Per la strada riuscì a evitare l'incontro con la sua padrona di casa. La stanzetta del giovane era situata proprio sotto il tetto di un alto casamento a cinque piani e assomigliava piuttosto a un armadio che a un'abitazione. La padrona di casa, che gli dava in fitto quel bugigattolo, includendo nel prezzo desinare e servizio, dimorava una tesa di scala più in basso, in un quartierino separato [...]
La letteratura russa annovera due scrittori, Dostoevskij e Tolstoj, in grado di tracciare in modo profondo il passo della grande narrazione d'autore del XIX secolo. Poi anche Turgenev, Esenin, Gogol. Insomma scrittori i cui libri riescono a creare la sensazione di un gorgo, una spirale nella quale il lettore si immerge fino a una profondità mai neppure immaginata.
È il caso di questo eroe e allo stesso tempo antieroe protagonista di Delitto e castigo, quel giovane Raskòlnikov che il titolo rivela essere un assassino e poi un deportato. Una collega prof mi ha detto "un titolo che è il più grande spoiler della storia della letteratura". Non credo, in fondo.
Quel titolo sta annunciandoci che dinanzi a un efferato delitto il castigo è l'epilogo inevitabile. Il delitto, invece, il suo movente, è un groviglio di concause, l'effetto domino di una vita totalmente immersa nel suo tempo, nella più grande infelicità.
Delitto e castigo non è solo il romanzo che narra un evento e il suo sviluppo, ma anche l'affresco di un'epoca, il grande spettacolo di una società sconfitta, grigia nei toni, mutevole negli atti, incerta, aggressiva e dolente.
Il lettore che si avventura in questa trama fitta di descrizioni, dai dialoghi lunghissimi e complessi, sente in sé l'ineluttabilità di quell'atto grave ed estremo. Se la morale porta a credere d'istinto che il delitto, in qualsiasi forma esso si compia, sia esecrabile, questa narrazione ha il pregio di portarci verso quella amarissima e tragica scelta, nello spettacolo anche grottesco del suo compimento, in un giallo di alto pregio, in un'anima irrequieta.
L'antieroe Raskòlnikov
Il protagonista è un giovane studente ormai lontano dall'università, possiede il tormento dei suoi anni, l'amara consapevolezza di una società di disfacimento.
Rodiòn Romànovič Raskòlnikov è un figlio e un fratello amatissimo, un amico amatissimo, e sebbene oggetto di tanto amore, non riesce a dissipare in sé l'odio profondo verso lo status quo.
Raskòlnikov vive intensamente gli spazi della città, una San Pietroburgo immersa in una cupezza impossibile da diradare, si muove in mezzo a una umanità dilaniata dalla povertà, capace di barattare i propri averi anche per una bevuta fino alla perdita dei sensi.
Le vicende in cui si imbatte quando, nel pieno della calura del giorno - il romanzo è ambientato nell'estate del 1865 - o nella quiete apparente della notte, cammina senza meta e in preda dei suoi tormenti, sono a tratti grottesche, emergono dall'urlo plateale del popolo di cui al giovane piace farsi spettatore silente. Raskòlnikov osserva. Osserva e deduce, e in lui cresce una febbre di sofferenza che psicosomatizza fino a quasi morirne.
Il giovane traccia in sé il perimetro di un'ideologia irrefutabile: la società, l'uomo, arriva al marciume più totale, è capace di non provare nulla dinanzi alla sofferenza altrui, sprofonda nell'indegna rappresentazione di uno spettacolo disumanizzante. Come quello di un marito e padre dolente, un uomo finito, quel Marmeladov maschera tragica, consapevole del proprio abbrutimento, un ubriacone incapace di stare lontano dalle taverne eppure anche uomo buono, tormentato dal senso di colpa.
Raskòlnikov ascolta il dovizioso racconto di Marmeladov e aggiunge consapevolezza a quel disegno iniziale. Non riesce a incarnare la stessa quieta accettazione della realtà del suo amico Razumichin né vorrebbe assomigliargli. Piuttosto manifesta il proprio disprezzo verso ogni possibilità di accettazione, vuole essere esattamente come è, nutrendo una sorta di superomismo che se da un lato gli toglie lucidità e quiete, dall'altro gli dona il paradosso di percepirsi un eroe capace di portare giustizia.
Il protagonista medita. Medita e giunge alla certezza che infliggere la morte a chi non merita di vivere è qualcosa di innegabilmente etico. Anche qui il paradosso.
C'è bisogno di scendere nello sprofondo fino al punto di non ritorno perché il delitto possa essere compiuto. Mirabile il passaggio in cui il giovane si infila in vicoli che sa già gli procureranno visioni estreme di povertà e degrado, "per farsi crescere la nausea".
Le sue riflessioni sull'uomo e i suoi limiti, infarciti di esaltazione e umore mutevole, gli donano spossatezza e annichilimento o a tratti gli sciolgono la lingua, lo rendono temerario e aggressivo.
Lunga la meditazione sul delitto. Lunghissima, perché la sua mano si armi e lo compia. Poi, quando avviene, assieme all'imprevisto e all'enormità dell'atto, Raskòlnikov sente, sa di stare tracciando un prima e un dopo. La morte inflitta alla vecchia usuraia e alla sorella di questa, due donne nettamente diverse per modi e anima, sulla prima la mano è veloce, sulla seconda esita perché non era previsto, non doveva essere così. Eppure sarà così e Raskòlnikov ne accetta il compimento.
Da quel momento comincia il disfacimento e il lungo sofferto viaggio in una interiorità che sfida il destino, il pericolo, la giustizia, respinge gli affetti, sceglie il più degradato degli esseri per eleggerlo come il solo che abbia il diritto di sapere.
Il senso di colpa di Raskòlnikov è tentacolare, lo avviluppa in uno stordimento nel quale egli avverte l'inevitabile. Eppure Dostoevskij non cade nella tentazione di donare a questo protagonista l'illuminazione dopo il delitto, il suo progresso è molto più complesso ed è spiazzante. Sì, perché Raskòlnikov è come un "borderline" che si dibatte fra coscienza e inganno.
"Dove ho letto", pensò Raskòlnikov, proseguendo, "dove ho letto che un condannato a morte, un'ora prima di morire, dice o pensa che se gli toccasse vivere su un'alta cima, su una roccia, o su di uno spiazzo tanto stretto da poterci posare solamente i suoi due piedi - e intorno a lui ci fossero degli abissi, l'oscurità eterna, un'eterna solitudine e un'eterna tempesta - e dovesse rimanere così, in un arscin di spazio, per tutta la vita, per mille anni, in eterno - preferirebbe vivere in quel modo che morire subito? Pur di vivere, vivere, vivere! Vivere come che sia, ma vivere!... Che verità. Che verità, signore. È vile l'uomo".
Sònja, Dùnia e il seduttore.
Ci sono due giovani donne e un uomo a fare da contraltare alla tragica vicenda del protagonista. La loro, di storia, non è meno tragica sotto diversi aspetti. Sònja è la figlia di Marmeladov costretta alla prostituzione per sfamare la famiglia, Dùnia è la dolce sorella di Raskòlnikov, perseguitata dal seduttore. Sebbene differenti, le loro storie fanno da corollario alla vicenda di Rodiòn: la prima rappresenta la redenzione, la seconda il riscatto.
La giovane prostituta è l'essere eletto da Raskòlnikov, che vede in lei la purezza dell'innocenza violata e che di fatto è un'anima pia di cui ha bisogno nella sua ricerca di espiazione. Malgrado la vita la porti a vendersi, a rappresentare agli occhi altrui il più alto esempio di degrado, Sònja nutre in sé una fede saldissima ed è in grado di amare.
La dolce sorella è la sola alla quale il destino concede un poco di felicità, poiché sente il supporto dei valori familiari, della possibilità di un onesto compagno di vita.
E poi il seduttore, Svidrigàjlov. Essendo colui che ha tentato di sedurre e portare alla perdizione sua sorella, Raskòlnikov dovrebbe esserne il carnefice. Ci aspettiamo che compia un terzo delitto, anzi. Invece Svidrigàjlov è come una coscienza in grado di parlare, di rappresentare se stessa. L'uomo facoltoso mai pago della propria sfrenatezza, che racconta al giovane fin dove possa arrivare la perversione, rapisce l'attenzione del protagonista. Il seduttore è l'emblema della libertà senza freni, del più alto grado della dissolutezza, in pratica l'esempio dell'uomo che trova nella propria perversione il compimento della fede assoluta nelle possibilità dell'uomo.
Maschere che si collocano ben oltre il personaggio, che finiscono per essere la rappresentazione di una umanità oltre il romanzo stesso.
Un capolavoro, direi. Leggetelo. Fatevi questo regalo, lettori.
Trasposizioni oltre la pagina
Del 1935 è la versione francese con Pierre Blanchar nel ruolo di Raskòlnikov, vince la Coppa Volpi.
Delitto e castigo è diventato uno sceneggiato nel 1963, con la regia di Anton Giulio Majano, con Luigi Vannucchi nel ruolo del protagonista.
Una versione teatrale fu girata nel 1983, con un bravo Mattia Sbragia nel ruolo di Raskòlnikov.
Dello stesso anno, il finlandese Crime and punishment, un lungometraggio in rilettura contemporanea.
Nel 1998 il film con Patrick Dempsey (Raskòlnikov) e Ben Kingsley (Petrovič).
Nel 2002, in Russia, viene girato il film, con l'eccellente Vanessa Redgrave nel ruolo della madre del protagonista.
Concludo con la versione teatrale di qualche anno fa curata da Sergio Rubini (amo ricordarlo perché è stato anche mio maestro).
Avete letto questo romanzo o qualche altro romanzo della letteratura russa? Cosa pensate di questo genere così legato alla rappresentazione dei limiti dell'umanità?
La letteratura russa ha fatto scuola su tanti aspetti del vivere umano. Penso a Guerra e Pace, Anna Karenina e ad altri scritti di autori diversi. Quello che mi ha sempre incuriosito nella letteratura Russa è la visione intimista, l'analisi dei rapporti interni fra le persone e la dimensione di vita in un nazione immensa come la Russia con grandi differenze storiche e sociali alle diverse latitudini.
RispondiEliminaNel tempo sono sempre stato interessato a Dostoevskij, Gogol. Bulgakov (anche se era nato in Ucraina ma ha vissuto molto in Russia e a Mosca) a cui aggiungo Majakowskij.
Un salutone e alla prossima
Io devo dire di averla trascurata a lungo. Ho voglia di "incontrare" nuovamente o per la prima volta tanti autori che potrei apprezzare ben di più in età matura.
EliminaDosto in particolare è straordinario. Questo suo intimismo è sotto diversi aspetti ineguagliabile.
L'ho letto, come pure altri romanzi di Dostoevskj (mi sono piaciuti particolarmente "Memorie dal sottosuolo" e la sua antitesi "Le notti bianche", ho letto anche "Il giocatore", e pure - ma non ho gradito granché - "Il sosia" e il pur celebratissimo "L'idiota").
RispondiEliminaHo letto anche raccolte di racconti di Cechov, di Turgenev, di Bulgakov.
La scelta di raccontare le scelte estreme di un essere umano credo sia proprio il ruolo al quale deve aspirare la letteratura di alto livello. La letteratura come puro intrattenimento va bene, ha una sua funzione, è bello leggere un romanzo con lo stesso spirito con cui si guarda una fiction in tv, però un letterato che voglia indagare a fondo l'animo umano deve esplorare anche le sue zone più impervie. Penso alle parole di Milan Kundera quando scrive: "I personaggi del mio romanzo sono le mie proprie possibilità che non si sono realizzate. Per questo voglio bene a tutti allo stesso modo e tutti allo stesso modo mi spaventano: ciascuno di essi ha superato un confine che io ho solo aggirato. È proprio questo confine superato (il confine oltre il quale finisce il mio io) che mi attrae. Al di là di esso incomincia il mistero sul quale il romanzo si interroga. Un romanzo non è una confessione dell'autore, ma un'esplorazione di ciò che è la vita umana nella trappola che il mondo è diventato".
Mi piace questo tuo commento perché tocca un nucleo importante. C'è una differenza fra letteratura di puro intrattenimento e quella particolare letteratura dalla quale si richiede molto di più. E Kundera arriva all'intuizione più giusta: partire dal proprio io più profondo per sperimentare una sorta di viaggio che serva anche per un lavoro di conoscenza di sé, individuare il confine e poi superarlo, continuando a esplorare. Meravigliosa come definizione della vera letteratura.
EliminaHai parlato di uno dei miei libri preferiti. Dostoevskij è uno scrittore eccelso e credo che sia al di sopra anche di alcuni che sono tra i più grandi esponenti della letteratura mondiale. I suoi romanzi attraversano l’animo umano, scendono fin nelle profondità della nostra essenza. Io credo che lui sia uno scrittore molto coraggioso da questo punto di vista. Ovviamente ciò che domina è la sua visione cristiana, solo la fede può salvare l’uomo e non può esistere una morale senza Dio. A me piace tanto la sia visione opposta al superomismo, al positivismo e al determinismo di Zola, perché lui mette in evidenza la vera essenza umana con i suoi limiti. L’uomo non può essere onnipotente come non potrà mai comportarsi secondo quella che è una logica razionale che risponda solamente alla scienza. Questo concetto è chiaro nel libro “Memorie del sottosuolo”, l’uomo agisce in base alla sua volontà che può anche essere irrazionale. Anzi è proprio questa la caratteristica degli esseri umani e lui la mette bene in evidenza. Di lui ho letto anche “ I fratelli Karamazov”, altro immenso romanzo. Di Tolstoj ho letto “ Anna Karenina”, un capolavoro assoluto. La letteratura russa sembra quasi essere un mondo a parte, un mondo in cui, almeno per me, meglio si esprime la dimensione umana.
RispondiEliminaQuanto è vero, la letteratura russa sembra essere un mondo a parte.
EliminaSe confronto i tanti autori e autrici del XIX secolo dell'Europa occidentale, in particolare della letteratura francese, inglese e tedesca (noi abbiamo l'altissimo esempio manzioniano a custodire la nostra dignità, ma non siamo certo al livello dei più grandi autori europei), troviamo diversi aspetti in comune, la Storia che viene a bussare e a ritagliarsi un ruolo nelle vicende narrate, ciascuna corrente letteraria in relazione ad altre, in continuità o in contrasto. E poi c'è la letteratura russa a rappresentare invece qualcosa di unico, e soprattutto di complesso, così come complessa e mai perfettamente comprensibile è la natura umana. Sei preparatissima, è un piacere leggerti.
Ho letto questo romanzo proprio quest’anno, sentivo l’esigenza di recuperare alcuni classici e questo romanzo mi aveva sempre attratto. Sono andata a riprendere la mia recensione su Goodreads che ti riporto: Quello che mi ha colpito di questo romanzo è la scrittura incredibilmente attuale ed è la cosa che ho apprezzato di più nel libro, forse più della storia.
RispondiEliminaIl romanzo mostra una umanità dolente e povera che si barcamena come può per sopravvivere ma spesso senza riuscirvi, dove tuttavia prevalgono delle personalità forti ed estremamente dignitose. Mi è mancato un po' l'approfondimento psicologico dell'omicidio, perché il giovane Raskolnikov uccide la vecchia usuraia e, incidentalmente, sua sorella? Nonostante l'estrema miseria in cui vive sembra non curarsi affatto del denaro, tanto che lo elargisce a chi ne ha più bisogno di lui. Forse l'articolo da lui scritto tempo prima sembra spiegare il suo pensiero sull'opportunità di alcuni crimini. In realtà lui non è in grado di sopportare il peso di quello che ha commesso e per questo vive nel tormento. Solo verso la fine, in prigione, si apre uno spiraglio di speranza.
Grazie per aver riportato questo bel commento.
EliminaRiguardo allo snodo di cui parli, secondo me in fondo il romanzo si divide fra il movente e il senso di colpa successivo. Il movente è il nichilismo, lo si vede da come Raskolnikov si relazione con gli amici e la famiglia. I suoi confini sono frastagliati, è indefinibile. Mi è piaciuta la scena del delitto in particolare per il secondo delitto, quel "dover fare" quello che va fatto secondo una morale del tutto personale e appartenente a lui. Insomma... che romanzo gigantesco...
Adoro la letteratura russa e in particolare le opere di FD. Immenso, come giustamente osserva farfalle libere. Di lui adoro la dissoluzione dell'idea positiva dell'uomo nella sua perdizione. I suoi personaggi sprofondano non tanto nella miseria economica quanto in quello umana. Di questo romanzo ho in mente il vagare del protagonista per i "sottosuoli" della città e dell'anima. Non c'è redenzione né pentimento. Solo la profonda consapevolezza del delitto compiuto. Raskolnikov è perso sono tutti persi, disperatamente persi, eppure così fantasticamente vivi in una San Pietroburgo che sembra uscita da un dipinto di Toulouse Lautrec. Per me è Lo scrittore. E basta. Grazie per questa bellissima recensione
RispondiEliminaGrazie a te per averla apprezzata e avere aggiunto qualche riflessione a questi commenti, il tutto compone un quadro e questo quadro è variegatissimo e complesso.
Eliminadi Dostoevskij ho letto Delitto e castigo e Il giocatore, Memorie dal sottosuolo non l'ho mai finito, riposa da anni nello scaffale degli incompiuti, ancora non mi chiama. di Lev Tolstoj ho un ricordo vivo e bellissimo della lettura di Guerra e pace, almeno venti anni fa. lessi anche Sonata a Kreutzer, di cui ho ricordi nubilosi, ero troppo giovane, forse. e come dimenticare La morte di Ivan Il'ič e la lettura che condividemmo insieme nella piazza di Samarcanda? a casa di Anna Karenina andrò prima o poi, sicuro.
RispondiEliminaOddio, ti ricordi quella lettura in Samarcanda? Mi è tornata nella memoria adesso... Che tempi, sono passati anche un bel po' di anni.
EliminaFra i romanzi che citi, mi piacerebbe leggere Memorie dal sottosuolo (tu non lo hai finito, qualcosa non ti è piaciuto irrimediabilmente ahimè), sarà per questo titolo così bello e azzeccato.
Letto, più di vent'anni fa, se non venticinque, nelle pause di studio all'università. Non ne ho un ricordo così maestoso, ma forse era il momento in cui l'ho letto. Tra i russi, ora come ora, preferisco Tolstoj in Anna Karenina.
RispondiEliminaIn quanto al tema di Delitto e castigo, nei tempi moderni troppi delitti restano senza punizione, pure col favore del destino. Cosa ben rappresentata da Woody Allen nel film Match point, con Jonathan Rhys Meyers e Scarlett Johansson. Proprio per associarlo al romanzo russo, Allen ha girato la scena del delitto con alcune similitudini (una sola vittima premeditata e una accidentale, le scale, la porta, i gioielli...). Ma il film ha tutto un altro finale. Tempi moderni.
Mi ricordo quel film, lo vidi al cinema, deve risalire a una decina di anni fa.
EliminaAllen ne fece una rappresentazione moderna e anche senza vistosi riferimenti al romanzo di Dosto, e come al solito fu un film che poteva passare inosservato.
Il protagonista affronta il castigo al termine del romanzo, ma tutto diventa quasi mistico, lui è come trasfigurato. Anche lì lo scrittore è stato immenso.
No, vabbè, questo è uno dei miei classici preferiti, che te lo dico a fa’!
RispondiEliminaPosso immaginarlo. Romanzo perfetto. :)
EliminaLa letteratura russa dell'Ottocento è composta da una compagine di autentici giganti, e molti studiosi hanno notato come in questa nazione immensa e tormentata la letteratura sia contraddistinta da una fioritura a fasi con lunghi periodi di silenzio e stasi, seguiti da altri in cui c'è un'autentica esplosione.
RispondiEliminaHo letto le opere dei più importanti autori russi, mi manca Gogol. La tua splendida recensione mi ha fatto venire voglia di rileggere questo capolavoro dell'anima umana, e soprattutto di una perdizione urbana dato che non si può separare il protagonista dalla città in cui si aggira e che sembra un altro comprimario a pieno titolo nel suo rovello, nel suo delitto e nel suo pentimento. Ho visto anche il video con la rappresentazione teatrale che rende molto bene l'idea. Aggiungo che l'ideologia ha molta parte nella caratterizzazione dei personaggi di Dostoevskj, del resto era l'epoca degli anarchici, dei nichilisti, dei contestatori anche di Dio. Sono felice che questi autori ci abbiano consegnato queste pagine memorabili che possiamo leggere e rileggere, e che continueranno a parlare a ogni epoca.
Grazie per avere apprezzato questa recensione, che ho scritto sulla scia di tutte le emozioni, fortissime, che mi ha lasciato questo romanzo. La bellezza, purissima, di queste narrazioni è ammantata dalla ricchezza ideologica dell'epoca, dici bene.
EliminaChissà se riuscirò mai a leggerlo! La letteratura russa mi ispira davvero un sacco per le tematiche ma la mole e il tipo di scrittura un po' "ostica" mi fanno desistere dal cominciare a leggere qualcosa di questi autori. Spero prima o poi di riuscire a trovare il coraggio :) Bellissima recensione!
RispondiEliminaGrazie, Nicole. Sì, occorre mettersi in sintonia con l'epoca, le istante, l'ideologia, la sensibilità di questi autori straordinari.
EliminaBellissimo post. Delitto e castigo mi manca, ma mi hai fatto venire una gran voglia di leggerlo. Trovo incredibile la capacità di alcuni autori classici russi di caratterizzare così bene i personaggi e costruire intrecci complessi.
RispondiEliminaMi sbaglio o sulla copertina del libro c'è l'assassino di Abramo Lincoln?
Caspita, hai ragione. È uno dei membri della cospirazione contro Lincoln! :O
EliminaL'ho letto anni fa e mi era molto piaciuto ma pensa che ho dimenticato veramente un sacco di cose. Ad esempio non mi ricordavo nemmeno che Raskolnikov aveva ucciso un'altra persona oltre all'usuraia e mi ricordo così poco anche dei personaggi di contorno oltre a Sonia. Grazie per il bel post che mi fa capire che è ora di rileggere questo capolavoro.
RispondiEliminaA proposito, l'anno scorso ho visto una trasposizione americana del libro, ma come spesso fanno gli americani che devono far finire tutto bene, alla fine lo studente (i nomi erano diversi ed era tutto ambientato in America) aveva solo fatto un sogno... finale del piffero.
Un finale del piffero davvero!
EliminaMi fa piacere che questa recensione ti abbi fatto tornare in mente la bellezza di questo romanzo. Io non vedo l'ora di leggere Memorie dal sottosuolo.