In tutto lo scorso autunno mi ha tenuto compagnia durante le mie orette di allenamento al tapis roulant (e in qualche pomeriggio in cui la stanchezza per il lavoro mi avrebbe permesso solo di rilassarmi dinanzi alla tv) una serie scoperta per caso e apprezzata fin dalle primissime puntate.
Si tratta di una produzione in realtà vecchissima, andata in onda in 7 stagioni dal 2007 al 2015 e arrivata su Netflix. L'algoritmo l'ha posta fra i suggerimenti: c'era una scena, brevissima, in cui il protagonista, il pubblicitario Don Draper, presenta un prodotto e parla di cosa sia la felicità.
A colpo d'occhio potevano essere individuati non solo un dialogo ben scritto, ma la credibilità del cast, oltre a fotografia e scenografia.
Un enorme lavoro di ricostruzione, perché rifare letteralmente il decennio 1960-1970 è un piano ambizioso. Anche se non possiamo urlare al capolavoro, perché nulla avvicina questa produzione al top rappresentato da Breaking Bad, Better Call Saul e The Crown, finora serie insuperate e insuperabili (ma non si possono non menzionare almeno Il Trono di Spade e Downton Abbey), posso ben dire che Mad Men è un racconto riuscito, appassionante, sotto diversi aspetti struggente.
Ma vediamo di che si tratta.
I "folli uomini" del titolo sono un gruppo di pubblicitari dell'agenzia Sterling Cooper di New York, una sorte di piramide in cui la gerarchia è segnata in modo netto. Sterling e Cooper sono i soci fondatori, Donald Draper è il direttore creativo cui seguono tutti gli account, i dialoghisti, i disegnatori, ecc.
I primi anni Sessanta sono l'epoca d'oro della pubblicità, in particolare quando ancora la presentazione di un prodotto fa ancora fatica a entrare in tv. La cartellonistica e i giornali la fanno da padrone e quella del pubblicitario è una figura cardine del prodotto destinato al consumo di massa.
Compaiono fin dalle prime puntate grandi marchi come le sigarette Lucky Strike, la compagnia aerea TWA, Clearasil, Playtex, nelle successive stagioni l'industria automobilistica Ford, la catena di alberghi Hilton, la Heinz produttrice di fagioli e ketchup e molti altri. La prestigiosa Sterling Cooper è un potente concorrente fra le grandi agenzie pubblicitarie e Don Draper è osannato per il suo talento.
Il focus sul protagonista è evidente fin dalle prime scene, quando Don si divide fra presentazioni di successo ai clienti, riunioni in cui la dialettica è l'arte per eccellenza, la giovane artista della quale scalda il letto nel Village.
Poi, come ogni buona sceneggiatura che si rispetti, emerge il vero volto di questo oscuro protagonista: lo scopriamo marito e padre, una casa con giardino in provincia lontano dal frastuono di New York, e soprattutto un amante irrefrenabile delle donne, delle tante che cadono preda del suo fascino.
Don è un uomo in realtà fragilissimo, irrisolto, dal passato inconfessabile, l'identità controversa. Un volto doppio, una maschera, un uomo che si muove fra il patinato e competitivo mondo della pubblicità, nel quale è padrone assoluto (almeno sulle prime) e un segreto che non può confessare e che lo terrorizza, oltre a un passato la cui memoria è ancora dolorosissima.
Quando Don sceglie di essere se stesso e la maschera coincide con l'uomo, la sua carriera cade in pezzi. Don non può tenere in piedi tutto, la verità esige un prezzo altissimo e un compromesso cui non può scendere.
Questo il suo protagonista, interpretato da un perfetto Jon Hamm (doppiato da un talentuoso Fabrizio Pucci), la punta acuminata di un compasso che traccia una circonferenza via via sempre più ampia, mentre le vicende dei vari personaggi si intrecciano con la Storia americana, l'era Kennedy, il suo assassinio, il grande successo dei Beatles, gli anni della Guerra Fredda, lo sbarco sulla Luna, la guerra in Vietnam.
A quei primi anni Sessanta ancora legati ai modi del decennio precedente, seguono cambiamenti sociali e culturali sempre più evidenti. In particolare l'avvento degli hippy, le prime grandi rivolte sociali, e soprattuto il ruolo della donna.
Come sempre accade quando una serie mi piace molto, i ruoli di alcune donne del racconto sono memorabili. Su tutte, tre: la creativa Peggy Olson, la responsabile del personale Joan Holloway e la prima moglie di Don, Betty Draper. Tre donne molto diverse che incarnano alcuni ruoli sociali perfettamente rispondenti alla realtà dell'epoca. Vediamoli nel dettaglio.
Il riscatto di Peggy
Peggy Olson (Elisabeth Moss) |
Dotata di talento nel saper individuare punti di forza e debolezza di un prodotto, da segretaria di Don Draper entra nello staff dei creativi con tanto di ufficio personale e targa sulla porta. Brava con le parole, crea slogan e sceneggiature televisive fino a diventare capo staff dei creativi, ma ciò avverrà in intere stagioni in cui Peggy dovrà sgomitare dalla propria scomodissima posizione di giovane donna.
La discriminazione sessista, pur dinanzi al suo indiscutibile saper fare, è evidente, dichiaratamente offensiva. Peggy rinuncia a essere madre per inseguire il suo progetto di autodeterminazione, ma la costruzione del suo successo professionale, già pagata a caro prezzo, è una lunga strada piena di insidie.
Mi è piaciuto molto nel dipanarsi del racconto come sia stato costruito il suo legame con Don Draper. Dapprima il suo capo, poi più vicina alla sua posizione, Don scorge in lei l'intelligenza di una donna diversa e di talento, ma allo stesso tempo ribadirà puntualmente il proprio maschilismo segnando il territorio e mettendo Peggy ogni volta in una posizione subalterna. Fino al gran finale.
Joan: il prezzo della bellezza
Joan Holloway (Christina Hendricks) |
Joan è esperta di dinamiche umane, sa benissimo che il suo essere donna e bella non potrà farla arrivare più in là, si tiene stretto il suo privilegio di gestione di pratiche, ma suo malgrado arriverà e nel modo più imprevedibile e umiliante, a rivestire un ruolo di vertice.
Il paradosso è che, guadagnatasi la posizione, e rispettata dagli uomini suoi pari per l'umiliazione subita nell'interesse dell'agenzia, sarà l'agenzia stessa a cambiare e l'assorbimento in una nuova realtà la farà precipitare al punto di partenza.
Insomma, la sua storia ci insegna che la discriminazione sessista non cede il passo alla posizione raggiunta, anzi la sua posizione impone agli uomini di potere di ribadire la propria e spingerla in un raggio d'azione limitato. Non può sottoporre l'uomo al suo potere, ma avviene perché è troppo bella e dunque non è pienamente credibile agli occhi di chi non le cede il passo.
Betty e la sua prigione
Betty Draper, prima moglie di Don, è la bellissima modella che sacrifica la carriera per matrimonio e figli. Di famiglia borghese, l'evidente somiglianza con Grace Kelly è spesso dichiarata, Don ne sfoggia grazia e bellezza durante le sue cene di affari. Betty è la casalinga e madre dei suoi figli che lo attende ogni sera nel villino lontano dalla città, racchiusa in dinamiche sempre uguali, nella vita monotona di provincia.
Betty Draper, prima moglie di Don, è la bellissima modella che sacrifica la carriera per matrimonio e figli. Di famiglia borghese, l'evidente somiglianza con Grace Kelly è spesso dichiarata, Don ne sfoggia grazia e bellezza durante le sue cene di affari. Betty è la casalinga e madre dei suoi figli che lo attende ogni sera nel villino lontano dalla città, racchiusa in dinamiche sempre uguali, nella vita monotona di provincia.
La scoperta dell'adulterio di Don le fa guadagnare la giusta dose di furore per uscirne, rivendicare rispetto ed esigere la giusta attenzione. Il suo punto debole è l'amarlo oltre misura, lo saprà bene durante le varie stagioni, fino a quel dialogo significativo, quando riferendosi alla nuova moglie del suo ex, gli dice una cosa come "povera ragazza, non sa che l'amarti è proprio ciò che ti allontanerà da lei".
Betty sembra trovare il suo riscatto ma si muove dentro una prigione di fragilità e compromessi che le renderanno difficile vivere del tutto e serenamente l'amore di un nuovo uomo, fino al finale in cui un destino del tutto avverso la porrà dinanzi alla comprensione di tutto, inclusa la propria figlia ribelle e mai del tutto apprezzata.
C'è un aspetto struggente in questa serie (almeno a me ha fatto questo effetto).
Tutta la prima e seconda stagione rispondono perfettamente al canone estetico dei film anni Sessanta. Per intenderci, vi troviamo atmosfere simili a film che ho amato moltissimo come Colazione da Tiffany, A piedi nudi nel parco, Scandalo al sole, Lo specchio della vita, Madame X, La strana coppia, le commedie di Sandra Dee e Debbie Reynolds. E tantissimo altro.
Da ragazzina avevo una vera e propria fissazione per questi film e ancora oggi mi emozionano. Ecco, la produzione di Mad Men riesce a captarne l'estetica, la regia, la fotografia, e mette in pratica un mondo in cui troviamo qualcosa di estremamente familiare, eppure con i suoi aspetti inediti.
Se andate a caccia di serie tv da vedere, questa posso consigliarvela.
Qui una delle scene memorabili. Don presenta un proiettore di diapositive e lo fa con parole perfette.
Anche voi subite il fascino di queste atmosfere? Quale serie potreste consigliare?
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