Credo di aver dedicato poco spazio nel blog a un problema che comprende i campi semantici di cultura e salute: il cibo.
Quanti di voi sono in grado di capire a fondo le componenti, la chimica, ciò che fa realmente bene o fa male in un alimento qualunque?
Io conosco poco o nulla questo campo. Credo che la lacuna nasca da una scuola che negli anni Ottanta, gli anni del boom del food porn e delle merendine, non si è occupata del problema.
In un mondo che all'epoca muoveva i primi passi nella globalizzazione, non ci si è resi pienamente conto di stare modificando gli usi alimentari, mentre il mercato lentamente si apriva all'importazione di prodotti provenienti da ogni dove, cibi esotici, nuovi sapori e odori. Il mercato globale ha mescolato usi e produzioni, in gran parte si è aperto agli OGM, mentre le relazioni internazionali individuavano nel cibo uno dei più grandi affari del secolo.
Poi, il passaggio al nuovo millennio ha consolidato questo flusso, promuovendo la moltiplicazione di allevamenti e colture redditizie, innescando la fase più allarmante di inquinamento ambientale.
Sapevate che l'allevamento intensivo ne è la seconda clamorosa causa? Secondo la rubrica Dataroom (per intenderci, quella curata da Milena Gabanelli), stoccaggio degli animali nelle stalle e loro deiezioni producono più del 15% dell'inquinamento totale del pianeta, a fronte del 38% causato da un generico riscaldamento da combustibili.
Il grande affare dell'intensivo è diverso da qualsiasi altro business, perché qui ne va della nostra salute. Pur circoscrivendo il problema alla sola Europa, leggi comunitarie ci portano a diventare inconsapevoli acquirenti di carne e latte, e suoi derivati, provenienti da altri paesi, che sebbene di buona qualità, sono pur sempre sottoposti a lunghi viaggi, metodi poco ortodossi per preservarne la "freschezza", per non parlare del tipo di allevamento da cui provengono.
Se è intensivo, allora si sa, gli animali sono costretti in poco spazio, l'igiene lascia a desiderare, le malattie da sovraffollamento sono curate con antibiotici. Insomma, carne compromessa.
Un articolo titola: nel paese del buon cibo metà viene dall'estero. La domanda è più forte dell'offerta, pertanto siamo da decenni importatori di carni, cereali, legumi, latte. Anche laddove non avremmo bisogno di entrare nel sistema import, le leggi di cui sopra ci obbligano ad acquistarne a percentuale, rendendoci partecipi di un ciclo economico dal quale l'Italia trae il proprio beneficio, ma non in termini di qualità dei cibi.
Bene, la buona notizia è che abbiamo la possibilità di scegliere, anche se costa fatica, tempo, è insomma "poco pratico". Esiste un mercato "a chilometro zero" praticamente ovunque. Basta fare una piccola indagine sul territorio, cercando di mettere sempre meno piede nei supermercati, e si scopre anzi tutto un mondo che palpita di mercatini, reti connesse alla Coldiretti, piccoli e medi produttori che vendono alimenti e colture provenienti dal territorio stesso.
I costi? Ovviamente più alti, perché prodotti totalmente fuori dalle logiche affaristiche del mercato globale, che fonda i propri profitti sulla quantità ed è in grado di abbassare i prezzi anche all'inverosimile. Questo cibo costa di più, ma è garantito.
Quanto investiamo realmente nella nostra salute? Siamo disposti a spendere di più per mangiare cibi genuini? Le statistiche dicono di no. La grande distribuzione non conosce crisi.
Mi capita di fare la fila alla cassa e buttare l'occhio nei carrelli altrui. C'è di tutto: cataste di confezioni di carni e pollame in primis, farine raffinate, prodotti confezionati "sottomarca" dal prezzo irrisorio, bevande gassate, barattoli di Nutella. Il peggio immaginabile. O meglio, questi prodotti magari sono mescolati ad altri "accettabili", ma compaiono in misura maggiore.
Sappiamo realmente cosa significhi per il nostro organismo nutrirci di questi prodotti?
La verità è che non conosciamo il complesso mondo del cibo. Facciamo appena una distinzione fra proteine, carboidrati, vitamine e sali minerali. L'abc insegnato alla scuola elementare con pochi strascichi sulla scuola media. Se dalla cattedra si fa una domanda in merito, metà della classe non distingue fra proteine e carboidrati. Il che è grave, a maggior ragione pensando che i genitori di questi ragazzi non ne sanno molto di più.
La piramide alimentare resta un bel disegno di Scienze, poco si imprime nella mente di questi ragazzi. Per non parlare del misconosciuto mondo della cucina mediterranea, il fiore all'occhiello del bel paese. Il punto è che, pur decidendo di rispettare la distribuzione dei cibi e farlo in modo corretto, dovremmo simultaneamente scegliere prodotti locali. Ma chi lo fa realmente?
Nel mio piccolo, dovendo contrastare la mia pigrizia, cerco di limitare l'uso di prodotti confezionati, e faccio uso di carni e pollame una volta a settimana, acquistati al sud a chilometro zero e poi surgelati.
Preferisco il latte fresco, le uova da galline allevate a terra, legumi di cui si riesca a tracciare la provenienza, soia non ogm, zenzero rigorosamente non proveniente dalla Cina, pasta integrale con farine italiane (meglio se macinate a pietra), raramente pomodori trattati, preferisco di stagione o prodotti con indicazione geografica tipica (gli squisiti "pachino" siciliani, per esempio).
Alcuni esempi, che danno un quadro generale, consapevole di fare davvero ancora poco per nutrirmi in modo corretto.
Sarebbe necessario studiare. Ma studiare davvero, cercando magari di entrare nel merito del contenuto in nutrienti, come aminoacidi, amidi, minerali, ecc.
Siamo quello che mangiamo, anche se ci piace poco come definizione.
Siamo anzi, secondo una definizione "estrema", un essere vivente attorno al proprio microbiota.
Qui si spalancherebbero nuovi scenari, cui preferisco dedicare un discorso a parte, quando ne saprò a sufficienza.
E voi? Quanto sapete di cibo? Quali cibi preferite, come ne acquistate?
Tutto ciò che scrivi è corretto e condivisibile ma resta un ma. A meno che l'orto, il frutteto, l'allevamento non sia il tuo e riesca a soddisfare il tuo personale bisogno alimentazione qualunque cibo tu acquisti a qualche compromesso è sceso. Sempre che non accetti di acquistare i pomodori punti dalla cimice o i peperoni, o l'uva che il calabrone ha toccato insomma nulla di lucido e perfetto, anzi con molto scarto. Perché i rarissimi casi in cui il km zero resta intonso da veleni e non inquina con la sua produzione lo mostra il suo aspetto.
RispondiEliminaIo come molti faccio la spesa anche al supermercato con un occhio ai prezzi scegliendo il piu possibile di comprare da chi produce e vende al dettaglio i propri prodotti anche se non sempre riesco.
Il tuo parere è importante, perché lavori in una fattoria. Chi meglio di te può dirci come funzionano certe cose? Certo, ci si aspetta che il biologico sia totalmente privo di pesticidi, ma tu dici che non è così. Pur affidandoci a produttori locali, dobbiamo quindi lavare accuratamente frutta e verdura, magari con sostanze disinfettanti. E di certo la consumazione con buccia è meglio evitarla del tutto.
Eliminasì, servirebbe studiare e non cose facili; io ho studiato chimica e mi è servito, basterebbe arrivare alla terza superiore, la chimica organica. Abbiamo leggi molto belle in proposito, per esempio gli ingredienti sono per legge scritti a partire dal componente più presente in percentuale (per esempio se un torrone comincia con "zucchero" meglio lasciarlo lì, al primo posto negli ingredienti devono esserci miele e mandorle).
RispondiEliminaSecondo me si fa confusione anche con le calorie e con la dizione sulle proteine, carboidrati... Per esempio il parmigiano reggiano è ricco di calorie, ma mica se ne mangia un etto alla volta (idem per il prosciutto crudo). E' un discorso lungo, sono molto belli gli articoli di Bressanini su "Le Scienze", e nel mio piccolo ne ho scritto sul mio vecchio "deladelmur" (trovi il link sull'altro blog) e sono i miei post più letti nel corso del tempo, ma la disinformazione è tanta e molto interessata a far confusione (vedi la pubblicità).
Sempre nel mio piccolo, diffido dei prodotti "bio" sugli scaffali del supermercato. Costano di più, quindi le truffe sono più allettanti. Meglio cercarsi qualche coltivatore di cui ci si può fidare, come hai scritto tu.
La chimica dei prodotti è un aspetto di cui da sempre subisco il fascino, ma la mia formazione umanistica non aiuta. Mi chiedo se sia possibile conoscere magari l'essenziale, farcelo bastare. Io voglio arrivare a questo essenziale e imparare a nutrirmi almeno meglio di prima. Un'alimentazione perfetta parrebbe impossibile, a meno di non abitare in alta montagna e prodursi tutto da sé.
EliminaAndrò a dare un'occhiata a quei tuoi post. Grazie. :)
Mi piacerebbe poter fare maggiore attenzione, però all'atto pratico la spesa finisco col farla al supermercato. Magari cerco di acquistare prodotti freschi più che conservati, però in generale non riesco a evitare di stare nel meccanismo della nutrizione "consumistica".
RispondiEliminaA chi lo dici, io come ho scritto, a parte qualcosa che riesco a comprare al sud e conservare a lungo, non posso fare a meno del supermercato. Fra non molto traslocherò in collina, voglio guardarmi attorno e magari trovare qualche produttore locale.
EliminaIo cerco di mangiare bene quanto più possibile. Mi riesce più facilmente in Puglia, con orti a portata di mano (anche miei).
RispondiEliminaPer la carne mi trovo meglio in Abruzzo, ma è chiaro che spesso purtroppo si cade nella questione degli allevamenti intensivi.
Eh già, il fast food fa male a tutto, a partire dal pianeta, ma fa bene all'umore.
Moz-
In Puglia ci sono prodotti d'eccellenza, dall'olio al vino agli ortaggi di qualsiasi tipo.
EliminaL'Abruzzo è una buona regione, virtuosa da quello che si legge sui tanti libri di geografia.
Quanto al fast food, scappare a gambe levate. Troppo buoni quei panini, e per questo ricchi di grassi saturi. Le tue arterie non ringraziano.
Cara Luz, del cibo crediamo di sapere tutto e invece non sappiamo che pochissime cose. Il cibo di qualità costa acaro e questo allontana molti di noi dal consumarlo, ma è indubbio che i costumi influenzino le nostre scelte alimentari e di conseguenza la nostra salute. Personalmente da quando ho visto un documentario su taluni allevamenti di suini nel bresciano/bergamasco, non riesco a mangiare più la carne di allevamento. Mi hai fatto venire in mente un romanzo che lessi molti anni fa in proposito, "Carne" di una Ruth Ozeki al suo esordio. Spiega come lentamente stiamo avvelenando noi stessi e il mondo. Tengo un piccolo orto come forma di resistenza
RispondiEliminaElena, invidio quel tuo piccolo orto. Io credo, pur possedendo un pezzetto di giardino, di non essere capace. E poi il clima collinare in cui è immersa la mia nuova casa riserva certe gelate...
EliminaNon so se si tratta dello stesso documentario, io vidi una puntata di Report, con tanto di indicazione di marca notissima di carne suina, telecamere che si muovono in allevamenti dove attorno alle scrofe vegetavano escrementi, mosche e topi.
La poca carne che consumo è garantita, non potrei fare diversamente.
Quel libro che citi mi incuriosisce.
Non è un’attenzione maniacale, la nostra, però cerchiamo di fare del nostro meglio; il problema è che orientarsi fra prodotti veramente buoni non è affatto facile: non ho fiducia nelle aziende, non ho fiducia negli allevatori e ogni volta mi faccio il segno della croce quando acquisto carne, pesce, pollo, persino il pane: la farina bianca è veleno, meglio il grano duro; i vegetali da dove vengono? Come sono trattati? Chi mi dice che coltivazioni nostrane non siano innaffiate con acque inquinate? Così, non si campa più. Allora, nel mio piccolo, compro frutta e verdura spesso (ma non sempre) a km zero, la carne in macelleria (che uno immagina di fiducia), le torte le faccio in casa, evitando merendine e porcherie confezionate, le uova anch’io da allevamento a terra, pollame ne mangio poco perché fa quel tipico cattivo odore di beccume che detesto (e un tempo non era così)...
RispondiEliminaE poi... cumu veni si cunta, amica mia!
So solo che vorrei che uno dei miei figli mangiasse più frutta e verdura e guarire io da un amore incondizionato per la signora Nutella. 😖
Ahi, quei barattoli di Nutella sono un concentrato di agenti dannosissimi sull'organismo!
EliminaDici bene, fiducia. Fidarsi oggi è diventato difficile, come più su ci spiega Nadia non è garantito neppure il prodotto a km zero, perché se è integro, il trucco c'è.
La speranza è che il nostro organismo non assorba sostanze dannose in quantità pericolose per la salute. Per altro, devo prima o poi fare delle prove allergiche. I lieviti per esempio li sento pesantissimi da digerire.
Non sappiamo nulla del cibo, è così. Anche con la massima attenzione, non puoi essere sicuro di nulla, cioè l'unico modo sarebbe avere una fattoria e fare tutto da soli. Però fare del nostro meglio è doveroso, pur nella consapevolezza che molti passaggi relativi a ciò che mangiamo resteranno oscuri. Io sono molto più conscia oggi di quanto lo fossi anni fa, ma mi rendo anche conto che viviamo in una realtà in cui è impossibile controllare tutto.
RispondiEliminaIl problema è che ci hanno abituati a presentare una domanda fortissima di alimenti dannosi. I reparti di alimenti non buoni hanno superato in numero quelli da cui si può sperare qualcosa.
EliminaLeggevo giorni fa i componenti di un prosciutto cotto sottovuoto: pieno di conservanti, roba che garantisce colore e lucentezza. Orribile.
Ciao Luz, non mi sono mai preoccupata troppo del cibo che mangiavo finché vivevo sotto lo stesso tetto con i miei genitori, ma ho sentito questa esigenza quando ho cominciato a convivere e a fare la spesa. Anche questo vuol dire diventare adulti. ^_^
RispondiEliminaMi sono resa conto che esiste un modo etico (o almeno più etico di quello che ho appreso in famiglia) di mangiare, e in generale di rapportarsi alla natura e agli animali, cosa che è sfociata nel veganismo. Ho attraversato uno di quei momenti che prima o poi tutti, credo, affrontano nella vita, uno di quelli in cui metti in discussione tutto quello in cui credi e tutto quello che fai. Da quando ho visto i primi video girati negli allevamenti non sono più riuscita a mangiare carne. Poi però mi sono anche informata, e ho scoperto che molte cose che diamo per scontate, anche in merito alle proprietà e alla salubrità dei cibi, in realtà sono luoghi comuni e non corrispondono alla realtà. Troppo spesso ci si trincera dietro le abitudini e la tradizione per giustificare scelte alimentari sbagliate (per la salute) e altre, a mio avviso, aberranti. Detto ciò, qualunque processo di produzione su scala industriale rischia di avere delle derive pericolose; non sempre ciò che è previsto dalla legge è una reale tutela per la nostra salute o è eticamente condivisibile. Ci sono poi delle aziende che effettuano vere e proprie frodi alimentari, dichiarando il falso… È logico che davanti a tutto ciò il consumatore medio si ritrovi come minimo disorientato, e finisca per prevalere la sensazione che, poiché è difficile fidarsi, tanto vale non farlo e guardare solo al prezzo. Ma a meno che non si sia davvero poveri o non si fatichi a sbarcare il lunario, credo che questo sia un errore, perché l’unico vero potere che tutti noi possiamo esercitare è quello di consumatori consapevoli, e questo a prescindere dalla propria scelta alimentare. Io ad esempio non compro mai prodotti (non solo alimentari) che hanno un prezzo troppo basso, perché so che spesso alla base c'è un qualche tipo di sfruttamento (animale, ambientale o anche umano: lavoratori sottopagati, lavoro minorile, ecc.). Poi, come te, dove posso scelgo prodotti a chilometro zero, o comunque i prodotti delle aziende che hanno il minor impatto ambientale. Non è facile, perché bisogna fare i conti con il tempo e spesso non se ne ha molto a disposizione e così il supermercato sotto casa diventa la scelta più ovvia e più facile. Un’altra cosa da fare, in generale, sarebbe imparare a non sprecare cibo ma anche a mangiare meno. Può sembrare banale, ma la maggior parte di noi consuma più cibo di quello che gli servirebbe. Bisogna imparare a mangiare per vivere, anziché vivere per mangiare. Sugli OGM invece vado controcorrente, non sono contraria a prescindere, e del resto tutti noi siamo abituati a consumarli da sempre senza saperlo: le banane che mangiamo noi, per dire, sono molto diverse da quelle originali, che provengono da piante originarie della giungla. Idem per i pomodori e per molti altri frutti o ortaggi che non sono originari delle nostre latitudini. Sul biologico, poi, si potrebbe aprire un dibattito infinito, ma non voglio rubarti troppo spazio. Dopo questa lunga premessa ti dico che sì, pensare a ciò che mangiamo è faticoso e spesso frustrante, ma è la maniera più sensata di investire nella nostra salute. Scusa per il commento così lungo… A presto.
Invece te ne ringrazio, perché hai fornito molti spunti per approfondire l'argomento, per guardarlo da altre angolazioni. Comprendo la scelta del veganismo e ammetto che mi attiri non poco. Proverei se non temessi di esagerare, oltre al fatto che amo uova e latte.
EliminaDa quanto scrivi, conosci l'argomento a fondo, mi piacerebbe avere occasione di lasciarti esporre il tuo pensiero sul biologico. C'è bisogno di persone che hanno fatto una scelta radicale, motivata da riflessione ed esperienza. Nutrirsi correttamente non può prescindere oggi dal conoscere in modo adeguato i nutrimenti di cui sono costituiti i cibi, ciò che dovremmo privilegiare o scartare, ma anche una conoscenza adeguata della filiera giova non poco. Il grande business del cibo tiene sotto scacco popolazioni inermi, sfruttate. Penso a questa frutta esotica, ma anche al caffè, che in Europa consumiamo a tonnellate. Ultimamente si sono viste sugli scaffali confezioni di marche che garantiscono il non sfruttamento di manodopera a basso costo, ma anche quello è uno strizzare l'occhio a chi possiede un senso etico ed è spinto a preferire quella marca. Il cliente è come sotto ipnosi, all'interno di un sistema che ha un funzionamento complesso ma basato su logiche di facile adescamento del cliente. Siamo cattivi consumatori, compriamo le cose sbagliate. Vorrei che la domanda di carne crollasse per osservare cosa succederebbe, quale prodotto farebbero diventare l'affare successivo.
Grazie, Simona. Vorrei avere l'opportunità di approfondire anche il veganismo.
Da parecchi anni non sono io a fare la spesa in casa, ma si cerca comunque di privilegiare cibi sani, quindi niente merendine e affini. Poi è indubbio che anche questo campo possa diventare un'altra moda per i consumatori o un business aziendale (si parla anche di "greenwashing" per indicare la strategia di comunicazione di alcune imprese per costruire un'immagine di sé ingannevolmente positiva).
RispondiEliminaInoltre mi chiedo spesso quali ripercussioni sulla nostra salute possa avere, a lungo andare, l'ingestione di cibi provenienti da animali da allevamento - veri e propri lager - imbottiti di farmaci, stressati e spaventati.
Il problema è infatti sul "lungo termine". Pure se studi sono in corso per capire questi fenomeni, davvero la scienza è in grado di metterci in guardia in tempo riguardo a questi cibi modificati?
EliminaEcco il vero problema.
Il tuo post tocca punti molto importanti. Gli allevamenti intensivi creano un tale danno all'ecosistema, alla salute e all'etica che la caccia è uno zuccherino al confronto. Come Cristina, non credo che consumare carne di animali che hanno sofferto tanto sia privo di conseguenze. Tra l'altro gli allevamenti intensivi utilizzano una quantità enorme di acqua e cibo per produrre ben poco in proporzione. Anch'io cerco di avere comportamenti virtuosi, ma non sempre ci riesco. Una conoscenza approfondita, da dietologa, forse non la trovo necessaria, anche se può essere interessante.
RispondiEliminaBisognerebbe capire se si può ridurre in modo significativo il consumo di cibi di origine animale.
EliminaDal momento che gli allevamenti sono il principale problema.
Mi pongo i tuoi stessi problemi, ma difficilmente riesco a fare a meno del supermercato, cerco quindi di leggere con attenzione le etichette per vedere la provenienza di certi prodotti e prediligo le produzioni locali e possibilmente biologici anche se costano di più. Avere poi la garanzia che il prodotto biologico sia davvero genuino è un'altra cosa, però. Alcuni prodotti, tipo uova e verdura, quando posso li compro al mercatino del quartiere i cui prodotti sono della Coldiretti, non è sempre facile però...
RispondiEliminaDa regione a regione, la questione cambia irrimediabilmente. Nella tua ci sono allevamenti di ottimi bovini, ma forse quella carne ha costi esorbitanti.
EliminaLa fortuna di aver conosciuto la community My Peak Challenge riguarda anche la divulgazione che fanno sul cibo, sulla qualità del cibo, sugli alimenti sani, sulla dieta equilibrata che dovremmo seguire (sempre che non ci siano esigenze mediche specifiche). Noi Italiani siamo ancora parecchio fortunati, non avete idea di quel che viene mangiato oltre oceano, non è un caso se loro sono all'emergenza obesità già da anni (ma ahimè sta arrivando anche qui, si osserva il problema già dalla scuola primaria). Qui da me acquistiamo al supermercato, ma stiamo attenti delle etichette e piuttosto non compriamo. Carne tracciata (non conosco buone macellerie di cui fidarmi e in passato ho avuto amare scoperte), verdura a chilometro ridotto (purtroppo i mercati a chilometro zero sono in giorni e orari di lavoro). Il brutto è stato scoprire che i famosi prodotti dietetici "senza grassi" sono le peggiori schifezze sulla terra, perché per dargli sapore aggiungono gli zuccheri complessi, responsabili guarda caso del grasso addominale. Ho cambiato completamente marche di acquisto, sto sempre a controllare non solo gli ingredienti ma i valori nutrizionali, guardando la quantità in 100 grammi (che è di fatto una percentuale). La Nutella è il male assoluto da questo punto di vista perché contiene una quantità spropositata di zucchero, 56,8 grammi su 100 grammi di prodotto sono il 56,8 %. C'è più zucchero che cacao e nocciole messe insieme! Ma costa poco. Se vai in cerca di altre creme spalmabili a cacao e nocciola, costano anche il triplo. Penso a Novi, Venchi o Perugina. Non si paga solo la qualità, ma anche la salute.
RispondiEliminaLo stesso vale per gli yoghurt. Ho passato un pomeriggio al banco frigo, per poi decidere di passare a farmi lo yoghurt bianco intero in casa. Senza zucchero e senza grassi aggiunti (se non quelli del latte stesso).
Sugli allevamenti intensivi ne avrei parecchie da dire... soprattutto quelli ovaioli, perché purtroppo tra Padova, Vicenza e Verona ce ne sono molti, con problemi anche di smaltimento della pollina.
Tu segui un programma e affronti un progetto che dovremmo seguire tutti. Perché se tocca l'aspetto dell'alimentazione oltre a quello dell'allenamento, allora è davvero eccellente. Vorrei, credimi, possedere la tua costanza e la tua passione. Staremmo tutti molto meglio.
EliminaRiguardo a quello che mangiano oltre oceano... ricordo il mio viaggio in Usa del '97. Oltre a tanto di bello, ricordo quel loro cibo, il loro gelato che non sapeva di gelato ma che consisteva in una poltiglia dolciastra e appiccicosa; poi la quantità industriale di carne a ogni angolo, con le cosiddette "steak house" che poi sceglie pure il turista perché a buon mercato, e la Coca Cola a fiumi, direttamente alla spina e compresa nel prezzo; l'incapacità di fare un caffè, mentre ti servono acqua bollente marrone e dall'odore forte che osano chiamare tale. Ecc. ecc. Non so come stiano in piedi.
Io sono vegetariana e le uova che mangio sono quelle delle galline che ho nel cortile. Poi anche prodotti di orto, ma ovviamente solo quando c'è la stagione. Per il resto ovviamente supermercato, è quasi impossibile farne a meno, ma cerco prodotti dalla provenienza non troppo assurda. Ultimamente cerco di prendere prodotti che se usano uova, che sia di galline allevate a terra, sperando che sia vero.
RispondiEliminaL'industrializzazione su larga scala è un danno, secondo me.
Tutti coloro che posseggono galline e che consumano uova prese nel proprio cortile, mi affascinano, sappi. :)
EliminaUn articolo ricco di spunti, proprio ora che sto leggendo un libro scritto da un medico epidemiologo che mi sta suscitando tante domande e che mi sento di consigliarti: si chiama 21 giorni per rinascere. Qui trovi un estratto https://www.macrolibrarsi.it/speciali/un-approccio-integrato-estratto-da-ventuno-giorni-per-rinascere.php A dispetto del titolo ambizioso e in mezzo a tanti approcci radicali o da esaltati questo libro mi sta aiutando a passare dalla ribellione generica alla consapevolezza. Un altro consiglio: vicino alla tua casa in collina c'è una cooperativa sociale, Agricoltura Capodarco http://www.agricolturacapodarco.it/ che merita una visita.
RispondiEliminaLeggerò volentieri l'estratto. Sento il bisogno di andare verso nuove conoscenze, nuova consapevolezza. A Capodarco andremo insieme! :-)
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