Cari e care, eccoci alla seconda fase del gioco!
Sono arrivati cinque incipit distribuiti sulle tre immagini. Li rilancio perché votiate il migliore, quello che vi ispira, che vi emoziona, che desiderate vinca la VI edizione di Scripta Ludus.
Come da regolamento, gli incipit in gara sono qui di seguito elencati senza rivelarne l'autore/l'autrice, per mantenere il più possibile neutralità nel voto.
Gli incipit sono pubblicati con riferimento all'immagine che ha ispirato la scrittura.
Raccomando a TUTTI i partecipanti di inviare la propria doppia preferenza e raccomando a tutti coloro che leggeranno, partecipanti e non, di diffondere il post e invitare a inviare il proprio voto a tutti coloro che avranno il desiderio di eleggere l'autore/l'autrice dell'incipit migliore.
❗❗❗Modalità di voto: inviate
due preferenze (1° e 2° posto) indicando NUMERO IMMAGINE E NUMERO DELL'INCIPIT PRESCELTO,
entro le ore 12 di martedì 23 dicembre. Email:
libriavela@gmail.com
Eccovi gli incipit in gara:
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Immagine 1
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INCIPIT 1Aveva nevicato tutto il giorno a grandi falde ricoprendo di un manto bianco l’intero villaggio e il bosco di abeti e larici.
Però Alex e Marion non si dettero per vinti. Non volevano mancare alla veglia della vigilia. Domani sarebbe stato Natale e da quando vivevano insieme non avevano mai disertato la messa di mezzanotte.
Loro abitavano a tre leghe dal villaggio che raggiungevano col calesse, tempo permettendo. Però questa sera non era possibile. La neve era alta un braccio e il povero Trotter non sarebbe riuscito a trascinare il calesse fino al villaggio. Quindi decisero di andarci a piedi, costi quel che costi.
Messo qualche ciocco nel camino per tenere calda la sala, dove al loro ritorno avrebbe consumato un frugale pasto per salutare la nascita del Bambin Gesù.
Infilati gli stivali di pelo, ben unti con il grasso di foca, indossato il mantello di lana sulle spalle si avviarono in silenzio e per mano verso il villaggio.
Il cielo era latteo senza una stella, senza la luna. Solo una lanterna a olio rischiarava il loro cammino, mentre affondavano nella neve fresca.
Con grande fatica per l’alto strato del manto nevoso raggiunsero la piccola chiesa illuminata da mille candele che si riverberavano sulle finestre colorate in un piacevole gioco di luci e di ombre.
Trovarono posto appena dentro la porta e in piedi, perché la chiesetta era gremita dalle persone del villaggio. Non mancava nessuno. Erano tutti lì raccolti per ascoltare la messa della mezzanotte.
«Siamo arrivati Marion» sussurrò con un filo di voce Alex, per non disturbare i canti e le litanie.
Lei annuì con un leggero movimento della testa, mentre con delicatezza si scrollò dal capo un po’ di neve.
Gli spifferi che entravano dalla porta gelavano la loro schiene, mentre il calore prodotto dalle persone arrossava il loro viso. Sopportarono con stoicismo questa tortura, fino al termine della messa.
Uscirono per primi dalla chiesa e strinsero la mano a tutti augurando loro un sereno Natale.
Terminati i saluti si avviarono infreddoliti verso la loro casa. La lanterna si era spenta e non sapevano come riaccenderla. «Faremmo il cammino al buio. La strada la conosciamo» affermò Alex con tono dubbioso, ben sapendo che la nevicata aveva ricoperto tutto, lasciando solo intuire cosa ci fosse sotto quel manto candido e intonso.
Usciti dal villaggio, vedevano intorno a loro solo il biancore della neve e quel cielo latteo che li sovrastava.
«Alex! Guarda!» esclamò Marion con voce gioiosa, indicando un punto del cielo con l’indice della mano.
Alex solleva il viso per visualizzare quello che la compagna indicava con tono festante. «Oh!» Gli uscì dalle labbra.
Era la luna piena che avrebbe accompagnato i loro passi.
«Sia lode al Signore!» Ringraziò Marion sollevando il viso al cielo.
La luna rischiarava le tenebre della notte e facilitava il loro cammino.
Il tragitto sembrò loro più corto quando giunsero dinnanzi alla loro porta.
Alex sollevò il paletto per entrare. Un caldo tepore li riscaldò.
«Chissà se i nostri amici saranno con noi a mezzogiorno» sospirò Marion, togliendosi gli stivali bagnati dalla neve.
«Non ci resta che aspettare!» replicò Alex, scrollando il mantello dalle minuscole gocce d’acqua.
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| Immagine 2 |
INCIPIT 1
La casa era silenziosa, fuori la neve aveva coperto il mondo sotto quel manto bianco che lui amava tanto, ma mancava una voce, mancava un passo leggero, mancava quel calore che lo abbracciava.
Era rimasta solo quell’ultima pallina da sistemare e lui la teneva tra le mani con cura, la guardava come se potesse rompersi anche solo respirandoci sopra, poi la porse a suo padre che gli sorrideva con una stanchezza gentile, quella che arriva quando si è imparato a restare in piedi anche senza sapere bene come.
Eppure, mentre insieme intrecciavano le luci sui rami, succedeva qualcosa di inatteso. In quel gesto lento e imperfetto, padre e figlio si ricordavano che il Natale non era solo ciò che avevano perso, ma anche ciò che, ostinatamente, sceglievano di costruire ancora.
Quando finalmente accesero l’albero e la stella si illuminò, lui sorrise.
«Alla mamma sarebbe piaciuto, ne sono sicuro papà» sussurrò piano.
INCIPIT 2
"Il fuoco nel camino crepitava, ed era probabilmente l’unica
fonte di calore a non tradire, a differenza di tutto il resto.
In silenzio padre e figlio cercavano di creare atmosfera dal nulla ma i
pensieri viaggiavano altrove, e in direzioni differenti.
“No Giorgio, la mamma credo proprio che non lo vedrà l’albero, comunque un
bella stella luminosa la mettiamo; che si scorga a distanza, e la Befana magari
riempirà anche la sua calza appesa”.
Il papà parlava lentamente, come sospeso tra la speranza da trasmettere a
Giorgio e quel sostenere un’ostinata lotta all’evidenza.
E chissà, pensava, in
qualche angolo della sua coscienza il Natale riuscirà a smuovere qualcosa di
buono, sempre che riesca a trovarlo.
“Ci lascerà soli anche stavolta? Forse siamo stati noi quelli incapaci di
comprendere e non abbiamo fatto mai abbastanza, o piuttosto io non ho fatto
nulla, affinché l’irreparabile non accadesse.. certo è stata dura cavarcela,
senza che tua madre si facesse viva una sola volta, specie questo ultimo anno,
anche se alla fine manca, e so che manca tanto a te.”
Giorgio, assorto, continuava a tendere luminarie al padre, tra i luccichii
della camera che tante volte li aveva visti giocare e sorridere come una
famiglia serena, ricordava i sorrisi della mamma, si chiedeva di continuo cosa
potesse aver fatto di così brutto per meritarsi quell’abbandono, senza di lei era
davvero dura, anche se papà si prodigava i tutti i modi e cercava di farlo
sentire meno a disagio possibile, ma le feste, nonostante luci e addobbi,
nascondevano solo malinconia.
Uno scampanellio lo sorprese improvvisamente..
“Suonano alla porta!! Vado a vedere.. magari è lei!..”
Giorgio era raggiante mentre quasi correva alla porta, il papà un po’
meno, temeva la polizia, piuttosto, che mai aveva creduto a
quell’allontanamento volontario e lo stava torchiando da tempo, quel papà
amorevolmente afflitto e, all’apparenza, inoffensivo.."
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| Immagine 3 |
INCIPIT 1Ogni volta che guardo il dipinto appeso alla parete corta della sala da pranzo fremo di rabbia. Mentre eravamo in posa con quegli stupidi abiti ottocenteschi le mie sorelle mi sibilavano insulti e rimbrotti a bocca quasi chiusa, stai ferma scimmietta, mormorava Anna severa, tu qui non dovresti nemmeno esserci, le faceva eco Carlotta con cattiveria. Io cercavo di trattenere le lacrime e di stare ferma, mentre la cera mi gocciolava sulle dita. Credo sia nato quel giorno il mio odio per loro e il desiderio folle di arrivare ad avere la loro stessa età.
Ho passato una vita a rivaleggiare con loro e loro nemmeno notavano i miei sforzi, mi trattavano e mi trattano con una condiscendenza irritante, ancora mi considerano la piccola di casa, il brutto anatroccolo, loro i superbi cigni dal piumaggio immacolato. La mia vita è stata una corsa ad handicap per colmare il distacco, come i cavalli inglesi ad Ascot, e mi ha sempre consolato l’idea che in quella occasione per ultimi partono i migliori purosangue, quelli capaci di arrivare comunque primi. Alle elementari ho fatto la primina per guadagnare un anno, poi privatista alla maturità, due anni in uno, quindi laureata nella stessa sessione di mia sorella di mezzo, ma nessuno ci ha fatto caso. E non mi sono più fermata, sposata prima di Carlotta ho divorziato prima di Anna, anche questi erano traguardi, ma loro non si sono mai sentite in corsa. E Carlotta si è tenuta stretta quel cretino di Corrado pur di non competere con me.
Ormai siamo vecchie e non è cambiato nulla, loro un poco curve io ancora dritta come un fuso a sovrastarle di una spanna, eppure ancora riescono a guardarmi dall’alto in basso, non capisco come facciano.
Tra pochi giorni ci ritroveremo nella casa di famiglia per festeggiare il Natale, tutte insieme sotto il quadro della loro antica gloria. Perfide sorelle!
Ma questa volta so come sconfiggerle: da mesi mi tengo caro questo dolore che mi serpeggia nelle ossa e che non voglio chiamare col suo nome, lo riverserò come una polenta sulla tavola imbandita e scruterò i loro volti di perdenti, superate proprio sul filo di lana della morte. Forse vi leggerò stupore, forse rammarico o indifferenza o stizza, celate in ogni caso sotto un sottile strato di belle parole.
Vedremo come andrà, Natale è l’occasione giusta per scoprire le carte, non solo quelle dei regali. Farsi gli auguri e darsi bacetti velenosi sotto il dipinto.
INCIPIT 2
La sera della vigilia di Natale Guendalina Cenci correva, trafelata, su per le scale a cercare le sorelle. Ormai era successo. Non si poteva più tornare indietro. Che avrebbe detto la madre se l’avesse vista con le scarpe sporche di fango? Se si fosse accorta dello strappo sul vestito? Per fortuna, nessuno l’aveva notata mentre rientrava in casa. Si era messa nei guai da sola. Non le aveva, forse, il padre impedito di andare a giocare dall’altra parte del fiume? di seguire quello scavezzacollo di Taddeo? Lei, la figlia del consigliere diplomatico Aldo Cenci, che amava la compagnia del figlio di un fattore! Inaccettabile. Ma Guendalina continuava a fare di testa sua, trasgrediva ogni regola e mai avrebbe rinunciato all’amicizia di Taddeo, anche se poi pagava le conseguenze del suo indomito temperamento. Questa volta, però, aveva davvero esagerato. Questa volta era certa che non sarebbe andata incontro a una semplice punizione.
Spalancò la porta della camera dove le due sorelle, alla finestra, stavano aspettando di sapere che fine avesse fatto. Ada cacciò un piccolo urlo: “il vestito, com’è ridotto! E le scarpe! Oh, povere scarpe! Ma dove sei stata? Ti stanno cercando tutti”. Lucia, intanto, le corse incontro: “Stai bene, piccola?”, disse più indulgente.
“È stato un incidente. Non volevo!”
“Mioddio, Guenda, cosa non volevi! quale incidente, di cosa parli?”, la incalzò Lucia.
“Taddeo...”
“Oh, non abbiamo il tempo di occuparci delle cavolate che fai con quello lì. È tardi. Corri a cambiarti e metti il vestito nuovo. Non vorrai scendere giù in questo modo!”
“Ada, non rivolgerti così a tua sorella! Guenda, è accaduto qualcosa?... qualcosa di brutto?”
Guendalina rimase a occhi bassi di fronte a Lucia, che involontariamente le stava stringendo le braccia. Il suo racconto tolse l’appetito alle sorelle.
Nella stanza, l’albero di Natale era l’unico testimone di quella confessione. Ada e Lucia aiutarono Guendalina a rivestirsi, in silenzio, confuse, costrette a trovare, loro malgrado, un modo per reagire. Misero un nastro nei capelli della sorella, poi, prima di festeggiare il Natale, suggellarono una patto, soffiando contemporaneamente su tre candele accese: “Questo sarà il nostro segreto”, promisero all’unanimità.
Il gelo della notte inghiottì il corpo riverso sul greto del fiume.
Buon voto a tutti e a tutte!
Pochi racconti, ma di buona fattura. E’ che Dicembre è un mese malandrino, alletta con le vetrine, le feste, distrae con i bilanci e i propositi e lascia poco tempo alla scrittura.
RispondiEliminamassimolegnani