venerdì 9 settembre 2016

Sogno di una notte di mezza estate - William Shakespeare

Teseo: Oh, bella Ippolita, l'ora delle nostre nozze s'avvicina con passo veloce. Quattro giorni lieti ancora e sorgerà la luna nuova. Ma con quanta lentezza cala questa vecchia luna! Essa ritarda l'appagamento dei miei desideri, come matrigna, o ricca vedova, che, indugiando a morire, il retaggio assottiglia dell'erede. 

Non si può amare Shakespeare senza riconoscere l'unicità di questa commedia, la più rappresentata al mondo, la più adattata, trasposta, reinventata. Cos'è che rende speciale il Sogno di Shakespeare? Praticamente tutto, ma andiamo per gradi.
Il suo autore la scrive probabilmente negli anni 1593-95. Ancora una volta la certezza a riguardo non esiste, gli studiosi desumono quelle date per attinenza con altre opere dello stesso periodo. Per i suoi contenuti, si può tranquillamente ipotizzare che sia un'opera richiesta e poi scritta per le nozze di qualche dignitario di corte o addirittura per qualche sovrano in visita a Londra, o forse soltanto per divertire, come è d'uso in tanto teatro dell'epoca. Vi si parla di nozze importanti, quelle del duca di Atene, Teseo, con la regina delle Amazzoni, Ippolita, ma queste nozze finiscono con l'essere la cornice entro cui si svolge l'azione centrale, un'azione a più livelli, brulicante di personaggi e situazioni da lasciare senza fiato.
La locandina dello spettacolo
(Digressione "teatrale". Va bene, è tempo di svelarlo, è l'opera che meglio conosco del Bardo, perché ho avuto l'ardire di portarla in scena proprio quest'anno, nel 400enario dalla sua morte, in aprile. Ho ardito farlo perché volevo entrare in uno di questi meccanismi folli della drammaturgia, per poi accorgermi che il Sogno è una sorta di "bestia" molto difficile da affrontare e da rendere. Questo spettacolo, andato in scena per tre volte e poi chiuso per disaccordi fra alcuni componenti, è stata un'esperienza massacrante ed esaltante al tempo stesso. Una sfida vinta solo in parte, finora, e per certi aspetti un flop.
Quando affronti Shakespeare, devi avere ben presente l'aspetto della complessità dei livelli nella sua drammaturgia, averne rispetto e perfino timore, disporsi dinanzi a ciò con umiltà e darti più tempo per tutto. Affronti Shakespeare se hai un gruppo folto di partecipanti, tutti affidabilissimi e onesti, pur consapevole di dover tagliare alcune parti molto marginali, e già così si va in scena almeno in dodici.
Il progetto è stato bruscamente interrotto, la mia leggerezza è stata tutta nello scegliermi alcuni attori del tutto fuori dal contesto ideale del mio fare teatro, errore ingenuo dell'affidare una creatura così potente e allo stesso tempo delicata in mani sbagliate. E quando capita questo, non basta che la maggior parte del cast sia tutto da un'altra parte.  
Il teatro è un fragilissimo ambiente in cui tutto deve combinarsi perfettamente, e bastano due o tre elementi per incrinare e poi affondare la corazzata. Si aggiunge quindi un altro aspetto alla mole di difficoltà del produrre uno spettacolo: ci vogliono attori "giusti" per quella parte, ma questi attori devono essere anche tuoi "complici", devono sentire il progetto come proprio, amarlo come lo ami tu, essere umili e avere senso di sacrificio di sé come lo hai tu e il resto della Compagnia. Tutti diversi, ma anche tutti molto simili, altrimenti la nave affonda. Avrei potuto inveire contro gli elementi disgreganti di questo progetto, ma poi semplicemente mi sono detta che l'errore era stato mio nel selezionarli mesi prima. Scelte sbagliate portano a esiti incerti e alla chiusura di un percorso. Esperienza che mi ha comunque insegnato qualcosa di importante).
Johann Heinrich Fussli, Titania e Bottom
Torniamo al nerbo di questo post. La bellezza del Sogno è nella sua ricchezza tematica, perché i suoi contenuti sono tanti e tutti diversi fra loro, in una combinazione ancora una volta geniale. Shakespeare attinge al patrimonio tradizionale di racconti anglosassoni, spingendosi più indietro fino alla mitologia greca, combina il tutto con il suo mondo contemporaneo e con le strategie della "macchina teatrale" e il prodotto è straordinario. In lettura quest'opera può fornire un'idea di questa straordinarietà solo se da lettori ci si dispone a immaginarne i passaggi in scena, l'amalgamarsi di due mondi in antitesi fra loro, la realtà e il sogno, mai realmente separati ma come ambienti che si nutrono di reciproche contaminazioni.
C'è la legge degli uomini, incarnata da Teseo, che impone l'obbedienza all'infelice Ermia, innamorata corrisposta di Lisandro ma obbligata a sposare il vanesio Demetrio per volere del padre.
C'è la legge imperscrutabile dell'amore, che dona a Ermia il coraggio di fuggire con Lisandro e sfidare le convenzioni, inoltre costringe Elena all'infelice posizione di chi ama non riamato, perché l'oggetto del suo desiderio è Demetrio che la ignora e disprezza. Due coppie di amanti in cui l'ordine cede il passo al caos dei sentimenti.
C'è il grottesco mondo degli artigiani che si improvvisano attori di una scalcinata Compagnia, in cui si vuole mettere in scena addirittura il racconto di Piramo e Tisbe, pretendendo di esserne all'altezza.
Edwin Landseer, Titania e Bottom
Potrebbe già essere questo una commedia finita e rifinita, se non fosse che manca l'elemento più importante: il mondo soprannaturale di fate ed elfi che abitano nelle latebre del bosco a pochi passi dalla città. Un mondo anch'esso brulicante, con un proprio ordine, se vogliamo, con una gerarchia e delle leggi, pur se queste cedono spesso alla voluttà di canti, danze e bevute. E' il mondo del Sogno, quello che non può realizzarsi se non in quel bosco notturno, perché la notte è già di per sé intrisa di mistero e solo nelle brume notturne possiamo immaginare che quel sogno stia avendo atto o sia una realtà possibile esclusivamente in quel "mondo". Ne sono sovrani assoluti Oberon e Titania, imponenti, capricciosi, regalmente intolleranti. Oberon è astuto e superbo al punto di volersi divertire alle spalle di lei, che non gli cede un amabile paggetto, un motivo futile che scatena il nucleo dell'azione. Ma non basta, perché lo straordinario intreccio non esisterebbe senza Puck, il fedele servo di Oberon, l'allegro vagabondo notturno che in realtà è il "fool" di quest'opera, il detentore della Verità, il nucleo all'interno dell'intreccio, colui che sfugge a una definizione completa e soddisfacente di se stesso, perché Puck può essere noto solo a se stesso.
Il Sogno è un imponente spettacolo sui sentimenti umani, ricco di sfumature di senso, un caravanserraglio di umori e azioni. La fama del Sogno shakespeareano travalica non solo i secoli ma diventa per ogni generazione una riscrittura, una proposta diversa, una drammaturgia che ne ricalca i temi e si ripropone camaleontica.

10 commenti:

  1. Ti confesso che non ho letto il libro ma ho vista la versione cinematografica con Rupert Everett.
    Nonostante questo, dell'unicità e della grandezza di quest'opera ho avuto anch'io la sicurezza. Troppo approfondito tutto quanto, da Oberon a Lisandro, da Titania a Teseo e Lermia per essere soltanto una commedia.
    E' arte pura! Eterna!

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    1. Conosco quella versione, che ho trovato molto elegante, per altro interamente girata in Italia.

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  2. Ciao Luz,
    capisco il tuo sfogo, anche i "nostri" portarono in scena una riduzione e fu un mezzo pasticcio. Mio figlio era Demetrio ed era furioso...ma il teatro vuole anche questi passi in traverso.
    Con il tuo amore per Shakespeare e la tua passione per il teatro saprai fare tesoro anche di questo percorso in funzione di altre esperienze.
    Un abbracio
    Marilena

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    1. Oddio, non è che mi sia improvvisata proprio. Avevo fissato le date dello spettacolo e avevo avuto problemi col ruolo di Zeppa, il capocomico dei guitti. Il problema si è rivelato in scena, quando l'attore arrivato da poco è andato nel pallone. Questo ha portato parecchio nervosismo nel resto del gruppo, avevamo lavorato tutti al massimo per la messa in scena, c'erano molte aspettative da parte del nostro consueto pubblico. Quello che non mi è piaciuto è stata la mancanza di comprensione da parte di coloro che hanno poi interrotto il progetto, la loro assenza come parte della squadra. Si sarebbe potuto andare avanti, fiduciosamente e con nuove prospettive, invece hanno preferito andarsene.
      Lo riprenderò il prossimo anno, dopo L'attimo fuggente e una produzione che intendo scrivere nei prossimi mesi.

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  3. E' interessante sentirti raccontare, oltre a Shakespeare, i retroscena dell'allestimento del Sogno. Dalla tua fatica nasce di sicuro una consapevolezza nuova.

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    1. Riservo pochissimo spazio a questo aspetto nel blog. Dovrei rimediare, perché i retroscena dell'allestimento di uno spettacolo sono impensabili per tutti coloro che non vivono queste esperienze.

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  4. Mi sembra sia stata la primissima opera di Shakespeare che abbia letto, all'inizio del liceo. Da qualche parte a casa dovrei avere forse ancora il libro.

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    1. Una libreria senza il Sogno di Shakespeare ha qualche che manca, infatti. :-)

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  5. L'ho letta e ho visto anche il film. Mi ha dato l'impressione di un'opera magnifica ma molto complessa come dici se non altro per il numero di attori in scena.

    Per quanto riguarda l'allestimento dello spettacolo, posso solo supporre che basti un attore poco affidabile per mettere in crisi anche il resto. Fare teatro dev'essere complicato almeno quanto scriverne! Del resto siamo tutti umani e si procede per tentativi. Lascia un po' l'amaro in bocca l'interruzione dell'allestimento; tuttavia da esperienza nasce esperienza.

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    1. Sì, è come un colpo in testa, una doccia fredda, lo svegliarti dopo essere andato contro un albero. Si impiegano talmente tante energie nel fare teatro che accorgersi di essersi affidati a mani sbagliate è traumatico. Ne ho fatto tesoro.

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