Incipit: Il lunedì di novembre in cui Emilia e suo padre imboccarono il sentiero chiamato Stra' dal Forche e risalirono il bosco di castagni che separa Sassaia dal resto del mondo, era il giorno dei morti.
Riccardo continuava a pensare che un posto del genere - una minuscola frazione isolata - non fosse adatto a cominciare una nuova vita: non per sua figlia, non dopo quello che aveva passato e, soprattutto, non da sola. Ma Emilia procedeva a passo spedito, convinta.
Non leggevo Silvia Avallone dai tempi del grande successo di Acciaio, romanzo che ebbe folle di estimatori, vincitore del Campiello e secondo classificato allo Strega (dove vinse Canale Mussolini di Pennacchi).
Poi ci furono altri romanzi verso i quali non ebbi alcuna curiosità, fino a questo, che ho preso dopo averne letto la sinossi. In breve diceva: due persone, provenienti da un passato difficile e consapevoli di aver sperimentato il male, si imbattono l'uno nell'altra in un borgo sperduto in alta montagna.
L'ingrediente dell'alta montagna e del borgo disabitato, che poi si è rivelato Sassaia nel Biellese, mi hanno già attratto abbastanza, poi mettiamoci pure due personaggi, uno ha subito il male e l'altro l'ha compiuto, un incontro per destino e tutte le complicazioni del rendersi affini, di combaciare l'uno nell'altra. Copertina che non mi fa impazzire, non descrive la valenza di questo romanzo, ma tant'è.
Loro sono Emilia e Bruno, lei arriva nel borgo andando a occupare la casa che è stata di sua zia, lui invece ci abita da molto tempo, è il maestro della piccola scuola mista elementare di Alma, la piccola cittadina ai piedi di Sassaia. Lei appare una fragilissima ragazzina, lui un uomo maturo e avanti con l'età, invece sono due trentenni: Emilia cristallizzata in una eterna adolescenza in cui è rimasta incastrata, Bruno come invecchiato precocemente, consumato da un trauma infantile che ha segnato per sempre la sua vita.
Entrambi, anzi, sono segnati. Indelebilmente. Si diceva, lei ha compiuto il male, lui lo ha subito.
Senza svelare troppo della trama, attenendomi alle notizie che compaiono sul risvolto di copertina, Emilia è uscita dal carcere, dove ha scontato quattordici anni e mezzo (e lì comprendiamo che trattasi di omicidio), Bruno invece è rimasto orfano precocemente, ma non svelerò altro.
Sono due esistenze ruvide, apparentemente inabili alla vita.
Eppure sono destinate a incontrarsi, forse ad amarsi, ma come può insinuarsi un sentimento puro nell'abisso? Perché di abisso si tratta, l'uno diverso dall'altro.
Il paradosso era questo: che l'evento principale della sua vita lei non lo poteva pensare. Né ricordare, né raccontare, né niente. Doveva fingere che non fosse accaduto. Eppure lo sentiva: inamovibile, compatto all'altezza del cuore. Come un grumo rappreso di buio, un pezzo di grafite appuntito. E pericoloso, pure. Mortale, come un tumore quiescente, un proiettile inesploso. Se lo doveva tenere, prestando attenzione a non smuoverlo troppo, a non stuzzicarlo. Perché se si apriva, se esplodeva, il nero l'avrebbe invasa ovunque, fino alla paralisi.
Il male subito e compiuto, concreto nei due personaggi, è talmente radicato da schiacciarli e spingerli verso l'autopunizione, Sassaia ne è la rappresentazione, il teatro ideale.
Emilia e Bruno, due anime smarrite e dolenti, scelgono a distanza di molti anni l'uno dall'altra di chiudersi in un borgo deserto proprio per sottrarsi al mondo, per sabotare ogni tentativo di speranza, di salvezza. Questo intanto ho trovato molto interessante nel romanzo.
Sono due vite diverse, eppure la scrittrice trova l'innesco perché diventino complementari. Entrambi possono rappresentare la salvezza l'uno per l'altra, ma è poi possibile anche solo immaginarlo?
Un altro aspetto straordinario della narrazione è il peso del passato.
Il passato di Bruno, quel maledetto giorno che stravolge tutto, è concreto, come un eterno presente in cui emerge imperiosa la consapevolezza che non può esservi felicità possibile, ma neppure serenità.
Il passato di Emilia è talmente orribile da artigliarla in un senso di colpa che le toglie il respiro e la porta a ritenersi immeritevole di riscatto.
Così descritto, sembrerebbe un romanzo in cui l'amore è il centro, la vita dei due insieme nel borgo il nerbo di tutto il romanzo, invece no.
Silvia Avallone |
Altra trovata importante: la voce narrante è proprio quella di Bruno. L'uomo ricostruisce non solo il passato di Emilia dai suoi racconti, quindi fedelmente, ma narra altresì se stesso, le proprie fragilità, la propria storia, fino a creare un insieme di passato e presente, suo e di Emilia, in cui si amalgama l'insieme del racconto, ma rendendo le due storie anche parallele, su due binari differenti. Evidenziare anzi la differenza delle due vite è ciò che preme all'autrice.
In apparenza un racconto pertanto frammentato, ma in realtà legato, coerente.
La sensazione nel lettore è quella di un crescendo, perché se nel presente le vite di Emilia e Bruno si intrecciano, si toccano, si allontanano, tornano a sfiorarsi, nel racconto del passato si avverte una deflagrazione imminente, tutta nel passato di Emilia.
Una specie di "cliffhanger".
Chi è la vittima di Emilia? Non viene svelato fin da subito. Non lo sapremo se non nelle ultime pagine, e sarà un boato, lo svelamento dell'abisso in cui è precipitata.
È una tecnica narrativa che prende il nome di cliffhanger.
Probabilmente sarebbe più appropriato parlare di "climax", ma qui il percorso è differente.
È vero, il cliffhanger ha di solito il significato di "finale sospeso", si usa nel cinema e nelle serie tv, è quell'espediente che lascia in sospeso la storia per spingere lo spettatore a guardarne il seguito. In narrativa, però, ce n'è una definizione particolare: l'autore dissemina il racconto di indizi, particolari, dettagli a volte rivelatori a volte depistanti.
Poi, finalmente, arriva il momento di uscire dalle nebbie, il lettore viene posto dinanzi alla verità, ma devi saperla costruire con maestria. Il racconto del terribile giorno in cui Emilia cambia il proprio destino e spegne quello di una persona è dettagliato, tagliente, spietato. Senza filtri.
In quella rivelazione c'è il solo appiglio, rivivere per oggettivare, espiare fino all'ultimo istante, in certo senso... perdonarsi.
Ed è proprio questo, infine, questo romanzo. Una storia di perdono, di espiazione, di speranza.
Ci sono pagine che mi hanno commosso, segno di una maestria narrativa che riconosco alla Avallone.
La strada che porta a Sassaia |
Consigliato.
Avete mai letto un libro di Silvia Avallone? Cosa pensate dei romanzi che narrano il lato oscuro, l'altra parte della barricata?
sì, Acciaio e non mi piacque granché. i romanzi che raccontano lati oscuri dei personaggi mi mettono ansia, spesso i loro lati oscuri mi irritano. vuol dire che mettono in crisi i miei lati oscuri. quelli che voglio oscurare
RispondiEliminaComprensibile. Io facendo un bilancio non so perché ma tendo esattamente verso questo tipo di romanzi. Poi ho bisogno di leggerezza per "decomprimere". :)
EliminaSilvia Avallone in Acciaio stranamente parla di classe operaia che è già da tempo scomparsa in Italia.
RispondiEliminaSenza la classe operaia che da comunista cambia ideale e spera di entrare nella borghesia.
Un danno irreparabile per un cambiamento di sostanza.
Parlava anche di gioventù smarrita di una provincia in cui l'Ilva è la realtà palpitante. Probabilmente quello è stato un romanzo superiore a questo sotto tanti aspetti.
EliminaHo abbandonato Acciaio e letto a fatica detestandolo Un'amicizia che mi era stato regalato. Per me la Avallone è un immenso no. Sandra
RispondiEliminaPeccato, ma poi si sa, non tutti sono lettori ideali di un romanzo.
EliminaParece un libro novedoso, con una narrativa interesante, para pasar un buen rato leyéndolo el fin de semana.
RispondiEliminaDefinitivamente podrás leerlo durante el fin de semana. Si logra involucrarte no podrás parar de leer.
EliminaCome ti dicevo, anch'io ho letto solo "Acciaio" della Avallone e, all'epoca, mi era piaciuto. Questo sembra intrigante e mi fido del tuo giudizio. Mi fido anche della scrittura dell'autrice, che già avevo apprezzato sebbene solo in quel lavoro giovanile. Dunque, messo in lista! ;)
RispondiEliminaPeccato esserci perse quell'incontro sabato scorso. Ma chi poteva immaginare dove mi sarei trovata improvvisamente? Ora ho un gran desiderio di tornare a leggere più assiduamente.
EliminaNon ho ancora letto nulla della Avallone. Anni fa mi era passato vicino Acciaio, ci avevo fatto un pensiero ma qualcosa mi ha trattenuto. I libri sono incontri e deve avvenire tutto al momento giusto.
RispondiEliminaDi questo Cuore nero, il cliffhanger più potente qui potrebbe essere che la persona uccisa da Emilia è la persona che Bruno ha perduto, lei ha fatto il male, lui l'ha subìto, e proprio da lei, ma lo scopre alla fine, quando oramai ne è già innamorato. Forse ci ho preso, forse no. Magari lo leggerò per scoprirlo! :)
No no, troppo scontato. Sono due esistenze complementari ma molto distanti. È in fondo un romanzo sul destino, sull'inevitabile. Potrebbe piacerti.
EliminaSono decisamente colpita da questa recensione e dal romanzo, non è la prima volta che mi induci a un acquisto, succederà anche con questo Cuore nero? Penso proprio di sì anche perche non lessi Acciaio e me ne pento. Sono affascinata dal lato oscuro, perché nasconde segreti che spesso non vogliamo svelare.
RispondiEliminaGrazie per la fiducia, Elena. Certo è un romanzo con una storia forte, potrebbe coinvolgerti come è successo con me. Dopo questa lettura avevo cominciato un romanzo leggero ambientato nell'Inghilterra vittoriana, avevo bisogno di liberarmi di questo struggimento (poi invece è successo quel che è successo).
EliminaSai che non ho mai letto nulla di Silvia Avallone? Non so perché, ma non mi attira nemmeno "Acciaio", ne ho letto giudizi contrastanti.
RispondiEliminaUna delle rare autrici italiane che leggo. Su tutte, davvero valgono la lettura Melania Mazzucco e Viola Ardone (la prima scrive davvero letteratura).
EliminaHo letto Acciaio appena uscito e ricordo che allora mi piacque moltissimo, tempo dopo uscì anche il film che andai a vedere appena possibile (io amo molto vedere i film dopo aver letto il libro). Non so perché ma non ho più letto nulla di Silvia Avallone, ora questa tua recensione mi incuriosisce e mi intriga molto. Mi piacciono i personaggi con una fonte di oscurità, li amo soprattutto in versione letteraria perché probabilmente nella vita tendo a fuggirne.
RispondiEliminaEssendo in questo romanzo anche la componente del giallo, almeno a grandi campiture, sono certissima potrebbe piacerti.
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