giovedì 28 novembre 2024

Shogun: il fascino del Giappone fra seppuku e ventagli svolazzanti


Lo scorso mese ho visto su Disney+ la miniserie Shogun, una produzione che vi consiglio di non perdere. Si tratta di una nuova trasposizione dal romanzo omonimo di James Clavell, pubblicato nel 1975, mai dimenticata e ancora oggi fra i migliori esempi di narrativa di genere. 
Mi ricordavo vagamente lo sceneggiato tv del 1980, con Toshiro Mifune e Richard Chamberlain nei ruoli di Toranaga e John Blackthorne, ai tempi opera di successo premiata con agli Emmy Awards. Questa volta, dinanzi a un superlativo Hiroyuki Sanada nel ruolo del protagonista, assieme all'eccellente livello di sceneggiatura, regia, fotografia, scenografia, costumi, c'è da restarne incantati. 

Del Giappone abbiamo una visione romantica, ma anche sfaccettata. A me vengono in mente i cartoni degli anni Ottanta, le geishe, i giardini zen, il futon, le bacchette, il sakè, le case con le porte scorrevoli fatte di carta, i manga, sushi e sashimi, il teatro No e il Monte Fuji, ma anche Hiroshima e Nagasaki, le città futuribili, la tecnologia avanzata, i prodotti d'eccellenza.
Quanto sappiamo del Giappone feudale? Poco o nulla. Abbiamo sentito probabilmente parlare di samurai, ma ci siamo fermati a una conoscenza limitata, legata a società guerriere, tutto lì. 
Da bambina seguivo in tv una serie di storie realizzate con la tecnica delle ombre mista a cartone animato. Si trattava di una maniera artigianale di raccontare storie, diversa dall'enorme imperversare dei cartoni (oggi li chiamiamo anime) di robot e storie drammatiche. Raccontavano di un mondo lontano, essenzialmente rurale, legato alla tradizione fiabesca antica. 
Ho trovato questa chicca del 1979: 



All'epoca amavo visceralmente le storie strappalacrime più celebri e non disdegnavo neppure i robot, ma dinanzi a queste fiabe restavo incantata, come sotto ipnosi. Era un Giappone diverso dal clamore delle grandi storie, forse più genuino, che si riservava di mostrare di sé quel che altrove non era più pensato. Un po' come qui quando andiamo ad attingere al patrimonio dei Grimm o di Basile. 
Torniamo al Giappone feudale. Com'era fatto?

Il Giappone feudale 
Il feudalesimo giapponese dura diversi secoli: dal XII fino al XIX. Lo chiamiamo feudale e assomiglia al nostro feudalesimo: la società è gerarchizzata, piramidale, con al vertice un imperatore e un gradino sotto le più alte cariche fra generali dell'esercito e nobiltà. Il territorio (le sei isole di cui è composto il Giappone) era diviso in diverse contee, regioni comandate dagli shogun attraverso i propri vassalli, i daimyo, grandi proprietari terrieri con l'obbligo di fornire guerrieri ai reparti degli shogunati. 
Col tempo una casta divenne sempre più importante, in particolare nel XIII secolo durante l'invasione dei Mongoli, quella dei samurai. Guerrieri speciali e di alto rango che prestavano giuramento di fedeltà al proprio signore in cambio di titoli e averi. 
La casta dei samurai ebbe lunga vita, fino a quando furono talmente potenti da contrastare lo stesso esercito regolare dell'impero. Sconfitti, scomparvero solo nell'Ottocento. 
Usi e costumi erano legati al rispetto assoluto delle cariche, all'accettazione del proprio stato sociale, alla pratica zen, che imponeva il distacco dalle passioni attraverso la meditazione. 

Il sacrificio fisico di sé e la morte sono due costanti della tradizione feudale giapponese. La morte è anzi ritualizzata come onore concesso per eternare la fedeltà e glorificare la memoria dell'eroe. 
Il folto popolo di nobili e generali accettava senza esitazione di darsi la morte, mediante il rituale del seppuku, per svariate ragioni. Una di queste è il disonore proprio o del proprio signore, la colpa ricade sull'individuo in virtù del legame di fedeltà, pertanto non c'è altra soluzione per redimersi. 
Il seppuku era dunque obbligo, veniva praticato con il taglio del ventre, e nel caso in cui il coraggio fosse venuto meno, molti si facevano affiancare da un "assistente" che avrebbe provveduto al taglio della testa (!) 
Nel corso dei secoli, il Giappone feudale vide il sorgere di diverse dinastie in lotta fra loro, com'era prevedibile, fino allo scontro in una guerra civile e all'anarchia. Nel 1603, emerse sulla Storia del Giappone, ponendo fine al Periodo Sengoku, un potente signore, Tokugawa Ieyasu, capostipite dello shogunato regnante fino al termine del feudalesimo nipponico, nel 1867.
Qui hanno un detto secondo il quale ogni uomo ha tre cuori. Uno sulla bocca, che fa conoscere al mondo. Uno nel petto, riservato ai suoi cari. E uno sepolto nel profondo, dove nessuno può trovarlo. Quello è un cuore che va tenuto nascosto se si vuole sopravvivere. 
L'epico Shogun
Lady Mariko (Anna Sawai)
Veniamo alla storia alla base di questo post. Shogun è un intreccio che restituisce un'immagine epica del Giappone feudale. Un mondo complesso, stratificato, legato a valori e tradizioni ferree e fortemente gerarchizzato, come abbiamo detto. 
Il racconto è ambientato nel 1600, proprio al primo consolidarsi dell'era di Tokugawa, con lord Ioshii Toranaga impegnato a contrastare il Consiglio dei Reggenti, corte dell'imperatore, che lo vuole morto e dimenticato. I passi del nostro shogun incrociano quelli di un inglese, John Blackthorne, preso prigioniero dagli uomini di Toranaga, personaggio chiave nella guerra civile fra le due fazioni. 
Un aspetto interessante della storia è il rapporto fra giapponesi, portoghesi, gesuiti e inglesi. L'epoca è quella della prima apertura dell'impero verso l'occidente per ragioni economiche e il Giappone è una terra ambita. 
Nella figura della mediatrice Lady Mariko, che è cristiana e parla la lingua di Blackthorne, si sostanzia il crocevia di culture e la possibilità di un dialogo più vicino ai valori comuni, in un rapportarsi fra civiltà diverse molto difficile e troppo legato a strategie commerciali. 
Blackthorne non è l'eroe che salva, diventa quasi solo uno strumento per entrare nel racconto attraverso gli occhi di un non appartenente al lontano mondo orientale e questo mi piace in modo particolare. 
La storia di Clavell è ispirata a una vicenda realmente accaduta. Già sappiamo che Toranaga è lo stesso Tokugawa della dinastia omonima, dietro John Blackthorne si nasconde la figura dell'inglese William Adams, mentre Lady Mariko è l'omologa della vera Hosukawa Gracia. 
William Adams, giunto in Oriente su una nave della Compagnia olandese, fu un consigliere di Tokugawa e mediatore nei nascenti rapporti commerciali fra il Giappone i paesi protestanti europei, contribuì insomma a sottrarre ai portoghesi il monopolio di quei commerci. 
Dopo alcune battaglie contro la coalizione ordita dal Consiglio dei Reggenti ai danni dello shogun - in cui furono utilizzate molte armi occidentali portate proprio da Adams - Tokugawa insignì l'inglese della carica di hatamoto e gli concesse il permesso di indossare la katana, la spada sacra secondo tradizione.
William Adams non tornò più in patria, prese moglie (benché fosse già sposato) ed ebbe due figli; rimase in Giappone fino alla morte. La sua tomba si trova a Nagasaki. 


Un samurai - foto del XIX secolo
Il ventaglio di Toranaga
Dinanzi a un John Blackthorne interpretato da Cosmo Jarvis, con quella espressione da pesce lesso che seguita a non convincermi, l'interpretazione di Hiroyuki Sanada è magistrale. A parte il fascino che questo artista ha da sempre, adesso, a 64 anni, ha raggiunto un livello interpretativo straordinario. Mi sono divertita ad ascoltarlo anche in lingua originale, benché il doppiaggio sia all'altezza, ed è stato emozionante. 
Se dovessi citare una scena per me indimenticabile, l'immagine che ho messo in testa a questo post ne è parte. Toranaga chiama a raccolta il proprio popolo contro la coalizione di corte pronta a muoversi in guerra contro di lui e non sfodera una spada, ma... il ventaglio
Ci sono momenti in cui ti rendi conto di quanto si possa essere sovrastrutturati da un punto di vista culturale. Il ventaglio, che nel nostro mondo occidentale è oggetto di seduzione, femminile, o banalmente un oggetto cui si ricorre per il caldo, nel Giappone feudale è uno strumento non solo di comunicazione del comandante verso i propri soldati, ma anche da combattimento. 
Si tratta del dansen uchiwa, realizzato in legno e ferro, portato solo dagli alti comandi. Esisteva anche un ventaglio da lotta, il tessen, destinato a un combattimento specifico, il tessenjutsu. Le cronache riferiscono di duelli vinti a colpi di ventaglio, perfino contro lance e spade. 
Insomma, uno di quei casi in cui un oggetto apparentemente fuori contesto diventa, in mano a un uomo, un potente strumento di forza e fascino. 
Una cultura come quella giapponese, in questi aspetti meno noti, meno popolari, mi piace proprio perché mi appare nuova, talmente diversa dalle consuetudini della mia cultura da essere attraente in modo particolare. 

Lo scorso settembre Shogun ha fatto incetta di premi agli Emmy Awards, gli Oscar delle produzioni televisive, portandosi via 18 statuette, fra cui Migliore serie drammatica, Attore protagonista (non poteva essere altrimenti), Attrice protagonista (Anna Sawai), oltre a Sceneggiatura, Costumi, Trucco, Scenografia, Montaggio e tanto altro. 

Hiroyuki Sanada agli Emmy Awards 2024


Se dico Giappone, cosa vi viene in mente? Vi piace questa epopea? 

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