Quando vidi Recanati qualche anno fa, non
immaginavo minimamente che sarebbe stata molto diversa da come la pensavo.
Recanati è, per chi non c'è stato, ma ama Leopardi, un luogo dove ci si aspetta
di trovare un bellissimo palazzo signorile e un'immensa biblioteca, invece è
molto di più. Palazzo Leopardi è il gioiello incastonato in un borgo che tutto
è affascinante. E' come una tavolozza in cui si trovano, in perfetto accordo,
la casa dove visse, le stradine lastricate in cui camminò, il colle fonte
d'ispirazione per uno dei capolavori della Poesia, il paesaggio che restituisce
agli occhi del visitatore lo stesso panorama. Ho visto tutto ciò che lo riguardasse, sono entrata nella sua casa, ho toccato
la scrivania dove studiò, ho visto i suoi disegni di bambino, così come i
mirabili scritti che dedicava al padre fiero della sua precoce intelligenza.
Le sue carte autografe che mostrano l'irrequietezza del genio, i 20.000 volumi che Monaldo suo padre raccolse pazientemente, che catalogò assieme ai figli, il celebre ritratto che abbellisce i lineamenti di Giacomo (e che lui detestò per questo), il tenero foglio a stampa su cui è riportato il saggio dei bambini di casa Leopardi che si esibiscono in domande di storia, grammatica, astronomia dinanzi a uno zio, e tanto tantissimo altro.
Le sue carte autografe che mostrano l'irrequietezza del genio, i 20.000 volumi che Monaldo suo padre raccolse pazientemente, che catalogò assieme ai figli, il celebre ritratto che abbellisce i lineamenti di Giacomo (e che lui detestò per questo), il tenero foglio a stampa su cui è riportato il saggio dei bambini di casa Leopardi che si esibiscono in domande di storia, grammatica, astronomia dinanzi a uno zio, e tanto tantissimo altro.
Insomma, molto di più di ciò che immagini. Bello acquistare nell'emporio di fronte, magari trovando riproduzioni di scritti autografi e libri di cui ignori l'esistenza, come "La piscia della Befana", o la biografia di Giacomo curata da Pietro Citati (che consiglio vivamente).
Recanati è anche la
città di Beniamino Gigli e una visita al bel teatro che il conte Monaldo fece costruire a metà Ottocento - nel quale
il celebre tenore cantò per buona parte della sua vita - è d'uopo.
Quando a sera ho lasciato il
borgo, la luna era splendida nel cielo, nonostante le luci di città ne
mortifichino la bellezza, e ti fai una chiara idea di come la dovesse
vedere
lui, che fa della luna la protagonista di tantissimi versi.
Recanati accoglie migliaia di visitatori, con numeri che sono diventati importanti dopo il film di Mario Martone, un progetto andato a segno visto che il borgo diventa di lì a poco meta turistica da boom di presenze. La multiforme massa di visitatori si mescola a quella delle gite scolastiche ed è proprio come accompagnatrice di vivaci ragazzini che mi capita di tornarci un annetto fa. Li avevo preparati a dovere e la visita si svolge con tranquillità e una buona dose di curiosità da parte loro. Uniquique suum, il percorso è breve ma è anche allietato da una vivacissima guida, che per una volta non è la solita signora di mezza età con voce monotona, ma un baldo giovanotto dall'aria intellettual-chic e l'eloquio brillante, che non solo illustra e descrive ma intrattiene. Mi resta impresso perché è evidentemente spinto da entusiasmo e serio interesse verso ciò che conosce, e poi l'ottima dialettica mi conquista a prescindere. Gli chiedo alla fine della visita di consigliarmi qualche buona pubblicazione e mi indica la biografia di Citati, che posso trovare nel negozio di fronte.
Poi chiedo il suo nome all'altra guida con l'intenzione di cercarlo su Facebook per non lasciarmi sfuggire l'opportunità di qualche altra perla di saggezza. Eh sì, così sono fatta. Le persone che mettono testa nelle cose mi garbano non poco. Francesco è fra i miei contatti da un pezzo, e ho appreso che è anche un musicista oltre a un fine conoscitore di Leopardi. Di tanto in tanto delizia i suoi amici con gustosissime descrizioni di grotteschi visitatori di Casa Leopardi, che non fatico a definire "imperdibili". Francesco di insegna che Recanati è anche questo, che ciò che anima le sue strade potrebbe essere materia di costruzione di personaggi da farsa, che moltissimi si improvvisano in arzigogolanti tentativi di apparire colti e invece finiscono con l'essere ridicoli, che l'Italia è anche questo. Gustatevi questo racconto, che ho recuperato perché non finisse disperso, e saprete di cosa parlo. Con un sorriso, su il sipario.
Poi chiedo il suo nome all'altra guida con l'intenzione di cercarlo su Facebook per non lasciarmi sfuggire l'opportunità di qualche altra perla di saggezza. Eh sì, così sono fatta. Le persone che mettono testa nelle cose mi garbano non poco. Francesco è fra i miei contatti da un pezzo, e ho appreso che è anche un musicista oltre a un fine conoscitore di Leopardi. Di tanto in tanto delizia i suoi amici con gustosissime descrizioni di grotteschi visitatori di Casa Leopardi, che non fatico a definire "imperdibili". Francesco di insegna che Recanati è anche questo, che ciò che anima le sue strade potrebbe essere materia di costruzione di personaggi da farsa, che moltissimi si improvvisano in arzigogolanti tentativi di apparire colti e invece finiscono con l'essere ridicoli, che l'Italia è anche questo. Gustatevi questo racconto, che ho recuperato perché non finisse disperso, e saprete di cosa parlo. Con un sorriso, su il sipario.
Il caos, sotto
forma di femmina di razza bianca di circa quarant’anni, si presenta di
buon mattino e si
informa sugli orari, le possibilità, i costi. Il caos è
mefitico e teatralmente antipatico nel presentarsi inavvertito, facendo
“caos” per l’appunto. Io sono un operatore museale maschio, di razza
pallida, peloso, pelato, miope, dotato di pazienza, senso civico,
fatalismo, acribia. Oggi sono in modalità “ci siamo quasi”. L’arrivo del
tanto agognato caldo, di agosto, delle ferie che agosto esplicita, del
“battuto” fine-fine di cipolle e ascelle, del frusciare aprico di vesti
bianche, del claudicar di zoccoli e ciabatte, mi dice che siamo “quasi”
all’apice dell’orgasmo collettivo chiamato estate. Il mio “quasi”
personale è legato all’essere giunto all’ultima mattina che precede il
mio giorno di libertà.
Celebro, con intima esultanza, l’esser tornato
per un istante il “garzoncello scherzoso” di leopardiana memoria.
Circonfuso di aspettativa, insufflato di speranza, punteggiato di
misericordia, gongolo –con stile- mentre avvio con bonomia la visita. Il
pubblico, empatico al sentire della guida, risponde con trasporto ai
feromoni di allegrezza piena che rilascio. È strano come cambi la
percezione del morale una visita, a seconda del giorno o dell’orario di
ingresso. Siamo tutti rilassati: i turisti, che si godono questo tempo
sospeso fra un rimbrotto del coniuge:
“Ti ‘go dito de parcheggiaa’ meglio
che te fan’ a multa!!” e un capriccio del bambino “Papà, m’avevi detto
che ce staveno i leopardi!? Qui è solo pieno de libbri! E statte’zzitto
a’ppapà n’attimo che a guida ce spiega come ha fatto a diventa’ gobbo
imbibbrioteca!”; io che pregusto già l’idea di riempire le ore a venire
di tutte le cose che adoro, di fianco alle persone che amo.
Questo
bucolico quadretto viene annichilito dall’araldo del caos, fin lì
silente spettatrice con sguardo trasognato. Siamo in una sala
introduttiva, arredata da pezzi d’epoca raccolti da uno zio del Poeta,
assieme ad un panciotto del Conte Monaldo, un monetiere, una cassapanca e
un separé. Abbelliscono una parete due nature morte. Non attirano mai
l’attenzione di nessuno, non perché siano brutte opere, ma perché sono
quanto di più prevedibile ed impersonale: fine ‘600/ primi del ‘700,
tratto anonimo, soggetti scuri, cornici dorate e ordinarie. La domanda viene posta con voce
stentorea e bocca a “culo di gallina”, consonanti
acuminate quasi a volermi pungere e vivo desiderio – negli occhi - di
cogliermi in fallo e farmi capitolare con ignominia.
Zatanna regina chiatta del caos e del disordine, figlia di Arimane e di una etera : “Di chi sono quei quadri?”
Guida Francesco San in modalità “porgi l’altra guancia” Judo (userò la
tua forza e la mia bonomia per farti cadere, convincendoti di essere
inciampata da sola): “Di un prozio di Giacomo, era un sacerdote e questa
era la sua camera.”
Zatanna disgustata come se avesse appena assaggiato un lecca-lecca gusto guano: “L’autore, intendevo. Non il proprietario.”
Guida Gaetano Bresci vs Bava-Beccaris: “Autore ignoto Signora, fanno
parte di un’ampia collezione d’arte della famiglia, molto poco
specifica in quanto ad attribuzioni.”
Convinto di aver aggirato
l’ostacolo che mi separa dal tranquillo svolgersi della visita, cerco di
proseguire. Invano. Il caos è caos perché non tiene conto di: logica,
sesso, razza, religione; è democratico e crudele, anti statistico e
pandemico, sussultorio e ondulatorio. Incrina le tue temporanee certezze
come un uragano, è monsonico e liminale. È un volo di rondini che
cagano come piccioni.
Zatanna, ricettacolo di nefandezze e turpitudini: “Secondo me è Goghe’, non credo di sbagliarmi. Lei ce lo vede Goghein?”
Lei è matta. Io un povero stronzo sfortunato, sottoposto a questa
ordalia. Evoco dai recessi della mia memoria immagini delle opere di
Gauguin e trovo diafane figure dalla pelle scura, seni puntuti e solare
lascivia fra le palme. Atolli e monokini, pittori ribelli e turismo
sessuale. Era un impressionista, ha dipinto qualche natura morta
– ricordo un “Vaso di fiori”- ma non c’entra nulla con quei quadri. Niet.
Nisba. Sto per desistere, soccombente all’altrui follia, atterrito dal
panico e dalla crudele insensatezza della donna che ho di fronte.
Pencolo in stallo, dondolando su un precipizio aperto sul solido nulla
fino a ricordare di essere a casa del genio della speranza. Risorgo,
assaporando il profumo di libertà e di potenziale, il lussureggiante
scenario di eventualità liete ostacolato da questa stronza. Sono Daitarn
con le illusioni al posto dell’energia solare.
Guida M. Night
Shyamalan: “Lei ci vede Gauguin? Può darsi ma non lo chieda a me, vedo e
sento cose che non ci sono da quando avevo otto anni.”
Qualcuno
del gruppo ride, qualcuno mi guarda accigliato, cercano di capire chi
fra noi due sia quello instabile. Se vuoi contrastare la follia devi
prenderla in contropiede.
Zatanna incerta: “Quindi Goghe’, c’è o non c’è?”
Guida John Constantine illusionista della truffa: “Potrebbe esserci,
oppure no, come preferisce Lei. Giacomo sosteneva che l’importante è
mantenere intatta la capacità di illuderci, solo questo può salvarci da
“l’apparir del vero”. Io, per esempio, in questo momento credo che Lei
non esista e questo mi fa stare molto bene.”
Il resto della
visita scorre via in ordinaria tranquillità, con Zatanna che,
silenziosa, si guarda attorno, fra le occhiate incredule dei presenti
-viventi che osservano una loro simile - convinta d’essere un’illusione. È
sabato, qui dove il sabato ha un sapore struggente di aspettative
uniche e di illusioni palpabili, è un arcano che non può essere spezzato
se hai al tuo fianco Giacomo. Io e Lui, in quanto a fuffa, insieme
siamo imbattibili.
Il mago si congeda, buona speranza a tutti.
Il mago si congeda, buona speranza a tutti.
Francesco F.
Opperbacco perdincigiove Luana, bella la tua descrizione, gita interessante... ma il racconto...bè, il racconto è fantastico, un pezzo da Commedia dell'arte con sconfinamenti nel Teatro dell'assurdo. Fantastico.
RispondiEliminaEh, già, segno che il teatro da sempre attinge alla vita vera!
EliminaBelli entrambi i racconti, Luz, il tuo e quello della guida "quanta pazienza".
RispondiEliminaE capisco bene la delusione del bambino che era venuto per vedere i leopardi. Simile a quella che provai io quando mi portarono a vedere "Torna a casa Lassie" e scoprii che il super cane era un pastore scozzese tale e quale quello di un mio vicino di casa.
L'inganno degli inganni: mitizzare qualcosa che "all'apparir del vero" diventa di fattura comunissima e molto vicina a ciò che sperimentiamo già. :-)
EliminaRicordo con piacere la mia visita a Recanati e ogni volta mi vien voglia di tornarci. Leggendo il racconto non ho potuto non immedesimarmi in tante situazioni ridicole che certamente non mancano al repertorio di esperienze di chi ama visitare musei, siti storici, attrazioni culturali: vedevo le stanze di casa Leopardi popolarsi di questa colorita comitiva e la guida disperarsi... immagino che le guide siano un po'come gli insegnanti, che assistono quotidianamente ad episodi che mettono a dura prova la loro pazienza ma che, visti dall'esterno, possono sembrare comici. Bei ricordi, i tuoi e quelli che hai scatenato in me!
RispondiEliminaLe guide mi hanno sempre in qualche modo affascinato. Vero è che mi sono imbattuta raramente in persone veramente competenti e coinvolgenti. Ricordo anche una simpatica signora inglese (!) che ci fece da guida durante una gita scolastica a Urbino. In passato sono stata tentata di prendere il "patentino", quando arrivata a Roma e ancora disoccupata mi guardai attorno in cerca di qualcosa. Poi sono stata distratta da altro (volontariato nella biblioteca cittadina) ma continuo a essere attratta da questo mestiere. :-)
EliminaChe bel post. Che bella Recanati. E che bella la gente strana. Quando ci lavori ti toglie il senno, ma quando la racconti agli amici/conoscenti diventa uno spasso.
RispondiEliminaSì, infatti! La bellezza di ciò che, insopportabile al primo impatto, ha già in sé potere di essere trasformata in materia di racconto grottesco. Ci sono mestieri che diventano veri e propri punti di osservazione dell'umanità più disparata.
EliminaMa magari incontrare la follia delle Zatanna!!! XD Muahahah!!! Il clou per me è il Daitarn caricato ad illusioni!!!
RispondiEliminaBellissimo questo post!!! :D
Sì, ironia allo stato puro del bravo Francesco, merito suo! :-)
EliminaMerito di entrambi! La tua introduzione non è affatto da meno! ;)
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