Tornare a riprendere il filo del discorso dopo settimane di assenza dal blog non è semplice.
La scrittura esige continuità e capita di essere come storditi nel pensare a un nuovo post, ragion per cui rispondo all'invito di costruire un post come quello di Marco Lazzara, tentando di fare un percorso simil-psicoanalitico per immagini.
L'idea è piacevole, in particolare per chi fa dell'espressione artistica una delle componenti del proprio comunicare.
E poi semplicemente perché amo l'arte, la letteratura, il cinema e la musica e raccontarsi attraverso un esempio è intrigante. Fuori dal mio elenco, questo dipinto di Magritte, che esprime il senso del discorso e contiene un elemento per me fondamentale: il sipario e il doppio. Usciamo però dall'ambito strettamente teatrale e avventuriamoci in altre lande.
In questo periodo mi vedo benissimo in questo sguardo: Il disperato, l'autoritratto di Gustave Courbet. Lo so, è spiazzante, avrei voluto scegliere un bel dipinto di Hopper ma per quanto lo adori c'è troppo sole diretto, e io indosso sempre cappelli al sole; oppure avrei potuto optare per La libertà che guida il popolo se mi penso coi miei ragazzi, oppure per La Grande Jatte, se penso a dove vorrei trovarmi in questo momento. Ma niente, mi tornava in mente lo sguardo atterrito di Courbet.
Dal settembre dello scorso anno è stato tutto un precipitare da un impegno all'altro. Il lavoro a scuola si è moltiplicato (lezioni, più riunioni dipartimentali, ricevimento genitori, progetti, camposcuola), il teatro è andato dalla fondazione dell'associazione e ricerca spasmodica di una sede al trasbordo di Foglie d'erba a Ischia (riprovando il tutto con una nuova piccola attrice) con tanto di organizzazione di tutto il caravanserraglio, alle prove serratissime di Finding Anne Frank e nove recite in quattro teatri diversi in poche settimane, alla messa in scena di Peter Pan. Ah, aggiungiamo a tutto questo l'acquisto della casa, con tanto di scelta di prestito, rogito, accordi su accordi svolti con la massima attenzione per non sbagliare nulla, cui è seguito e continua tuttora l'organizzazione per la ristrutturazione di una buona parte dell'abitazione.
Un anno "campale", intenso, stressante, puntellato di nervosismi, momenti di gloria e lacrime di sollievo. Uno di quegli anni che quando finiscono ti riprometti di non rifare mai più, perché si devono dosare le forze, perché così non è sempre bello. Perché bisogna staccare la spina, dividere meglio gli impegni, tornare a oziare sul divano o potersi leggere un bel libro anche durante l'anno (ho letto pochissimo, come mai era accaduto, ne sono prova le scarse recensioni del blog da settembre in qua).
Letteratura
Indubbiamente il libro che meglio mi rappresenta è Una stanza tutta per sé di Virginia Woolf.
Non solo è stato il libro attraverso il quale questa meravigliosa scrittrice mi si è rivelata, ma rappresenta un manifesto "femminista" ante litteram per eccellenza.
Leggendo le biografie della Woolf e di Jane Austen - ritenuta dalla Woolf stessa un altissimo esempio di emancipazione femminile - dovendomi immaginare ragazza e poi donna delle epoche in cui sono vissute entrambe (pur separate da un secolo), ebbene, voglio poter pensare che sarei stata simile nel modo di reagire alle convenzioni.
Ingabbiate in un sistema in cui alla donna era preclusa ogni possibilità di realizzazione personale al di fuori del cliché matrimonio-figli, entrambe hanno tentato la strada dell'emancipazione, sfuggendo ai canoni imposti da società ed economia, creandosi un proprio universo intellettuale del quale la "stanza" è un simbolo efficacissimo.
Delle due, ed è la Woolf stessa ad ammetterlo, Jane Austen ha dovuto affrontare l'epoca più difficile. Sceglie di non sposarsi, di vivere dei propri romanzi. Virginia invece sposa Leonard Woolf, sente il bisogno di un "focolare", è gregaria, la solitudine è qualcosa nella quale non può neppure immaginarsi, pur scegliendo poi la via del suicidio, e pertanto una via solitaria e tutta personale di chiudere.
Cinema
Se devo scegliere un film che mi rappresenti, non posso che optare per Neverland, che consiglio vivamente.
Ben diretto, ottimo cast, indimenticabile colonna sonora, non è annoverabile fra i capolavori, eppure non è passato inosservato a chi ama le storie che raccontano di autori arrivati all'idea perfetta.
Si tratta della vita romanzata di Matthew Barrie, autore di Peter Pan, che trovandosi a corto di idee, lui che scrive per il teatro e ha alle calcagna impresari e produttori, si imbatte nella famiglia di una vedova con quattro figli, di cui uno, Peter, attira la sua attenzione di inventore di storie.
Matthew è un sognatore, ha inventiva, rifiuta le convenzioni, si sente soffocare in un matrimonio privo di slanci e dialogo, e trova in questa amicizia la fonte di nuove ispirazioni.
Mentre i ragazzi scivolano verso la grave malattia della madre, il protagonista trova la sua storia, che debutta con grande successo in teatro. L'Isola che non c'è diventa il luogo simbolico in cui la madre ormai scomparsa può essere trovata ogni volta che il piccolo Peter vorrà cercarla. Se ne avete voglia, guardate la scena della panchina, con un piccolo Freddie Highmore perfetto.
Musica
Non può esservi autore che meglio mi rappresenta se non Francesco Guccini, in particolare quello dei ritratti ai grandi della letteratura.
C'è anche il Guccini che canta alcune città italiane, a proposito.
La canzone d'autore italiana è straordinaria quando coniuga un tema inflazionato come l'amore alla passione per la letteratura, quando l'autore ne ha una conoscenza profonda, riuscendo a cogliere i dettagli di un personaggio e farne... poesia.
Posto qui l'immagine di un disco che uscì nel 2004 ma non contiene tutti i ritratti realizzati da questo grandissimo.
Su tutti, "Odysseus", il suo Ulisse avente per sottotitolo "con ringraziamenti e scuse a Omero, Dante, Foscolo, Kavafis, Izzo, Prandi". Se ascolto Signora Bovary, Cyrano, Ulisse, mi prende uno smarrimento. Mi perdo letteralmente nelle parole, nella musica, nella poeticità dell'insieme. Eh sì che provenivo dal migliore Claudio Baglioni, quello de La vita è adesso. Quando scoprii Guccini, il resto scomparve. Pura poesia, null'altro.
Bisogna che lo affermi fortemente
che, certo, non appartenevo al mare
anche se Dei d'Olimpo e umana gente
mi sospinsero un giorno a navigare
e se guardavo l'isola petrosa
ulivi e armenti sopra a ogni collina
c'era il mio cuore al sommo d'ogni cosa
c'era l'anima mia che è contadina;
un'isola d'aratro e di frumento
senza le vele, senza pescatori,
il sudore e la terra erano argento
il vino e l'olio erano i miei ori.
Ma se tu guardi un monte che hai di faccia
senti che ti sospinge a un altro monte,
un'isola col mare che l'abbraccia
ti chiama a un'altra isola di fronte
e diedi un volto a quelle mie chimere
le navi costruii di forma ardita,
concave navi dalle vele nere
e nel mare cambiò quella mia vita
e il mare trascurato mi travolse:
seppi che il mio futuro era nel mare
con un dubbio però che non si sciolse
senza futuro era il mio navigare
Ma nel futuro trame di passato
si uniscono a brandelli di presente,
ti esalta l'acqua e il gusto del salato
brucia la mente
e ad ogni viaggio reinventarsi un mito
a ogni incontro ridisegnare il mondo
e perdersi nel gusto del proibito
sempre più in fondo
E andare in giorni bianchi come arsura,
soffio di vento e forza delle braccia,
mano al timone e sguardo nella pura
schiuma che lascia effimera una traccia;
andare nella notte che ti avvolge
scrutando delle stelle il tremolare
in alto l'Orsa è un segno che ti volge
diritta verso il Nord della Polare.
E andare come spinto dal destino
verso una guerra, verso l'avventura
e tornare contro ogni vaticino
contro gli Dei e contro la paura.
E andare verso isole incantate,
verso altri amori, verso forze arcane,
compagni persi e navi naufragati;
per mesi, anni, o soltanto settimane?
La memoria confonde e dà l'oblio,
chi era Nausicaa, e dove le sirene?
Circe e Calypso perse nel brusio
di voci che non so legare assieme.
Mi sfuggono il timone, vela, remo,
la frattura fra inizio ed il finire,
l'urlo dell'accecato Polifemo
ed il mio navigare per fuggire.
E fuggendo si muore e la mia morte
sento vicina quando tutto tace
sul mare, e maledico la mia sorte
non trovo pace.
forse perché sono rimasto solo
ma allora non tremava la mia mano
e i remi mutai in ali al folle volo
oltre l'umano.
La vita del mare segna false rotte,
ingannevole in mare ogni tracciato,
solo leggende perse nella notte
perenne di chi un giorno mi ha cantato
donandomi però un'eterna vita
racchiusa in versi, in ritmi, in una rima,
dandomi ancora la gioia infinita
di entrare in porti
sconosciuti prima.
Fine del viaggio. Unitevi alla ciurma, è divertente.
Con l'eccezione di Guccini (che non ascolto perché proprio non mi piace) per il resto hai scelto opere che conosco e apprezzo. Di Virginia Woolf ho letto tantissimo :-)
RispondiEliminaConosco diversi non-estimatori di Guccini. Peccato.
EliminaFelice di saperti estimatore di Virginia Woolf. :)
Stupende le tue scelte, grazie di aver partecipato! In effetti un quadro come quello di Courbet proprio non me lo aspettavo, ma, come dici, penso che appartenga più a un momento specifico della tua vita in relazione con l'anno sovraccarico di impegni appena trascorso. Come sai, adoro Virginia Woolf e sottoscrivo ogni parola di "Una stanza tutta per sé" come unico modo consentito per arrivare all'emancipazione. Uno spazio fisico, ma anche mentale, di libertà, validissimo ancora ai giorni nostri dove la donna multitasking deve essere sempre a disposizione senza mai ricavarsi spazi interiori propri. Il film "Neverland" lo avevo visto e mi era piaciuto davvero moltissimo. Per quanto riguarda la canzone di Guccini, non mi piace la sua voce e il suo modo di cantare, ma il testo è straordinario: una vera opera letteraria e poetica. Anche questa scelta di "Odisseo" penso che ti rappresenti appieno. Che bell'autoritratto emerge dalle tue scelte!
RispondiEliminaAncora una volta dimostriamo molti punti in comune. :)
EliminaMi piace quando, pur non apprezzandone lo stile di voce e le sonorità, si apprezzano le doti poetiche di un cantautore.
Riguardo a "Una stanza tutta per sé", mi capita di leggerne e rileggerne alcuni stralci, lo sfoglio almeno un paio di volte all'anno, immergendomi in quella scrittura così lucida, affascinante.
Rubando la definizione di sopra di Cristina, il tuo autoritratto è molto profondo. Sfido io a sopravvivere a un anno come il tuo, ci vuole altro che equilibrio e forza, ci vuole uno scrigno di energie rinnovabili in borsetta.
RispondiEliminaPurtroppo pur amando molto la musica italiana, Guccini proprio non mi piace. Neverland invece moltissimo e le due donne letterate che hai citato rappresentano al meglio la quintessenza di cosa in passato le nostre antenate hanno vissuto e ottenuto. Come dicevo un autoritratto profondo che ti rende onore.
Non so neppure io come sia sopravvissuta... :)
EliminaGrazie per avere apprezzato, cara Nadia.
Guccini si ama o si odia in blocco, non ci sono vie di mezzo. Strano come per altri cantautori il fenomeno sia diverso: magari non ti piace Cocciante o non ti piace De Gregori, ma ci sarà sempre una "Margherita" o una "Donna Cannone" che tutto sommato ascolti con piacere...
RispondiEliminaSì, davvero singolare questa cosa.
EliminaComunemente comprendo pur non condividendo i gusti altrui, però credo che chi non ama Guccini non abbia mai realmente ascoltato le sue parole. Uno dei rari esempi di artisti che non hanno cercato la banale "orecchiabilità" ma hanno trasmesso contenuti, profondissimi.
Vabbè, però te lo dice una cui non piace De Andrè, quindi è tutto dire. :)
Libro non letto e film non visto, ma sulla scelta di Guccini pollice alzato senza dubbio.
RispondiEliminaQuesto bel meme mi tenta sempre più ma dovrei resistere... non è il periodo giusto per allargarmi.
Buttati, se trovi un paio d'ore di tempo è carino farlo. :)
EliminaChe recitazione Freddie Highmore! Non è facile trovarla in un bambino, anche se non ho visto la scena in lingua originale. Quanto a Guccini, è un grande. C'è stato un periodo della mia vita, intorno ai vent'anni, in cui lo ascoltavo molto, ma lo stimo tuttora. Mi hai fatto venire in mente "La locomotiva". Ti auguro un proseguimento d'estate più tranquillo e rigenerante. :)
RispondiEliminaNon so perché ma la scena originale non riesce a emozionarmi come nell'edizione italiana, ed è un caso più unico che raro. Sarà perché il doppiaggio è perfetto e azzeccato, non so.
EliminaScena struggente, indimenticabile. Ma si può realmente apprezzare solo se si guarda tutto il film, altrimenti parrebbe un po' patetica.
Mi fa piacere che fra i commenti ci siano non pochi che amano lo straordinario Guccini. :)
Scoprirti grazie a Murasaki e a questo post è un dono. Mi tenta l'idea di partecipare anch'io a questo "gioco"
RispondiEliminaCiao, benvenuta. :)
EliminaChe viaggio, Luz,bello bello! Adoro Guccini, è stato il cantautore della mia arrabbiata adolescenza. Amo la Woolf e conosco bene "Una stanza tutta per sé", un'opera che tutte le donne dovrebbero leggere. Non ho visto Neverland, ma spero di rimediare quanto prima. Ti auguro un periodo di riposo meritato, visto quello che ti sei lasciata alle spalle ;)
RispondiEliminaÈ bello avere questi punti in comune. Grazie per l'augurio, Rosalia, sto in effetti gradualmente riprendendomi. :-)
EliminaLa scena della panchina è forse tra i meme più riutilizzati in chiave ironica! :)
RispondiEliminaOttime scelte, davvero... e viva Guccini, un grande.
Moz-
Bravo, Moz! :)
EliminaSemplicemente meraviglioso <3
RispondiElimina"Tornare a riprendere il filo del discorso dopo settimane di assenza dal blog non è semplice.
RispondiEliminaLa scrittura esige continuità e capita di essere come storditi nel pensare a un nuovo post"
Quanto mi ritrovo in queste tue parole di apertura! In particolare nell'affermazione che la scrittura esige continuità: quanto è vero, è qualcosa che riscontro ogni volta che riprendo in mano una penna o che riapro la pagina del blog, quando per un motivo o l'altro c'è stata una pausa, tra me e la scrittura. La cosa bella è che, superato il primo momento di irrigidimento, la scrittura ricomincia di solito a fluire, libera e liberatoria.
Venendo invece al tuo post, l'ho trovato piacevolissimo da leggere! L'opera di Magritte è la copertina della mia edizione de La coscienza di Zeno, e dunque ormai indissolubilmente collegata al romanzo di Svevo; anche le altre tue scelte mi sono piaciute, in particolare la Woolf con Una stanza tutta per sé, che ho letto solo quest'anno restandone - ovviamente - folgorata. E' divenuto anche per me un saggio manifesto della vita, un mattoncino bello solido sul quale contare. Ammetto invece di non aver mai guardato Neverland, che a volte mi ha incuriosita, altre ne sono stata dubbiosa sentendo spesso pareri discordanti. Adesso che ne hai parlato così bene tu, però, lo recupererò senza dubbio!
Per concludere, spero che almeno il periodo estivo ti concederà un po' di riposo dai troppi impegni, portando con sé tante belle letture. Un abbraccio!
Neverland è bellissimo ...e tristissimo. E' brutto pensare che grandi capolavori (Peter Pan) derivino da grandi sofferenze. :(
RispondiEliminaQuel ritratto lì di disperazione potrebbe essere anche il mio oggi, cambiamenti lavorativi in corso, se fossi ancora la persona di qualche anno fa. Ora no, dentro il mio cervello risuona quell'Invictus: "Io sono il capitano della mia anima."
Guccini non lo ascolto, ma ascolto pochissimi cantanti italiani e quasi per caso. Se ascolti testi stranieri lascio viaggiare la fantasia di più (perché difficilmente capisco quello che dicono in prima battuta :P ).