.
EliminaChe invidia... che enorme invidia nei confronti di coloro che riescono, con gesti e parole, sguardi e silenzi, ad aprirti le porte di un mondo che si può solo immaginare. Come direbbe un mio caro amico: " che gran puttana che è l'attore, al prezzo di un biglietto ti fa conoscere un paradiso che da solo non sapresti concepire". Ti premetto che da genovese e figlio della generazione di De Andrè, la parola che ho utilizzato non ha valenza di epiteto. Ma quella è un altra storia.
RispondiEliminaA Genova, che io sappia, c'è un'interessante tradizione teatrale. A cominciare dal Teatro della Tosse. Ci sei mai andato? Fai parte del pubblico dei teatri?
EliminaIn generale, il teatro ha bisogno di sostegno economico, perchè i tagli alla cultura sono tanti. Io non ho mai avuto sovvenzioni, è tutto auto-prodotto. Cifre piccole ma significative per chi ci crede e crea realmente un mondo dal nulla. Per inciso: la strada è lunga. A settembre nascerà finalmente la mia associazione teatrale!
Guarda... il teatro della tosse è nato proprio come descrivi tu il teatro ideale, io ero un ragazzino, poco più che bimbo,taaaanti anni fa, e un giorno in un vicolo sotto casa mia, in salita carbonara, (centro storico di genova), arriva una banda di matti che scarica sedie di paglia in un localaccio di una delle zone più malfamate... il resto lo conosci già, immagino. Secondo te, se un poco hai capito qualche cosa della mia voglia di conoscere, potevo lasciarmi sfuggire l'occasione di andare a vedere, prima o poi, cosa facevano quei tipi strani' hehehehe.
RispondiEliminaMi piacerebbe un tuo racconto dell'esperienza. Potrei farci un post a parte. Io non l'ho mai visto, ne ho letto la storia su un testo molto bello.
EliminaOra linko su twitter qualche tuo post, se non ti offendi.
RispondiEliminaPer nulla! Il blog nasce con un intento divulgativo.
EliminaBellissimo quello che hai scritto Luz! Condivido. La mia esperienza migliore con il teatro è stata mettere in scena in uno grande spazio vuoto bianco, che prima era un ristorante, a Trastevere. Esperienza indimenticabile creare lo spazio teatrale ogni volta diverso, con il poco che si ha. E anche il pubblico fa parte dello spazio da creare. Ora quello spazio non c'è più, perchè comunque c'era un affitto da pagare.E' tornato ad essere ristorante, purtroppo.
RispondiEliminaAntonella, felice di leggere che graviti a Roma, potremmo vedere reciprocamente il nostro teatro. Pratichi tuttora in una compagnia teatrale? Confrontiamo le nostre esperienze, se ti va.
EliminaSì, adesso faccio parte di un'associazione di Ostia, che ha un piccolissimo teatro il Pegaso. Da qualche tempo sono impegnata sia come attrice che come regista in teatro "di pubblico" anche se la mia aspirazione è tornare a realizzare qualcosa di performativo. Come regista cerco di trovare dei testi comunque che dicano qualcosa. In questo momento io sto lavorando all'adattamento di Antonio e Cleopatra che andrà in scena a dicembre e sarà soprattutto per le scuole. Amo Shakespeare e spero di tirarne fuori qualcosa di buono. Mi farebbe molto piacere vedere qualcosa di tuo.
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