martedì 22 ottobre 2024

Tutti i libri che ci siamo persi (e continuiamo a perderci)

È inevitabile: questo post è anche e soprattutto sulla scuola. Parte da uno scritto di Alec Ross passatomi da un'amica e riguarda lo stato del nostro essere lettori in Italia. 
Stamattina, assieme ai ragazzi di terza, ho concordato di dedicare un'ora a settimana in classe all'attività di lettura silenziosa. Lo stesso ho fatto in seconda. 
Una specie di biblioteca tutta nostra in cui l'aula diventa tale, noi ci portiamo dietro il libro che stiamo leggendo in quel determinato periodo (per quanto mi riguarda uno dei libri che sto leggendo, dedicandomi a scuola in particolare alla saggistica nei ritagli di tempo e nelle ore buche) e riponiamo il resto per chinarci su quelle pagine e immergerci nella narrazione. Perché la cosa diventi anche "attiva", ciascuno è autorizzato a interrompere la lettura altrui se si imbatte in un passaggio particolare che suscita emozione. Lo si legge e lo commentiamo assieme. Saranno momenti di condivisione importanti.
Fondamentalmente voglio puntare sulla ricerca di emozioni, su un approccio "emozionale" alla narrativa. [Si vede che sto ultimando un master sull'Intelligenza Emotiva? Ne scriverò]
Sapete come hanno reagito i ragazzi dinanzi alla proposta? Con entusiasmo. Non con semplice partecipazione, ma con entusiasmo. In terza e in seconda. Adorano l'idea di un'ora di lettura silenziosa, un anello che va a congiungersi con il lavoro di lettura di un libro al mese. 
Sui miei canali Teams circola un elenco di 80 libri suggeriti e corredati da asterischi indicanti il livello di difficoltà e il valore formativo. Loro attingono da lì e fanno il loro lavoro di piccoli lettori che crescono. 

Non conoscevo Alec Ross, che scopro essere un autore, imprenditore ed esperto di politiche tecnologiche. Scrive: 
Amici Italiani: tre minuti da parte mia su un tema di grande importanza: la lettura.
Io non uso molto spesso la parola “crisi” ma c’è una crisi con la lettura in Italia. Se guardiamo ai numeri che presento nella video che rappresentano la percentuale di persone nel Paese che leggono almeno un libro all’anno, il risultato è scandaloso. In Italia solo il 35% dei cittadini legge almeno un libro all’anno, mentre in Francia la percentuale supera il 60%, in Spagna 54%, e in Germania arriva al 75%. In Europa, occupiamo una delle posizioni più basse; peggio di noi ci sono solo Turchia e Romania.
Questo ha effetti concreti. Non possiamo immaginare di costruire il futuro senza andare a fondo nell’apprendimento. Certo, possiamo imparare delle cose sui social. Probabilmente state vedendo questo video proprio sui social. Non sono contrario ai social, ma dobbiamo cambiare rotta e dedicarci a leggere più libri. Dobbiamo anche incoraggiare i nostri giovani e i nostri dipendenti a non consumare solo media brevi e superficiali, ma ad approfondire attraverso la lettura. La lettura di libri è come consumare proteine per i nostri muscoli intellettuali. Leggere solo ciò che vediamo sui social o guardare la televisione è come consumare carboidrati che dà un po’ di energia, ma non fa bene a lungo termine.
Dobbiamo nutrire la nostra mente con libri. È essenziale sviluppare la capacità e la volontà di leggere di più.
Sono interessato ai vostri commenti: ditemi se sbaglio o suggerite cosa possiamo fare per migliorare questa situazione.
Insomma, siamo mesi non male, malissimo. 
Come non sentirsi chiamati in causa dinanzi a questa débacle? Essere insegnante di Lettere nel triennio delle medie richiama a un compito fondamentale: gettare le basi per l'abitudine alla lettura o perlomeno rendere il libro un prodotto noto, mai più sconosciuto e con il quale non sentono una certa "familiarità".
Perché alla fin fine si tratta proprio di questo. Trasformarli in lettori assidui è pura utopia, allora si può tentare di aiutarli ad approcciare alcune narrazioni con un certo potenziale di cattura delle loro emozioni e del loro interesse. 
Qui magari penserete a roba come Il fabbricante di lacrime o La casa sul mare celeste, titoli molto gettonati fra alunni e alunne con il compito di portare a termine la lettura di almeno tre libri durante le vacanze estive o compiti similari. 
Invece, tenetevi forte, in questi giorni si è parlato di un grande libro: La storia, di Elsa Morante. 
Mea culpa, non avevo mai letto per intero il romanzo, solo a brani, durante i miei studi e per tutti questi anni di insegnamento con lavori sul testo nelle antologie e quant'altro. Lo ultimerò in queste settimane e certo dedicherò una recensione a questo mirabile classico. Ora soffermiamoci su un altro aspetto. 

La storia è un romanzo di 660 pagine e richiede tempo, dedizione e serietà. Questo è l'anno in cui in terza studieranno la Seconda guerra mondiale e tutti gli annessi, i regimi totalitari, la partigianeria, i grandi eccidi di civili, la Shoah. Sono temi forti che non si possono affrontare come meri contenuti da incasellare e imparare, ma mediante la riflessione e il ragionamento. 
Abbiamo una vaga idea di quanto possa aiutarli la letteratura a capire certi meccanismi? Perché la storia di Ida Ramundo, di Useppe e Nino, di Giuseppe Secondo, di Davide Segre e molti altri è il mezzo con cui i ragazzi possono entrare in contatto, empaticamente, con certi contenuti. 
La Storia è fatta di grandi eventi, ma senza il racconto di vite perdute, dei milioni di civili dispersi, profughi o uccisi dalle bombe, non sarebbe che un fatto lontano nel tempo da aggiungere agli argomenti da sapere per l'interrogazione o la verifica scritta. 
Contenuti che vanno disperdendosi quando non sono approcciati "emotivamente". 
Scopro, leggendolo, che La storia di Elsa Morante è un testo prezioso che avremmo dovuto studiare a scuola, non leggere del tutto casualmente come proposta o per sentito dire. 
Ci siamo persi questo come decine di altri classici e non che, forse, avrebbero potuto creare nuovi lettori. I testi circolanti nelle scuole superiori erano e in larga parte sono:
I Promessi Sposi
La Divina Commedia
La coscienza di Zeno
I Malavoglia
Il deserto dei Tartari
Il Gattopardo
Fontamara
Piccolo mondo antico

Tutti pregevoli e alcuni obiettivamente irrinunciabili, ma... dove sono finiti La storia, Le città invisibili di Calvino, 1984 di Orwell - assieme agli altri famosi distopici La fattoria degli animali e Il signore delle mosche - La cognizione del dolore di Gadda, e poi Cuore di tenebra, perfino La strada di McCarthy. Tutti testi che possono arrivare alle loro coscienze, stimolano una riflessione profonda sull'essere umano, sulla società, aiutano a conquistare un senso critico. 
E con una buona dose di fortuna, li aiuta a diventare lettori. Anche solo "forti" come li intendono le statistiche in Italia: lettori di un libro al mese. 
Si dice spesso che i programmi andrebbero svecchiati, smantellati, adeguati a questo tempo così diverso da quello di 30 o 40 anni fa, ma se non ci si arriva mediante il consueto percorso dei programmi ministeriali, allora è un lavoro che devono fare gli insegnanti
Qui però emerge la nota dolente: quanti prof sono in grado di fornire spunti diversi, quanti sono in grado di stimolare un apprendimento "emotivo" che li aiuti a costruire un percorso culturale e umano, quanti non sono semplicemente istruiti ma sono colti, aperti, carismatici, flessibili, coraggiosi? 
Perché non basta saper proporre compitini e lezioncine, non basta dirsi in grado di creare un clima sereno, qui ci vuole lavoro vero. E oggi, per "lavoro vero" si intende qualcosa che punti molto più in là. 

In questo post di cinque anni fa riflettevo sul cosa significhi essere "buoni insegnanti". A rileggermi, alcuni aspetti sono cambiati in meglio, perché i ragazzi da allora sono cambiati, c'è stata una pandemia in mezzo e non è più possibile arenarsi in una serie di abitudini.
Oggi insegnare significa accettare una sfida ben più difficile, perché al ragazzino super celebrato dai genitori si è aggiunto il ragazzino fragilissimo e bisognoso di conquistare autostima e coraggio. 
Nel bel mezzo di un'epoca in cui la famiglia non è più quella di prima e si sono riaffacciate questioni e tendenze come fascismo e messa in discussione dei diritti fondamentali, oggi plasmare futuri cittadini è diventata un'impresa ardua, resa difficile dall'annegamento in un apparato burocratico che impone paletti, obblighi e immani perdite di tempo. 
Non ci sono ricette né facili soluzioni, ogni aggregato di adolescenti è diverso e ogni classe si riserva una propria dinamica, però si possono affinare alcune peculiarità che un buon insegnante deve possedere, in primis la credibilità e la coerenza. 
Essere buoni insegnanti significa oggi più che mai ritrovare le parole che ci siamo perse, magari in libri che non abbiamo ancora letto, valorizzare la letteratura nascosta e non "ufficiale", quella che si è voluto seppellire adagiandosi sulla ripetizione pedissequa di programmi ormai triti e muffi. 
Scoprire, riscoprire, sperimentare, offrire un insegnamento che punti sulle emozioni, quei "movimenti" interiori che ci permettono di conquistare vette insperate. 
Io ci credo, ma non solo perché sono di natura un'ottimista. Ci credo perché è possibile. 

Quali classici avete studiato a scuola e quali libri ritenete dovrebbero far parte dei programmi scolastici? Vale anche la letteratura contemporanea. Vi leggo anche per ampliare la mia percezione.

1 commento:

  1. Con me sfondi una porta aperta. Per dire: io alle elementari ho avuto la maestra che nell'ultima ora di lezione, in quinta, ci leggeva un libro. Scelse "Pinocchio" e "I promessi sposi", nel secondo caso facendo un errore (sicuramente involontario, era un'ottima maestra che faceva il suo lavoro con passione). Non aveva considerato che il famigerato mattone manzoniano lo avremmo dovuto ri-studiare alle scuole medie, durante il biennio e durante il triennio... Ti giuro, io ormai ho la nausea dei "promessi sposi", non riesco neppure a giudicarlo obiettivamente, so solo che se mi facessero ministro dell'istruzione lo farei studiare molto sommariamente e lo eliminerei dalle letture obbligatorie "capitolo per capitolo" che sono a mio modesto avviso il più grande incentivo all'odio verso la lettura che pervade l'italiano medio a partire dai tempi della scuola.
    Non si può fare un programma di letteratura in cui passi mesi e mesi a studiare Leopardi, Manzoni, e poi Pascoli e D'Annunzio, e poi una carrellata sbrigativa degli autori più moderni (almeno ai miei tempi era così, da come mi ha detto mia figlia temo che non sia cambiato granché). É inutile avere studenti che hanno letto (e dopo poco dimenticato) chissà quanti canti della "Commedia" dantesca ma solo poche righe di autori più vicini ai loro tempi come Pavese o Moravia.
    Peraltro il fatto di dover "studiare" il testo come se fosse una versione in latino con filosofia e storia annesse (inevitabile quando si deve affrontare un testo del XIV secolo, ancor di più quando è denso di riferimenti che solo un erudito può sapere, e infatti mi chiedo quanti professori saprebbero leggere correttamente l'Inferno senza le note esplicative a piè di pagina) lo rende inviso ancora di più.
    Poi, per carità, siamo un po' anche noi italiani a essere proprio anti-studio e anti-letture. Quelle poche cose che lessi di Pirandello mi illuminarono, mi piacquero talmente che poi nel tempo, crescendo, ho letto tutti i libri più famosi del grande siciliano, ma rammento che i miei compagni di classe non erano particolarmente attratti, anzi, lo trovavano "pesante"...
    Più che di libri moderni in particolare, ché tanto quelli più importanti si sa quali sono e comunque sono soggetti a valutazioni anche "politiche" (a me piace molto la narrativa di Ada Negri, che però ormai è stata bollata negativamente per la sua scelta filofascista che non ha potuto rinnegare essendo morta prima che finisse la guerra) io partirei proprio dall'idea di far leggere un libro, uno diverso a ogni studente, e poi chiedergli di parlarne in classe, e senza voto o giudizio da parte dell'insegnante, per tranquillizzare sul fatto che non c'è una pappardella da ripetere, come invece avviene quando devi spiegare la poesia di Leopardi secondo i critici che hanno scelto Leopardi come nonplusultra della poetica italiana, e guai a te se non ripeti per filo e per segno quello che dice il libro di lettere, prendi un bel 4. Lo studente dovrebbe poter dire, almeno per questa singola lettura moderna, ciò che gli è piaciuto o non gli è piaciuto, se lo ha trovato interessante o noioso (in entrambi i casi specificando i motivi). Secondo me bisognerebbe incentivare una lettura "attiva" e non "passiva" come invece è bravissima a fare, purtroppo, la scuola italiana.

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