Uno dei grandi
autori del Novecento è il rumeno Eugène Ionesco. Tempo fa conoscevo
Ionesco solo in modo marginale, per averlo letto su diverse antologie
scolastiche che propongono suoi testi nell'unità che tratta di teatro e
recitazione. Noto come commediografo del "teatro dell'assurdo",
Ionesco è un autore geniale. Nel 2011 ebbi la fortuna di partecipare e vincere il Premio
di Regia organizzato dalla Federazione teatrale italiana della sede di Roma con una scena di 15 minuti tratta da La cantatrice
calva: fu per me esperienza straordinaria per aver vinto il primo
premio, ma anche perché per la prima volta ebbi l'opportunità di mettere in
scena un testo dell'assurdo nel quale ho cercato una nota tragica, che è stata
poi l'idea vincente.
Il nome di Ionesco è
legato al Théatre Huchette della Rive Gauche a Parigi. Su un articolo tempo fa
lessi uno scenario del 1956: il quartiere latino era ancora un quartiere di
studenti, esistenzialisti e sbandati vari che chiedevano "cinquante
balles" per andarsele a bere. Nella Cave Huchette suonava Bud Powell. Ebbene,
il Théatre Huchette avrà una cinquantina di posti, forse meno, e da allora ha
un unico programma: La Cantatrice chauve e La leçon, i suoi
capolavori, spettacoli che chi li ha visti reputa indimenticabili. Oggi il
quartiere latino è diventato un quartiere turistico, gli studenti non sono più
alla Sorbona, l'esistenzialismo è morto e andare a cercare quel Ionesco di
altre opere come ad esempio Il rinoceronte, ce lo fa percepire come “dimezzato”.
C’è chi dice “tutto passa, anche il talento”.
Eugène Ionesco (1909 - 1994) |
Da quello che ho
capito del teatro dell’assurdo, c’è in esso una nota tragico-malinconica riconoscibilissima.
Il teatro dell'assurdo in fondo non è che la tragedia dell'incomunicabilità.
Non v'è nulla di comico in Ionesco, a voler dare un'interpretazione che esula
dai soliti canoni. Usare il comico per
mettere in scena una tragedia è roba di gran classe e l'assurdo è strumento
perfetto per questo. Ionesco è unico per
diversi aspetti, forse realmente non etichettabile.
...per far ridere bisogna mettere in scena le cose tristi.
Mi è capitato con tre delle cinque
commedie che ho messo in scena da quando ho cominciato a calcare il
palcoscenico. La prima e la terza raccontano del dramma personale dell'escluso,
dell'abbandonato. La prima mia caratterizzazione molto forte fu quella di una
donna abbandonata sull'altare dal suo fidanzato. Mi inventai in fase di
scrittura una sorta di tic che scatta alla parola "matrimonio", un
mancamento, che in scena poi resi mimicamente in crescendo - alla terza
"caduta" di Bettina, i due personaggi maschili assecondano la sua
mancanza di respiro sollevandola per aria da entrambe le braccia, ovvero il
dramma di Bettina la trasforma in un fantoccio senza vita... cosa che faceva
ridere moltissimo.
In una delle altre commedie, una vedova, madre di figli ingrati, amareggiata e infuriata col mondo, fuma fino allo sfinimento un sigaro, possiede un cane che è il suo alter ego, aggredisce tutti, ma in realtà è un'anima in pena, con un fondo di mera bontà. Nell'ultima commedia che ho rappresentato, il dramma è tutto nel marito scacciato dalla moglie esasperata, infinitamente triste, aggrappato al passato ormai finito, incapace di adeguarsi alla realtà nuova, che esaspera ogni movenza e gesto con assurde pretese di pulizia e ordine, quello che non possiede interiormente - sulla falsariga de La strana coppia.
Pirandello dopotutto ce lo ha spiegato bene. C’è differenza fra comicità e umorismo, e ce lo spiega con un esempio famoso: “Vedo una vecchia signora tutta goffamente imbellettata e parata d’abiti giovanili. Mi metto a ridere”.
In questo caso, la prima reazione è di comicità, basata sull'avvertimento del contrario, cioè sul contrasto tra gli atteggiamenti giovanili della vecchia signora e la sua età senile. La seconda reazione è, invece, ironica e riguarda l’amara considerazione dei disagi della vecchiaia, è il sentimento del contrario, della contraddizione tra la realtà degli anni che passano e l’aspirazione a restare giovani.
Dal web: Solo l’ironia ha il potere di cogliere la profonda connessione tra comico e tragico, tipica della condizione umana. “Tutto ciò che è umano è patetico. - scrive Mark Twain - La segreta fonte dell’umorismo non è gioia ma dolore”.
E il teatro in questo modo diventa mimesis biou, “imitazione della vita”, come bene diceva Menandro molti secoli fa.
In una delle altre commedie, una vedova, madre di figli ingrati, amareggiata e infuriata col mondo, fuma fino allo sfinimento un sigaro, possiede un cane che è il suo alter ego, aggredisce tutti, ma in realtà è un'anima in pena, con un fondo di mera bontà. Nell'ultima commedia che ho rappresentato, il dramma è tutto nel marito scacciato dalla moglie esasperata, infinitamente triste, aggrappato al passato ormai finito, incapace di adeguarsi alla realtà nuova, che esaspera ogni movenza e gesto con assurde pretese di pulizia e ordine, quello che non possiede interiormente - sulla falsariga de La strana coppia.
Pirandello dopotutto ce lo ha spiegato bene. C’è differenza fra comicità e umorismo, e ce lo spiega con un esempio famoso: “Vedo una vecchia signora tutta goffamente imbellettata e parata d’abiti giovanili. Mi metto a ridere”.
In questo caso, la prima reazione è di comicità, basata sull'avvertimento del contrario, cioè sul contrasto tra gli atteggiamenti giovanili della vecchia signora e la sua età senile. La seconda reazione è, invece, ironica e riguarda l’amara considerazione dei disagi della vecchiaia, è il sentimento del contrario, della contraddizione tra la realtà degli anni che passano e l’aspirazione a restare giovani.
Dal web: Solo l’ironia ha il potere di cogliere la profonda connessione tra comico e tragico, tipica della condizione umana. “Tutto ciò che è umano è patetico. - scrive Mark Twain - La segreta fonte dell’umorismo non è gioia ma dolore”.
E il teatro in questo modo diventa mimesis biou, “imitazione della vita”, come bene diceva Menandro molti secoli fa.
Avete mai avuto modo di assistere a una piéce dell'assurdo? Cosa pensate di comicità e umorismo?
Un articolo molto interessante e molto ben scritto. Agli inizi mi chiedevo come fosse possibile trasmettere comicità con un pezzo tragico, ma l'hai argomentato molto chiaramente (e l'esempio di Pirandello, diciamocelo, è perfetto). Mi ha fatto venire in mente il libro di Victor Hugo L'uomo che ride. Non il mio preferito, ma molto attuale e con certi pezzi molto belli. Protagonista è Gwynplaine, guitto dal volto deformato in un perpetuo, grottesco sorriso. La sua "maschera", così orribile (così ce la descrive Hugo), fa morire dal ridere gli spettatori, che lo ricoprono di soldi. Tragica contrapposizione al suo stato d'animo: angosciato e umiliato, ma sempre sogghignante, mentre intorno la folla insensibile piange dalle risate.
RispondiEliminaGrazie. Interessante questa "maschera" del romanzo di Hugo. Autore che per altro tocca questo argomento anche in Notre Dame de Paris.
EliminaNel post non viene citato, ma il clown, che è diretta derivazione del buffone di corte, si può annoverare fra queste icone tristi della comicità.
Tragico e comico sono intimamente legati, come dimostra anche il fatto che a volte ridiamo di ciò che ci spaventa o ci fa soffrire, per esorcizzarlo.
RispondiEliminaNon ho mai affrontato il teatro dell'assurdo, ma mi piacerebbe, anche se dev'essere molto difficile e tu a quanto pare hai trovato la chiave di lettura giusta.
Il teatro dell'assurdo solo apparentemente può essere affrontato facilmente. Proprio perché calca la mano sull'aspetto del paradosso è difficile da rendere. Si crede comunemente, ed erroneamente, che solo il tragico sia arduo sul palcoscenico, eppure è vero il contrario. Far ridere è già difficile - intendo "far ridere" mediante lo strumento teatro e non con il cabaret - far ridere celando una maschera tragica ancora di più.
EliminaSe sulla tua strada ti imbatterai nell'assurdo, non perderti l'opportunità di attraversare questa esperienza.
Come forse avrai capito, Pirandello è uno dei miei miti, sicuramente l'autore italiano che più mi ha influenzata nella mia visione del mondo e di cui ho potuto vedere a teatro Così è se vi pare, un monumento all'assurdo e all'incomunicabilità. Citai Ionesco in apertura alla mia tesi di laurea triennale, nella quale mi occupavo dell'Alcesti di Euripide e della sua particolarità di essere una "tragedia non tragica", anzi, con dei tratti comici. E la frase di Ionesco recitava: "Comunque il risultato è questo: Comico e Tragico sono semplicemente due aspetti della stessa situazione, e sono ora giunto al punto in cui trovo difficile distinguere uno dall’altro".
RispondiEliminaSì, ricordo questa tua esperienza di studio e i tuoi post su Pirandello sono all'altezza delle tue conoscenze in merito.
EliminaL'Alcesti, dramma a lieto fine, per questa caratteristica di natura duplice potrebbe essere assimilato a tanto teatro di Shakespeare. E' per me impossibile non scorgerne richiami ovunque. :-)
Proprio così! Dovremmo trovare una prossima occasione per parlarne diffusamente, magari con un doppio post! :)
EliminaBuona idea! :)
EliminaAnche la celebre frase di Nietzsche a proposito della Tragedia greca può collegarsi in qualche modo al discorso.
RispondiElimina"Quel che i moderni non sono stati in grado di comprendere è che l'eroe tragico è gaio".
Però qui è come se si generalizzasse troppo. In realtà molti eroi tragici restano tali. L'aspetto della comicità nella tragedia è più sottile, più impercettibile.
EliminaDevo leggere "Memorie di un clown".
Penso che non ci sia niente di più surreale in letteratura di Beckett, dal tema allo stile narrativo.
RispondiEliminaConcordo, ma forse Beckett e Ionesco si sono differenziati nella drammaturgia, pur praticando lo stesso "tema".
EliminaIn prima liceo ho interpretato Godot.
RispondiEliminaSì, l'ironia era proprio quella: veder finalmente arrivare Godot. :)
Immagino. Insomma, esperienze non da poco in campo teatrale!
EliminaLetto con grandissimo entusiasmo questo post: l'incomunicabilità, l'attesa eterna, il tragico attraverso il comico sono elementi che ho ritrovato nelle mie letture (ahimè, non ho assistito ad alcuna pièce) di Ionesco e altri autori dell'assurdo (Pinter soprattutto, che però forse si colloca in una posizione particolare). I primi testi letti mi avevano esaltato e colpito moltissimo, notavo una forza dirompente e coinvolgente forse mai incontrata prima. Dovrei rileggere *_*
RispondiEliminaRompere gli schemi logici del quotidiano è il nerbo dell'assurdo. Leggi Queneau, le sue Variazioni ti piacerebbero moltissimo.
EliminaOh, vedo di procurarmelo!!! *__*
EliminaConosco abbastanza bene il confine che Pirandello traccia tra comicità e ironia. Mi piace il taglio originale e personale che hai dato al post!
RispondiEliminaGrazie, Romina.
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