giovedì 20 giugno 2019

Elucubrazioni da prof.

Quattro anni fa, scrivevo questo post
A rileggerlo mi domando quanto si possa cambiare in pochi anni la propria ottica e soprattutto quanto questo mestiere possa stancare. Ok, siamo alla fine dell'anno scolastico, quindi il post che sto scrivendo è certamente condizionato dalla stanchezza
Forse proprio per questo devo scriverlo adesso. 

Dal momento che quest'anno alla stanchezza mentale e fisica si è aggiunta una forte componente di delusione e arrabbiatura (per non voler usare l'altra parola, quella più efficace), devo sottoporre il mio metodo a un'analisi e fare un bilancio di ciò che è stato. 
Partiamo dal fatto che essendo insegnante di Italiano, non ho mai più di due classi, essendo il mio lavoro ripartito su un numero di ore frontali abbondante in entrambe (diverso insomma da chi ha due sole ore settimanali per classe - Ed. Tecnologica, Musicale, Arte, Motoria). Nella classe terza ho dieci ore settimanali, nella classe prima che mi è capitata ne ho avute sei + due ore di potenziamento in cui mi sono occupata di teatro e giornalismo. Poi c'è tanto lavoro sommerso che noi insegnanti svolgiamo fra riunioni dipartimentali, consigli di classe, collegi docenti, corsi di aggiornamento, correzione di compiti.
Il problema della scuola, acuito negli ultimi 5 o 6 anni, è che assistiamo a una flessione verso il basso della qualità di apprendimento e di raggiungimento degli obiettivi. Per farvi un esempio pratico, se da sempre la percentuale delle "eccellenze" resta piccola, quella riguardante il livello medio si è assottigliata sempre più, mentre il livello base oggi può toccare anche il 50% degli alunni per classe. 

Da coordinatrice, ovvero colei che raccoglie il bilancio di tutte le discipline e fa una relazione finale riassuntiva della situazione, posso affermare che il fenomeno è globale, ossia viene fuori dalla media totale di tutte le materie. Ergo, la preoccupazione dovrebbe riguardare tutti i docenti. 
Cosa sta succedendo a queste giovani generazioni? E come questa flessione verso il basso può danneggiare coloro che intendono fare, oltre a quelli che hanno buone competenze?
Ecco il punto. Per quanto mi riguarda, tanto. Troppo. 
Il punto di osservazione di chi insegna Italiano, con ben dieci ore, è ampio. Senza se e senza ma. 
Noi di Lettere, per contratto, necessità e attitudine guidiamo l'intero iter, ci facciamo carico degli oneri e condividiamo gli onori. In una terza rispondiamo noi di Lettere in tutti i casi in cui l'istituzione non è preparata a fronteggiare una bocciatura, perché siamo noi a dover produrre tutto l'utile in caso di ricorsi. Noi diamo una certa impronta al percorso di una sezione, non è un caso se i genitori se ne informano prima di procedere all'iscrizione. 
Questo carico di responsabilità si traduce in tutta una serie di strategie attuate in classe, con alla base l'obbligo del completamento dei programmi ministeriali, fino a ciò che riguarda il lavoro motivazionale, il recupero delle carenze, la valorizzazione delle eccellenze. 
Ecco, ho pieno diritto di dire che noi di Lettere abbiamo il nerbo di tutto il lavoro di una classe, quando ci sono dieci ore settimanali, coadiuvati da Matematica e Lingue. Sono i "saperi fondamentali". Senza se e senza ma. 
Doverosa precisazione: anche le "educazioni" procedono con questo tipo di lavoro, con la differenza che è frammentato su più classi, a completamento di un percorso. 


I temi trattati in una classe terza delle medie sono tanti e fondamentali per la formazione. 
Si va dai problemi della Storia contemporanea - con percorsi sull'emigrazione, lo studio dei fascismi, il disastro ambientale, le mafie - fino ai primi approcci con la Letteratura moderna e contemporanea legata ai fatti storici - tra Romanticismo e Verismo, fino alle avanguardie. 
I percorsi a volte si intersecano in modo interessante, ed è bello quando dal fascismo si arriva all'approfondimento della figura di Gramsci, per dirne una. 
L'Italiano richiede poi, in grammatica, l'analisi del periodo, l'ultima e importante fase del percorso sulla lingua, un consolidamento degli apprendimenti degli anni precedenti. 
La Geografia, da me semplificata al massimo al terzo anno, con quaderno di lavoro e portfolio ricerche, fa da supporto alla Storia. 

I ragazzi possiedono un campo d'azione ampissimo e sotto diversi aspetti facilitato. 
Sapendo di tanti che devono recuperare le carenze (testimoniati da test di ingresso e intermedi, prove scritte al limite dell'accettabile, interrogazioni lacunose e monosillabiche) il mio lavoro procede con cautela, a volte a rilento. Mi capita di fissare interrogazioni con relativo appuntamento, per altro, o di aspettare settimane che l'alunno si decida. La disponibilità è massima

Ma che tipo di alunni oggi abbiamo davanti? 
Appartengono a quattro categorie:

1. Sono capaci e studiano. 
Con loro si lavora per ovvie ragioni sul velluto. Comunemente ordinati, hanno un piano d'azione in cui gestiscono i loro impegni scolastici e non. Il loro talento è saper gestire il tempo. Sono al passo col programma, all'altezza di ogni compito. Vanno avanti con il loro obiettivo anche in un clima difficile in classe. Sanno già quale scelta fare per le scuole superiori, hanno un progetto di vita. Sono maturi e responsabili. Può capitare che in questa categoria si intercettino anche quelli che devono completare l'efficacia di un metodo, ma riescono con impegno a mettersi al passo, ispirando fiducia nell'insegnante. 

2. Sono capaci e non studiano. 
Ecco, questa è la categoria diventata più difficile da gestire. Perché si tratta di ragazzi dotati di intelligenza, con attitudine al metodo, ma totalmente avulsi dal rispettare tempi, modi e richieste. Quando in una classe raggiungono un numero elevato, ne abbassano il livello, perché tendono a essere carismatici e a influenzare negativamente i compagni. A volte può trattarsi di un effetto domino, partito da un leader particolarmente popolare in classe. Sono selettivi, scelgono di studiare solo materie più "facili" da gestire, si applicano di solito in Tecnologia e Motoria, sono i loro "cavalli di battaglia". 
Quando a questo atteggiamento si unisce totale mancanza di rispetto nei riguardi di insegnanti che cercano in ogni modo possibile di invogliarli a fare, allora il clima si fa pesante. 

3. Hanno carenze e studiano. 
Ci sono classi in cui costituiscono un piccolo esercito. Sono ragazzi che si portano dietro lacune fin dalla primaria e cercano di colmarle con il massimo impegno. Alcuni hanno disturbi specifici di apprendimento. Votati a ogni corso di recupero che viene effettuato, la maggior parte non riesce a recuperare davvero. Tendiamo a premiarli promuovendoli, ma spesso si sbaglia a non fermarli. Ci si accorge di ciò quando non si sa come ammetterli agli esami o quando in corso di esame non si sa proprio come promuoverli. 
Le medie sono scuola dell'obbligo e sappiamo che alle superiori troveranno nuovi muri, forse impossibili da abbattere. Tendiamo a orientarli verso gli istituti o le scuole professionali. 

4. Hanno carenze e non studiano. 
Questa per fortuna è una categoria in percentuale assai inferiore. Si tratta di ragazzi con particolari problemi familiari oppure con atteggiamento di evidente rifiuto verso lo studio. Spesso sono chiusi, isolati in classe, ogni possibilità di coinvolgimento in progetti, lavori di gruppo, si infrange su un carattere riservato e di poche parole. Sono disordinati, perdono i quaderni, si vedono sparire i libri, ma si tratta anche di scuse per giustificare mancanza di lavoro. 
Con molti di loro si dovrebbe lavorare con un consulente psicologo. 

Quattro categorie non esauriscono la descrizione di un panorama in realtà enorme, perché ogni individuo è diverso, e a questa età si tende a voler assomigliare all'altro per fare "branco" piuttosto che per vera attitudine. 


Il problema quest'anno è stato far fronte alla categoria dei capaci che non hanno aperto un libro se non raramente. Un problema ampliato dal numero elevato di alunni di questa categoria - un terzo della classe - cosa che non mi era ancora capitata, a maggior ragione in una classe terza. Il loro studio, quando hanno prodotto, è stato carente, scadente perché sono come un atleta che va a disputare una maratona senza allenamento
Alcuni di questi non hanno tenuto fede alla lettura di un libro al mese, malgrado potessero scegliere cosa leggere, infliggendo a se stessi la lacuna del mancato approfondimento di tematiche fondamentali per la loro formazione. 
Il loro esame è stato al di sotto della sufficienza, perché neppure sotto la spinta di questo importante impegno hanno risollevato la testa. In particolare, penso agli orali, al superficiale approccio col tema del colloquio, all'ignorare tutte le raccomandazioni e il tempo dedicato loro per cercare collegamenti accattivanti, al trascurare la disponibilità di un messaggio inviato anche a tarda sera in risposta alla richiesta di aiuto, al trascurare il materiale trovato e affidato nelle loro mani. 
Una delusione colossale, mai provata prima. 
Ecco il punto nodale di questo post. È ingiusto che un'insegnante debba sentirsi così. 
Mi sento così perché ritengo da sempre che i contenuti studiati alle medie non siano che uno strumento per arrivare ad altro: a forgiare il proprio carattere imparando a rispettare il lavoro altrui, a esserne grati, e essere pronti ad affrontare il proprio futuro ricchi di tutto ciò che chi sta in cattedra ha dato a piene mani. Essere stati indifferenti e superficiali malgrado chi si è prodigato a che questo non accadesse, penso sia grave. Non fare ed essere irrispettosi è davvero troppo. 
Ecco perché non ho tollerato questo atteggiamento e, ahimè, il triennio per questi si è concluso male. 

D'altra parte poi gioisco. Lo faccio per i tre alunni che hanno fatto un colloquio orale brillante, preparato con dovizia e serietà, assieme a scritti altrettanto buoni. Per gli alunni con carenze che si sono impegnati al massimo delle loro potenzialità, perché quel poco è stato significativo. Per quelli che hanno fatto un esame dignitoso, che hanno ispirato rispetto verso il proprio lavoro.

Il rischio è che un insegnante perda motivazione. Sì, è un rischio concreto, perché legato a quanto, in particolare noi di Lettere, in quel tanto tempo che trascorriamo insieme a loro, mettiamo in pratica coi ragazzi, lasciandoci coinvolgere a volte troppo in questo mestiere.
Molti di noi prendono a cuore non solo la loro preparazione, ma anche il loro atteggiamento, il loro carattere, il loro modo di porsi, ritenendo questa la vera missione. Si deve comunque imparare a porre una distanza, a considerare questi ragazzi come pura oggettività di discenti, come chi esce da un anno scolastico col distacco di chi è capace di esprimere giudizi generici e politicamente corretti.
Spostare il baricentro, sistemare il tiro, fare un passo indietro. 

Chiudo con una citazione donatami in un momento di sconforto da una cara amica, tratta da Le città invisibili, di Italo Calvino. 
L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio. 
Perché, sì, ci sono tante persone e realtà che meritano spazio, cura ed energia. 

30 commenti:

  1. Capisco bene la tua desolazione e ti auguro di continuare ad essere sempre in "direzione ostinata e contraria" come direbbe Fabrizio De Andrè. Continuando con le citazioni ecco un brano di un libro che non avevo ancora letto e che dà tanto sollievo a chi in un modo o nell'altro si trova ad essere un educatore. "Per quanto riguarda l'educazione dei figli, penso che si debbano insegnar loro non le piccole virtù ma le grandi. Non il risparmio, ma la generosità e l'indifferenza al denaro; non la prudenza ma il coraggio e lo sprezzo del pericolo; non l'astuzia, ma la schiettezza e l'amore alla verità; non la diplomazia, ma l'amore al prossimo e l'abnegazione; non il desiderio del successo, ma il desiderio di essere e di sapere". [Le piccole virtù - Natalia Gizburg]

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    1. Tu sei un raro esempio di madre, con accanto il padre dei tuoi figli perfettamente allineato con la tua visione, che su un ideale tavolo da gioco punta tutti i suoi assi esattamente sui principi contenuti in questa ulteriore preziosa citazione che mi regali.
      Ecco, aver lavorato con tua figlia su diversi aspetti del suo percorso di apprendimento, esserci incontrate su un terreno comune, condividendo i tanti momenti significativi del suo percorso, è stato per me importante. Se è vero, come è vero, che questa classe ha lasciato in me l'amaro del "non finito", di un disegno imperfetto a causa di mancato impegno (i disegni imperfetti sono belli di quella imperfezione, quando sotto c'è un terreno di onestà, generosità e impegno), è altrettanto vero che mi sono imbattuta in persone, alunni e famiglie, diverse, che hanno tinto di luce la situazione. La tua su tutte, davvero speciale, unica nel suo genere, così scricchiolante di bellezza, ferma su un progetto di vita in cui si guarda lontano lavorando chini sul presente...
      Ecco, questo basta a "risarcire il danno", e questo è davvero tantissimo per me.
      Come ho detto altrove, non smettere di donarmi queste citazioni, come perle che adornano un filo ideale che serve per non abbattersi mai.

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  2. Mi chiedo se si potrebbe bocciare un numero elevato di ragazzi (ovviamente quelli che NON si applicano). La cosa si ripercuoterebbe su voi insegnanti?
    in definitiva se uno non studia, non studia. Forse qualcuno di quelli che non si applicano, ottiene qualche risultato, ma quelli che non li ottengono, a questo punto forse dovrebbero essere davvero bocciati. Mi chiedo se sia possibile. Un messaggio della serie: se studi o non studi NON è uguale.

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    1. In una scuola ideale, in cui bastasse fondare il proprio lavoro su questo semplice principio, sarebbe tutto più semplice così. È vero. Invece la vita scolastica, le dinamiche in classe e fra docenti e alunni, l'istituzione, ciò che è in grado di offrire, vacillano sotto il peso di un rendiconto che dobbiamo periodicamente, che svela lo stato in fieri delle classi.
      In prima classe ne abbiamo fermati tre. Mentre vivevo lo scoramento in terza, mi ero ripromessa di cambiare direzione e essere più onesta possibile, perché non si può mandare avanti chi realmente è carente e non può affrontare il programma dell'anno successivo.
      Paradossalmente il problema vero, a mio parere, sono quelli della categoria "sono capace ma non studio", perché ci infliggono una frustrazione continua, ci sfiancano. Sia chiaro, non per tutti i prof è così. È qualcosa che registro nel mio dipartimento di Lettere, perché abbiamo siamo quelli che ci prendiamo il carico maggiore nelle terze. Poi, quando ci si trova con colleghi per esempio di Matematica che seguono una logica aderente al massimo con il percorso di apprendimento e lavorano strenuamente perché le cose funzionino realmente, il nostro percorso diventa più agevolato. Il problema è che non è sempre così, e ci si sente isolati.
      La bocciatura è faccenda delicata, bisogna solo essere più coerenti al primo e secondo anno per non trovarsi in queste ambasce. I capaci che non aprono libro ti "fregano" perché recuperano voti dalle "educazioni", se la cavano sempre. Certo, con voti non proprio alti.

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  3. Fare l'insegnate non è una cosa che si fa "tanto per", chi ci diventa è perché ha la passione per l'insegnamento. Quindi, con la passione che sicuramente hai dentro, vedrai che supererai anche il momento di scoramento (che capita in tutti i settori professionali, soprattutto in quelli in cui uno si ritrova a fare un certo mestiere solo come ripiego... che è peggio, davvero molto peggio).

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    1. È che io non me lo sono proprio scelto come mestiere (dopo la laurea avrei voluto piuttosto entrare nel mondo delle biblioteche), diciamo che ho approfittato dell'ultimo grande concorso istituito nel '99. Quindi mi ci trovai catapultata. Poi nacque la passione per i ragazzi, pur fra mille tipi differenti, che in particolare nel triennio delle medie sono una lavagna tutta da riempire, e soprattutto un'età ancora gestibile.

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  4. Come non capirti? Da prof di lettere alle medie ci sono dentro fino al collo. Oltre tutto la classe che coordino è a tempo prolungato. Quindi salvo cinque moduli in un'altra classe sono sempre lì. Sempre. Non so come possano sopportarmi. Devo dire che quest'anno ho vissuto bene. Primo perché è una seconda e quindi alcuni problemi li affronterò il prossimo anno e poi perché non so per qualche miracolo lavorano tutti o quasi. Di contro hanno di ruolo solo me e la prof di religione, c'è chi è stato sballottato dall'africa all'Italia un numero vario di volte. Chi ha problemi sconosciuti che la famiglia non può o non vuole approfondire. Problemi di salute loro, dei genitori, lutti. Non hanno bisogno una coordinatrice, ma una psicologa/assistente sociale/mediatrice culturare e chissà che altro. Ma io al massimo posso fare la parafrasi di Dante.

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    1. Dai tuoi post ho colto che lavori in un ambiente aperto ad esperienze anche molto interessanti, che coinvolgono i ragazzi, in primis la partecipazione a progetti di certi calibro.
      Quella verità di ragazzi non c'è nella scuola in cui lavoro io. Si tratta di un ambiente più sereno a livello familiare. Diciamo che il problema maggiore si presenta quando hanno genitori separati, ma nulla di più. Sei in prima linea, e sei un'ottima prof. :)

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  5. Per me a ogni nuovo corso è un ripartire, così col tempo ho imparato a mettere da parte ciò che ha funzionato e a non crucciarmi troppo di ciò che non lo ha fatto. Autoanalizzarmi, ma senza trascinarsi dietro le cose. La mia media di soddisfazione personale al momento è ancora sul versante positivo e spero di continuare così.
    Sui corsi lunghi i miei studenti li potrei classificare anch'io in quelle 4 categorie che hai individuato, ma ne aggiungerei una quinta: "Quelli che non gliene frega niente di niente". Lì sai già che ti devi mettere l'animo in pace.
    Altri problemi e fonti di nervosismo vengono invece dal rapporto con alcuni colleghi e con la gerarchia lavorativa, che sono capaci di creare ulteriori difficoltà.
    Per cui sì, questo mestiere, soprattutto se l'impegno giornaliero è grande, può portare allo stancare tanto, fino proprio un vero esaurimento. Il burnout, di cui parlavi nell'altro post, è un argomento che mi capita di accennare a volte a lezione. Devi essere bravo a mettere un filtro emotivo tra te e gli altri, altrimenti il feedback ti può bruciare.

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    1. Ecco, la tua è una posizione equidistante che mi piace.
      Esperienza che diventa utile e di anno in anno aiuta a correggere il tiro. Pragmatismo maschile che da sempre invidio. Noi donne tendiamo a essere più emotive, è il grande nostro limite.
      "Quelli che non gliene frega niente di niente" assomigliano ai miei capaci che non studiano, ma forse intendi che non si impegnano in nessuna materia... ahi.
      Riguardo ai colleghi, sono fortunata, in particolare per il dipartimento di Lettere tutto. Davvero un ambiente sano e sereno da questo punto di vista. C'è una laboriosità e una solidarietà che spingono a fare bene. Mi piace moltissimo.
      Devo essere brava a mettere quel "filtro emotivo", sì, il fulcro del ragionamento è tutto in questa conquista.

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  6. Dal tuo post scaturiscono riflessioni potenzialmente infinite. Chiaramente sono d'accordo con te e aggiungo che la frustrazione si acuisce a causa degli impegni burocratici che soffocano il nostro lavoro: molte energie che potremmo volgere al miglioramento e alla motivazione degli alunni si dissipano nelle relazioni, bei piani di lavoro, nei verbali, negli innumerevoli documenti con cui rendere conto delle minime attività, dello stato dei percorsi, delle iniziative di recupero che spesso vengono organizzate solo per forma, perché sappiamo che modi, tempo e investimenti sono insufficienti.
    Purtroppo aver abbassato gli obiettivi (per quantità e qualità) per rincorrere il gran numero di chi ha le capacità ma è disinteressato ad apprendere ha complessivamente ridotto il livello delle aspettative e a volte si è naturalmente portati a premiare quel poco di motivazione o miglioramento, quando fa capolino.
    Anche nella scuola di secondo grado ci confrontiamo con gli stessi problemi e si arriva all'esame con la stessa sensazione che qualcosa andasse aggiustato prima. Ma aggiustare vuol dire spesso imbattersi nel rischio di avere davvero tanti bocciati (perché spesso si deve scegliere fra fermare tanti con tante lacune o considerare tali lacune lievi per tutti) e, in alcuni ambienti, con il rischio dei ricorsi (sto che per molte famiglie una bocciatura è un torto e non una possibilità) o con il "ricatto dei numeri" che fa temere di perdere classi o di guadagnarne di troppo affollate (e, quindi, lavorare in condizioni ancora più critiche).

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    1. Cristina, non nascondo di avere una certa curiosità riguardo all'andamento delle superiori. Sono anche tentata di fare il salto, ma poi mi dico che avendo anche una corposa attività teatrale da mandare avanti, potrei rischiare di non essere una buona insegnante (so che il carico di lavoro è maggiore alle superiori).
      La tua voce si unisce a quella di tanti colleghi che hanno espresso un pensiero analogo: i problemi sono gli stessi e tutti concentrati attorno a una dispersione di risorse, se pensiamo al tanto che va via in recupero, alla mole di tempo e impegno assorbita dalla burocrazia (che spesso risulta poi solo un mucchio di scartoffie inutili che non legge nessuno), alla mancanza di spazi perché il nostro lavoro si svolga al meglio. Uno dei problemi quest'anno è stata la mancanza di Lim (due aule e in entrambe mancava) e nonostante la nostra dirigente si dia non poco da fare perché tutto funzioni, i tempi e i modi si dilatano fino a ricoprire un intero anno scolastico. Per me questo ha rappresentato un calo di forma. Mi sono sentita spossata fin dal secondo quadrimestre, demotivata poi anche dal comportamento scorretto degli alunni di cui parlo sopra. Riguardo alla bocciatura, è proprio come descrivi bene.

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  7. Alle insegnanti come te va tutta la mia solidarietà. Insegnare in un mondo in cui la competenza e la preparazione non sono valori dev'essere molto molto complicato. Ieri leggevo alcune schede di autorizzazione di allievi istruttori e in molte vi erano errori grammaticalmente macroscopici che io alla loro età (17 anni) mai mi sarei sognata di fare. Mi ha messo una grande tristezza. Un popolo ch'è non conosce è un popolo manipolabile. Mai accidenti, esiste anche il libero arbitro!

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    1. È proprio questo che cerco di instillare nei miei alunni. La conoscenza è forza, libertà. D'altra parte però non riesci a essere incisiva con tutti. Perché non solo prevale la pigrizia e la strada facile ma anche spesso genitori che remano contro. Il che crea automaticamente quella percentuale che va ampliandosi di anno in anno.

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  8. Uh che spine! Sono mamma di un caso 1 al femminile e 2 al maschile che al momento delle pagelle mi ha fatto passare dalle stelle alle stalle. Eppure li educo alla stessa responsabilità. Ogni tanto mi chiedo che futuro saranno in grado di costruirsi i ragazzi vista la disfatta per la maggioranza dell'istruzione scolastica. Perché la sinergia tra scuola e famiglia è tutto e quando da entrambe le parti c'è il vuoto allora spesso il baratro è totale. Tutto il mio sostegno perché ciò non accada e anzi inizi il movimento contrario, ma forza e pazienza che settembre è ancora abbastanza distante per curare qualche illusione il prossimo anno andrà meglio. Buone vacanze disintossicanti.

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    1. Questo è un tasto delicatissimo e anche fondamentale. All'inizio dell'anno scolastico, quando noi coordinatori parliamo al gruppo di genitori, non manco mai di porre un grosso accento sui rapporti scuola-famiglia, che DEVONO essere proficui. Ecco, uno dei motivi per cui quest'anno è stato così difficile per me, è dovuto alla mancanza di rapporti proficui, di comprensione fra me e alcuni genitori. Purtroppo molto danno hanno fatto le chat, in cui brulicano persone e messaggi che falsano la realtà fino a distorcerla, se ci metti qualcuno particolarmente pettegolo in mezzo, allora la frittata è fatta. A nulla serve ogni tentativo di rimediare, di mediare, cercare di capire e offrire aiuto. Si sfasciano i rapporti e si crea un circolo vizioso di rappresaglie. È stato molto triste, perché bastano un paio di persone maldisposte a gettare un'ombra su tutto.
      Vado sul generico, riportandoti anche esperienze che ho sentito da colleghi e in anni passati.
      Per fortuna, acqua passata.

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    2. Tasto dolente le chat scolastiche, ne so qualcosa. Ogni volta che un genitore sottopone un problema alla gogna degli altri è un delirio, io le abolirei.

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  9. Sono riflessioni dure, che fanno pensare. In generale credo che i tempi cambino e ci presentino sempre lati positivi e altri meno positivi, senza per questo produrre i disastri che da tempo molti pronosticano. Lo stesso le impressioni di chi lavora con i ragazzi, le voci che diventano sempre più un coro, mi colpiscono. Cause del problema? Le onnipresenti distrazioni offerte da rete e smartphone non aiutano la concentrazione; inoltre pare che sia andato perduto il senso dell'autodisciplina, e questo mi è più difficile da capire, anche perché so quante energie ho speso nel trasmetterlo a mio figlio, con risultati davvero limitati. Poi i ragazzi troveranno la loro strada, questo è certo; ma queste domande vale la pena di porsele, non si sa mai che si possa fare qualcosa per migliorare la situazione.

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    1. Cerco sempre di valutare a distanza di anni un lavoro fatto e l'atmosfera che si respira a scuola. Qualcosa è cambiato, è innegabile, e non in meglio.
      Da parte mia, sento tanti genitori dire che nonostante i valori trasmessi, poi raccolgono molto poco. Ma anche diversi che ci sanno fare e i loro figli si distinguono anzitutto per correttezza e rispetto.
      Peccato che il quadro si guasti per colpa di pochi.

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  10. Ho letto con interesse il tuo post, come sai lavoro con gli insegnanti e con il mondo della scuola pur non avendo mai insegnato. Da più parti amici e amiche che insegnano si lamentano del crescente livello di burocratizzazione della scuola e dell'aumento della maleducazione nei ragazzi. Tra le categorie che hai delineato, quella che più urta i nervi è la 2. Sono capaci e non studiano. Questa categoria è sempre esistita, e in essa si trovano ragazzi molto intelligenti che vengono traditi dalla loro stessa intelligenza e anche da una buona dose di superbia. Non studiano anche perché sono convinti che basta anche seguire la lezione per impararla, e a che pro affaticarsi sui libri? Sono convinta che buona parte del problema del non rispetto sia da imputarsi anche alla svalorizzazione della figura del docente, arrivata dalle istituzioni che invece dovrebbero premiarla, e che ha portato a un atteggiamento sociale di disprezzo del ruolo, in primis nell'ambito familiare. Di certi episodi dove si attaccano fisicamente e verbalmente gli insegnanti sono piene le cronache, purtroppo, e le famiglie sono le prime alleate di figli nullafacenti e menefreghisti.

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    1. Non avrei saputo spiegarlo meglio, cara Cristina.
      È esattamente questo il ritratto, questo tuo commento è una chiosa impeccabile a questa discussione.

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  11. Non lo so come fate. Davvero, non so dove trovate tutta sta forza di combattere in trincea nella scuola di oggi, tra l'impoverimento dell'istituzione scolastica a furia di tagli, la dequalificazione degli insegnanti da parte di genitori saccenti e qualche collega che ha scelto la professione per il 27 e la pausa estiva (parole tristi, dette da una professoressa che conoscevo tempo fa, spero ora alla pensione).
    Voglio pensare che sia come il vino, ci sono le annate buone e quelle un po' così così. Perché ho altre amiche insegnanti che, nonostante tutto, sono contente. In questo mese le vedevo con gli occhi strabici del commercialista nel periodo dei 730, tra consigli di classe che durano anche 7 ore ("Ma ti lasciano andare in bagno almeno??") e genitori che si preoccupano dei figli dopo un inverno intero di assenza.
    Ma capita di girare con loro, banalmente per shopping, ed essere fermate dagli ex alunni, e diamine, hanno le stelline negli occhi quei ragazzi! Non so dirti se appartengono tutti alla fascia 1, non credo, ma dopo qualche tempo che sono usciti dalla scuola, passati alle superiori o all'università o nel mondo del lavoro, riescono ad apprezzare quello che i bravi insegnanti gli hanno lasciato in eredità.
    Perché la scuola prepara alla vita e più ne sai, meglio è. :)

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    1. Purtroppo è come dici, immagino che ci siano anche cattivi insegnanti, ruba pane ad altri che saprebbero fare molto meglio. Io ne ho trovati di rari sul mio percorso. La maggior parte è gente che lavora, come hai capito perfettamente anche tu. È un mestiere diventato logorante per cattiva gestione ministeriale, perché potrebbe essere uno dei più belli al mondo.
      Quei ragazzi con le stelline negli occhi... è bello quando succede. E sì, non sono sempre quelli di fascia A. Un po' tutti tendono a sparire dopo l'uscita dal triennio, ma quando li incontri è una festa per coloro per i quali hai rappresentato qualcosa, anche se non sempre i rapporti sono stati idilliaci.

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  12. La parte negativa principale, a mio avviso, resta il rapporto ormai non più di collaborazione scuola/famiglia. Prima fra genitori e insegnanti c’era una tacita solidarietà che si esprimeva in un intento comune (certo, a parte i casi limite, ma quelli ci sono sempre); ora è una trincea che separa buoni e cattivi, che lo sono, in entrambi i sensi, a seconda dei punti di vista. Anch’io, tramite ciò che raccontano i miei figli, sento di cose che accadono nelle aule allucinanti, l’uso sconsiderato del cellulare: professori ripresi durante le lezioni e sbeffeggiati nelle chat fra compagni. Una volta ho fatto come una pazza per uno di questi mini video circolanti non in rete, ma nella stretta cerchia di compagni (che non sminuisce l’assurdità del fenomeno) che uno dei mie figli mi ha mostrato per farmi ridere con lui. Naturalmente non ho riso e non so se gli ho fatto capire bene che questo atteggiamento è sbagliato (oltreché ai limiti della legalità). È tutto un mondo di giovani che non riconosce più la disciplina, l’educazione. Fortuna che in questo caos spicchino quelli che meritano davvero, che ci sono deo gratias!

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    1. Non tanto è ai limiti della legalità ma proprio illegale. Dovrebbe esserci un regolamento di istituto che lo vieta espressamente perché per legge è un atto illecito. Che tristezza, Mari'. Anche se si trattasse di insegnanti magari con atteggiamenti ai limiti del comico, perché ce ne sono, è innegabile, questa mancanza di rispetto, questo farsi beffe e con tanta leggerezza, è davvero triste.
      Mi auguro che abbia capito! :)

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  13. Io penso a quei 3 alunni che hanno superato l'esame brillantemente: non dev'essere stato facile neanche per loro trovarsi in quella classe, se la maggior parte dei compagni remava in direzione opposta...

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    1. Ciao, benvenuta nel mio blog. I tre che si sono dedicati seriamente all'esame e lo hanno superato brillantemente hanno avuto l'intelligenza di seguire un percorso proprio, inseguire un obiettivo, attraverso la passione per determinati argomenti trattati. Ecco, il resto della classe, fatta eccezione per chi ha raggiunto un complessivo all'orale da 9, non si è appassionato a NULLA. Spero trovino una strada, perché in tal modo non si deve vivere bene.
      Ho dato un'occhiata al tuo e lo trovo interessantissimo.
      Ti seguirò volentieri.

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  14. Fare l'insegnante oggi è oltremodo difficile posso capirlo, leggendo il tuo post ho ripensato alle mie professoresse delle medie e a quello che mi hanno trasmesso. La professoressa più importante è stata quella di matematica, strano a dirsi, perché non era la mia materia preferita. Questa professoressa però, dava più che un insegnamento della materia un insegnamento di vita con il suo modo coerente integerrimo di trasmettere la passione per quello che si faceva. Lei diceva che ciascuno di noi ha un talento che può sviluppare con l'impegno, la passione e il sacrificio, perché niente si ottiene gratis come regalo dal cielo. Io ero diventata brava perfino in matematica, anche se amavo le materie letterarie. È ancora l'insegnante delle medie che ricordo con piacere per quello che mi ha trasmesso.

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    1. Avrei tanto voluto avere anch'io un'insegnante di matematica come la tua. Io invece partivo con carenze mai sanate nella materia. Salvo poi imbattermi nella vita in occasioni in cui ho capito che con bravi insegnanti avrei potuto perfino amare questa materia. Come è capitato a te.

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